Cosa è cambiato?

Papa Francesco
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 10.06.2024 – Andrea Gagliarducci] – Tra la fine di questo mese e l’inizio di agosto arriveranno almeno tre documenti finanziari della Santa Sede: 1. Il rapporto annuale dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF). 2. Il rapporto annuale dell’Istituto per le Opere di Religione (IOR). 3. Il bilancio annuale dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA). I tre documenti non farebbero notizia di per sé, se non rappresentassero, nella loro forma in questi anni, quello che è stato il pontificato di Papa Francesco: una grande fretta di stabilire una “differenza” – un cambio di direzione, una novità, e una rottura con il passato – anche in situazioni in cui il passato non era così scuro come tendiamo a pensare o si vuole far pensare la gente.

Del resto, Papa Francesco ha riconosciuto più volte che Papa Benedetto XVI ha avviato la lotta contro l’abuso nella Chiesa e ne ha elogiato l’impegno. Tuttavia, quando si tratta di questioni finanziarie, l’opera di Papa Benedetto XVI e quella di Papa Giovanni Paolo II, prima di lui, passano in ultima fila. Il Papa diventa solo un accessorio, mentre la narrazione si divide tra i cattivi corrotti e incompetenti della precedente gestione e quelli buoni della nuova gestione.

Accade, ad esempio, quando il Presidente dello IOR, Jean-Baptiste de Franssu, in una riunione del forum OMNES, sottolinea che in passato non vi è stata connivenza della Chiesa con vari criminali, ma piuttosto che ci sono state delle persone incompetenti, che hanno fatto perdere soldi alla Chiesa. Sappiamo cosa ha detto de Franssu, perché questo è stato riportato in un articolo della stessa rivista spagnola [QUI]. L’incontro si è svolto secondo le Chatham House Rules, il che significa che, al massimo, si possono menzionare alcuni argomenti, ma non attribuirli ad una fonte; il che, negli incontri con un solo relatore, equivale a non menzionare nulla, per evitare di violare la riservatezza.

Ma c’era l’incompetenza che faceva perdere delle persone soldi prima? E se si tratta di incompetenza, perché il rapporto annuale del 2013 certifica che lo IOR ha realizzato un utile di 86,6 milioni, una cifra mai più raggiunta negli ultimi dieci anni? La risposta è, generalmente, che la nuova gestione dello IOR ha dovuto affrontare spese impreviste per smaltire investimenti rischiosi o, peggio ancora, immorali. La condanna di due ex dirigenti per cattiva gestione sarebbe la prova di un’interpretazione di questo tipo.

Si tratta di una lettura dei fatti basata su una sentenza processuale essa stessa oggetto di discussione. Bisogna considerare l’ipotesi che gli investimenti fossero corretti e concordati con il management (allo IOR qualcosa si può fare solo consultando i superiori). La lettura non tiene conto soprattutto dell’accusa di un ex consulente dello IOR, che qualche tempo fa ha evidenziato di essere stato chiamato a fare investimenti più aggressivi. Insomma, se ci sono stati investimenti non conservativi, sono avvenuti con la nuova gestione, a partire dal 2013, e non con la vecchia.

La narrazione che circonda i rapporti dell’Autorità di Supervisione e Informazione Finanziaria (ASIF) è simile. L’ASIF si basa su un sistema giuridico attuato completamente dalla vecchia gestione, e anche le valutazioni positive del Comitato MONEYVAL del Consiglio d’Europa derivano da miglioramenti tecnici, che fanno parte del quadro legislativo da tempo adottato dalla Santa Sede.

L’Autorità ha cambiato denominazione da AIF ad ASIF. L’ASIF ha avuto un nuovo Consiglio di amministrazione, ma ha continuato a parlare di risultati eccellenti, prendendo le distanze dalla precedente gestione che, tra l’altro, gode ancora di un’ottima credibilità internazionale.

L’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (APSA) tiene una diversa posizione. Nel bilancio dell’anno scorso aveva stilato anche la sua storia personale degli investimenti [QUI] e nel bilancio dell’anno precedente aveva definito alcuni investimenti che avevano portato molti profitti. Uno di questi investimenti riguardava, tra l’altro, un immobile di lusso a Parigi, in tutto simile all’investimento che la Segreteria di Stato fece per l’immobile di lusso a Londra [QUI]. Si tratta di una somiglianza significativa, perché la questione dell’immobile londinese è finita in un processo vaticano, per il quale si attende la sentenza motivata, affinché si capisca laddove i giudici contestano che non siano state messe in campo tutte le procedure e i controlli adeguati, offerti dalla normativa vigente al momento del processo.

La domanda da porre è se questa narrazione di rottura riflette davvero il modo di fare delle cose della Chiesa. La Chiesa non ha mai rotto con il suo passato, ma si è sempre edificata su di esso. Questo vale per tutto, dalle questioni finanziarie a quelle teologiche. Anche quando nella Chiesa c’è un grido di novità e di rivoluzione, la rivoluzione che arriva, deve avvenire lungo un percorso a volte accidentato.

Naturalmente, si possono dare molti esempi che certificano una rottura. Spesso, ad esempio, il Cardinale Víctor Manuel Fernández, Prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede, ha parlato del tema della schiavitù e di come la Chiesa fosse inizialmente a favore della schiavitù e poi no. Tuttavia, questo esempio non tiene conto nemmeno del lavoro teologico e pratico svolto dalla Chiesa per e con gli schiavi. Per contro, considera come atti di magistero alcune decisioni dei Papi che erano esplicitamente politiche. La Chiesa, in fondo, è sempre stata a favore dell’essere umano, e allora come avrebbe potuto essere a favore della schiavitù? Come la Chiesa si adatta ai tempi è un’altra materia

Lo stile personalista di Papa Francesco ha probabilmente causato una rottura, avvertita fortemente in Vaticano. Come può, ad esempio, la Segreteria di Stato portare avanti una linea di mediazione se il Papa, con dichiarazioni estemporanee, brucia quella mediazione e indirizza la Chiesa altrove? Ciò, tuttavia, riguarda la gestione, il carattere e la personalità del Papa. La vita della Curia, nonostante i cambi di nome e le riforme, continua regolarmente, basandosi quotidianamente su una pratica consolidata che continua regolarmente. Si può notare una mancanza di profezia nei testi, il che può essere una constatazione giusta, ma ciò non significa che il lavoro e le procedure non procedano regolarmente.

I tre documenti finanziari in questione potrebbero dunque rispecchiare il pontificato del Papa, che sembra aver dimenticato il passato e parte da un qui-ed-ora, che non riguarda ciò che c’era prima e ci tiene a dimostrare una novità sostanziale, anche quando c’era molto del bene nelle cose vecchie.

Questi documenti, che usciranno nei prossimi mesi, dovranno essere esaminati attentamente, perché potrebbero dire molte più cose sul Papa e sul pontificato di quanto abbiamo capito finora.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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