Elogio dell’ordine

Ordine
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 01.07.2024 – Aurelio Porfiri] – Sembrerà forse strano che al giorno d’oggi bisogna dire che l’ordine è preferibile al disordine. Ovviamente sappiamo che si deve accettare il disordine, il caos, il disarmonico come parte della vita, questo ci è ovvio. Ma come nella musica, la dissonanza non può che essere ricomposta in una consonanza o ricompresa in un’idea di ordine maggiore. Il disordine, il caos, il disarmonico in sé stesso non ha mai prodotto nulla di buono, in musica come nella vita. Ricordo sempre il mio maestro Giuseppe Agostini (1930-2020), quando gli sottoponevo alcune mie composizioni musicali e lui mi diceva che l’importante sarebbe stato che io potessi dare un senso a quanto avevo scritto. Questa lezione di vari decenni fa non l’ho mai dimenticata e mi ha guidato in tante scelte della mia vita, quando il disordine sembrava prendere il sopravvento.

Ecco perché dovrebbe suonare strano quando gli elementi che rendono bene ordinata una società e che ci derivano dalla natura umana che, per chi crede, viene disciplinata dalla religione, ci sembrano quasi minacciati come se essi fossero il problema e non piuttosto la soluzione. Sappiamo come nella mitologia classica c’era la tensione fra Apollo, che rappresentava l’ordine, e Dioniso, suo fratello, che rappresentava il disordine. Questa tensione Nietzsche la vedeva come rappresentante le due parti della stessa medaglia, ma non dobbiamo comprendere questo come se fosse il segno di una equivalenza, ma come se ci trovassimo di fronte ad una complementarità che non è però uguaglianza. Seppure non possiamo certo negare il ruolo della notte verso il giorno, della malattia verso la buona salute, del disordine verso l’ordine, di Dioniso verso Apollo, dobbiamo certamente sapere dove il nostro sguardo si deve posare come sua meta finale. E questa meta finale non può essere che l’ordine. Del resto, che cos’è la scienza se non un tentativo di mettere ordine nel caos dell’esistente? Alla base della scienza c’è la razionalità che è proprio la facoltà che ci permette di mettere ordine nelle cose della vita.

Il disordine non ci fa paura proprio perché lo ricomprendiamo in un ordine maggiore che è quello voluto da Dio, che nella Sua creazione ha voluto stabilire un modo di essere delle persone e delle cose che non può e non deve essere violato, pena il perderci nel nulla. Abbiamo sentito tanto parlare di Dio, patria e famiglia come idee del passato, ma in realtà esse sono i puntelli che ci permettono di ancorarci ad un fondamento solido mentre intorno infuria la tempesta. La libertà senza condizioni diviene una nuova schiavitù in quanto ci consegna ai nostri più bassi istinti. La vera libertà è quella che accetta le leggi di natura e il loro ordine supremo così come sono fluite poi nella legge divina, nei doveri verso la patria e nelle esigenze della famiglia. Da questi doveri, che pur hanno le loro conflittualità, possiamo poi esigere diritti, ma non il contrario.

Una società senza ordine non è una società disordinata, ma una società disorientata. È una società che rifiuta di avere uno sguardo in-formato (cioè uno sguardo che ha una forma, un modo di essere). Anche nella mia recente esperienza come studente nella pittura cinese, mi sono reso conto che l’arte è educazione dello sguardo, è insegnare ai nostri occhi di penetrare la realtà per essere poi in grado di ricrearla, pur se in una nuova dimensione.

Un grande rappresentante del pensiero controrivoluzionario come Monaldo Leopardi, padre del poeta Giacomo, nei suoi Dialoghetti osservava [*]: “Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c’è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all’autorità, si oppone all’ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l’autorità? Fà il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male. Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza. Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio. Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto il rispetto”.

Si pensa che abbracciare il caos significhi sposarne i fini ma non si riflette sul fatto che il caos, per propria natura è non determinista, punta alla dispersione piuttosto che alla concentrazione. Perché dobbiamo temere tutto questo? Perché la dispersione dissipa, ed è pur vero che a volte la natura stessa sceglie di dissipare ma lo fa sempre per uno scopo più alto e più grande. Non è un dissipare caotico, che non ha uno scopo. Il problema del caos è che è un problema senza soluzione. La scienza stessa studia il caos, la teoria del caos che vedremo subito, proprio allo scopo di dare un senso a sistemi apparentemente caotici.

