Papa Francesco pensa ad un viaggio a Nicea

“Proprio nel 2025 ricorrerà anche il 1700° anniversario del Primo Concilio Ecumenico di Nicea. Auspico che la memoria di questo importantissimo evento possa far crescere in tutti i credenti in Cristo Signore la volontà di testimoniare insieme la fede e l’anelito a una maggiore comunione. In particolare, mi rallegro che il Patriarcato Ecumenico e il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani abbiano cominciato a riflettere su come commemorare insieme questo anniversario; e ringrazio Sua Santità Bartolomeo per avermi invitato a celebrarlo nei pressi del luogo dove il Concilio si riunì. E’ un viaggio che desidero fare, di cuore”.
Al termine dell’udienza con una delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli in occasione della festa dei Santi Pietro e Paolo, che ricorre domani, papa Francesco ha espresso il desiderio di recarsi a Nicea nel prossimo anno su invito del patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, con un ringraziamento della presenza a Roma:
“La vostra venuta in questa ricorrenza, così come l’invio al Fanar di una mia delegazione in occasione della festa dell’Apostolo Andrea, fratello di Pietro, offrono l’opportunità di sperimentare la gioia dell’incontro fraterno e testimoniano i profondi legami che uniscono le Chiese sorelle di Roma e di Costantinopoli, con la ferma di decisione di procedere insieme verso il ristabilimento dell’unità alla quale soltanto lo Spirito Santo può guidarci, quella della comunione nella legittima diversità”.
Tale ‘riavvicinamento’ era iniziato con papa Paolo VI ed il patriarca Atenagora: “Dopo secoli di reciproco estraniamento, quell’incontro è stato un segno di grande speranza, che non cessa di ispirare i cuori e le menti di tanti uomini e donne che oggi bramano di giungere, con l’aiuto di Dio, al giorno in cui potremo partecipare insieme al banchetto eucaristico”.
Proseguito nel tempo con il patriarca Bartolomeo: “Dieci anni fa, nel maggio 2014, il Patriarca Ecumenico Sua Santità Bartolomeo ed io ci siamo recati pellegrini a Gerusalemme, per commemorare il 50° anniversario di quello storico evento. Proprio là, dove il nostro Signore Gesù Cristo è morto, risorto e asceso al cielo, e dove lo Spirito Santo è stato effuso per la prima volta sui discepoli, abbiamo ribadito il nostro impegno a continuare a camminare insieme verso l’unità per la quale Cristo Signore ha pregato il Padre, ‘perché tutti siano una sola cosa’ (Gv 17,21)”.
Quindi il papa ha incoraggiato i componenti della Commissione internazionale per studiare alcune questioni teologiche per aumentare il dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa: “Auspico che i pastori e i teologi coinvolti in questo processo vadano oltre le dispute puramente accademiche e si dispongano in docile ascolto di ciò che lo Spirito Santo dice alla vita della Chiesa, come pure che quanto è già stato oggetto di studio e di accordo trovi piena recezione nelle nostre comunità e luoghi di formazione. Sempre ci sarà resistenza a questo, dappertutto, ma dobbiamo andare avanti con coraggio”.
Ricordando l’incontro di 10 anni fa ha invocato la pace in Terra Santa ed in Ucraina: “A distanza di dieci anni, la storia attuale ci mostra in modo tragico la necessità e l’urgenza di pregare insieme per la pace, perché questa guerra finisca, i Capi delle Nazioni e le parti in conflitto possano ritrovare la via della concordia e tutti si riconoscano fratelli. Naturalmente, questa invocazione di pace si estende a tutti i conflitti in corso, in particolare alla guerra che si combatte nella martoriata Ucraina”.
Ed infine ha invitato gli ortodossi a vivere insieme il Giubileo del prossimo anno: “Vi sarò grato se voi e la Chiesa che rappresentate vorrete accompagnare e sostenere con la vostra preghiera questo anno di grazia, perché non manchino abbondanti frutti spirituali. Anche con la vostra presenza, sarà molto bello”.
Mentre ai i membri della Società del Verbo Divino, (Padri Verbiti), riuniti in capitolo sul tema ‘Risplenda la vostra luce davanti agli uomini’, il papa ha chiesto di essere fedeli discepoli: “Tutti i battezzati sono chiamati a essere discepoli missionari, e la fedeltà a questa vocazione è il nostro impegno, sempre con la grazia di Dio. Il discepolo fedele si vede dalla gioia del Vangelo che traspare dal suo volto, dal suo stile di vita, con cui trasmette agli altri l’Amore che lui per primo ha ricevuto e riceve ogni giorno. Sperimentare l’Amore trinitario e alimentare la fiamma dello Spirito è il valore centrale per crescere come discepoli e religiosi missionari”.
Ed anche missionari creativi: “Da dove viene la creatività vostra? Quella buona, sana, non quella apparente, che sempre è autoreferenziale e mondana. Invece, la missionarietà sana viene dalla Parola e dallo Spirito, cioè da Cristo vivo in voi, che vi rende partecipi della sua missione. E’ Lui che attira i cuori, non siamo noi! È lo Spirito il protagonista, e la nostra ‘arte’ è quella di lavorare con tutte le forze, spendendo tutti i nostri talenti, nella certezza che è sempre Lui che opera, è Lui che crea e il nostro agire è docilità, è strumento, è ‘canale’, riflesso, trasparenza”.
Da qui il mandato ad essere costruttori di pace: “Il mondo è ferito da conflitti, guerre, distruzioni, anche distruzione dell’ambiente, violenze contro la vita e la dignità umana, ideologie fondamentaliste e altre piaghe, tante. La pace è il grido della gente: ascoltiamo questo grido e diventiamo costruttori di pace!.. Portiamo a tutti la pace di Cristo, specialmente ai poveri, ai migranti (soffrono tanto!), alle donne discriminate, ai bambini, agli esclusi. Dio ha ascoltato il grido del popolo schiavo; non chiudiamo le orecchie al grido degli schiavi di oggi, e siamo creativi nel costruire la pace”.
Inoltre li ha invitati ad essere speranza per ogni cultura: “Voi dovete essere speranza per ogni cultura. Alla vigilia dell’anno giubilare, in un mondo ferito, le nostre comunità devono diventare segni di speranza. E questa è una profezia. Questo significa, prima ancora che dare speranza, essere speranza, esercitando il carattere che ci viene dal Battesimo, di essere speranza. Per voi, la consacrazione secondo il carisma originario viene a confermare e rafforzare il dono battesimale e diventa impegno di testimonianza, nei diversi contesti sociali e culturali in cui vi trovate”.
Infine un’esortazione ad essere missionari della sinodalità: “La Chiesa che ‘esce’ è aperta agli altri. E’ una comunità accogliente e avvolgente dove il Signore vive e lo Spirito è attivo. La Chiesa che esce è estroversa, invece una Chiesa settaria è introversa. Sempre aperti, con il cuore in mano! Oggi questa Chiesa deve crescere con un approccio sinodale, ascoltando tutti, dialogando con tutti e discernendo nello Spirito Santo quale sia la missione… Pertanto, vi incoraggio a promuovere la sinodalità in ogni aspetto della vostra vita: lasciate che ogni comunità cresca e goda di uno stile sinodale in cui tutti si sentano ascoltati e accolti. Infine, fate ciò che lo Spirito dice, ma è importante il processo in cui lo Spirito si muove in modo delicato, tra i popoli semplici e nei luoghi più lontani”.
(Foto: Santa Sede)