Accanto ai migranti e ai rifugiati

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Fino a lunedì 17 giugno sono sbarcate sulle coste italiane 23.725 persone migranti; mentre nello stesso periodo dello scorso anno furono 55.902 e nel 2022 furono 23.920, secondo i dati del Ministero degli Interni. Degli oltre 23.700 migranti sbarcati in Italia nel 2024, 4.839 sono di nazionalità bengalese (20%), sulla base di quanto dichiarato al momento dello sbarco; gli altri provengono da Siria (3.427, 14%), Tunisia (3.135, 13%), Guinea (1.897, 8%), Egitto (1.503, 6%), Pakistan (939, 4%), Mali (837, 4%), Gambia (823, 4%), Costa d’Avorio (679, 3%), Sudan (636, 3%) a cui si aggiungono 5.010 persone (21%) provenienti da altri Stati o per le quali è ancora in corso la procedura di identificazione.

Inoltre sono stati 3.197 i minori stranieri non accompagnati ad aver raggiunto l’Italia: i minori stranieri non accompagnati sbarcati sulle coste italiane nel 2023 sono stati 18.820, 14.044 nel 2022, 10.053 nel 2021, 4.687 nel 2020, 1.680 nel 2019, 3.536 nel 2018 e 15.779 nel 2017.

Nel mondo nello scorso anno 117.300.000 persone sono state costrette a fuggire dal proprio Paese a causa di persecuzioni, conflitti, violenze e violazioni dei diritti umani, 1 persona su 69 a livello globale, secondo il Rapporto Global Trends dell’UNHCR, l’Agenzia ONU per i Rifugiati.

Negli ultimi dieci anni il numero di persone in fuga è più che raddoppiato; rispetto al 2022 si è registrato un aumento dell’8%, ossia 8.800.000 persone in più; un trend in salita confermato dai dati registrati nei primi quattro mesi del 2024, in cui la popolazione mondiale in fuga ha raggiunto il drammatico record di 120.000.000, secondo quanto calcolato dal Centro Astalli dei Gesuiti.

Alla fine del 2023 è di 43.400.000 il numero complessivo di rifugiati e di altre persone bisognose di protezione internazionale, di cui 31.600.000 sotto il mandato dell’UNHCR e 6.000 sotto il mandato dell’UNRWA (l’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei profughi palestinesi nel vicino oriente). La maggior parte della popolazione rifugiata (69%) vive nei Paesi limitrofi a quelli di origine e oltre il 75% risiede in Paesi a basso e medio reddito.

Oltre il 73% dei rifugiati proviene da soli cinque Paesi: Siria (6.400.000), Afghanistan (6.400.000), Venezuela (6.100.000), Ucraina (6.000.000) e Sudan (1.500.000). La popolazione di rifugiati più numerosa al mondo è quella afghana e risiede principalmente nella Repubblica Islamica dell’Iran (3.800.000) e nel Pakistan (2.000.000).

La Repubblica Islamica dell’Iran è il Paese che ospita il maggior numero di persone rifugiate al mondo (3.800.000), seguito da Turchia (3.300.000), Colombia (2.900.000), Germania (2.600.000) e Pakistan (2.000.000).        

Alla fine del 2023 il numero di persone titolari di protezione internazionale in Italia era 138.000, mentre 147.000 quello dei richiedenti asilo ed oltre 161.000 quello dei cittadini ucraini titolari di protezione temporanea. Circa 3.000 erano le persone apolidi presenti sul territorio italiano.

A livello globale il numero di persone sfollate internamente è aumentato di oltre il 50% in soli 5 anni: 68.300.000 persone sono state costrette ad abbandonare la propria casa. Tra le principali cause di questo notevole incremento del numero di sfollati interni è il conflitto in Sudan, esploso nell’aprile dello scorso anno, che ha causato oltre 7.100.000 di nuovi sfollati all’interno del Paese ed 1.900.000 di rifugiati sudanesi in fuga nei Paesi limitrofi come Ciad (923.300) e Sud Sudan (359.600).

Nella Repubblica Democratica del Congo i continui scontri nella provincia del Nord Kivu nel nord-est del Paese hanno causato oltre 2.800.000 di sfollati interni. In Myanmar la violenza diffusa e la continua violazione dei diritti umani hanno provocato lo sfollamento di 1.300.000 persone; inoltre, secondo le stime dell’UNRWA, alla fine del 2023 nella Striscia di Gaza la popolazione sfollata ammontava a più di 1.700.000 persone (oltre il 75% della popolazione).

Infine, oltre ai conflitti e alla violazione dei diritti umani, tra le cause che costringono alla fuga un numero sempre più alto di persone in fuga c’è la crisi climatica: sono 7.700.000 le persone messe in fuga dall’avvento di eventi metereologici estremi sempre più frequenti, dovuti agli effetti devastanti del cambiamento climatico.

Per questo dal 1991, attraverso il servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, la Chiesa cattolica italiana, grazie ai fondi dell’8xmille, ha cercato di accompagnarle e dare loro conforto finanziando 166 progetti specificamente a favore di migranti e rifugiati in 31 Paesi per un totale di oltre € 31.500.000.

Nell’ultimo Rapporto del ‘Norwegian Refugee Council’ (NRC), pubblicato lo scorso 3 giugno sono elencate le dieci crisi di sfollati più dimenticate al mondo, con numeri in aumento e bisogni crescenti. Si tratta sempre di emergenze croniche, con migrazioni, violenza, fame e mancanza di servizi essenziali: 9 riguardano Paesi africani e una l’Honduras dove (a causa della violenza diffusa, del crimine organizzato e degli shock climatici) ben 3.200.000 persone necessitano di aiuti umanitari. La Chiesa locale da oltre 30 anni sostiene i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le famiglie nei loro bisogni fondamentali e nel richiedere il rispetto dei loro diritti.

Per la Cei spesso i rifugiati sono costretti a vivere per anni, decenni, in campi profughi in condizioni precarie, come a Kakuma, nel nord del Kenya, vicino al confine con l’Uganda e il Sud Sudan, che ha raccolto il racconto di Mary, fuggita dal Sud Sudan: Mio marito è morto durante gli scontri. Una notte hanno attaccato il nostro villaggio. Allora ho preso tutti i miei figli con me, abbiamo raccolto quel poco che ci era rimasto e siamo scappati. Ho avvolto in fasce intorno al mio corpo il più piccolo che aveva pochi mesi e quello poco più grande di lui l’ho caricato sulle spalle. I cinque figli più grandi camminavano con me, cercando di rimanermi il più vicino possibile. Abbiamo cam­minato per mesi; ogni tanto siamo riusciti a fermarci per qualche settimana cercando di recuperare le forze, qualcosa da mangiare e soprattutto qualche soldo per continuare il viaggio. Siamo arrivati al campo di Kakuma dopo circa quattro mesi”.

Nel dolore e nella sofferenza fiorisce comunque la solidarietà e la Chiesa cattolica cerca di mantenere accesa la speranza nella storia di tante persone, come ad Ankawa, l’unico quartiere cristiano alla periferia di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Nell’estate del 2014 la zona è stata al centro dell’attenzione internazionale: circa 75.000 sfollati sono arrivati lì per scappare dall’Isis. Nonostante la drammaticità della situazione l’arcivescovo cattolico caldeo, Bashar Warda, è riuscito a far crescere un grande seme di speranza, realizzando, grazie anche al sostegno della Chiesa italiana, l’Università di Erbil. Dopo 10 anni l’Università ha 11 corsi di laurea altamente correlati al mercato del lavoro, 590 studenti (24% musulmani, 14% yazidi), il 59% donne.

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