La Congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli verso i Giubilei del 2025: l’ordinario e dei 400 anni di fondazione

Mani per il pane - Dettaglio
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 23.07.2024 – Vik van Brantegem] – Nel 2025 un duplice appuntamento attende la grande Famiglia Vincenziana, oltre duecento rami in tutto il mondo, in rappresentanza di oltre due milioni di persone, che si innestano nel comune tronco del carisma di San Vincenzo de’ Paoli: il Giubileo ordinario, in cui a tutti i cristiani è offerta la possibilità non solo del perdono delle colpe ma anche della cancellazione della pena spirituale attraverso il passaggio purificatore della Porta Santa, e il giubileo dei 400 anni della Congregazione della Missione che San Vincenzo de’ Paoli fondò nel 1625.

Infografica

Papa Francesco ricorda che il 2024 è l’anno della preghiera, una grande “sinfonia” di preghiera che si traduce nella solidarietà e nella condivisione del pane quotidiano, facendo così del Padre Nostro il programma della nostra vita. I Missionari Vincenziani si preparano a festeggiare i 400 anni dalla loro fondazione con la preghiera e l’impegno nella missione al fine di rivitalizzare le tre dimensioni della spiritualità vincenziana, così come indicato dal Superiore generale Padre Mavrič Tomaž: «La dimensione profetica che dalla grazia dello Spirito di Dio che è “sopra di noi” giunge all’ascolto del grido dei poveri e alla disponibilità a prendersi cura; la dimensione sinodale che vede il superamento dell’individualismo per un cammino ed una azione comunitaria; la dimensione missionaria la cui autenticità nasce da una spiritualità profonda, da un’intensa comunione, dalla vicinanza e amicizia con Gesù».

Con il doppio fine di far conoscere San Vincenzo de’ Paoli e la Congregazione della Missione, e di prepararsi adeguatamente al duplice appuntamento giubilare del 2025, l’Ufficio della comunicazione della Congregazione Vincenziana, diretto da Padre Salvatore Farì, CM, offre un percorso di riflessione a tappe.

La prima tappa riguarda un dipinto su tela, Mani per il pane dell’artista bosniaco Safet Zec, nato nel 1943 nella città di Rogatica, in Bosnia Erzegovina, vive e opera a Venezia, schivo e solitario. Pittore e incisore protagonista del movimento denominato «realismo poetico, considerato dalla critica internazionale di straordinario talento, ha vissuto in prima persona il dramma dello sradicamento e dell’esilio. Costretto a fuggire dalla sua Bosnia travolta negli anni Novanta da una guerra fratricida, ha trovato rifugio con la moglie e i due figli in Italia, diventata una seconda patria. Per questo la sua capacità di rileggere e concretizzare il fenomeno migratorio è particolarmente potente. Un fenomeno che continua a imporsi come una cartina di tornasole globale di questa epoca; una questione che oltre alla sua complessità intrinseca apre finestre su tanto altro. E anche sulle coscienze personali.

La tela Mani per il pane è un’opera di forte impatto emotivo e legata al tema del cibo e della condivisione. L’artista raffigura braccia e mani disperate tese fino allo spasimo verso il pane per chiedere aiuto, giustizia, libertà, misericordia. Sottolinea Padre Farì: «È attorno al pane che ci riscopriamo fratelli, umanità che vive, fatica, spera, gioisce. In quelle mani contempliamo quelle dei poveri che cercano pane». Pane di giustizia, di lavoro, di amore. Contempliamo anche le nostre mani, le nostre braccia la cui fatica, insieme al sudore della fronte, testimonia il nostro amore per Dio.

Se leggiamo la Bolla d’Indizione del Giubileo 2025, Spes non confundit, comprendiamo che dall’intreccio di speranza e pazienza appare chiaro come la vita cristiana sia un cammino per ricercare il senso della vita; non a caso il pellegrinaggio esprime un elemento fondamentale di ogni evento giubilare. Il Papa chiede a tutti i Cristiani di essere segni tangibili di speranza per quanti vivono situazioni di disagio:

  • i detenuti che, privi della libertà, sperimentano ogni giorno, oltre alla durezza della reclusione, il vuoto affettivo, le restrizioni imposte e, in non pochi casi, la mancanza di rispetto;
  • gli ammalati, che si trovano a casa o in ospedale;
  • i giovani che vedono spesso crollare i loro sogni;
  • i migranti, che abbandonano la loro terra alla ricerca di una vita migliore per sé stessi e per le loro famiglie;
  • gli esuli, profughi e rifugiati, che le controverse vicende internazionali obbligano a fuggire per evitare guerre, violenze e discriminazioni;
  • gli anziani, che spesso sperimentano solitudine e senso di abbandono;
  • i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere.