Se ci riflettiamo bene, il caos stesso ha bisogno dell’ordine per definirsi. Viene studiato dalla teoria del caos che ci viene così spiegata: «Teoria che studia il comportamento dinamico di sistemi deterministici caotici. Questi sono modelli la cui evoluzione deterministica, e dunque perfettamente prevedibile date le condizioni iniziali, è però molto sensibile a variazioni, anche minime, di tali condizioni. Una esemplificazione di questa proprietà proviene dal meteorologo E. Lorenz (Three approaches to atmospheric predictability, Bulletin of the American Meteorological Society, 50, 5, 1969), che riassume così un sistema di caos deterministico: “Un battito d’ali di una farfalla in Brasile provoca dopo qualche tempo un uragano (che non si verificherebbe in assenza del battito d’ali) in Texas. Una trascurabile variazione in Brasile provoca (dopo qualche tempo) un rilevante cambiamento in Texas”. Storicamente, il primo a rendersi conto che alcuni sistemi deterministici potevano presentare caratteristiche caotiche fu J.-H. Poincaré nei primi anni del 1900. La teoria del caos fu poi approfondita nella seconda metà del XX secolo (M.J. Feigenbaum, The fixed point of classical dynamical evolution and chaos, in Asymptototic realms of physics: essays in honor of Francis E. Low, 1983), tanto da diventare un importante paradigma scientifico, pervasivo e trasversale a molti settori scientifici. Tra le altre importanti conseguenze di tale teoria, vi è la consapevolezza della difficoltà di distinguere fra sistemi a evoluzione intrinsecamente aleatoria e sistemi deterministici caotici, nei quali l’imprevedibilità non è intrinseca ma discende dalla incapacità di misurare con la precisione necessaria le condizioni iniziali» (Treccani.it).

Cioè il caos può essere introdotto attraverso variazioni nell’ordine. Sarà stata questa forse la prospettiva di Romano Amerio quando ha titolato il suo capolavoro Iota Unum: Studio delle variazioni nella Chiesa cattolica nel secolo XX? Perché queste variazioni nei vari campi della disciplina ecclesiastica, in non pochi casi hanno introdotto un certo caos che si manifesta nella volatilità della dottrina ed in una malleabilità che non è flessibilità, che può essere un elemento positivo, ma incapacità di affermare quello che sarebbe l’unico scopo per cui la Chiesa esiste. Ma, come abbiamo visto, questa rivolta contro l’idea di ordine ha conseguenze molto più vaste di quelle che riguardano il campo dei credenti.

Questa riflessione è stata pubblicata ieri dall’autore sul suo sito Traditio, per conoscere tutto su tradizione e tradizionalismo [QUI].

[*] Citando Rm 13, 1-7.

Postilla

«Tendere alla perfezione senza accanimento. Secondo il detto latino medievale serva ordinem et ordo servabit te (conserva l’ordine e l’ordine ti custodirà), cioè: tieni le cose in ordine e l’ordine delle cose ti salverà. Basta sapere di aver dato il meglio, senza pretendere l’impossibile, perché, ringraziando il Signore, la perfezione è soltanto Sua e le nostre faccende ne sono soltanto una pallida imitazione.
Ordine autentico, quello che scaturisce dalla libertà dell’uomo. La massima serva ordinem et ordo servabit te costituisce una regola fondamentale per l’impostazione della propria vita. Non un ordine imposto dall’esterno, ma scaturente dalla possibilità dell’armonizzazione interiore tra ragione e natura.
Tanto per comprendere il concetto, basta l’analisi semantica dei due termini cardine del detto. Servare = conservare, salvare, mantenere intatto, rispettare, preservare, custodire, osservare, curare, badare. Ordo = ordine, regola, sistema, serie, classe sociale o militare, successione, norma. Poi, per estensione = ordinamento, disposizione, organizzazione, normalità, dovere (il vero ordine serve l’umanità non la spadroneggia).
Rispose Papa Benedetto XVI ad una domanda, nell’incontro con i seminaristi in occasione della sua visita al Seminario Romano Maggiore in occasione della festa della Madonna della Fiducia, sabato 17 febbraio 2007: “Così da avere nel giorno un certo ordine che, come avevo detto inizialmente, non devo inventare sempre di nuovo. “Serva ordinem et ordo servabit te”, abbiamo imparato. È una parola vera”.

