Lettera di Papa Francesco sulla letteratura e formazione. Un commento

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 28.08.2024 – Miguel Cuartero] – Precluso ormai il fresco di Castel Gandolfo, nel caldo, nella noia e nella solitudine estiva di un agosto romano (che diranno “il più caldo della storia dell’umanità”), Papa Francesco ha pubblicato una lettera indirizzata a tutti seminaristi sull’importanza di leggere romanzi durante il periodo di formazione.

Subito, nel primo paragrafo, spiega però che ciò vuol dire ai seminaristi vale anche per tutti i Cristiani. Ecco dunque la Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione (17 luglio 2024) [QUI] indirizzata ai seminaristi ma anche ai formatori e a tutti i Cristiani, pubblicata in otto lingue sul sito del Vaticano.

Il Papa afferma che per entrare in dialogo con la cultura contemporanea bisogna darsi alla letteratura. Non basta infatti imparare un Cristianesimo “lontano” dalla gente, ma bisogna toccare dalla carne degli uomini e delle donne. In questo senso, spiega il Sommo Pontefice, la letteratura avvicina i Cristiani alla verità sull’uomo, al “cuore della cultura” e al “cuore dell’essere umano”, salvandoli dalle letture astratte lontane anni luce dal mondo.

Facile immaginare un riferimento alla teologia che da tanti anni, durante questo pontificato, è stata più volte additata come una scienza astratta e – a loro volta – i teologhi come topi da biblioteca, chiusi nei loro freddi ragionamenti rarefatti.

Dunque più romanzi (vecchi o nuovi, fa lo stesso) e meno teorie; più letteratura e meno teologia; più narrazioni e meno dogmatica. Il Papa ricorda quando ai suoi studenti che dovevano leggere El Cid (poema epico classico della letteratura spagnola) lasciò leggere Garcia Lorca [1], che gli studenti preferivano ed a loro più congeniale. A volte un romanzo è anche un buon sostituto alla preghiera, afferma il Pontefice, quando questa riesce difficile a causa di una crisi o una pesantezza d’animo.

Nulla da dire sull’invito a riscoprire e rileggere i classici della letteratura. Questa è un’inevitabile ricchezza a cui pochi, purtroppo, riescono ad attingere. Ciò che mi lascia perplesso è che nel contesto attuale, nell’ambiente culturale in cui siamo immersi, il Sommo Pontefice si scomodi per chiedere, quasi implorando, ai seminaristi di rivolgersi ai romanzi per diventare più umani, più creativi, acquisire un vocabolario più ampio e combattere la corrosione celebrale.

Il contesto culturale attuale si configura infatti a mio avviso come una guerra, una guerra culturale, in cui il Cristianesimo (non “le religioni”, ma il Cristianesimo) viene costantemente attaccato e deriso da una ideologia sempre più pervasiva. I giochi olimpici di Parigi sono stati un esempio lampante [2], al punto da provocare le proteste di una parte del mondo politico, ma soprattutto dalla gente comune, dal mondo laico e da rappresentanti e leader di altre religioni per invocare il rispetto dei cristiani e dei nostri valori (Susanna Tamaro ha definito il rito di apertura dei giochi “il funerale dell’etica” [QUI]). C’è da dire che Francesco non si è pronunciato, mentre la Santa Sede si è espresso con molto ritardo con una breve nota [3].

Insomma, il contesto che viviamo è ormai palesemente ostile ai Cristiani. Il futuro non sembra roseo. Siamo preparati per questo? Lo sono i nostri pastori? Lo saranno i futuri pastori? La preoccupazione è molta e anche la stanchezza di dover sopportare tutto o sentirsi continuamente etichettare come retrogradi o complottisti (come ovviamente apparirà chi scrive). L’invito ad affidare il tutto alla letteratura per poter meglio comprendere e dialogare col mondo, – da parte del Sommo Pontefice, capo della Chiesa e pastore dei Cattolici sparsi per il mondo – sembra a dir poco sorprendente.

Avrebbe potuto suggerire ai Cristiani (e ricordare ai seminaristi) un ritorno alla preghiera del salterio (invitando i laici ad usare i volumi della liturgia delle ore, considerati “per i preti”) oppure di tornare alle fonti patristiche o alla storia della Chiesa. Avrebbe potuto invitare a leggere il magistero della Chiesa, le encicliche dei predecessori troppo spesso dimenticate o il Catechismo, strumento essenziale per comprendere (e, all’occorrenza, illustrare e difendere) la nostra fede in mezzo a tanta confusione (soprattutto interna alla comunità Cristiana).

