I “Fini Ultimi”. E la caduta degli angeli ribelli spiegata da San Giovanni Paolo II
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.05.2024 – Vik van Brantegem] – La Caduta degli Angeli Ribelli dello scultore padovano Agostino Fasolato (1750 circa) è un capolavoro scolpito in un pezzo unico di marmo di Carrara di circa un metro e settanta di altezza. La scultura è esposta al Palazzo Leoni Montanari di Vicenza. Nel complesso gruppo scultoreo è raffigurato il combattimento fra l’esercito del bene e quello del male, capitanati rispettivamente dall’Arcangelo Michele e da Satana, come viene raccontato nel libro dell’Apocalisse di Giovanni.
«Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, 8 ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli. Allora udii una gran voce nel cielo che diceva: “Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo, poiché è stato precipitato l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio giorno e notte. Ma essi lo hanno vinto per mezzo del sangue dell’Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire. Esultate, dunque, o cieli, e voi che abitate in essi. Ma guai a voi, terra e mare, perché il diavolo è precipitato sopra di voi pieno di grande furore, sapendo che gli resta poco tempo”» (Apocalisse 12,7-12).
Sono sessanta le figure scolpite che si intersecano le une con le altre. Al vertice della piramide, con la spada tratta e lo scudo si vede l’Arcangelo Michele mentre Satana, con i piedi poggiati sulla base, ha nella mano destra il forcone a due punte e con l’altra mano indica il suo più temuto avversario. Fra i due protagonisti del combattimento ci sono gli angeli ribelli che vengono cacciati dal Paradiso divenendo così diavoli. Fra i corpi dei diavoli si serpeggiano delle creature nelle sembianze di draghi e serpenti.
La prima citazione di quest’opera documentata è quella di giovan Battista Rossetti che nel 1765 segnalava La Caduta degli Angeli Ribelli come una delle più interessanti attrazioni di Padova, opera di “Agostin Fasolato Scultor Padovano. Lavoro per dir vero stupendo, non tentato né pure dall’antica Grecia”.
Ieri, nel racconto su Parigi-Chartres. Il Pellegrinaggio della Tradizione di Pentecoste, che attrae i giovani [QUI], abbiamo menzionato che la colonna dei pellegrini si mette in cammino alla volta della meta desiderata, prefigurazione del cammino su questa terra verso la celeste patria del Regno del Cielo. Il tema del Pellegrinaggio di Pentecoste del 2024 era Voglio vedere Dio, che ha fatto riflettere sui Fini Ultimi. L’abbandono, a partire dagli anni Sessanta, della predicazione sui Fini Ultimi è senza dubbio uno dei maggiori sintomi della crisi della Fede. Si tratta quindi di ritornare alla missione del Vangelo: insegnare Gesù Cristo, e tutto Gesù Cristo. È la più grande carità. Parlare di Fini Ultimi è praticare un ministero pastorale della verità. L’insegnamento sugli angeli caduti ne fa parte. Il Fine Ultimo non è la chiusura del sipario. Il Fine Ultimo è assolutamente buono, è ciò che attrae e dirige tutto. Il Fine Ultimo è Dio. Questo fine dà tutta la sua posta in gioco, tutta la sua importanza e la sua bellezza alla vita umana. Siamo pellegrini: la nostra patria è nei Cieli. Solo il pensiero della vita eterna dà significato alle nostre lotte terrene.
La dottrina dei Fini Ultimi si chiama escatologia, dal greco ἔσχατος (ultimo) e λόγος (discorso). È quella parte delle credenze religiose (e, in qualche caso, di teorie filosofiche) che riguarda i destini ultimi dell’umanità e della singola persona, non soltanto il genere umano ma l’intero Universo. L’escatologia individuale ruota intorno al concetto di anima e al suo destino dopo la morte. L’escatologia collettiva tratta della fine dei tempi, un tema affrontato soprattutto dalle dottrine sorrette da una visione lineare del tempo (vale in particolare per le dottrine di derivazione iranica, ebraico-cristiana e islamica).
La caduta degli angeli ribelli
spiegata da San Giovanni Paolo II
Udienza Generale, 13 agosto 1986
1. Continuando l’argomento delle precedenti catechesi dedicate all’articolo della fede riguardante gli angeli, creature di Dio, ci addentriamo oggi ad esplorare il mistero della libertà che alcuni di essi hanno indirizzato contro Dio e il suo piano di salvezza nei confronti degli uomini. Come testimonia l’evangelista Luca, nel momento in cui i discepoli tornavano dal Maestro pieni di gioia per i frutti raccolti nel loro tirocinio missionario, Gesù pronuncia una frase che fa pensare: «Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore» (Lc 10,18). Con queste parole il Signore afferma che l’annuncio del regno di Dio è sempre una vittoria sul diavolo, ma nello stesso tempo rivela anche che l’edificazione del regno è continuamente esposta alle insidie dello spirito del male. Interessarsene, come intendiamo fare con la catechesi di oggi, vuol dire prepararsi alla condizione di lotta che è propria della vita della Chiesa in questo tempo ultimo della storia della salvezza (così come afferma l’Apocalisse: 12,7).
