“La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo”. Riflessioni sul fenomeno del “tradizionalismo Cattolico”

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.06.2024 – Vik van Brantegem] – Dopo che Aurelio Porfiri il 18 giugno 2024 con il suo podcast Perché infierire sui tradizionalisti è un errore strategico ha invitato gli ascoltatori a riflettere profondamente sulle conseguenze delle restrizioni alla Messa tradizionale e sull’importanza di un dialogo costruttivo all’interno della Chiesa, segnaliamo oggi il suo libro La destra del Signore si è alzata. Una storia del tradizionalismo cattolico dal Vaticano II a Traditionis custodes (Solfanelli 2024, 252 pagine, con la Presentazione di Roberto de Mattei [QUI]).

Nell’articolo Infierire sui tradizionalisti è un errore strategico. Da seggiolino eiettabile, che abbiamo pubblicato il 18 giugno 2024 [QUI], abbiamo riferito sul podcast in cui Aurelio Porfiri affronta il tema delle possibili restrizioni alla Messa tradizionale. Questo argomento ha suscitato un acceso dibattito all’interno della Chiesa Cattolica, con Papa Francesco e la gerarchia ecclesiastica che hanno introdotto nuove normative mirate a limitare questa forma di celebrazione.

Porfiri ha iniziato il suo discorso citando il Motu proprio Traditionis custodes di Papa Francesco del 18 dicembre 2023, che ha ridimensionato significativamente le disposizioni del Motu proprio Summorum Pontificum di Papa Benedetto XVI del 7 luglio 2021. L’autore ha evidenziato come queste restrizioni non siano una novità, ma parte di un trend continuo per limitare la Messa vetus ordo, scoraggiandola attivamente.

Porfiri si è interrogato se i gruppi di tradizionalisti rappresentino realmente una sparuta minoranza di nostalgici anziani, come spesso viene descritto. Se così fosse, si è chiesto perché la gerarchia ecclesiastica si preoccupi tanto di loro, dato che una minoranza così piccola dovrebbe estinguersi naturalmente nel corso dei decenni. Porfiri ha sottolineato inoltre che le azioni repressive contro i gruppi tradizionalisti potrebbero avere l’effetto opposto, rafforzando il loro senso identitario e organizzandoli ancora di più. Questo, a suo avviso, rappresenta un grave errore strategico, poiché aumenta la loro determinazione e coesione.

La crisi nella Chiesa Cattolica è evidente, anche per chi fa finta di non vederla o si forza di negarla. Forse una delle crisi più devastanti della storia della Chiesa Cattolica. Alcuni pensano che il tradizionalismo Cattolico sia la soluzione, in realtà è un sintomo della malattia, osserva Aurelio Porfiri nel suo saggio.

Con La destra del Signore si è alzata, l’autore vuole innanzitutto offrire una panoramica delle dinamiche storiche che hanno portato alla crescita del fenomeno tradizionalista Cattolico nel post-Concilio, di cui l’autore comprende, e in gran parte condivide, l’analisi della situazione attuale nella Chiesa Cattolica.

In secondo luogo, Porfiri dimostra che il tradizionalismo Cattolico non è un fenomeno che può essere isolato dal progressismo, dato che esso è una reazione ai cambiamenti portati dalle nuove correnti di pensiero teologico nella Chiesa Cattolica.

Inoltre, Porfiri cerca di far comprendere che il mondo tradizionalista Cattolico non è così omogeneo come alcuni vorrebbero far pensare e credere. È, al contrario, molto composito e infiammato dalla forte opposizione tra i vari gruppi. Un ruolo importante è svolto dall’Arcivescovo Marcel Lefebvre che in queste pagine è uno dei protagonisti, insieme ad altri nomi rilevanti nel mondo tradizionalista, come l’Abbé Georges De Nantes e tanti altri.

La destra del Signore si è alzata è, dunque, un libro che presenta elementi utile per la riflessione, e che cerca di trovare una soluzione all’attuale crisi in seno alla Chiesa Cattolica.