Padre Farì spiega che ne era ben convinto San Vincenzo de’ Paoli, che alle Figlie della Carità diceva che «la speranza produce la fiducia… Dobbiamo credere che Dio vuole darci tutte le grazie necessarie per salvarci. Pertanto, chi non credesse che Dio si prende cura della nostra salvezza mediante le vie che la sua Provvidenza conosce adatte per noi, l’offende. Non essere saldi nella speranza e non credere che egli si prende cura della nostra salvezza eterna è una diffidenza che gli dispiace. La speranza consiste dunque nell’attendersi dalla Bontà divina l’adempimento delle promesse che ci ha fatto. Vi è, allora, la fiducia nella Provvidenza. Fiducia e speranza sono quasi la medesima cosa. Aver fiducia nella Provvidenza, vuol dire sperare che Dio si prenda cura di coloro che lo servono, come uno sposo ha cura della sposa e un padre del figlio. Allo stesso modo Dio ha cura di noi, anzi molto più» (SVit X, 502-503).

Il IV centenario della fondazione della Congregazione della Missione è, non solo per i Missionari ma per tutta la Chiesa, per tutti i credenti, l’occasione per ravvivare la consapevolezza di essere segno di speranza per i poveri. Esorta Padre Farì: «Sì proprio così! Tutti siamo segno di speranza per i poveri, tutti siamo prolungamento dell’azione di Dio, tutti siamo chiamati a compiere “azioni divine”».

Il documento “Mani per il pane”. Segni di speranza per i poveri – scritto da Padre Salvatore Farì, CM, Direttore dell’Ufficio di Comunicazione della Congregazione della Missione – è un invito profondo alla riflessione e all’azione in preparazione al Giubileo 2025. È una guida spirituale, che esplora il significato della speranza, della solidarietà e della missione Cristiana nell’aiutare i poveri. Conduce in un viaggio attraverso la storia dei Giubilei, sottolineando l’importanza di essere testimoni attivi dell’amore misericordioso di Dio, come insegna Papa Francesco.

“La speranza non delude” (Rm 5,5) è il messaggio centrale di questa riflessione, che ci esorta a diventare segni tangibili di speranza per tutti coloro che vivono situazioni di disagio. Le parole di Padre Farì in preparazione al Giubileo 2025 ispirano per rinnovare la fede e l’impegno verso i più bisognosi.

Foto di copertina: dettaglio del dipinto su tela “Mani per il pane” di Safet Zec, che fa parte del ciclo “Exodus” di 13 grandi opere, realizzato nel 2017, che affronta e comunica con grandissimo pathos e forza espressiva il tema bruciante ed attuale della migrazione. Il ciclo pittorico “Exodus” nel valorizzare la realtà migratoria, lascia un segno profondo e, mediante il linguaggio universale dell’arte, cerca di suscitare attenzione, rispetto, emozione ed interesse verso un tema così doloroso e, al tempo stesso, così drammaticamente strumentalizzabile. Si tratta di ampie tele create con tecnica mista, in cui fogli di giornale si impastano all’olio della tempera e al collage. Esse narrano momenti del tragico viaggio che compiono i profughi. L’opera è intrisa di dolorosa e vibrante bellezza, e riesce a comunicare e ispirare un atteggiamento di pietà che non può essere disatteso. Uno sguardo alla speranza di un futuro di misericordia per una nuova umanità. «Certi pezzi di tela sono dentro di noi, ogni artista accede a ciò che si porta dentro. Non potevo che usare gli unici mezzi che conoscevo per raccontare gli orrori della guerra. In questo periodo sono nati i corpi feriti, gli abbracci», ha detto Safet Zec.

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