I vescovi europei tracciano le linee di una Chiesa missionaria
L’Assemblea Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, dal titolo ‘Pellegrini di speranza. Per una Chiesa Sinodale e missionaria’, si è svolta a Belgrado dal 24 al 27 giugno su invito di mons. Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado e vice presidente del CCEE. In questa assemblea è stato eletto il nuovo segretario generale del CCEE il Rev. Antonio Ammirati, finora vice segretario generale e portavoce del CCEE, che prende il posto del Rev. Martin Michaliček, segretario generale dal 2018. A don Martin, i vescovi hanno espresso la gratitudine per la disponibilità e per il lavoro fatto in questi anni a servizio delle Chiese che sono in Europa.
Al card. Robert Francis Prevost, prefetto del dicastero per i vescovi, è stata affidata la relazione principale dell’Assemblea plenaria dal titolo: ‘La dimensione evangelizzatrice e missionaria della Chiesa in Europa’, in quanto il futuro della fede sta nella presenza di persone che credono nel loro cuore in Gesù Cristo incarnato. Un meraviglioso e grande segno di questa verità si realizza nel culto eucaristico: “La luce della fede risplende quando il culto eucaristico è degnamente celebrato con fede e devozione. Finché ci sarà l’Eucaristia, finché il Banchetto del Signore sarà celebrato con amore, ci sarà un futuro per la fede perché troviamo Gesù incarnato nell’Eucaristia”.
Parlando del ruolo della Chiesa, comunità di credenti che mediante il battesimo sono resi partecipi del mistero pasquale di Cristo, ha sottolineato: “Il futuro della fede non è una questione di numeri, ma di amore. Non ci saranno più cristiani in futuro o in qualsivoglia momento perché siamo riusciti a trovare la risorsa pubblicitaria o di marketing più efficace, ma perché abbiamo veramente imparato ad amare e non abbiamo avuto paura di metterlo in pratica. Per questo motivo, il nostro agire non può essere ispirato ai criteri di una campagna di proselitismo. Piuttosto, dobbiamo sempre lasciarci muovere e sospingere dalla carità”.
Nella prolusione il card. Prevost ha espresso preoccupazione per la perdita di fede in Europa: “La nostra preoccupazione per il futuro della fede in Europa è quindi la preoccupazione di essere sempre più vicini alla gente, soprattutto a coloro che rappresentano la carne sofferente di Cristo. Il mistero dell’incarnazione che rende possibile l’Eucaristia e la Chiesa, rende possibile anche l’identificazione di Cristo nei poveri. Gesù Cristo si è incarnato e questo mistero raggiunge la carne di tutti coloro che soffrono: i poveri, gli affamati, i migranti, i malati, i disoccupati, coloro che soffrono per la guerra”.
Infatti, “il problema del futuro della fede in Europa riguarda anche il modo in cui stiamo affrontando il flagello della guerra che affligge popoli fratelli dalla prospettiva della fede. La pace non è solo il risultato di un vincitore nel conflitto; molto di più, la pace è il risultato di aver accolto nel cuore colui che sa come portarla veramente. Evangelizzare quando c’è un mondo in guerra significa lavorare per la pace. Ricordiamo le parole del Signore: Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.
Nella prolusione, mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del CCEE, ha ricordato l’apertura della nuova sede del CCEE a Roma, voluta per rafforzare la collaborazione e lo scambio dei vescovi europei tra loro e con la Santa Sede e per dare un nuovo impulso pastorale e uno slancio ecumenico, in particolare nell’anno giubilare e durante il cammino sinodale. Significativo è stato l’incontro dei membri del CCEE con il Patriarca della Chiesa Ortodossa Serba, Sua Santità Porfirije.
Nel benvenuto iniziale mons. Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado e vice presidente del CCEE, ha descritto l’attuale contesto religioso e sociale della Serbia, con 6.300.000 abitanti dei quali 300 mila sono cattolici organizzati in una arcidiocesi, tre diocesi e un’eparchia greco-cattolica: un paese multiculturale e multietnico dove cultura del dialogo e cooperazione sono alla base della convivenza civile.
Nell’aprire i lavori, mons. Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente del CCEE, ha ricordato le tante situazioni di conflitto, in modo particolare l’Ucraina, il popolo armeno e gli abitanti della Terra Santa e ha rinnovato l’appello ai ‘Responsabili delle nazioni di fermare la guerra e lavorare per una pace giusta. Non vogliamo rassegnarci alla guerra, non ci stancheremo mai di pregare per la pace’.
Ha rinnovato la gratitudine a papa Francesco per l’incontro familiare e per le sue preziose indicazioni, in occasione dell’udienza concessa alla presidenza del CCEE per fare il punto sulle attività del Consiglio e individuare le priorità per la Chiesa nel Continente:
“A Papa Francesco abbiamo presentato anche le iniziative in ambito ecumenico che, come CCEE, stiamo portando avanti: l’aggiornamento della Carta Ecumenica europea del 2001, il cui testo ci verrà presentato in questa assemblea per eventuali suggerimenti prima della firma ufficiale che prevediamo di fare nella domenica della Divina Misericordia del 2025, anno in cui la data della Pasqua coincide per tutti i cristiani; e il primo incontro con il Consiglio direttivo della Conferenza permanente delle Chiese ortodosse orientali in Europa (OCE) guidato dal suo presidente, l’arcivescovo armeno Khajag Barsamian”.
In preparazione alla seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, mons. Grušas si è soffermato sul ruolo che gli Organismi continentali e le Conferenze Episcopali possono avere per vivere e far crescere la sinodalità e su quale sia il valore di un’assemblea continentale, invitando i vescovi “a ripensare il ruolo del CCEE e il suo impegno per l’evangelizzazione in Europa; a valutare una eventuale suddivisione in aree geografiche che accresca la collaborazione fra i vescovi della stessa regione europea così da facilitare l’ascolto delle nostre comunità e assicurare un maggior servizio al territorio”.
Infine, ha invitato tutti a prepararsi per il Giubileo ormai alle porte perché “sia un evento di grazia per le nostre comunità e i nostri Paesi e sia l’occasione per testimoniare che Cristo è l’unica speranza per l’uomo. La speranza non delude, ci ricorda il Santo Padre nella Bolla di indizione del Giubileo ordinario dell’anno 2025: La speranza cristiana, in effetti, non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino”.
(Foto: CCEE)