Aurelio Porfiri è compositore, organista, direttore di coro, commentatore, educatore, autore ed editore. Ha pubblicato più di 60 libri tradotti in varie lingue su temi come la musica sacra, la liturgia, questioni attuali della Chiesa cattolica, cattolicesimo cinese. Collabora con numerose piattaforme di informazione in Italia e all’estero. Sue composizioni sono pubblicate in Italia, Cina, Germania, Stati Uniti e Francia. Pubblica la newsletter sulla tradizione Traditio in italiano e sulla musica sacra Cantus in inglese. Dirige la casa editrice Chora Books e Chora Life.

Prof. Roberto de Mattei è uno storico, Presidente della Fondazione Lepanto, Direttore della rivista Radici Cristiane e dell’agenzia di informazione Corrispondenza Romana. Ha insegnato in diverse università italiane ed è stato Vice Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche tra il 2003 e il 2011. È autore di oltre trenta libri, tradotti in varie lingue.

Per completare la comprensione della questione affronta da Aurelio Porfiri, riportiamo tre articoli suoi: Sull’uso del termine “tradizionalismo” pubblicato su Duc in altum il 4 dicembre 2022, La disintegrazione del tradizionalismo pubblicato su Traditio il 7 marzo 2023 e Sulla identità e la creazione del nemico pubblicato su Stilum Curiae il 13 febbraio 2024.

Sull’uso del termine “tradizionalismo”
di Aurelio Porfiri
Duc in altum, 4 dicembre 2022

Ho già raccontato altre volte di una mia conversazione con un noto arcivescovo, nel corso della quale, parlando del tradizionalismo cattolico, lui mi disse che si sentiva tradizionale, non tradizionalista.

Ho riflettuto molto su questa distinzione e sul “tradizionalismo cattolico”. In effetti l’espressione è convenzionale: vuole denotare quei gruppi di fedeli che si rifanno alla tradizione della Chiesa e ai suoi usi liturgici, teologici, devozionali, disciplinari che precedono la cesura del Concilio Vaticano II. In questo senso possiamo adottare la visione di Giuseppe Alberigo, capofila della cosiddetta “scuola di Bologna”, che vide il Concilio come l’evento fondante di un nuovo modo di essere Chiesa. Il tradizionalismo cattolico, in fondo, sposa questa visione e giudica le “variazioni” nella Chiesa (per dirla con Romano Amerio) come un allontanamento decisivo dalla ragione per cui essa esiste.

Insomma, non pochi nell’ambito del tradizionalismo cattolico diffidano dell’ermeneutica della continuità propugnata da Benedetto XVI e dall’Arcivescovo Agostino Marchetto, in quanto ritengono, con ragioni anche molto serie, che “la riforma e il rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto Chiesa” non sono quelli che vediamo e sentiamo intorno a noi da parte dei molti che usano la parola Concilio come un feticcio, come una “parola talismano” (un concetto di Plinio Corrêa de Oliveira) per farci entrare qualunque cosa, anche ciò che rischierebbe di far venire un colpo apoplettico ai padri conciliari.

Ma torniamo al termine “tradizionalismo”. Per forza bisogna aggiungere “cattolico”, perché il tradizionalismo senza denotazioni è concetto molto più ampio che va dal tradizionalismo romano a molti altri tipi di tradizionalismo. Ma anche il termine “tradizionalismo cattolico” pone dei problemi. Perché?

Questa definizione non dice che all’interno del tradizionalismo ci sono grandi differenze. Per esempio, il tradizionalismo di Don Francesco Ricossa (Istituto Mater Boni Consilii) non è il tradizionalismo dei gruppi Summorum Pontificum, e questi sono distanti dai seguaci di Monsignor Lefebvre come quest’ultimi lo sono dai sedevacantisti.

La definizione dimostra così tutta la sua ambiguità. Per precisare meglio, bisognerebbe aggiungere un’altra parola, ad esempio “cattolico tradizionalista sedevacantista”, ma se pensiamo che ci sono ulteriori suddivisioni tra coloro che riconoscono o non riconoscono certe consacrazioni episcopali (pensiamo alle consacrazioni di Monsignor Thuc) il tutto si fa ancora più magmatico.

