“È meglio avere chiese vuote che Messe nel rito antico?” Il Cardinal Müller risponde

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.07.2024 – Vik van Brantegem] – Nel Seminario di San Vincenzo de’ Paoli a Courtalain, nella diocesi di Chartres in Francia, il centro di formazione per i sacerdoti del Institut du Bon Pasteur (Istituto del Buon Pastore), undici seminaristi del primo anno sono stati accolti nel clero con la tonsura conferita il 28 giugno 2024 dal Cardinale Gerhard Ludwig Müller, Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, che il giorno successivo, nella solennità dei Principi degli Apostoli Pietro e Paolo ha ordinato sei diaconi e un sacerdote.

Il Cardinal Müller ha sviluppato una stretta amicizia con l’Istituto del Buon Pastore, l’ancora giovane comunità sacerdotale di rito vetus ordo, fondata 18 anni fa (non toccato dal Motu proprio Traditionis custodes), celebrando per loro la Messa e compiendo delle ordinazioni di nuovi diaconi e sacerdoti, secondo il rito tradizionale.


Undici seminaristi del primo anno sono stati accolti nel clero con la tonsura (prima foto) e ordinati sei nuovi diacono dal Cardinale Gerhard Ludwig Müller il 28 giugno 2024 a Courtalain.

Il Cardinal Müller con il nuovo sacerdote Don Cristhian Nivia, il Superiore Generale del Institut du Bon Pasteur, Don Luis Gabriel Barrero, e i nuovi diaconi.


Nella liturgia di ordinazione, le mani del nuovo sacerdote Cristhian Nivia sono state unte e fasciate con un lembo di lino, che è stato tolto da sua madre e lo conserva come ricordo dell’ordinazione sacerdotale di suo figlio. Ha celebrato la sua prima Messa nella chieda di San Giovanni Battista di Courtalain.
Nella sua omelia del 29 giugno, che riportiamo di seguito nella nostra traduzione italiana dall’originale tedesco, il Cardinal Müller ha sottolineato i deficit della natura e della formazione caratteriale umana, sottolineando però la potenza della grazia di Cristo per i sacerdoti e per tutti i membri della Chiesa.
Ricordando, che il lunedì di Pentecoste ha officiato a Chartres il solenne Pontificale conclusiva del Pellegrinaggio a cui hanno partecipato più di 20.000 pellegrini da tutto il mondo [QUI], ha fatto riferimento all’atteggiamento di ferma opposizione e antagonismo nei confronti della Messa tradizionale che ha riscontrato in un colloquio con un alto funzionario del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti a Roma: «Ero ancora commosso dalla fedeltà dei 20.000 giovani con i quali ho potuto celebrare la Santa Messa nella Cattedrale di Chartres il lunedì di Pentecoste, quando lui obiettò che questo non era affatto motivo di gioia, perché questa Santa Messa veniva celebrata secondo il rito antico. Meglio chiese vuote, che celebrare Messe secondo il rito antico, era suo Credo. Perché molti vedono nell’antico rito della Messa un maggiore pericolo per l’unità della Chiesa rispetto alla reinterpretazione del Credo o addirittura partecipare per niente alla Santa Messa. Interpretano la preferenza per il rito antico come espressione di un tradizionalismo sterile, più interessato alla teatralità della liturgia che alla comunione viva con Dio, che essa trasmette».

In riferimento anche alle vociferate e anticipate nuove restrizioni alla Messa tradizionale che sarebbero allo studio della Santa Sede, se quanto ha raccontato il Cardinal Müller fosse la mentalità prevalente tra coloro che guidano il Dicastero per il Culto Divino – come è noto nel caso del Prefetto, Cardinale Arthur Roche e del Segretario, Arcivescovo Vittorio Francesco Viola, O.F.M. – non sorprende che quel Dicastero cerca di limitare al massimo il rito romano tradizionale, illegittimamente.
In risposta alla domanda: «È meglio avere chiese vuote che Messe nel rito antico?», Il Cardinal Müller ha spiegato a Kath.net: «La dottrina della fede rivelata e la sostanza dei sacramenti è inalienabile, immutabilmente donata alla Chiesa, mentre esiste una legittima diversità di scuole teologiche e di riti liturgici. Ho accolto la richiesta di conferire le ordinazioni, per il sacramento dell’ordine in sé, non per la forma del rito straordinario, perché le due varianti rituali del rito latino sono secondari per la sostanza del sacramento dato da Cristo e che opera nello Spirito Santo. (Questo solo per spiegare due false posizioni opposte). Ciò è spiegato più dettagliatamente nel testo [dell’omelia]».