D’altra parte, ciò permette di chiarire la retta fede della Chiesa di fronte a chi la stravolge esagerando l’importanza del diavolo, o di chi ne nega o ne minimizza la potenza malefica. Le precedenti catechesi sugli angeli ci hanno preparati a comprendere la verità che la Sacra Scrittura ha rivelato e che la Tradizione della Chiesa ha trasmesso su satana, cioè sull’angelo caduto, lo spirito maligno, detto anche diavolo o demonio.
2. Questa «caduta», che presenta il carattere del rifiuto di Dio con il conseguente stato di «dannazione», consiste nella libera scelta di quegli spiriti creati, che hanno radicalmente e irrevocabilmente rifiutato Dio e il suo regno, usurpando i suoi diritti sovrani e tentando di sovvertire l’economia della salvezza e lo stesso ordinamento dell’intero creato. Un riflesso di questo atteggiamento lo si ritrova nelle parole del tentatore ai progenitori: «diventerete come Dio» o «come dèi» (cf. Gen 3,5). Così lo spirito maligno tenta di trapiantare nell’uomo l’atteggiamento di rivalità, di insubordinazione e di opposizione a Dio, che è diventato quasi la motivazione di tutta la sua esistenza.
3. Nell’Antico Testamento la narrazione della caduta dell’uomo, riportata nel libro della Genesi, contiene un riferimento all’atteggiamento di antagonismo che satana vuole comunicare all’uomo per portarlo alla trasgressione. Anche nel libro di Giobbe (1,11; 2,5.7) leggiamo che satana cerca di far nascere la ribellione nell’uomo che soffre. Nel libro della Sapienza (2,24) satana è presentato come l’artefice della morte, che è entrata nella storia dell’uomo assieme al peccato.
4. La Chiesa, nel Concilio Lateranense IV (1215), insegna che il diavolo (o satana) e gli altri demoni «sono stati creati buoni da Dio ma sono diventati cattivi per loro propria volontà». Infatti leggiamo nella Lettera di san Giuda: «…gli angeli che non conservarono la loro dignità ma lasciarono la loro dimora, il Signore li tiene in catene eterne, nelle tenebre, per il giudizio del gran giorno». Similmente nella seconda Lettera di san Pietro si parla di «angeli che avevano peccato» e che Dio «non risparmiò, ma… precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio» (2Pt 2,4). E chiaro che se Dio «non perdona» il peccato degli angeli lo fa perché essi rimangono nel loro peccato, perché sono eternamente «nelle catene» di quella scelta che hanno operato all’inizio, respingendo Dio, contro la verità del Bene supremo e definitivo che è Dio stesso. In questo senso scrive san Giovanni che «il diavolo è peccatore fin dal principio…» (1Gv 3,8). E «sin dal principio» egli è stato omicida e «non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui» (Gv 844)
5. Questi testi ci aiutano a capire la natura e la dimensione del peccato di satana, consistente nel rifiuto della verità su Dio, conosciuto alla luce dell’intelligenza e della rivelazione come Bene infinito, Amore e Santità sussistente. Il peccato è stato tanto maggiore quanto maggiore era la perfezione spirituale e la perspicacia conoscitiva dell’intelletto angelico, quanto maggiore la sua libertà e la sua vicinanza a Dio. Respingendo la verità conosciuta su Dio con un atto della propria libera volontà, satana diventa «menzognero» cosmico e «padre della menzogna» (Gv 8,44). Per questo egli vive nella radicale e irreversibile negazione di Dio e cerca di imporre alla creazione, agli altri esseri creati a immagine di Dio, e in particolare agli uomini, la sua tragica «menzogna sul Bene» che è Dio. Nel libro della Genesi troviamo una descrizione precisa di tale menzogna e falsificazione della verità su Dio, che satana (sotto forma di serpente) tenta di trasmettere ai primi rappresentanti del genere umano: Dio sarebbe geloso delle sue prerogative e imporrebbe perciò delle limitazioni all’uomo (cf. Gen 3,5). Satana invita l’uomo a liberarsi dell’imposizione di questo giogo, rendendosi «come Dio».
6. In questa condizione di menzogna esistenziale satana diventa – secondo san Giovanni – anche «omicida», cioè distruttore della vita soprannaturale che Dio sin dall’inizio aveva innestato in lui e nelle creature, fatte a «immagine di Dio»: gli altri puri spiriti e gli uomini; satana vuol distruggere la vita secondo la verità, la vita nella pienezza del bene, la soprannaturale vita di grazia e di amore. L’autore del libro della Sapienza scrive: «…la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo e ne fanno esperienza coloro che gli appartengono» (Sap 2,24). E nel Vangelo Gesù Cristo ammonisce: «Temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna» (Mt 10,28).