Invece sembra che la priorità del Pontefice sia un’altra. Leggere per avvicinarsi al mondo, leggere per scoprire la varietà e la pluralità delle opinioni e delle esperienze. E lo dice così: «La meravigliosa diversità dell’essere umano e la pluralità diacronica e sincronica di culture e saperi si configurano nella letteratura in un linguaggio capace di rispettarne ed esprimerne la varietà, ma al tempo stesso vengono tradotte in una grammatica simbolica del senso che ce le rende intelligibili, non estranee, condivise».

Chi scrive può assicurare che in seminario il tempo per leggere ciò che è necessario (e obbligatorio) non è mai abbastanza. In cinque o sei anni si affronta lo scibile in ambito filosofico e teologico, spesso leggendo pochissimo. Si superano esami di teologia senza aver mai letto Tommaso, Ratzinger o De Lubac, esami di liturgia senza aver letto Odo Casel o Prosper Gueranguer, esami di teologia morale senza aver letto le catechesi di Giovanni Paolo II o l’Humanae Vitae, esami di patristica senza leggere i Padri, esami di dogmatica senza aver mai aperto il Denzinger ed esami di Sacra Scrittura senza aver mai letto Brown, Fitzmayer, Vanhoye o Schökel. Per citare alcuni nomi a memoria. Per non parlare della filosofia, che si affronta frettolosamente, senza attingere alle fonti, spesso per motivi di lingua.

Chiedere ai seminaristi di leggere Quo Vadis, Cime tempestose, o meglio, qualsiasi tipo di romanzo o poesia in base alle proprie sensibilità (perché un autore tira l’altro), a mio avviso, è distrarli dal loro dovere. Non c’è dubbio che leggere Fabio Volo permetterà ai seminaristi di “acquisire un vocabolario più ampio”, ma non lo considererei di per sé una pratica virtuosa.

Mi spiego. Mi considero un buon lettore e ammetto di amare più i saggi che la narrativa (è da considerarsi un peccato?). Ad ogni modo so riconoscere la bellezza di un romanzo e la capacità di un autore di trasmettere qualcosa. Ho letto e consigliato tutti i romanzi di Daniele Mencarelli, e recentemente ho letto tre romanzi che ho trovato molto belli, potenti ed edificanti (a due dei quali ho dedicato una recensione su Interris): Figli di ieri di Elisabetta Sala, Il potere e la gloria di Graham Greene [QUI] (che, per l’appunto consiglio a tutti i seminaristi) e La strada di Cormac McCarthy.

Ma credo che se qualcosa manchi alla formazione dei preti è proprio la filosofia e la teologia. Non direi che le mancanze dei nostri pastori siano attribuibili alla mancanza di letteratura nella loro formazione. Non mi riferisco alle mancanze morali, comuni a tutti i mortali, contro le quali la letteratura può fare ben poco (anzi, se “cattiva” può fare malissimo). Parliamo ad esempio degli errori dottrinali, delle mancate occasioni nelle omelie, delle uscite infelici nel trattamento con le persone, dell’incapacità di difendere la dottrina della Chiesa in mezzo agli attacchi esterni e alle divisioni interne. A nessuno verrebbe da dire con sdegno: “Si vede che il don ha letto pochi romanzi!”.

A tutto questo potrà certamente giovare una formazione costante, continua, permanente, alla fede ma anche un habitus nella ricerca delle verità della fede, un approfondimento della teologia e del magistero, sulla scia dei padri e della buona teologia. Tutto questo può giovare molto più di un “premio strega” dove l’autore racconta a suo modo uno spaccato del mondo che vorremmo raggiungere.

Per non parlare dei Cristiani, ai quali è rivolta la lettera, completamente digiuni dei rudimenti della dottrina, troppo spesso fermi ai pochi strumenti ricevuti durante l’infanzia dai catechisti della comunione. Perché non trovare il modo di proporre un “radicale cambio di passo” (uso parole del Pontefice) nella formazione teologica, biblica e morale dei Cristiani?

Capisco che il Papa possa essere stato spinto alla stesura (o meglio, alla firma) della lettera da alcuni strettissimi collaboratori appassionati di letteratura moderna (che vantano diverse citazioni a piè di pagina!). Ma evidentemente non riesco a condividere la priorità. Sono certo che ora molti sacerdoti e molti Cattolici approfitteranno a scrivere romanzi, più che a leggerli. Infatti questo tipo di messaggi muovono più le idee di quanto sollecitino il cuore; inoltre, si sa, chi non ha l’abito della lettura poco si sentirà smosso in questo senso.

