La questione dei seminari

Papa Francesco con i vescovi italiani
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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.06.2024 – Andrea Gagliarducci] – Non c’è bisogno di gridare al complotto, di incolpare le lobby anti-Francesco o di affermare che c’è del lavoro in corso per spingere per un Conclave. Il fatto è che nessuno dovrebbe sorprendersi che la volgare descrizione data dal Papa all’ambiente gay, spesso riscontrata nei seminari italiani, sia trapelata dall’Aula Nuova del Sinodo e sia arrivata davanti al vasto pubblico. Succede quando si parla in presenza di più di cento persone, anche se a porte chiuse. Soprattutto quando è a porte chiuse. L’accaduto deve farci riflettere su una questione ancora più importante: cosa pensa veramente Papa Francesco e come riesce a mantenere la coerenza tra pensieri e azioni.

Prima di tutto, un po’ di retroscena. Le parole del Papa sono cadute in un incontro a porte chiuse con i vescovi della Conferenza Episcopale Italiana. Sono momenti a volte tesi, in cui Papa Francesco si lascia andare verbalmente.

Il Papa rispondeva ad una domanda sui criteri di ammissione ai seminari. Ora, già la Ratio Fondamentalis per l’ammissione ai seminari, aggiornata nel 2016, diceva no agli aspiranti sacerdoti che fossero omosessuali o, soprattutto, che sostenessero apertamente la cultura gay.

Quella Ratio dovrà ora essere attuata dai vescovi italiani, che da tempo discutono sulle norme nazionali per l’ammissione ai seminari. Il testo approvato nell’Assemblea Generale del novembre 2023 è ancora in attesa dell’approvazione del Dicastero per il Clero. Sembra che il testo della CEI preveda la possibilità di accesso agli ordini sacri per le persone con tendenze omosessuali “non radicate”.

Il Decreto Generale della Congregazione per il Clero dell’8 dicembre 2016 [*] afferma, al paragrafo 199: “La Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione [con tendenze omosessuali], non può ammettere al Seminario e agli Ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate, o sostengono la cosiddetta cultura gay. Le suddette persone si trovano, infatti, in una situazione che ostacola gravemente un corretto relazionarsi con uomini e donne, Non sono affatto da trascurare le conseguenze negative che possono derivare dall’Ordinazione di persone co tendenze omosessuali profondamente radicate”.

Il sito tradizionalista, solitamente ben informato, MiL-Messainlatino.it [QUI], ha discusso di questa possibile discrepanza tra il testo dei vescovi italiani e il Decreto Generale della Congregazione per il Clero. Stranamente, la CEI non ha ancora ricevuto l’approvazione di un testo che avrebbe dovuto rispecchiare le linee guida fornite dalla Congregazione per il Clero, seppure con le dovute sfumature nazionali.

Tuttavia, il testo di sintesi mostra anche la varietà delle posizioni della Chiesa in Italia, che sembra lontana da quel blocco monolitico di principi che aveva caratterizzato il primo ventennio del XXI secolo. Da qui la domanda al Papa sull’accesso degli omosessuali ai seminari. Da qui la risposta del Papa. È stata una risposta stizzita, perché il Papa ha sempre avuto le idee chiare su questo tema. Ciò va oltre il linguaggio colorito da lui utilizzato, che in definitiva dice molto sulla personalità di Papa Francesco, ma forse dice poco sui suoi reali sentimenti.

Come conciliare questa presa di posizione con quella che veniva considerata apertura sulla questione gay? È compatibile, semplicemente perché il Papa distingue le linee governative da quelle pastorali. I principi con cui governa sono una cosa. Come verbalizza le cose in pubblico, un’altra. Papa Francesco presta un’ottima attenzione all’opinione pubblica e, ad un certo punto, dobbiamo anche accettare che il Papa faccia le sue scelte pastorali considerando le possibili reazioni.

Non solo. Papa Francesco non vede alcuna contraddizione tra una scelta pastorale ed una scelta dottrinale. Pastoralmente Papa Francesco è aperto a tutti, e non ha paura di mostrarsi accogliente e senza pregiudizi, e di volere che tutti siano sulla stessa strada. Il problema generalmente si pone quando entra in gioco il livello istituzionale.

Supponiamo che dottrina e pastorale non si escludano a vicenda, quando anche la pastorale è regolata su questioni che meritano un discernimento “non burocratico”. In tal caso la pratica pastorale rischia di entrare in contraddizione con la dottrina. Essendo, infatti, una pratica dotata di regole, essa contrasta con le regole della dottrina, creando un cortocircuito che, come minimo, scontra con il principio di non contraddizione.

Fiducia supplicans fornisce un chiaro esempio: nel certificare qualcosa che i sacerdoti hanno sempre fatto (cioè una benedizione individuale con il segno della croce, senza troppe formalità, quando richiesta), la dichiarazione ha creato un cortocircuito, che prevedeva addirittura una sorta di manuale in modo che queste benedizioni riflettano ciò che dice la Dichiarazione. Cioè, non c’è alcuna legittimazione delle coppie omosessuali e nessuna apertura alla benedizione per tutti, se non nella pratica e che lo dice nero su bianco.

Quando si tratta della decisione davanti ai vescovi italiani, o non vedono contraddizioni, oppure sono consapevoli delle conseguenze di alcune scelte.

Usando un’espressione volgare per descrivere gli omosessuali, Papa Francesco ha mostrato il fastidio che prova quando le domande lo mettono con le spalle al muro. La domanda, legittimamente posta, aveva lo scopo di chiedere al Papa di assumersi la responsabilità di alcune scelte. Il Papa ha voluto rispondere con forza, quasi a voler porre fine alla conversazione. Papa Francesco, in altre parole, si è sbraitato da solo. Resta da vedere, però, se tutto ciò si tradurrà in una vera e propria non ammissione degli omosessuali in seminario.

In definitiva, la parte più essenziale della formazione sacerdotale è che i responsabili non siano promotori della cultura gay. In definitiva, ha senso: la cultura gay tende a sostenere molte cose che la Chiesa non può accettare. Inutile dire – o dovrebbe essere – che ci debba essere una sollecitudine pastorale per le persone omosessuali. Sui principi che devono ispirare la cultura – compresa la cultura clericale, a partire dalle case o dalla formazione – non c’è davvero spazio per il dibattito. Un uomo non può diventare sacerdote se non crede nella dottrina cattolica fondamentale. In teoria, almeno.

In ogni caso, oggi non siamo di fronte ai detrattori del Papa, che vogliono rovinare gli ultimi anni del suo pontificato. Siamo di fronte ad una fuga di notizie, probabilmente diffusa da un vescovo deluso, che mostra il Papa per quello che è veramente, pur senza alcuna prova di ciò che il Papa ha effettivamente detto o scritto.

In realtà, la questione dei seminari è molto più profonda. E andrebbe affrontata anche solo per far fronte al drammatico calo delle vocazioni.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

[*] Il Dono della vocazione presbiterale. Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, Decreto Generale della Congregazione per il Clero, 8 dicembre 2016 [QUI].

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