Il vero scisma, lo scisma pragmatico

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.06.2024 – Andrea Gagliarducci] – L’Arcivescovo Carlo Maria Viganò rischia il processo per scisma [1]. Lo schietto prelato è stato convocato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per esaminare le prove a suo carico giovedì 20 giugno 2024. L’annuncio è stato dato dallo stesso ex Nunzio Apostolico, che dal 2018 è stato protagonista di una serie di denunce pubbliche sul pontificato di Papa Francesco, riguardo lo stato della Chiesa. Viganò ha detto di considerare questo processo “un onore”.



Le prove contro Viganò sono numerose. Molti di essi sono già di dominio pubblico. Viganò ha fatto molte dichiarazioni, che rendono impossibile a un osservatore sincero non sentire in esse ripetute smentite di elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa Cattolica: la negazione della legittimità di Papa Francesco; la rottura della comunione con lui; il rigetto del Concilio Vaticano II.
C’è qualcosa di più: lo scorso gennaio, Mons. Viganò potrebbe aver tentato di farsi riconsacrare da Mons. Richard Williamson, negazionista della Shoah e incallito scontento, uno dei quattro vescovi ordinati da Mons. Marcel Lefebvre, provocando lo scisma della lefebvriana Fraternità Sacerdotale San Pio X. Ci sono fonti e commenti su questa seconda ordinazione, ma non c’è nessuna prova disponibile. Se ci fossero prove, la scomunica sarebbe latae sententiae, e potrebbe essere pronunciata dall’autorità competente previo accertamento dei fatti.
Un processo per l’intero mondo tradizionalista?
Il processo contro Carlo Maria Viganò rischia di diventare un processo per tutto il mondo tradizionalista. Nelle stesse ore in cui Viganò ha fatto sapere di essere stato convocato, la Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata dall’Arcivescovo Marcel Lefebvre, ha fatto sapere che presto ordinerà nuovi vescovi [QUI]. L’annuncio della FSSPX ricordava come lo stesso Lefebvre avesse “fatto tutto ciò che era in suo potere per evitare questa consacrazione, compreso recarsi più e più volte a Roma per aprire gli occhi delle autorità ecclesiastiche sulla grave crisi – forse la peggiore della sua storia – che la Chiesa stava attraversando”, ma “niente è stato utile”. Di qui la drammatica decisione di Mons. Lefebvre di ordinare degli ausiliari, che potessero garantire la successione.
I vescovi della FSSPX succeduti a Lefebvre hanno continuato a causare problemi a Roma. Il già citato Williamson provocò un grande scandalo, quando emersero notizie del suo negazionismo della Shoah, proprio nel momento in cui Papa Benedetto XVI – con un atto che avrebbe dovuto essere un gesto di buona volontà nei confronti della scismatica FSSPX – revocò la scomunica che era stata decretata sui quattro vescovi ordinati da Lefebvre.
Tanto per capirci, è proprio questo Williamson che avrebbe riconsacrato Viganò. Non a caso i lefebvriani hanno preso le distanze da Viganò e hanno chiarito in un comunicato che Mons. Lefebvre non ha mai messo in dubbio la legittimità papale come ha fatto lui [QUI].
Lo scisma lefebvriano era inevitabile?
Se per i lefebvriani la scelta di andare allo scisma era qualcosa di inevitabile, date le condizioni, la storia vista dall’altra prospettiva racconta di innumerevoli tentativi di ricomporre il possibile scisma, portati avanti dall’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il Cardinale Joseph Ratzinger e sa Papa Giovanni Paolo II. Tanto che nel 1988 la soluzione sembrava vicina e possibile. Dopo la visita ad Ecône del Cardinale Édouard Gagnon, PSS [2], l’8 aprile, Giovanni Paolo II, in una lettera al Cardinale Ratzinger, delinea una proposta che consentirebbe alla FSSPX di ottenere un collocamento regolare nella Chiesa Cattolica: un accordo – firmato a maggio – riguardante l’utilizzo dei libri liturgici approvati nel 1962 e la costituzione della FSSPX come “Società di Vita Apostolica”. In cambio Lefebvre promise di obbedire al Papa e di accettare il Vaticano II, riconoscendo anche la validità del nuovo rito della Messa.