Quindi non c’è un tradizionalismo cattolico, ma ci sono tradizionalismi cattolici spesso impegnati fra di loro in “singolar tenzone”.

Parlando ai gruppi stabili del Summorum Pontificum nel 2017 (oggi da alcuni potrebbe essere definito 4 a.T.c, cioè 4 avanti Traditionis custodes) il Cardinale Robert Sarah diceva: «Alcuni, quando non addirittura voi stessi, vi chiamano tradizionalisti. Per favore, non lo fate più. Voi non siete rinchiusi in una scatola su un ripiano di una libreria o in un museo di curiosità. Voi non siete tradizionalisti: voi siete cattolici del Rito Romano come me e come il Santo Padre. Voi non siete di seconda classe o membri particolari della Chiesa Cattolica a motivo del vostro culto e delle vostre pratiche spirituali, che sono state quelle di innumerevoli santi. Voi siete chiamati da Dio, come tutti i battezzati, a prendere il vostro posto nella vita e nella missione della Chiesa nel mondo di oggi, al quale anche voi siete inviati. Se voi non avete lasciato ancora le catene del “ghetto tradizionalista”, per favore fatelo oggi. Dio Onnipotente vi chiama a fare questo. Nessuno vi ruberà l’usus antiquior, ma molti saranno beneficati, in questa vita e nella futura, dalla vostra fedele testimonianza cristiana che avrà tanto da offrire, considerando la profonda formazione nella fede che gli antichi riti, e l’ambiente spirituale e dottrinale ad essi connessi, vi hanno dato perché non si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa».

Ciò che dice il cardinale è giustissimo. Ci si dovrebbe dire Cattolici e basta. L’uso della parola “tradizionalisti” non aggiunge nulla. Un ragionamento che era molto sensato allora, ma oggi, 1 d.T.c. (anno 1 dopo Traditionis custodes), il termine ha ripreso vigore e Papa Francesco questo ghetto non lo vuole richiudere dietro ai malcauti tradizionalisti, ma sembra volerlo bonificare. Tuttavia, non essendo questo possibile (penso che pure il Papa lo sappia) il suo documento non ha fatto altro che rafforzare le “mura del ghetto”, nel quale molti soffrono, molti sperano e alcuni sguazzano.

La disintegrazione del tradizionalismo
di Aurelio Porfiri
Traditio, 7 marzo 2023

Purtroppo la situazione attuale della Chiesa, una Chiesa in profonda crisi, porta conseguenze anche verso coloro che pensano, vogliono reagire a questo enorme stato di confusione.

Un fenomeno di cui ho parlato più volte è quello che riguarda la disintegrazione, o parcellizzazione del mondo cosiddetto tradizionalista. Ho più volte affermato che la parola “tradizionalismo” pone dei problemi, pur essendo essa riferita a quel particolare fenomeno che ha come denominatore comune quello della reazione al Concilio Vaticano II. Pure in questo campo troviamo che la tendenza è a disgregarsi, a rendersi in fondo sempre più marginali.

Non ne faccio una questione di numeri, potranno essere anche numeri importanti, ma quando essi vengono ripartiti in mille gruppi si diviene poi irrilevanti. Purtroppo la tendenza al dividersi è divenuta ancora più importante sotto questo Pontificato, in un tempo in cui in realtà ci si dovrebbe unire. Ecco che, dopo aver finito di dividere i cattolici tra buoni e cattivi, sport in voga per molti decenni, negli ultimi anni si è cominciato a dividere i Papi e così abbiamo avuto i quasi Papi, i non Papi, i Papi che non sapevano più di esserlo e via dicendo.

Quel fenomeno che si è potuto osservare per quello che riguarda i protestanti, che si frazionano continuamente, ora è anche osservabile nella Chiesa cattolica il che darebbe ragione a chi la definisce protestantizzata. Oggi, per ritrovare una identità perduta, ci si definisce contro gli altri, ci si delimita per bene in modo che non possano sorgere dubbi su chi siamo o su chi non siamo.

