Papa Francesco: l’Eucarestia è dono di Dio

“Prese il pane e recitò la benedizione (Mc 14,22). E’ il gesto con cui si apre il racconto dell’istituzione dell’Eucaristia nel Vangelo di san Marco. E noi potremmo partire da questo gesto di Gesù (benedire il pane) per riflettere sulle tre dimensioni del Mistero che stiamo celebrando: il ringraziamento, la memoria e la presenza”; dopo 7 anni, papa Francesco nel pomeriggio ha celebrato in san Giovanni in Laterano la solennità del Corpus Domini con la processione fino a Santa Maria Maggiore: partirà dopo la celebrazione e sarà terminata dalla benedizione solenne del Papa impartita con il Santissimo Sacramento, sottolineando tre le dimensioni del sacramento dell’Eucarestia, ringraziamento, memoria e presenza.
Ringraziamento, in quanto è la parola stessa che invita a rendere grazie: “La parola ‘Eucaristia’ vuole proprio dire ‘grazie’: ‘ringraziare’ Dio per i suoi doni, e in questo senso il segno del pane è importante. E’ l’alimento di ogni giorno, con cui portiamo all’Altare tutto ciò che siamo e che abbiamo: vita, opere, successi, e anche fallimenti, come simboleggia la bella usanza di alcune culture di raccogliere e baciare il pane quando cade a terra: per ricordarsi che è troppo prezioso per essere buttato, anche dopo che è caduto. L’Eucaristia, allora, ci insegna a benedire, ad accogliere e baciare, sempre, in rendimento di grazie, i doni di Dio, e questo non solo nella celebrazione: anche nella vita”.
Il ringraziamento a Dio avviene attraverso concrete azioni: “Ad esempio non sprecando le cose e i talenti che il Signore ci ha dato. Ma anche perdonando e risollevando chi sbaglia e cade per debolezza o per errore: perché tutto è dono e nulla può andare perduto, perchè nessuno può rimanere a terra, e tutti devono avere la possibilità di rialzarsi e di riprendere il cammino. E noi possiamo fare questo anche nella vita quotidiana, svolgendo il nostro lavoro con amore, con precisione, con cura, con precisione, come un dono e una missione. E sempre aiutare chi è caduto: una volta soltanto nella vita si può guardare una persona dall’alto in basso: per aiutarla a risollevarsi. E questa è la nostra missione”.
Dopo il ringraziamento segue la benedizione del pane, che è memoria di un avvenimento: “Per l’antico Israele si trattava di ricordare la liberazione dalla schiavitù d’Egitto e l’inizio dell’esodo verso la terra promessa. Per noi è rivivere la Pasqua di Cristo, la sua Passione e Risurrezione, con cui ci ha liberato dal peccato e dalla morte. Fare memoria della nostra vita, fare memoria dei nostri successi, fare memoria dei nostri sbagli, fare memoria di quella mano tesa del Signore che sempre ci aiuta a sollevarci, fare memoria della presenza del Signore nella nostra vita”.
In questa memoria si gioca la libertà di ciascuna persona: “C’è chi dice che è libero chi pensa solo a sé stesso, chi si gode la vita e chi, con menefreghismo e magari con prepotenza, fa tutto quello che vuole a dispetto degli altri. Questa non è libertà: questa è una schiavitù nascosta, una schiavitù che ci rende più schiavi ancora.
La libertà non si incontra nelle casseforti di chi accumula per sé, né sui divani di chi pigramente si adagia nel disimpegno e nell’individualismo: la libertà si incontra nel cenacolo dove, senza alcun altro motivo che l’amore, ci si china davanti ai fratelli per offrire loro il proprio servizio, la propria vita, come salvati”.
In questo modo l’Eucarestia diventa presenza ‘reale’: “E con questo ci parla di un Dio che non è lontano, che non è geloso, ma vicino e solidale con l’uomo; che non ci abbandona, ma ci cerca, ci aspetta e ci accompagna, sempre, al punto da mettersi, indifeso, nelle nostre mani. E questa sua presenza invita anche noi a farci prossimi ai fratelli là dove l’amore ci chiama…
Vediamo ogni giorno troppe strade, forse una volta odorose di pane sfornato, ridursi a cumuli di macerie a causa della guerra, dell’egoismo e dell’indifferenza! È urgente riportare nel mondo l’aroma buono e fresco del pane dell’amore, per continuare a sperare e ricostruire senza mai stancarsi quello che l’odio distrugge”.
E la processione è un gesto di vicinanza a tutti: “E’ questo anche il significato del gesto che faremo tra poco, con la Processione Eucaristica: partendo dall’Altare, porteremo tra le case della nostra città il Signore. Non lo facciamo per metterci in mostra, e neanche per ostentare la nostra fede, ma per invitare tutti a partecipare, nel Pane dell’Eucaristia, alla vita nuova che Gesù ci ha donato. Facciamo la processione con questo spirito”.
Mentre dopo la recita dell’Angelus di questa mattina papa Francesco ha sottolineato la dimensione del dono eucaristico: “Comprendiamo allora che celebrare l’Eucaristia e cibarci di questo Pane, come facciamo specialmente alla domenica, non è un atto di culto staccato dalla vita o un semplice momento di consolazione personale; sempre dobbiamo ricordarci che Gesù, prendendo il pane, lo spezzò e lo diede loro, perciò, la comunione con Lui ci rende capaci di diventare anche noi pane spezzato per gli altri, capaci di condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo”.
E’ stato un invito a diventare ‘eucaristici’: “Ecco, fratelli e sorelle, a cosa siamo chiamati: a diventare ciò che mangiamo, a diventare ‘eucaristici’, cioè persone che non vivono più per sé stesse, nella logica del possesso e del consumo, ma che sanno fare della propria vita un dono per gli altri. Così, grazie all’Eucaristia, diventiamo profeti e costruttori di un mondo nuovo: quando superiamo l’egoismo e ci apriamo all’amore, quando coltiviamo legami di fraternità, quando partecipiamo alle sofferenze dei fratelli e condividiamo il pane e le risorse con chi è nel bisogno, quando mettiamo a disposizione di tutti i nostri talenti, allora stiamo spezzando il pane della nostra vita come Gesù”.
(Foto: Santa Sede)