Le questioni aperte del Sinodo dei Vescovi

Tavoli Sinodo dei Vescovi
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.07.2024 – Andrea Gagliarducci] – A giudicare dal documento di lavoro recentemente pubblicato [QUI], l’assemblea sinodale con cui Papa Francesco vuole introdurre il “metodo sinodale” come pratica della Chiesa, sarà un riflesso del pontificato di Francesco.

Il documento di lavoro della fase finale del Sinodo sulla sinodalità presenta differenze sostanziali rispetto alla prima. È leggermente più lungo, sembra redatto in modo più “classico” – cioè più in linea con i documenti di lavoro delle precedenti Assemblee sinodali – e non comprende la parte della metodologia e dei temi che hanno caratterizzato il documento di lavoro della prima parte del Sinodo sulla sinodalità.

Quando c’è un problema controverso, se ne occupa una commissione. Quando bisogna prendere una decisione, il Papa la prende comunque. Quando la decisione è impopolare, diventa magicamente qualcosa che l’Assemblea ha chiesto, piuttosto che qualcosa su cui il Papa ha insistito. Questa sembra un’analisi dura, e probabilmente lo è. Tuttavia, per capirlo, dobbiamo andare più in profondità.

Il documento risente un po’ – e questo è probabilmente un bene – del dibattito che si è svolto non solo durante la prima parte dell’incontro dello scorso ottobre, ma anche intorno all’ultima Assemblea stessa. In Germania è in corso il Sinodo del popolo di Dio, che punta ad avere un consiglio sinodale con forma deliberativa. Lo stesso Papa Francesco ha fermato più volte questa iniziativa, perché rischia di mettere in discussione l’unità della Chiesa.

Poi c’è la straordinaria pressione sull’inclusività delle persone LGBTQIA+. L’utilizzo dell’acronimo in alcuni documenti della Chiesa – il primo documento sinodale ad utilizzarlo è stato l’Instrumentum laboris dell’Assemblea del 2018 – crea un problema sostanziale. La Chiesa non ha mai categorizzato in base al genere sessuale, perché utilizza il concetto di essere umano, che è un concetto universale. Non esistono identità “più uguali” delle altre. Questo messaggio è ancora fortemente percepito all’interno della Chiesa, e l’Assemblea del 2023 ha eliminato l’acronimo dalla dichiarazione sommaria, preferendo il termine orientamento sessuale.

Il caso non viene nemmeno menzionata per nome nei gruppi di lavoro, perché rientra nel tema più ampio della moralità, ma non è nemmeno questo il punto. Da un lato c’è una Dichiarazione come Fiducia supplicans, che apre alle benedizioni per le coppie irregolari pur dicendo che non vuole benedire alcuna unione irregolare. D’altra parte, c’è la pressione mediatica di alcuni attivisti (anche sacerdoti) che utilizzano la Fiducia supplicans per le benedizioni “storiche” delle coppie omosessuali. Da un lato c’è Papa Francesco, che a porte chiuse esprime commenti duri su una certa tendenza omosessuale nella Chiesa, e dall’altro c’è Papa Francesco, che incoraggia il progresso della pastorale per le persone LGBTQIA+.

In breve, c’è una confusione, che nemmeno una esplicita dichiarazione sinodale potrebbe districare, perché non sembra esserci più distinzione tra dottrina e prassi, tra pratica pastorale e pratica “ideologica” (se così si può chiamare), e tra giusto discernimento e gestione pubblica. Ma la confusione rischia di aumentare, se poi l’assemblea sinodale viene trasformata in un organo “deliberativo” anziché meramente consultivo, come richiesto dal punto 70 del documento di lavoro.

I Cardinali Mario Grech e Jean-Claude Hollerich, rispettivamente Segretario Generale e Relatore Speciale del Sinodo, hanno chiarito come la “pratica” sinodale preveda ancora il ruolo centrale del vescovo – il singolo vescovo nella sua sede – il ruolo di ascolto, di discernimento e di decidere le faccende nella sua giurisdizione. Questo chiarimento è arrivato in una lettera inviata nel gennaio 2023, prima delle fasi continentali del Sinodo.

Il documento di lavoro, però, chiede ancora ai vescovi di applicare una prassi sinodale. Le decisioni, in alcuni casi, diventano basate sulla comunità, e non è escluso che le decisioni vengano prese con le persone e per le persone. Cosa impedisce a una maggioranza di imporre il proprio punto di vista e di farlo accettare dal vescovo locale? E cosa accadrà, se questo punto di vista non fosse in linea né con la dottrina né con la pratica della Chiesa?

Qui sta il ruolo del Papa, chiamato a essere garante dell’unità, e dei vescovi, chiamati a insegnare e discernere. Ma se il Papa governa guardando all’opinione pubblica nelle sue dichiarazioni, quale sarà l’esempio dei vescovi? E basterà questo a cambiare la dottrina della Chiesa? Questo potrebbe essere non sufficiente. Tuttavia, un sinodo deliberativo potrebbe in definitiva anche mettere a tacere la pressione tedesca, che voleva proprio poter deliberare su questioni dottrinali. Si vedrà poi come verranno bilanciate tutte le istanze, e questo sarà il vero problema.

Il Sinodo vuole mostrare il “metodo dell’ascolto” – come se non ci fosse mai stato l’ascolto nella Chiesa prima – e mira ad avere una mentalità aperta nell’affrontare delle questioni. Papa Francesco ha realizzato una riforma della Curia “in cammino”, portata avanti per tentativi, che non permangono definitivi neppure alla promulgazione della Costituzione apostolica Praedicate Evangelium.

Con il Sinodo si cerca di creare una Chiesa aperta e inclusiva, qualunque cosa significhino queste due parole. Papa Francesco ha voluto caratterizzare il suo pontificato in questo modo, partendo dalla celebre frase “Chi sono io per giudicare?”, al ritorno dal suo primo viaggio apostolico fuori dell’Italia. Alla fine, però, Papa Francesco fa le sue scelte, ha le sue opinioni e comanda in modo spesso non collegiale.

Una commissione e un comitato hanno analizzato la riforma della comunicazione della Santa Sede. Il diaconato femminile aveva due commissioni. Nel primo caso, la riforma ha avuto comunque aggiustamenti successivi che non rientravano nei suggerimenti della commissione. Nel secondo caso, rimane da decidere, nonostante il deciso “No!” di Papa Francesco a CBS News.

Sarà così per le materie controverse del Sinodo? È facile accettarlo per ora, perché il Sinodo non è chiamato a prendere decisioni, ma piuttosto a stabilire un metodo. Ma cosa accadrebbe se il Sinodo diventasse un organismo in cui si prendono le decisioni?

A volte il problema sta proprio nella vaghezza di termini e definizioni. Ognuno, del resto, può dire quello che vuole, vista la totale apertura alla discussione. Però, è necessario dare una direzione al dibattito. C’è solo un indirizzo finale. Per il momento la sinodalità è tutta qui. Resta da vedere se il prossimo incontro sinodale cambierà le cose.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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