In realtà questa situazione di crisi nel tradizionalismo non è totalmente inaspettata, perché il tradizionalismo di per sé non è uno stato definitivo ma uno stato transitorio. Il tradizionalista vorrebbe che tutta la Chiesa tornasse alla sua tradizione, quindi vorrebbe “normalizzarsi” in quella sperata situazione. Purtroppo, rendendosi conto che questo non sarà il caso per molti decenni a venire (rimaniamo ottimisti sui prossimi secoli) ci si trova come il ribelle nel bosco di jungheriana memoria che si rende conto che però quello non è un ritiro momentaneo, ma la casa fino alla fine dei suoi giorni. Ecco perché assistiamo alla tribalizzazione del tradizionalismo, un mondo in cui si pensa che la Chiesa vada contesa tra i signori della guerra. Eppure se la Chiesa è questa, meglio tenersene alla larga.

Sulla identità e la creazione del nemico
di Aurelio Porfiri
Stilum Curiae, 13 febbraio 2024

Chi si diletta di studi geopolitici sa bene che una delle strategie per rafforzare l’identità di gruppi, stati, nazioni, è quella della creazione del nemico. Cioè, la percezione di un nemico rafforza la coesione interna e permette di attuare misure che in condizioni normali sarebbe improponibile proporre.

Pensiamo per esempio a quello che succede ora nel mondo, dove la Russia si compatta contro l’Occidente, l’America contro la Cina, la Cina contro potenze straniere, il mondo arabo contro Israele e via dicendo.

Se leggiamo in questo modo le strategie politiche, ad esempio negli USA, sappiamo bene che chi desidera farsi eleggere deve identificare bene il nemico, che può essere l’avversario politico o una minaccia esterna, e battere il martello sul chiodo in modo che la paura delle persone le porta a votare per il “salvatore”.

Della costruzione del nemico parla Umberto Eco in un suo saggio, in cui tra l’altro afferma: “Una delle disgrazie del nostro paese, negli ultimi sessant’anni, è stata proprio di non avere avuto veri nemici. Avere un nemico è importante non solo per definire la nostra identità ma anche per procurarci un ostacolo rispetto al quale misurare il nostro sistema di valori e mostrare, nell’affrontarlo, il valore nostro. Pertanto, quando il nemico non ci sia, occorre costruirlo”.

Questa affermazione dell’illustre semiologo ci mostra che avere nemici non è poi così male come sembra e che, di conseguenza, il rischio di voler andare d’accordo con tutti è che poi non si va d’accordo con nessuno.

Quello della creazione del nemico è un meccanismo che direi quasi naturale, “chi non è con me è contro di me”, diceva Gesù. E per la Chiesa è stato sempre chiaro quale fosse il nemico, il diavolo, il male, il peccato. Negli ultimi decenni però si è ricompresa la categoria del male come manifestazione non di forze avverse ma come dispiegamento di fragilità inerenti all’umano e che come tali vanno comprese, scusate, addirittura incoraggiate. Oggi il nemico nell’ambito della fede Cattolica sembra essersi spostato dalla teologia alla sociologia, alla psicologia, all’ambientalismo. Ma questo nuovo nemico, che si perde spesso nelle sottigliezze, nei bizantinismi delle dispute accademiche, è sfuggente ed è in effetti figlio, o padre, di questa Chiesa liquida e si diluisce nelle nostre coscienze senza a volte lasciare alcuna traccia.

Ecco che è necessario, per ricompattare il popolo cattolico, identificare un nuovo nemico. Per Benedetto XVI esso era il relativismo, che in effetti è una forma di peccato anche se non le racchiude certo tutte. In ogni modo essa ha una coerenza con l’insegnamento della dottrina Cattolica.

Sotto Francesco si sono identificati due nemici, quello esterno è la mancata accoglienza, lo sfruttamento, l’insensibilità ambientale; quello interno sono i tradizionalisti. Ovviamente non viene detto apertamente che essi sono nemici, ma si fa in modo che il tradizionalismo divenga uno spauracchio per scongiurare quello in cui non si vuole finire. In effetti, una delle strategie di creazione del nemico, è mostrare come esso sia l’antitesi dei valori proposti dai “buoni”.