Ordnung muß sein (Ci deve essere ordine) è un’espressione proverbiale tedesca. L’idea di ordine è generalmente riconosciuta come una chiave per descrivere la cultura tedesca. Proverbi tedeschi correlati sono Ordnung ist das halbe Leben (L’ordine è metà della vita), esteso umoristicamente nell’anti-proverbio Und Unordnung die andere Hälfte (E il disordine l’altra metà) o Wer Ordnung hält, ist nur zu faul zum Suchen (Colui che mantiene l’ordine è semplicemente troppo pigro per passare il tempo a cercare).
L’espressione fu introdotta originariamente da Martin Lutero come Ordnung muss sein unter den Leuten (Ci deve essere ordine tra la gente), ordine nel senso della Vera Legge di Dio in contrapposizione alle regole umane, poiché Orden und Regeln sind nichts (Ordini e regole non sono niente) e Liebe zu Geld… ist nicht Gottes Werk oder Ordnung (L’amore per il denaro… non è opera o ordine di Dio).
In ogni comune e città tedesca ci sono degli Ordnungsamt (La traduzione letterale è dipartimento per l’ordine pubblico. Sono importanti organi amministrativi e il livello amministrativo più basso con cui i cittadini hanno a che fare quotidianamente. Svolgono un ruolo importante e multiforme all’interno della società tedesca, cioè mantengono la pace nel quartiere e si assicurano che sia sicuro, piacevole e accessibile a tutte le persone. Non devono essere confusi con la polizia. A differenza della polizia, il cui obiettivo principale è indagare sulle violazioni dell’ordine pubblico e garantire la sicurezza pubblica, l’Ordnungsamt agisce più come un’agenzia amministrativa). I reati minori sono chiamati Ordnungswidrigkeiten (Reati amministrativi, letteralmente contrarietà all’ordine pubblico, condotta disordinata, cioè atti illegali e riprovevoli in violazione della legge amministrativa, per la quale la legge prevede una sanzione pecuniaria, con l’aggiunto nel caso di alcune violazioni del codice della strada un divieto di circolazione fino a un massimo di tre mesi).

Infine, la teoria del caos. Il caos è un caso di determinismo con dipendenza temporale, ma che appare temporalmente irregolare, casuale e disordinato. Si tratta, dunque, di un determinismo talmente complicato da risultare imprevedibile. Si possono riconoscere andamenti caotici all’interno del ciclo dell’attività solare e nella propagazione delle onde sismiche. A livello pratico, la teoria del caos risulta essere una descrizione della realtà in termini probabilistici, piuttosto che deterministici. Tutta la fisica è leggibile in termini probabilistici, ma a livello macroscopico tale previsione probabilistica risulta ben approssimata da una previsione di tipo deterministico.
In questo clima di fermento scientifico si sono formate le basi della teoria frattale. Un frattale è un oggetto geometrico dotato di omotetia interna: si ripete nella sua forma allo stesso modo su scale diverse, e dunque ingrandendo una qualunque sua parte si ottiene una figura simile all’originale. Si dice quindi geometria frattale, la geometria (non euclidea) che studia queste strutture, ricorrenti ad esempio nella progettazione ingegneristica di reti, nel moto browniano e nelle galassie. Questa caratteristica è spesso chiamata auto similarità oppure autosomiglianza.
Il termine frattale venne coniato nel 1975 da Benoît Mandelbrot nel libro Les Objets Fractals: Forme, Hasard et Dimension per descrivere alcuni comportamenti matematici che sembravano avere un comportamento “caotico”, e deriva dal latino fractus (rotto, spezzato), così come il termine frazione; infatti le immagini frattali sono considerate dalla matematica oggetti di dimensione anche non intera. I frattali compaiono spesso nello studio dei sistemi dinamici, nella definizione di curve o insiemi e nella teoria del caos e sono spesso descritti in modo ricorsivo da algoritmi o equazioni molto semplici, scritte con l’ausilio dei numeri complessi» (Vik van Brantegem).

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