Quello che ho imparato in tanti anni è che tutto ciò che è umano lo conosciamo attraverso Cristo e la Chiesa, che svelano – da parte del Padre – la gloria e le miserie di cui ogni uomo e ogni donna sono capaci. E non credo ci sia bisogno di andare a cercare altrove (negli uomini) ciò che Cristo sa dirci su di noi e sul mondo, come afferma il Concilio al numero 22 della Costituzione Apostolica Gaudium et Spes: «In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell’uomo». A proposito, anche i documenti del Concilio andrebbero riletti. Tra un romanzo e un altro.

[1] Poeta maledetto della generazione del 27, omosessuale e partigiano repubblicano durante la guerra civile e la persecuzione dei Cristiani della Segunda Republica.

Questo articolo è stato pubblicato ieri dall’autore sul suo blog Testa del Serpente [QUI].

[2] Le cerimonie di apertura e di chiusura della XXXIII edizione dei Giochi olimpici non passeranno alla storia come degli spettacoli di bellezza, ma come un baraccone riempito di ossessioni contemporanee. A Parigi, la grandeur francese è affogata nell’oceano nauseabondo del cattivo gusto, della intolleranza, del laicismo offensivo dei sentimenti religiosi di tantissime persone – e perfino della sana laicità-, dell’anticristianesimo, neppure tanto strisciante. Eppure lo sport, con i suoi principi e con i suoi valori, dovrebbe supportare il grande bisogno di fraternità tra i popoli e tra le nazioni, nel rispetto delle convinzioni di tutti, in un momento tanto grave per la pace del mondo. Invece, abbiamo assistito ad una parodia blasfema dell’Ultima Cena di Gesù e del Sacramento della Eucaristia, che rappresenta un deplorevole momento di derisione e di scherno per il Cristianesimo ed una grave offesa per tutti i Cristiani del mondo.

Tra i molti eventi simbolici del nostro tempo, gli spettacoli grotteschi che il 26 luglio hanno inaugurato e l’11 agosto 2024 hanno chiuso le XXXIII Olimpiadi di Parigi non possono essere semplicemente accantonati come degli show di cattivo gusto o delle provocazioni culturali. Rappresentano l’ultimo atto di guerra contro la Civiltà Cristiana, che ha avuto uno dei suoi picchi storici nella Rivoluzione francese.

«I nemici dell’Occidente cercano la loro rivincita. Perché ciò accada, perché essi riescano a vincere la guerra, sanno che l’Occidente deve cessare di essere cristiano, deve tornare alle idee e ai costumi del paganesimo, per cadere come una mela matura, come accadde all’Impero Romano. I barbari non odiavano la decadenza di Roma, ma il potere che per secoli li aveva soggiogati. L’espugnazione della Città Eterna da parte dei Goti di Alarico, la notte del 24 agosto 410, fu il loro trionfo. San Girolamo a Betlemme, e sant’Agostino ad Ippona versarono lacrime profonde per questo simbolico evento. Chi piange oggi per le minacce dei nuovi barbari all’Occidente? Ma, soprattutto, chi è disposto a difendere l’Occidente in nome dei princìpi e delle istituzioni che lo fecero grande nella storia? Eppure la forza di questi valori, che nasce dalla Verità di Cristo, è indistruttibile. Il futuro del mondo non è sotto la bandiera di Dionisio, né sotto quella del comunismo o dell’Islam, ma sotto quella dell’unico Dio vittorioso, che è Gesù Cristo. La fede e la ragione lo attestano.
Come e quando accadrà? A Dio tutto è possibile nella storia. Solo chi crede in un cieco determinismo storico pensa che “la storia non si fa con i se”. La storia si fa con i “se” proprio per la ricchezza delle possibilità che ogni momento presente contiene. Per questo il nostro esame di coscienza si fonda sulle mancanze che abbiamo commesso, ma che non eravamo costretti a commettere. Anche la storia, come la nostra vita, sarebbe potuta andare altrimenti e potrà andare, da un attimo all’altro, in un modo diverso. Che cosa sarebbe accaduto se il 14 luglio 1789 i dragoni del Principe di Lambesc, contravvenendo all’ordine di non versar sangue dato loro da Luigi XVI, avessero spazzato via la canaglia rivoluzionaria che marciava verso la Bastiglia? La Rivoluzione anticristiana non si illuda. I dragoni del Principe di Lambesc sono sempre, con la spada in pugno, dietro l’angolo della storia» (Prof. Roberto de Mattei – Corrispondenza Romana, 31 luglio 2024 [QUI]).

