L’Aquila: la Perdonanza è testimonianza di vita

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Giovedì 29 agosto, presieduta da mons. Antonio D’Angelo, arcivescovo metropolita de L’Aquila, si è chiusa la Porta Santa di Santa Maria di Collemaggio, nella 730^ Perdonanza Celestiniana, con l’attribuzione all’arcivescovo emerito, card. Giuseppe Petrocchi, del premio del Perdono 2024, che ha ringraziato l’amministrazione comunale del capoluogo abruzzese: “Un impegno comune per promuovere, sempre e dovunque, la spiritualità e la cultura della riconciliazione e della pace. È un obbligo morale che discende dal fatto che siamo ‘stirpe’ di Celestino V, perciò ‘eredi’ della grazia di custodire e diffondere, a livello planetario, l’evento della Perdonanza, di cui questo Uomo di Dio è stato un geniale e provvidenziale profeta”.

Chiudendo la Porta Santa della Perdonanza mons. D’Angelo ha riflettuto sull’importanza della Misericordia con lo sguardo già proiettato verso il prossimo Giubileo, prendendo spunto dal Vangelo del racconto del martirio di san Giovanni Battista: “Il brano del Vangelo ci presenta l’episodio del martirio di san Giovanni Battista. E’ significativa l’espressione di san Giovanni: ‘Non ti è lecito’. Questa espressione richiama alla giustizia, alla verità della vita e delle scelte che si devono fare. Non si può fare come si vuole, c’è un codice interiore che regolamenta la vita”.

San Giovanni Battista mostra l’ambiguità del potere, che deve essere ‘vinta’ attraverso un percorso di riconciliazione: “La celebrazione della Perdonanza che si ripete ogni anno, deve aiutarci proprio in questo, vincere la nostra ambiguità, rafforzare le scelte e i valori che portiamo dentro. L’incontro con la Misericordia rigenera e genera la coscienza di ogni persona, accogliendo l’invito di san Paolo ai Corinzi: ‘lasciatevi riconciliare con Dio’. Riconciliare è proprio mettere insieme, ricomporre o comporre una nuova realtà, perché si costruisca una vera sintonia tra le diverse dimensioni della persona umana e la vita relazionale”.

Il brano del Vangelo rimanda a san Celestino V: “San Celestino V ci dona questa testimonianza di equilibrio, di sintonia. Ciò lo possiamo cogliere dalla sua capacità di interpretare bene i vari momenti della vita, non senza difficoltà, ma sotto la luce di Dio, attingendo proprio dalla sua ricchezza interiore maturata nel tempo mediante l’ascolto della Parola e l’esperienza della Misericordia”.

La coerenza ai valori rende la persona ‘nobile’: “Bisogna sottolineare che la coerenza più difficile riguarda i valori che segnano la vita personale, quei valori che rendono nobile la persona. Essere veri e leali con se stessi è il principio attorno al quale ruota la grandezza di un uomo, dinamiche non immediatamente visibili agli altri. La vera nobiltà dell’uomo risiede nella sua intimità più profonda, sacrario nel quale si origina ogni sua scelta. Proprio in questo sacrario si costruisce la sua statura, luogo dove avviene l’incontro con la Misericordia, il perdono di Dio che tocca le corde più profonde della sua esistenza, non solo per guarire ma per generare il vero volto dell’essere umano”.

L’esempio è dato da san Giovanni Battista e da san Celestino V: “Uomini che hanno saputo tenere la loro posizione nei momenti cruciali della loro vita rimanendo fedeli a se stessi. Se oggi siamo qui a venerarli, a raccogliere la loro eredità umana e cristiana, non è per un semplice cerimoniale ma, per fede, crediamo che quanto da loro donatoci è vero anche per noi”.

E’ stato un invito a lasciarsi riconciliare con Dio, come ha scritto san Paolo: “Lasciamo che l’Amore di Dio tocchi la nostra vita per scoprire, consolidare e sperimentare in pieno la bellezza della vita che ci è stata donata. L’esistenza ci è stata donata, quindi lasciamoci accompagnare da Colui che ci ha fatto questo dono, nello spirito di umiltà e obbedienza”.

L’omelia è stata chiusa con uno sguardo al prossimo Giubileo: “Siamo prossimi all’inizio del Giubileo, ci stiamo preparando celebrando ‘l’Anno della Preghiera e del Perdono’, due coordinate fondamentali per il cammino della vita. La fede non è un optional nel corso dell’esistenza ma fuoco che illumina gli eventi della vita per fa entrare nell’eternità, non come tempo, ma come pienezza di vita in comunione con Dio…

Non lasciamoci rubare la vita da lucciole che non hanno consistenza, ma lasciamoci illuminare dal sole di Cristo, ‘via, verità e vita’. Sia il Vangelo della Misericordia a sostenere i passi della nostra vita per aprirci alla Speranza di una vita nuova”.

Ed aprendo la Porta Santa nella basilica di Collemaggio l’arcivescovo emerito, card. Giuseppe Petrocchi, ha ‘focalizzato’ l’omelia su san Celestino V: “Celestino, uomo coraggioso e profetico, è maestro e guida sulle vie della Parola e della Comunione, ecclesiale e sociale. Per ‘celestinizzare’ il nostro stile di vivere la Perdonanza occorre anzitutto assumere un autentico atteggiamento ‘penitenziale’.

Bisogna, perciò, entrare attraverso la ‘Porta Santa’ in compagnia della virtù dell’Umiltà, che rende capaci di “dirsi” e “sentirsi dire” la verità nell’amore. Questa lealtà, dai lineamenti biblici, mette allo scoperto le nostre negatività: illumina le zone d’ombra e le rende visibili. Ciò ci consente di ‘ispezionare’, con sapienza evangelica, i ‘tunnel’ dell’anima in cui sono occultati pensieri, sentimenti e comportamenti macchiati dal peccato, per poi avviare un processo di ‘purificazione’ della memoria”.

E dal perdono deriva la pace: “La Perdonanza è madre feconda e la sua figlia prediletta è la Pace: con se stessi e con gli altri. Discorso che ci interessa molto come credenti e abitanti di questa epoca storica: ma viene avvertito con vibrante intensità in questi giorni attraversati da drammatici ed impetuosi venti di guerra… Perdono, Giustizia e Pace, dunque, sono un trinomio inscindibile per edificare un mondo secondo Dio e, proprio per questo, degno dell’uomo”.

(Foto: arcidiocesi de L’Aquila)

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