Sul modo virtuoso di ricevere l’Eucaristia. Cosa dicono Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – Terza parte

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.05.2024 – Veronica Cireneo e Mauro Bonaita] – “Il Corpo di Cristo”: dice il sacerdote sollevando l’Ostia, l’attimo prima di consegnarLa al fedele. Con quel Corpo che ci viene offerto durante la Comunione, Cristo ha sofferto e patito materialmente il Suo Amore per noi. La bellezza del nostro Dio sta proprio in questo: si è abbassato al livello della nostra natura umana, amandoci con i sensi di un corpo mortale. Non si è limitato ad esprimere con una semplice comunicazione verbale il Suo Amore per noi. Egli ci ha amati fino alla morte fisica sulla Croce e fino alla morte morale nei tradimenti.
Nell’atto dell’inginocchiarsi durante i riti liturgici risiede una forma dignitosa di abbandono e di offerta di sé, da parte di coloro che riconoscono la propria piccolezza al cospetto della immensità dell’Eroe che ha dato tutto se stesso per scamparci dall’inferno: Gesù Cristo.
Così, in questa terza ed ultima parte concernente il modo più virtuoso di fare la Comunione, Ruggero, Alleato autore della trilogia, che ringraziamo di cuore, conclude le sue riflessioni, che in certi tratti abbiamo semplificato per rendere il contenuto più fruibile anche per i non addetti ai lavori), riportando i tratti salienti del magistero sull’Eucarestia di Papa Giovanni Paolo II e Papa Benedetto XVI.
Per dare un senso più compiuto a questo lavoro, si invitano i lettori a fare tesoro dei documenti ufficiali della Chiesa, riportati in questa e nelle due parti precedenti.
Sia lodato e ringraziato in ogni momento Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento dell’Altare.

Il Santissimo Nome di Gesù – il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina – fu sempre onorato e venerato nella Chiesa fin dai primi tempi, ma solo nel secolo XIV cominciò ad avere culto liturgico. San Bernardino, aiutato da altri confratelli, soprattutto dai Beati Alberto da Sarteáno e Bernardino da Feltre, diffuse con tanto slancio e fervore tale devozione che finalmente venne istituita la festa liturgica. Nel 1530 Papa Clemente VII autorizzò l’Ordine francescano a recitare l’Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. La celebrazione, ormai presente in varie località, fu estesa a tutta la Chiesa da Papa Innocenzo XIII nel 1721. Il giorno di celebrazione variò tra le prime domeniche di gennaio, per attestarsi al 2 gennaio fino agli anni Settanta del Novecento, quando fu soppressa. Papa Giovanni Paolo II ha ripristinato al 3 gennaio la memoria facoltativa nel Calendario Romano.
Prosegue dalla seconda parte [QUI]
Nel libro intervista con Peter Seewald Luce del mondo, Papa Benedetto XVI ha spiegato bene il senso della sua decisione di dare la Comunione sulla lingua e in ginocchio: «Facendo sì che la Comunione si riceva in ginocchio e la si amministri in bocca, ho voluto dare un segno di profondo rispetto e mettere un punto esclamativo circa la Presenza Reale […]. Deve essere chiaro questo… Qui c’è Lui! È di fronte a Lui che cadiamo in ginocchio!».
La Chiesa ha sempre cercato di caratterizzare il momento della Comunione con sacralità e somma dignità, sforzandosi costantemente di sviluppare nel modo migliore gesti che favorissero la comprensione del mistero sacramentale.
Si è sempre adoperata anche pastoralmente, affinché i fedeli potessero ricevere l’Eucaristia con le dovute disposizioni, tra cui il comprendere e credere nella Presenza Reale di Colui che si va a ricevere nel momento della Comunione.
Tra i segni di devozione propri dei comunicandi, la Chiesa d’Occidente ha stabilito anche lo stare in ginocchio, in segno di adorazione. Il mettersi in ginocchio indica e favorisce questa adorazione previa alla ricezione di Cristo eucaristico, vittima immolata nel sacrificio della nostra redenzione.
Una celebre espressione di Sant’Agostino, ripresa al N. 66 della Sacramentum caritatis di Papa Benedetto XVI [1], insegna: «Nessuno mangi quella carne [il Corpo Eucaristico], se prima non l’ha adorata. Peccheremmo se non l’adorassimo» (Enarrationes in Psalmos, 98,9).
In questa prospettiva, l’allora Cardinale Ratzinger aveva scritto: «La Comunione raggiunge la sua profondità solo quando è sostenuta e compresa dall’adorazione» (Introduzione allo spirito della liturgia, San Paolo Edizioni 2001, p. 86 [QUI]).
Per questo, egli riteneva che «la pratica di inginocchiarsi per la Santa Comunione ha a suo favore secoli di tradizione ed è un segno di adorazione particolarmente espressivo, del tutto appropriato alla luce della vera, reale e sostanziale presenza di nostro Signore Gesù Cristo sotto le Specie Consacrate» (cit. nella Lettera This Congregation della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti del 1° luglio 2002, EV 21).
Papa Giovanni Paolo II nella sua ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia [2], al n. 61 scrive, che «dando all’Eucaristia tutto il rilievo che Essa merita, e badando con ogni premura a non attenuarne alcuna dimensione o esigenza, ci dimostriamo veramente consapevoli della grandezza di questo dono […]. Non c’è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza».
Ed è proprio in continuità con questo insegnamento che, dal Corpus Domini del 2008, anche Papa Benedetto XVI iniziò a distribuire il Corpo del Signore direttamente sulla lingua dei fedeli inginocchiati.

Amen.
In cordibus Jesu et Mariae.
Grazie per l’attenzione.
Ruggero Stefano
Fine
[1] Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis del Santo Padre Benedetto XVI all’episcopato, al clero, alle persone consacrate e ai fedeli laici sull’Eucaristia fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa, 22 febbraio 2007 [QUI].
[2] Lettera Enciclica Ecclesia de Eucharistia del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II ai vescovi ai presbiteri e ai diaconi, alle persone consacrate e a tutti i fedeli laici sull’Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa, 27 aprile 2003 [QUI]
Canale Telegram degli Alleati dell’Eucaristia e del Vangelo [QUI]