Il card. Cantoni invita Como a riscoprire la sua anima
“Anche quest’anno, come è ormai tradizione, alla vigilia della festa del nostro Patrono ci raduniamo per riflettere sul nostro vivere insieme come cittadini. Vorrei condividervi qualche pensiero che nasce in me dall’ascolto della realtà e dal confronto con alcune persone, a vario modo qualificate a proporre letture e soluzioni per una Comunità più umana e fraterna. Mi auguro che queste mie riflessioni, orientate quest’anno a scoprire la dimensione turistica della Città, con tutto ciò che implica circa l’accoglienza, possano suscitare un sano dibattito e ulteriori confronti”.
Così è iniziato il discorso alla città del vescovo della diocesi di Como, card. Oscar Cantoni, in occasione dei Primi Vespri nella vigilia della memoria liturgica del patrono sant’Abbondio sul tema ‘Como, città di chi? – Comunità, turismo e accoglienza’, ricordando alcuni cittadini illustri, da Plinio il Vecchio ad Alessandro Volta, dal papa e beato Innocenzo XI fino ai due sacerdoti (don Renzo Beretta e don Roberto Malgesini) che hanno donato la vita per i poveri ‘onorando Como con la loro morte’.
Riportando un pensiero di Giorgio La Pira, il card. Cantoni ha chiesto alla città di riscoprire la propria vocazione: “Sei Città di confine e di scambi, via di commerci vicini e lontani, terra di imprese e di incontri, luogo desiderato e tanto visitato, ricca di bellezze, di storia e di natura. Circondata da un incanto che dalle tue verdi montagne si riflette nelle mille sfumature di blu del tuo lago.
Secoli di storia e di cultura si possono ravvisare nei tuoi monumenti e nelle tue chiese, nella tua grande e artistica Cattedrale. Città di imprese e di lavoro, di studio e di ricerca. Oggi anche sede di una università giovane e vivace, di tante scuole, del Conservatorio, di Accademie. Città di musei, di teatri e di cinema, luoghi di incontro e di socialità. Città ricca, anche molto ricca, ma non senza le sue contraddizioni”.
Nel ricordo di illustri concittadini il vescovo della città ha evidenziato il valore di ‘cittadino’: “Una Città non è di pochi che la possiedono o la governano, ma non è neppure di nessuno. E’ invece di tutti, perché tutti, come cittadini e cittadine, siamo chiamati a partecipare. Tutti, insieme, a prendercene cura nell’ascolto reciproco e nella collaborazione. Non spazio anonimo, ‘cumulo di pietre’ appunto, ma relazioni, luogo di vita, intreccio di persone. Ecco cos’è una Città, ecco cosa non può rinunciare ad essere”.
Innanzitutto la città ha una vocazione turistica: “Tra le vocazioni di Como vi è, non ultima, anche e soprattutto questa: essere Città turistica. E’ la consapevolezza di vivere in luoghi belli che ci sono dati e affidati come dono e che desideriamo condividere, perché molti altri, insieme a noi, li possano ammirare e contemplare.
E’ la capacità di ogni autentica Comunità di non chiudersi in sé stessa, facendosi capace di accogliere e di allargarsi nell’incontro con chi non è solo ‘dei nostri’. Ciascun uomo scopre gradualmente la vocazione che gli è propria quando si rende conto di non averla ricevuta in esclusiva, perché gli è stata donata affinché la condivida. E questo vale anche per la vocazione propria della nostra Città”.
Però anche il turismo ha risvolti negativi: “Questo flusso turistico porta tra noi benessere e ricchezza, occasioni di incontro e di scambi, ma insieme anche il rischio di alcune storture e di vari limiti. Per molti aspetti un tale aumento del turismo si sta rivelando insostenibile dal punto di vista sociale e ambientale. Non è qualcosa che accade solo qui. In molte altre Città e territori sta accadendo lo stesso fenomeno (si parla ormai di over-tourism o di ‘turistificazione’). ..
Appare, immediatamente, il rischio di un turismo consumistico, ‘mordi e fuggi’, che veloce consuma spazi e territorio. Senza tempo, tutto è di fretta e ciò che conta è scattarsi un selfie da pubblicare sui social. Ciò che ci circonda è utile solo come sfondo di una fotografia. Tutto diventa veloce ed effimero come un clic. A questa cultura consumistica ed effimera si contrappone, invece, un’altra idea di turismo: più lento, più consapevole e più rispettoso delle persone, dei luoghi e dell’ambiente”.
Infatti il turismo porta aumenti di prezzi anche per i cittadini: “L’afflusso di questa ondata turistica nella nostra Città comporta un forte aumento dei prezzi delle merci e delle case, fino a rendere il centro Città un luogo a tratti inospitale per i cittadini. Sempre più famiglie abbandonano il centro, dove i prezzi delle case sono inaccessibili e molte abitazioni sono ormai trasformate in B&B per ospitalità brevi dei turisti di passaggio.
Molti, attratti ormai da un più facile guadagno, scelgono di destinare così le proprietà del centro. Si pensi che dal 2016 al 2023 il numero delle case vacanze è passato da 600 ad oltre 4.600. La Città, però, così facendo, si svuota e, in qualche modo, si sfalda anche la Comunità: più alloggi per i turisti, meno case per i residenti. Questo comporta, non solo nel centro storico, una urgente emergenza abitativa”.
Insomma il cardinale ha invitato a riscoprire una cultura cristiana: “La cultura cristiana ha sempre promosso bellezza, ma insieme ha offerto anche ospitalità. Nella storia e così anche oggi, non è banale il contributo di riflessione e di valore che la Comunità cristiana può partecipare alla convivenza pubblica. C’è, anche in molte altre tradizioni religiose, così come nella cultura umanistica, una visione sacra dell’ospitalità, che considera l’ospite nel suo valore di persona e non sulla base del profitto che può portare”.
Però la città non è sempre coerente con il pensiero cristiano: “Registriamo, invece, oggi una contraddizione che è un autentico scandalo: se hai soldi e porti soldi sei il benvenuto e ti metto il ‘tappeto rosso’ anche se sei straniero. I muri crollano e il dio denaro apre ogni porta. Se invece sei, allo stesso modo, straniero, ma senza soldi: torna a casa tua! Cosa offriamo? Ai turisti facoltosi il lusso, ai poveri il minimo e, a volte, anche meno. Sotteso a questo atteggiamento c’è qualcosa di poco umano: non mi interessa chi sei, ma ciò che possiedi o che non hai”.
Ed infine un monito anche per i cristiani: “A nessuno, più che ai cristiani, preoccupa il vento cattivo delle parole arroganti, la logica tribale dell’amico-nemico, l’incapacità di accoglienza e di dialogo. Non può non inquietarci una società e un mondo che vede crescere conflittualità e tensioni ad ogni livello. A questo vento cattivo si contrappone l’aria buona dello Spirito che implora ai nostri cuori di custodire e promuovere il dono della pace, a partire dai nostri rapporti interpersonali, dalle nostre famiglie e dalla nostra Città.
Una Città è bella quando rende belli i suoi abitanti e chi vi è accolto. Como è bella quando noi tutti mostriamo il nostro vero volto, ossia quando siamo buoni, belli e veri noi stessi! Quando ci mostriamo profondamente umani, quando diffondiamo tra noi e con tutti il buon profumo dell’amicizia e della fraternità”.
(Foto: Diocesi di Como)