Omelia di Cardinale Gerhard Ludwig Müller
Courtalain, 29 giugno 2024
(Nostra traduzione italiana dal tedesco)
La Chiesa Cattolica celebra oggi con grande gioia la solennità degli Apostoli Pietro e Paolo. Il Signore stesso edifica la sua Chiesa sulla roccia nella persona di San Pietro, che unisce tutti i Cristiani nella confessione di Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente. Questa confessione salvifica del Verbo di Dio incarnato in Cristo è possibile solo se la loro missione divina continua dopo la morte degli apostoli e se la loro autorità continua ad essere esercitata nel nome di Cristo. Nella lettera della Chiesa di Roma ai Cristiani di Corinto, che ha preso il nome da Clemente, il terzo Vescovo sulla cattedra romana di Pietro, troviamo la testimonianza della successione apostolica dei vescovi. Il loro mandato come maestri e pastori è esercitato dai capi della Chiesa, i quali sono stati ordinati da Dio stesso come servi di Cristo nella potenza dello Spirito Santo mediante l’imposizione delle mani e la preghiera degli Apostoli e dei loro successori (At 20,28).
I nuovi ministeri dei vescovi e dei presbiteri, già menzionati nella Chiesa primitiva accanto agli apostoli (At 15,6.22; At 20,17.28; Tito 1,6-9), ai quali i diaconi prestano l’aiuto (At 6, 2-6; Fil 1,1; 1Tm 3,1-13; 5,17-22), costituiscono i tre gradi dell’unico sacramento, come è chiaramente attestato dalla Traditio Apostolica di Ippolito di Roma a cavallo del III secolo Cristiano.
Il santo Vescovo Ignazio di Antiochia, dove operarono Pietro e Paolo (Gal 2,11) e dove i discepoli per la prima volta furono chiamati Cristiani (At 11,26), già all’inizio del II secolo ha testimoniato lo sviluppo irreversibile dell’unico ordinazione nei tre gradi in questo modo: «Seguire tutti il vescovo come Gesù Cristo il Padre, e il presbiterio come gli apostoli; ma rispetta i diaconi come comandamento di Dio… Dove appare il vescovo, lì sarà la comunità, come dove è Cristo Gesù, è la Chiesa Cattolica» (Lettera agli Smirne 8,1-2).
Seguendo l’esempio degli apostoli, i vescovi, come loro successori, adempiono il mandato di Cristo nella Chiesa fino al suo ritorno, costituendo maestri della fede, dispensatori di grazia nei santi sacramenti e pastori secondo il cuore di Gesù (1 Lettera di Clemente 42-44).
I vescovi, sacerdoti e diaconi sono riempiti internamente della grazia di Dio mediante lo Spirito Santo, «affinché siano idonei servitori di Cristo» (Concilio di Firenze, Decreto per gli Armeni. DH 13 26). E questa grazia dell’ordinazione si trasmette in un segno visibile ed efficace. San Paolo esorta il suo allievo, collaboratore e successore nel ministero apostolico: «Ti ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in te mediante la imposizione delle mani» (2 Tm 1,6; cfr 1 Tm 4,14). Per dissipare ogni dubbio circa la materia e la forma del sacramento dell’Ordine, Papa Pio XII. con «suprema autorità apostolica» determina quanto segue: l’unica materia degli ordini sacri del diaconato, del presbiterio e dell’episcopato consiste nell’imposizione delle mani, ma la forma e anche le parole sono determinanti per l’applicazione di questa materia, con le quali vengono significati inequivocabilmente gli effetti sacramentali, cioè la potenza dell’Ordine e la grazia dello Spirito Santo, e che sono ricevuti e usati dalla Chiesa (Costituzione Apostolica Sacramentum Ordinis 4).
Il Papa aggiunge espressamente che ciò vale per tutti i riti della Chiesa universale, questo significa naturalmente anche per il rito latino occidentale nelle sue fasi di sviluppo prima e dopo la riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
Ciò mi porta a raccontarvi il mio colloquio con un alto rappresentante del Dicastero per il Culto Divino romano.
Ero ancora commosso dalla fedeltà dei 20.000 giovani con i quali ho potuto celebrare la Santa Messa nella Cattedrale di Chartres il lunedì di Pentecoste [QUI], quando lui obiettò che questo non era affatto motivo di gioia, perché questa Santa Messa veniva celebrata secondo il rito antico. Meglio chiese vuote, che celebrare Messe secondo il rito antico, era suo Credo. Perché molti vedono nell’antico rito della Messa un maggiore pericolo per l’unità della Chiesa rispetto alla reinterpretazione del Credo o addirittura partecipare per niente alla Santa Messa. Interpretano la preferenza per il rito antico come espressione di un sterile tradizionalismo, più interessato alla teatralità della liturgia