Nel caso della Russia l’accusa è contro la perversione e la corruzione dell’Occidente e via dicendo. I tradizionalisti sono indietristi, rigidi, “ultra” qualcosa. Mi pare che in passato si era parlato anche di persone con disagio mentale. Come tutte le caratterizzazioni, possono anche partire da degli spunti di verità che vengono dilatati fino alla caricatura.

Eppure, a mio avviso ha causato un risultato inaspettato, ricompattando proprio il fronte tradizionalista e lasciando disunito il Cattolicesimo mainstream, dilaniato da tendenze indipendendiste incoraggiate da ermeneutiche generose della via sinodale, che si fa finta di non vedere.

A mio avviso questa operazione è stata del tutto controproducente, proprio perché il tradizionalismo cattolico si presentava come parcellizzato e il suo controllo era garantito dall’osservanza del principio divide et impera. Oggi invece, accade anche che i confini che prima facevano vivere ognuno all’interno del proprio villaggio inoffensivo, si allargano sempre più fino a formare delle cittadelle sempre più insidiose, proprio perché a volte si muovano nell’atmosfera sfuggente del mondo virtuale, rendendo il governo di un numero comunque non disprezzabile di fedeli un dannato (almeno lui) rompicapo.

Postscriptum
La strategia della creazione del “nemico”

Aurelio Porfiri fa delle osservazioni sulla strategia della creazione del “nemico” all’interno della Chiesa Cattolica, per rafforzare l’identità del gruppo “amico” del Cattolicesimo mainstream, con la percezione di un “nemico”, che rafforza la coesione interna nel gruppo “amico” e permette di attuare misure contro il “nemico”, che in condizioni normali sarebbe improponibile proporre. Va aggiunto poi, che il diritto canonico si applica in assenza di qualsiasi misericordia ai “nemici” e si interpreta in modo assoluto per gli “amici”, secondo il principio peronista: all’amico tutto, al nemico neanche la giustizia. Si tratta però di un concetto che nasce molto prima del peronismo, con Teodosio e con chi lo ha costretto, moralmente e politicamente, alla crudele persecuzione, nel 391, degli ultimi pagani, Ambrogio.

Flavio Teodosio Augusto (Hispania, 11 gennaio 347-Milano, 17 gennaio 395), generale e politico romano, fu l’ultimo Imperatore dell’Impero romano (dal 379 fino alla sua morte) prima della separazione tra Pars Occidentalis e Pars Orientalis. Nel 380 con l’Editto di Tessalonica fece del Cristianesimo la religione unica e obbligatoria dell’Impero. Per questo fu chiamato Teodosio il Grande dagli scrittori Cristiani e le Chiese orientali lo venerano come San Teodosio I il Grande. Si dice che Teodosio fosse un amministratore diligente, austero nelle sue abitudini, misericordioso e un devoto Cristiano. Per secoli dopo la sua morte, Teodosio venne visto come un campione dell’ortodossia Cristiana, che aveva definitivamente annientato il paganesimo. In effetti, la sua politica anti-pagana, attraverso i decreti teodosiani, divenne estremamente dispotica e portò a un numero elevato di persecuzioni verso i pagani e a una compressione delle libertà dei pagani.

All’inizio del suo regno, Teodosio insieme agli altri due Imperatori, Graziano e Valentiniano II, promulgò nel 380 l’Editto di Tessalonica, con il quale il Credo Niceno diveniva la religione unica e obbligatoria dello Stato, che era imposta a tutti i sudditi. La nuova legge riconosceva esplicitamente il primato delle sedi episcopali di Roma e di Alessandria in materia di teologia. Grande influenza avevano inoltre i teologi di Costantinopoli, i quali, essendo sotto la diretta giurisdizione dell’Imperatore, erano a volte destituiti e reintegrati in base al loro maggiore o minore grado di acquiescenza ai voleri imperiali.