7. Come effetto del peccato dei progenitori questo angelo caduto ha conquistato in certa misura il dominio sull’uomo. Questa è la dottrina costantemente confessata e annunziata dalla Chiesa, e che il Concilio di Trento ha confermato nel trattato sul peccato originale [1] : essa trova drammatica espressione nella liturgia del Battesimo, quando al catecumeno viene richiesto di rinunziare al demonio e alle sue seduzioni. Di questo influsso sull’uomo e sulle disposizioni del suo spirito (e del corpo), troviamo varie indicazioni nella Sacra Scrittura, nella quale satana è chiamato «il principe di questo mondo» (cf. Gv 12,31; 14,30; 16,11), e persino il Dio «di questo mondo» (2Cor 4,4). Troviamo molti altri nomi che descrivono i suoi nefasti rapporti con l’uomo: «Beelzebul» o «Belial», «spirito immondo», «tentatore», «maligno» e infine «anticristo» (1Gv 4,3).
Viene paragonato a un «leone» (1Pt 5,8), a un «drago» (nell’Apocalisse) e a un «serpente» (Gen 3). Molto frequentemente per designarlo viene usato il nome «diavolo» dal greco «diaballein» (da cui «diabolos»), che vuol dire: causare la distruzione, dividere, calunniare, ingannare. E a dire il vero tutto questo avviene fin dall’inizio per opera dello spirito maligno che è presentato dalla Sacra Scrittura come una persona pur asserendo che non è solo: «siamo in molti», gridano i diavoli a Gesù nella regione dei Geraseni (Mc 5,9); «il diavolo e i suoi angeli», dice Gesù nella descrizione del futuro giudizio (cf. Mt 25,41).
8. Secondo la Sacra Scrittura, e specialmente il Nuovo Testamento, il dominio e l’influsso di satana e degli altri spiriti maligni abbraccia tutto il mondo. Pensiamo alla parabola di Cristo sul campo (che è il mondo), sul buon seme e su quello non buono che il diavolo semina in mezzo al grano cercando di strappare dai cuori quel bene che in essi è stato «seminato» (Mt 13,38-39). Pensiamo alle numerose esortazioni alla vigilanza (Mt 26,41; 1Pt 5,8), alla preghiera e al digiuno (Mt 17,21). Pensiamo a quella forte affermazione del Signore: «Questa specie di demoni in nessun altro modo si può scacciare se non con la preghiera» (Mc 9,29). L’azione di satana consiste prima di tutto nel tentare gli uomini al male, influendo sulla loro immaginazione e sulle loro facoltà superiori per volgerle in direzione contraria alla legge di Dio. Satana mette alla prova persino Gesù (cf. Lc 4,3-13), nel tentativo estremo di contrastare le esigenze dell’economia della salvezza così come Dio l’ha preordinata.
Non è escluso che in certi casi lo spirito maligno si spinga anche ad esercitare il suo influsso non solo sulle cose materiali, ma anche sul corpo dell’uomo, per cui si parla di «possessioni diaboliche» (cf. Mc 5,2-9). Non è sempre facile discernere ciò che di preternaturale avviene in questi casi, né la Chiesa accondiscende o asseconda facilmente la tendenza ad attribuire molti fatti a interventi diretti del demonio; ma in linea di principio non si può negare che nella sua volontà di nuocere e di condurre al male, satana possa giungere a questa estrema manifestazione della sua superiorità.
9. Dobbiamo infine aggiungere che le impressionanti parole dell’apostolo Giovanni: «Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno» (1Gv 5,19), alludono anche alla presenza di satana nella storia dell’umanità, una presenza che si acuisce man mano che l’uomo e la società si allontanano da Dio. L’influsso dello spirito maligno può «celarsi» in modo più profondo ed efficace: farsi ignorare corrisponde ai suoi «interessi». L’abilità di satana nel mondo è quella di indurre gli uomini a negare la sua esistenza in nome del razionalismo e di ogni altro sistema di pensiero che cerca tutte le scappatoie pur di non ammetterne l’opera. Ciò non significa però l’eliminazione della libera volontà e della responsabilità dell’uomo e nemmeno la frustrazione dell’azione salvifica di Cristo. Si tratta piuttosto di un conflitto tra le forze oscure del male e quelle della redenzione. Sono eloquenti, a questo proposito, le parole che Gesù rivolse a Pietro all’inizio della passione: «…Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te perché non venga meno la tua fede» (Lc 22,31).
Per questo comprendiamo come Gesù nella preghiera che ci ha insegnato, il «Padre nostro», che è la preghiera del regno di Dio, termina quasi bruscamente, a differenza di tante altre preghiere del suo tempo, richiamandoci alla nostra condizione di esposti alle insidie del Male-Maligno. Il cristiano, appellandosi al Padre con lo spirito di Gesù e invocando il suo regno, grida con la forza della fede: fa’ che non soccombiamo alla tentazione, liberaci dal Male, dal Maligno. Fa’, o Signore, che non cadiamo nell’infedeltà a cui ci seduce colui che è stato infedele fin dall’inizio.