che alla comunione viva con Dio, che essa trasmette. Gli risposi che, da anziano professore di dogmatica, per me il contenuto dei sacramenti, la res sacramenti, era più importante che non la forma rituale secondaria, più precisamente le cerimonie interpretative che circondano il segno visibile (nella forma e nella materia). Infatti la dottrina rivelata della fede e la sostanza dei sacramenti sono donate alla Chiesa inalienabili e immutabili, mentre esiste una legittima diversità di scuole teologiche e di riti liturgici. Coloro che amano appellarsi al Vaticano II per accusare gli altri di una mentalità preconciliare, dovrebbero, in modo esemplare, ascoltare innanzitutto gli avvertimenti del Concilio, che nel Decreto sull’ecumenismo dice: «Nella Chiesa tutti, secondo il compito assegnato ad ognuno sia nelle varie forme della vita spirituale e della disciplina, sia nella diversità dei riti liturgici, anzi, anche nella elaborazione teologica della verità rivelata, pur custodendo l’unità nelle cose necessarie, serbino la debita libertà; in ogni cosa poi pratichino la carità. Poiché agendo così manifesteranno ogni giorno meglio la vera cattolicità e insieme l’apostolicità della Chiesa» (Unitatis redintegratio 4).
In quest’ora, in cui cinque giovani saranno ordinati diaconi e un diacono sacerdote, riflettiamo sull’essenziale.
Cari candidati all’ordinazione!
Guardiamo a Gesù stesso, il predicatore del regno di Dio che viene a noi, il sommo sacerdote della Nuova Alleanza, il buon pastore che offre la vita per le sue pecore. Solo il Signore eccelso può rendervi suoi rappresentanti nella potenza del suo Santo Spirito, affinché – a seconda del vostro grado di ordinazione – possiate servire con il suo mandato la salvezza dei credenti nella parola e nel sacramento.
Considerando le limitate possibilità della natura umana e le lacune nella nostra formazione del carattere, ogni uomo che fosse chiamato personalmente e concretamente da Cristo a questo alto servizio, dovrebbe rinunciare o fuggire vigliaccamente.
San Paolo, di cui celebriamo con fede la memoria con San Pietro, ha lottato contro le sue debolezze umane e ha chiesto più e più volte al suo Signore di togliere questa spina dalla sua carne. Ha ricevuto solo la risposta: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza» (2 Cor 12,9). Ed è per questo che vogliamo allinearci al suo esempio apostolico, quando preghiamo quotidianamente con lui: «Perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Cor 12,10).
Le persone nella Chiesa, dai laici e religiosi ai sacerdoti e vescovi, possono deluderci mentre sono ancora nel pellegrinaggio delle loro vite. E viceversa, nonostante le nostre migliori intenzioni, possiamo deludere gli altri e diventare un fastidio per loro a causa dei nostri peccati e delle nostre mancanze. L’apparente predominio del male nel mondo, il gesto arrogante di superiorità dell’incredulità moderna, l’indifferenza di molti verso l’amore umile di Gesù, potrebbero privarci dell’entusiasmo giovanile di salire all’altare di Dio e dire il nostro Adsum.
Senza la preghiera per il dono della perseveranza, suu cui Sant’Agostino ha scritto un intero libro contro i semi-pelagiani, la nostra devozione e disponibilità al sacrificio potrebbe benissimo trasformarsi in amarezza e cinismo.
Nel pieno della persecuzione neroniana, di cui lo storico romano Tacito ci racconta in tutti i macabri dettagli, Pietro scrisse da Roma alle Chiese perseguitate in Asia. Come loro confratello nel servizio apostolico, si rivolge in particolare ai loro sacerdoti: «Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge. E quando apparirà il pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce» (1 Pt 5,2-4).
E a tutti i credenti che come pecore smarrite sono ritornati a Cristo, «Pastore e guardiano delle vostre anime» (1 Pt 2,25), dice San Pietro, sul quale il Signore edifica continuamente la sua Chiesa, affinché le porte degli inferi non prevarranno contro di essa: «Gettando in lui ogni vostra preoccupazione, perché egli ha cura di voi. Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando fermi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo. Or il Dio di ogni grazia, che vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, dopo che avrete sofferto per breve tempo, vi perfezionerà egli stesso, vi renderà fermi, vi fortificherà stabilmente. A lui sia la potenza, in eterno. Amen» (1 Pt 5, 7-11).
Traditionis custodes – Indice [QUI]