Ma la spaccatura si creò ugualmente quando Lefebvre, essendosi vista rifiutare l’autorizzazione a ordinare un vescovo che gli succedesse nella Fraternità, abiurò e decise di ordinare comunque quattro vescovi il 29 giugno 1988, senza il consenso di Roma. Per evitare l’ordinazione illegittima, Papa Giovanni Paolo II ha finalmente concesso l’autorizzazione. Non era abbastanza. Lefebvre ha scritto il 15 agosto di aver bisogno non di uno ma di tre vescovi. La rottura era inevitabile. È iniziato un lungo dibattito fino a quando nel 2009 è stata revocata la scomunica dei vescovi ordinati senza il consenso di Roma, per volere di Papa Benedetto XVI.
La mano morbida e ferrea di Papa Francesco per il mondo tradizionalista
Negli ultimi anni, Papa Francesco ha teso la mano ai lefevbriani, autorizzando i sacerdoti della FSSPX a confessare durante l’Anno Santo Straordinario della Misericordia. Papa Francesco non ha teso la mano al movimento tradizionalista più in generale. Qui dobbiamo stare attenti a non confondere l’impegno teologico e la priorità pastorale da un lato, con le questioni di governo dall’altro. Quello di Papa Francesco è un metodo di governo diverso [QUI].
Papa Benedetto XVI ha puntato alla comunione, accettando la celebrazione della liturgia tradizionale, ma rifiutando di scendere a compromessi sulla ricezione del Concilio Vaticano II, tanto che per ricomporre lo scisma ha chiesto ai lefevbriani di firmare un preambolo dottrinale, che essi hanno rifiutato. Papa Francesco, però, ha deciso di imporre una visione della Chiesa.
Nonostante alcune concessioni – ad esempio, alla Fraternità Sacerdotale di San Pietro, un gruppo di chierici tradizionalisti la cui stessa esistenza è dovuta al rifiuto dei suoi membri di seguire la FSSPX nello scisma – riconosciuto dalla Santa Sede, può continuare a celebrare secondo il rito antico [QUI] – Papa Francesco sta chiudendo passo dopo passo ogni apertura alla celebrazione della Messa secondo il rito che precede il Novus Ordo Missae, promulgato da Papa San Paolo VI nel 1969.
La voce di un ulteriore giro di vite sulla Messa tradizionale, che potrebbe trattare come scismatici coloro che continuano a preferire la celebrazione della Messa con il rito antico, ha probabilmente creato il panico nelle file tradizionaliste [3]. La decisione di processare Mons. Viganò minaccia ulteriormente il mondo tradizionalista [1]. Ciò è tanto più vero in quanto Viganò utilizza una retorica mutuata dal mondo tradizionalista e definisce il Concilio Vaticano II un “cancro ideologico, teologico, morale e liturgico” e la Chiesa sinodale una “metastasi”.
Una “repressione tradizionalista”… oppure no
Ma il processo Viganò è l’accusa dell’intero mondo tradizionalista? Potrebbe essere, ma è facile dubitarne. Il processo Viganò riguarda le sue inquietanti dichiarazioni sul Papa e la sua virtuale illegittima consacrazione a vescovo da parte di Williams. Non è il tradizionalismo ad essere preso di mira, ma un vescovo che dal 2018 è diventato solo più stridente – e di fatto scardinato – al punto da negare il Concilio Vaticano II e perfino la sua comunione con il Papa.
Per ricordarci, fu nel 2018 che Viganò denunciò la complicità di molti prelati nell’aver insabbiato l’allora Cardinale Theodore McCarrick, colpevole di molti abusi [QUI]. «La crisi genera scismi», ha detto il Direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, Riccardo Cascioli, dando la notizia della riconsacrazione a vescovo di Carlo Maria Viganò, avvenuta a giugno [QUI].
La crisi della Chiesa
Però, la vera domanda è di quale crisi stiamo parlando. I soli numeri non bastano a certificare una crisi vocazionale, né è ragionevole ascrivere la crisi vocazionale semplicemente a derive progressiste, che hanno fatto perdere di vista l’attenzione verso Dio. C’è, invece, una crisi di governo nella Chiesa, un modus gubernandi considerato tirannico da persone di una fascia nella Chiesa sempre più ampia di opinioni e sentimenti. In ogni caso, lo stile personale di governo di Francesco ha creato o esacerbato i problemi, la cui gestione è caduta o ricadrà su altri, che riusciranno – se riusciranno a gestirla – solo con grande difficoltà. In molti c’è sempre più il desiderio di uscire allo scoperto e cominciare a contribuire al bene della Chiesa, andando oltre questa complessa situazione di governo.
Mons. Viganò punta il dito sulla crisi, ma probabilmente ne individua solo le cause remote, che – la cronaca storica dimostra ampiamente – potrebbero essere gestibili se solo le persone coinvolte fossero realmente in grado di gestirle.
