Beatificato a Budapest il martire Stefano Sándor: un esempio di vita buona

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Sabato 19 ottobre a Budapest, in Ungheria, è stato beatificato Stefano Sàndor, il coadiutore salesiano ucciso appena trentottenne dal regime comunista nel 1953, con l’intensificarsi della persecuzione contro la Chiesa. La Messa, in rappresentanza di papa Francesco, è stata celebrata dal prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato, salesiano: “L’odierna beatificazione di Stefano Sándor è un dono di Dio alla nobile nazione ungherese, alla congregazione salesiana e alla Chiesa intera.

Egli era un giovane entusiasta della sua vocazione di salesiano coadiutore… Gli allievi ricordano con ammirazione le sue esortazioni alla vita buona del Vangelo. Era giustamente convinto che i giovani apprendisti, oltre al mestiere della tipografia, avessero bisogno anche di un’educazione spirituale… A ogni salesiano, coadiutore o sacerdote, il beato ricorda che l’esistenza consacrata è un autentico martirio bianco, consumato giorno per giorno nella fedeltà al Vangelo e al carisma”.

Stefano Sandor nacque a Szolnok, in Ungheria, il 26 novembre 1914 da Stefano e Maria Fekete, primo di tre fratelli. Il padre era impiegato presso le Ferrovie dello Stato, la madre invece era casalinga. Entrambi trasmisero ai propri figli una profonda religiosità. Stefano studiò nella sua città ottenendo il diploma di tecnico metallurgico. Fin da ragazzo veniva stimato dai compagni, era allegro, serio e gentile. Amava stare con gli amici del vicinato, era per loro un leader, come lo era Giovanni Bosco tra i giovani di Chieri. Aiutava i fratellini a studiare e a pregare, dandone per primo l’esempio. Serviva ogni giorno la santa Messa dai Padri francescani ricevendo l’Eucaristia. Leggendo il Bollettino Salesiano conobbe don Bosco. Si sentì subito attratto dal carisma salesiano. Si confrontò col suo direttore spirituale, esprimendogli il desiderio di entrare nella Congregazione salesiana. Ne parlò anche ai suoi genitori.

Essi gli negarono il consenso, e cercarono in ogni modo di dissuaderlo. Ma Stefano riuscì a convincerli, e nel 1936 fu accettato al Clarisseum, dove in due anni fece l’aspirantato. Frequentò nella tipografia ‘Don Bosco’ i corsi di tecnico-stampatore. Iniziò il noviziato, ma dovette interromperlo per la chiamata alle armi. Nel 1939 raggiunse il congedo definitivo e, dopo l’anno di noviziato, emise la sua prima professione l’8 settembre 1940. Destinato al Clarisseum, si impegnò attivamente nell’insegnamento presso i corsi professionali. Ebbe anche l’incarico dell’assistenza all’oratorio, che condusse con entusiasmo e competenza. Fu il promotore della Gioventù Operaia Cattolica. Il suo gruppo fu riconosciuto come il migliore del Movimento. Sull’esempio di don Bosco, si mostrò un educatore modello.

Nel 1942 fu richiamato al fronte, e guadagnò una medaglia d’argento al valore militare. La trincea era per lui un oratorio festivo che animava salesianamente, rincuorando i compagni di leva. Alla fine della Seconda Guerra mondiale si impegnò nella ricostruzione materiale e morale della società, dedicandosi in particolare ai giovani più poveri, che radunava insegnando loro un mestiere. Il 24 luglio 1946 emise la sua professione perpetua diventando coadiutore salesiano. Nel 1948 conseguì il titolo di maestro-stampatore.

Al termine degli studi gli allievi di Stefano erano assunti nelle migliori tipografie della capitale e dello Stato. Iniziarono le persecuzioni nei confronti delle scuole cattoliche, che dovettero chiudere i battenti. Stefano fu colto sul fatto mentre stampava in tipografia. Si nascose nelle case salesiane, lavorando sotto falso nome in una tipografia pubblica. Nel luglio del 1952 fu catturato sul posto di lavoro, e non fu più rivisto dai confratelli.

Il Rettore Maggiore dei Salesiani, don Pascual Chávez Villanueva, così ha scritto alla famiglia salesiana: “Stefano Sándor dalla nascita fino alla morte fu un uomo profondamente religioso, che in tutte le circostanze della vita rispose con dignità e coerenza alle esigenze della sua vocazione salesiana. Così visse nel periodo dell’aspirantato e della formazione iniziale, nel suo lavoro di tipografo, come animatore dell’oratorio e della liturgia, nel tempo della clandestinità e della carcerazione, fino ai momenti che precedettero la sua morte.

Desideroso, fin dalla prima giovinezza, di consacrarsi al servizio di Dio e dei fratelli nel generoso compito dell’educazione dei giovani secondo lo spirito di don Bosco, fu capace di coltivare uno spirito di fortezza e di fedeltà a Dio e ai fratelli che lo misero in grado, nel momento della prova, di resistere, prima alle situazioni di conflitto, e poi alla prova suprema del dono della vita… Come educatore esemplare dei giovani, in particolare degli apprendisti e dei giovani lavoratori, e come animatore dell’oratorio e dei gruppi giovanili, ci è di esempio e di stimolo nel nostro impegno di annunciare ai giovani il vangelo della gioia attraverso la pedagogia della bontà.

In questo secondo anno di preparazione al Bicentenario tale prospettiva ci spinge con ardore ed entusiasmo nella nostra missione tra i giovani degli ambienti popolari che si avviano al lavoro e tra i giovani lavoratori che spesso incontrano difficoltà e sono facilmente esposti ad ingiustizie”. E in un quartiere di Monrovia, capitale della Liberia, a Matadi, i salesiani hanno intitolato al patrono ungherese la ‘casa’.

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