Parigi alle sue Olimpiadi parte con il piede sbagliato

«Si sono aperti i Giochi della trentatreesima Olimpiade e Parigi ha ballato. Si spera gareggi con ben altri risultati. Sì, perché lo sport, la sana competizione, il “vinca il migliore” non potevano avere un’inaugurazione peggiore. Non ci riferiamo alla pioggia battente che rischiava di “rovinare” la festa – atleti zuppi e fradici tra i flutti della Senna e gli scrosci dal cielo, potenti spettatori intirizziti sulle logge – ma alla regia e ai contenuti di uno spettacolo più simile a un circo dove i clown non facevano ridere. Del resto, le città europee di analoghe esibizioni circensi ormai sono diventate sede periodica.
Non sono bastati i giochi di luce ad assicurare rinnovata grandeur al Paese organizzatore. “Olympia 33” fa già acqua da tutte le parti, nonostante il suo grado elevato (di cattivo gusto e non solo…). E ciò che più disgusta e ferisce è il minestrone di blasfemia che non ha nulla di libertario o emancipante: perché i sentimenti di fede, le idee e i diritti condivisi – in sintesi la fiducia nella Ragione – sono finiti sotto le zampe e i tacchi di vanesi e colorati saltimbanchi.
Le reazioni non si sono fatte attendere. I Vescovi francesi, in un comunicato, hanno condannato le “scene che deridono e scherzano sul cristianesimo”. Accanto a momenti oggettivamente apprezzabili per coreografia e luci, grazie allo scenario monumentale di una delle più belle città del mondo, la Conferenza Episcopale di Francia ha profondamente deplorato “le scene di derisione e di scherno sul cristianesimo”. Non è sfuggita a nessuno la nauseante parodia dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci dove Gesù è sostituito da una figura femminile e gli Apostoli da diversi personaggi drag queen.
Un’Ostia che viene consacrata nelle celebrazioni eucaristiche diventando il Corpo di Cristo è incastonata sulla testa della figura femminile ad indicarne anche l’aureola della “santità”. Il Sangue di Cristo è invece rappresentato da Bacco, il dio del vino, dell’ebbrezza e della sensualità nella mitologia classica.
Sulla questione, ironico e sferzante, in punta di penna, il quotidiano cattolico Avvenire: “Come un piatto di nouvelle cuisine gli chef della serata hanno messo in pentola di tutto: pop, rock, lirica. E poi hanno shakerato gli ingredienti con un pizzico fin troppo abbondante di imprescindibile ‘fluidismo’”, ha osservato il foglio della CEI.
Il settimanale Famiglia Cristiana richiama il grave fatto che “Leonardo da Vinci, autore dell’Ultima Cena parodiata in maniera offensiva e blasfema per i cristiani e con il quale la Francia ha debiti, avrebbe meritato maggiore garbo e la Francia ha cultura sufficiente per sapere che non è necessario offendere la sensibilità e la fede altrui per affermare la propria idea di mondo”.
Tutto questo si è consumato sullo sfondo della cattedrale di Notre-Dame, ferita e umiliata, i cui lavori di ricostruzione non si sono ancora conclusi dopo il devastante incendio dell’aprile 2019.
Che dire dunque di fronte a questo show planetario presieduto da Emmanuel Macron?
Che un fondamentalismo laicista approfitta dei Giochi olimpici – evento che dovrebbe celebrare piuttosto il rispetto e il dialogo fra i popoli, di ogni credenza, convinzione o religione – per imporre, anche attraverso la blasfemia travestita da rivendicazione di diritti, una visione del mondo e una rifondazione antropologica distorte e divisive. Che questa strategia nichilista abbia da sempre un sottile e velenoso ispiratore è cosa ben nota alla prassi esorcistica» (Associazione Internazionale Esorcisti, 28 luglio 2024 [QUI]).

[3] “La Santa Sede – si legge nel testo del comunicato – è rimasta rattristata da alcune scene della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Parigi e non può che unirsi alle voci che si sono levate nei giorni scorsi per deplorare l’offesa arrecata a molti cristiani e credenti di altre religioni”. “In un evento prestigioso in cui tutto il mondo si unisce intorno a valori comuni – prosegue il comunicato – non dovrebbero esserci allusioni che ridicolizzano le convinzioni religiose di molte persone”. In conclusione, la Santa Sede ha evidenziato che “la libertà di espressione, che ovviamente non è in discussione, trova il suo limite nel rispetto degli altri”.

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