In definitiva, è in atto uno scisma pratico, sempre più evidente e già osservato negli anni Cinquanta dal Prof. Joseph Ratzinger nel saggio I nuovi pagani e la Chiesa [4].
Per un vero scisma occorre molto di più: ci vuole una comunità di fedeli che si riunisca attorno alla stessa liturgia [QUI]. L’esplosione sulla scena di Viganò, infatti, coincide con l’esigenza del mondo tradizionalista di ordinare nuovi vescovi. Crea un nuovo fronte, quando il vecchio scisma cerca nuova forza. L’approccio di Benedetto XVI è stato ritenuto troppo morbido. Tuttavia, questo approccio più severo ha anche generato problemi, apparentemente intenzionalmente.

Dai primi Vatileaks ai giorni nostri
Molto dipenderà dalla risposta di Papa Francesco a Viganò. In un certo senso è un cerchio che si chiude, considerato che i primi casi Vatileaks sono nati con le fughe di alcune lettere dell’allora Segretario Generale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Carlo Maria Viganò [QUI]. All’epoca Viganò era considerato uno “sceriffo”, ma senza dubbio onesto, fedele alla Chiesa e gran lavoratore.
Poi, Viganò fu nominato Nunzio Apostolico a Washington DC (con una mossa che a volte venne definita un esilio) e infine si ritirò, il che lo rese un uomo più accessibile di prima. Non è noto se avesse le stesse idee prima di diventare così schietto. Si sa, però, che fu un grande difensore della sovranità della Santa Sede, e che difficilmente avrebbe fatto delle concessioni se una sua decisione avesse messo a rischio la Santa Sede.
Ora, Monsignor Viganò è arrivato a chiedere le dimissioni di Papa Francesco. Viganò dice di fare sue le parole di Mons. Lefebvre. Il rischio che una sincera preoccupazione per la vita della Chiesa si trasformi in una lotta senza esclusione di colpi, è molto presente.
Resta da vedere cosa ne sarà della Chiesa in futuro. Ci sarà uno scisma? Ce ne sarà più di uno? Oppure si troverà il modo di riunire tutti nell’anniversario del Concilio di Nicea?
In definitiva, più che a nuovi scismi, ci troviamo di fronte all’ampliamento di un vecchio scisma alle prese con un ricambio generazionale. Il vecchio scisma si è riprodotto. Il Papa ha il compito di riportare la Chiesa ad una certa unità di intenti. Altrimenti, qualsiasi cosa faccia Papa Francesco fomenterà proprio la divisione che dice di voler evitare.
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

[1] Quattro considerazioni di Aurelio Porfiri sul caso di Mons. Carlo Maria Viganò. Il comunicato dell’arcivescovo in risposta a “America” – 21 giugno 2024 [QUI]
Comunicato “Attendite a falsis prophetis” dell’Arcivescovo Viganò “a proposito dell’avvio del processo penale extragiudiziale per delitto di scisma” a suo carico – 20 giugno 2024 [QUI]
[2] Allora Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Creato cardinale da Papa Giovanni Paolo II il 25 maggio 1985. È stato uno dei cardinali che hanno celebrato la Messa tridentina dopo la riforma liturgica postconciliare.
[3] Messa vetus ordo “finale” nella cattedrale di Melbourne e riflessione su una nuova offensiva per la “soluzione finale” – 22 giugno 2024 [QUI]
Considerazioni sull’annosa diatriba vetus/novus ordo. Sono di Paolo, di Apollo o di Cristo? – 21 giugno 2024 [QUI]
“La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”. Riflessioni sul fenomeno del “tradizionalismo Cattolico” – 21 giugno 2024 [QUI]
[4] I nuovi pagani e la Chiesa è un testo ripubblicato a distanza di quasi sessant’anni, con l’autorizzazione dell’autore, sul numero 384 di Cristianità di marzo-aprile 2017 [QUI]. Questo testo ancora attuale oggi, riporta una conferenza di Prof. Joseph Ratzinger nel 1959, nominato ordinario di teologia fondamentale all’Università di Bonn, in cui raccoglie alcune riflessioni sulla Chiesa, denunciando l’illusione di un’Europa «continente quasi del tutto cristiano» e dunque la fine della Cristianità storica. La versione originale in tedesco della conferenza dal titolo Die neuen Heiden und die Kirche è stato pubblicato in Hochland, Anno LV, N. 51, Kempten, 1958-1959, pp. 1-11.