Teodosio professava il Credo Niceno che si contrapponeva all’Arianesimo: solo due giorni dopo essere giunto a Costantinopoli, il 24 novembre 380. Con un atto che non mancò di produrre una violenta reazione, Teodosio espulse dalla città il Vescovo ariano di Costantinopoli, Demofilo, affidando la conduzione delle chiese cittadine a Gregorio di Nazianzo, il Patriarca della piccola comunità locale che praticava il Credo Niceno.

Inoltre, Teodosio convocò nel 381 il Primo Concilio di Costantinopoli per condannare le eresie che si opponevano al Credo Niceno. Durante questo concilio venne elaborato il Simbolo Niceno-Costantinopolitano, una estensione del primo Credo Niceno, largamente in uso ai giorni nostri nella liturgia Cattolica.

Nel giugno del 390 la popolazione di Tessalonica si ribellò e impiccò il magister militum dell’Illirico e governatore della città Buterico. Teodosio ordinò una rappresaglia. Venne organizzata una gara di bighe nel grande circo della città a pochi giorni dai fatti, e chiusi gli accessi, vennero trucidate circa 7.000 persone. Giunta la notizia a Milano, Ambrogio, Vescovo di Milano, scrisse a Teodosio una lettera sdegnata e lo indusse, anche grazie alla considerazione che aveva presso di lui, a pentirsi e a richiedere pubblicamente perdono che venne infine concesso e nel Natale del 390 l’Imperatore poté tornare a comunicarsi. Inoltre, lo stesso Ambrogio convince Teodosio a firmare una legge per la quale debbano trascorrere 30 giorni dalla condanna a morte all’esecuzione, in modo da permettere una riflessione più approfondita sulla condanna e un eventuale ripensamento.

Secondo alcuni storici fu proprio l’influenza del Vescovo Ambrogio a indurre un inasprimento della politica religiosa dell’Imperatore Teodosio nei confronti del paganesimo. Già nel 388 Ambrogio aveva obbligato Teodosio a rivedere la decisione di condannare il Vescovo di Callinico e i Cristiani locali da questo spinti alla distruzione della sinagoga della stessa città, a ricostruirla a loro spese, giungendo così all’impunità per tutte le persone implicate, con la “minaccia” della sospensione delle funzioni religiose.

Dopo l’episodio della ribellione di Tessalonica e della strage fatta perpetrare contro i cittadini ribelli da Teodosio e la successiva penitenza che gli fu imposta da Ambrogio, la politica religiosa dell’Imperatore si irrigidì notevolmente: tra il 391 e il 392 furono emanati la serie di decreti teodosiani, che attuavano in pieno l’editto di Tessalonica: venne interdetto l’accesso ai templi pagani e ribadita la proibizione di qualsiasi forma di culto, compresa l’adorazione delle statue. Inoltre, furono inasprite le pene amministrative per i Cristiani che si fossero convertiti nuovamente al paganesimo e nel decreto emanato nel 392 da Costantinopoli, l’immolazione di vittime nei sacrifici e la consultazione delle viscere erano equiparati al delitto di lesa maestà, punibile con la condanna a morte. I templi pagani furono oggetto di una sistematica demolizione o trasformazione in chiese Cristiane da parte delle comunità Cristiane e dei monaci appoggiati dai vescovi locali – in molti casi con l’appoggio dell’esercito e delle locali autorità imperiali – che si ritennero autorizzati dalle nuove leggi.

L’inasprimento della legislazione con i decreti teodosiani provocò delle resistenze presso i pagani. Nel 391 ad Alessandria d’Egitto il Vescovo Teofilo ottenne il permesso imperiale di trasformare in chiesa un tempio di Dioniso, provocando una ribellione dei pagani, che si asserragliarono nel Serapeo compiendo violenze contro i Cristiani. Quando la rivolta fu domata, per rappresaglia il tempio fu distrutto.

Salmo 117

Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.
Nell’angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l’uomo?
Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.
Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.

Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.
Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d’angolo
;
ecco l’opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.
Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell’altare.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.

Traditionis custodes – Indice [QUI]

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