In nome della verità, al di là degli stereotipi e delle banalità
1. La Chiesa è corrotta. 2. La Chiesa attuale ha tradito lo spirito delle origini. 3. La Chiesa non permette ai preti di sposarsi e non si capisce il perché. 4. La Chiesa è la madre di tutte le inquisizioni. 5. La Chiesa è retrograda, mentre le chiese nate dalla riforma protestante sono nella modernità. 6. La Chiesa è antisemita. 7. La Chiesa è contro il sesso. 8. La Chiesa è oscurantista e nemica della scienza. 9. La Chiesa è antifemminista e misogina. 10. La Chiesa vuole che i fedeli soffrano. Questi che vedete elencati sono dieci luoghi comuni che perennemente, a partire dell’Ottocento, pervadono la discussione sulla storia e sul presente della Chiesa Cattolica, talvolta anche all’interno delle stesse comunità dei fedeli. Stereotipi, ovvietà, leggende talvolta, semplificazioni grossolane e talora falsate o fasulle che periodicamente ricorrono nel dibattito all’interno dei salotti, nelle conversazioni mondane o in autobus e sulla metropolitana. Ma anche sulle colonne dei giornali, nei libri di argomento sociale e religioso e nei dibattiti televisivi di trasmissioni à la page. Per contrastare scientificamente questo decalogo, o quantomeno per rettificare e dire una parola chiara e controcorrente, sette donne – tutte storiche ma non tutte cattoliche – coordinate da Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea all’Università ‘La Sapienza’ di Roma ed editorialista di punta de L’Osservatore Romano, hanno deciso di rivisitare, senza alcun intento apologetico ma solo in nome della verità storica, alcuni fra i luoghi comuni più ricorrenti. Quelli che alimentano il ‘sentito dire’ e che si sostiene non meritino di essere smentiti o confutati, perché tanto “tutti sanno che è così”. Quelli più diffusi, che storicamente hanno prodotto il maggior numero di malintesi e incomprensioni e che talora hanno sostituito la realtà stessa. Ne è venuto fuori La Grande Meretrice, un agile e documentato pamphlet edito dalla Libreria Editrice Vaticana, che si rivolge proprio al pubblico dei non ‘addetti ai lavori’, a coloro che sono più indifesi e impreparati culturalmente a controbattere al rosario di accuse e di stereotipi che si abbattono contro la Chiesa Cattolica.
La Grande Meretrice, appunto, con le parole che vengono usate nel capitolo 17 del Libro dell’Apocalisse, ma che è divenuto anche il termine ingiurioso con cui la Chiesa è stata denominata nei secoli dai suoi detrattori e che è divenuto, in un certo qual senso, un luogo comune esso stesso, indicando nel corpo ecclesiale fondato da Cristo il ricettacolo di tutte le impurità terrene, il luogo di ogni corruzione e repressione oscurantista. Su cui si sofferma nel primo saggio Silvie Barnay, storica dell’Università de Lorraine e docente all’Institut Catholique di Parigi nel ripercorrere la storia della contrapposizione tra una Chiesa ‘pura e immacolata’ e una ‘corrotta e viziata’. Così come nel secondo argomenta Sandra Isetta, che insegna letteratura cristiana antica all’Università di Genova, nel ribaltare il falso mito delle origini che enfatizza senza fondamento i cristiani delle prime comunità in contrapposizione alla Chiesa strutturata che conosciamo oggi.
Che non ha imposto il celibato ai suoi ministri in nome di un dogma o di una verità di fede – come nota nel terzo saggio la stessa Scaraffia -, ma facendo propria una tendenza già in uso nel mondo ellenistico e in Palestina, che consentiva di creare una nuova amicizia tra uomini e donne, e che non giustificherebbe i tristi casi di pedofilia dei sacerdoti, dato che statisticamente i numeri maggiori di questi abusi sono registrati all’interno delle famiglie. Ed è ancora la Scaraffia ad indagare sulla conclamata ‘modernità’ del mondo protestante rispetto alla presunta vetustà di quello cattolico, evidenziando la libertà creativa degli artisti (si pensi a Michelangelo e al ciclo di affreschi della Cappella Sistina) e le prime iniziative di credito sociale avvenute ad opera dei francescani già nel Medioevo. Ad Anna Foa, professoressa di storia moderna nell’ateneo romano ‘La Sapienza, è toccato rileggere i capitoli dell’Inquisizione e dell’antisemitismo, due episodi dolorosi nella storia millenaria della Chiesa cattolica, in cui accanto a fatti certi sono stati uniti elementi polemici eccessivi e fuorvianti.
Doppio compito anche per Giulia Galeotti, storica contemporaneista e redattrice de L’Osservatore Romano, che rivede lo stereotipo di una Chiesa nemica della scienza e degli scienziati e avversatrice delle donne, mentre a Margherita Pelaja, esponente di spicco della Società italiana delle Storiche, è spettato riandare al mito della Chiesa sessuofobica e repressiva, con un’approfondita analisi sui concetti di matrimonio, castità, contraccezione. E’ infine la monaca carmelitana scalza Cristiana Dobner a rovesciare lo stereotipo di una vita cristiana intrisa soltanto di sofferenza e di dolore, ma da vedere in realtà come un inno alla bellezza e alla gioia. “La verità rende liberi”, è scritto nel Vangelo di Giovanni. Al termine della lettura di questo volume di grande interesse, in cui peraltro non vengono sottaciute e silenziate le colpe storiche dei figli della Chiesa, quelle per cui Giovanni Paolo II chiese perdono nel Giubileo del 2000, è questa la sensazione che accompagna il credente in buona fede e il lettore sincero scevro da pregiudizi.