Papa Francesco invita la Chiesa siro-malabrese alla comunione
Questa mattina papa Francesco ha incontrato i fedeli della Chiesa siro-malabarese, giunti a Roma insieme all’arcivescovo maggiore Raphael Tattil, la cui elezione a capo della Chiesa sui iuris e successore del card. Alencherry era arrivata lo scorso gennaio, dopo alcuni anni di divisione interna e l’intervento del papa attraverso un videomessaggio del 7 dicembre 2023, ricordato all’inizio del suo intervento:
“I fedeli della vostra amata Chiesa sono conosciuti, non solo in India ma nel mondo intero, per il vigore della fede e della devozione. La vostra è una fedeltà antica, radicata nella testimonianza, fino al martirio, di San Tommaso, Apostolo dell’India: siete custodi ed eredi della predicazione apostolica. Avete avuto tante sfide nel corso della vostra storia, lunga e travagliata, la quale in passato ha pure visto dei fratelli nella fede commettere contro di voi azioni sciagurate, insensibili alle peculiarità della vostra fiorente Chiesa.
Eppure siete rimasti fedeli al Successore di Pietro. Ed io sono felice oggi di accogliervi e di confermarvi nella gloriosa eredità che avete ricevuto e che portate avanti. Voi siete obbedienti, e dove c’è obbedienza c’è Ecclesia; dove c’è disobbedienza c’è lo scisma. E voi siete obbedienti, questa è una gloria vostra: l’obbedienza. Anche con la sofferenza, ma andare avanti”.
Ha ricordato che quella della Chiesa siro-malabrese è una storia ‘particolare’, perché è patrimonio del ‘Popolo santo di Dio’: “Ne approfitto per ricordare che le tradizioni orientali sono tesori imprescindibili nella Chiesa. Specialmente in un tempo come il nostro, che taglia le radici e misura tutto, purtroppo anche l’atteggiamento religioso, sull’utile e sull’immediato, l’Oriente cristiano permette di attingere a fonti antiche e sempre nuove di spiritualità.
Queste fresche sorgenti apportano vitalità alla Chiesa ed è perciò bello per me, in quanto Vescovo di Roma, incoraggiare voi, fedeli cattolici siro-malabaresi, ovunque vi troviate, a ben coltivare il senso di appartenenza alla vostra Chiesa sui iuris, affinché il suo grande patrimonio liturgico, teologico, spirituale e culturale possa ancor più risplendere”.
E’ un invito a ‘lavorare’ contro le divisioni in un confronto aperto, supportati dalla preghiera: “Beatitudine, lavoriamo con determinazione per custodire la comunione e preghiamo senza stancarci perché i nostri fratelli, tentati dalla mondanità che porta a irrigidirsi e a dividere, possano rendersi conto di essere parte di una famiglia più grande, che vuole loro bene e li aspetta… Ci si confronti e si discuta senza paura, ma soprattutto si preghi, perché, alla luce dello Spirito, che armonizza le diversità e riconduce le tensioni in unità, si risolvano i conflitti”.
Però il confronto deve essere animato dalla comunione: “Con una certezza: che l’orgoglio, le recriminazioni, le invidie non vengono dal Signore e non portano mai alla concordia e alla pace. Mancare di rispetto gravemente al Santissimo Sacramento, Sacramento della carità e dell’unità, discutendo di dettagli celebrativi di quella Eucaristia che è il punto più alto della sua presenza adorata tra noi, è incompatibile con la fede cristiana.
Il criterio guida, quello veramente spirituale, quello che deriva dallo Spirito Santo, è la comunione: significa verificarsi sull’adesione all’unità, sulla custodia fedele e umile, rispettosa e obbediente dei doni ricevuti”.
Inoltre papa Francesco li ha incoraggiati a non scoraggiarsi nella difficoltà: “E vorrei dire a tutti: nei momenti di difficoltà e di crisi non ci si lasci prendere dallo scoraggiamento o da un senso di impotenza di fronte ai problemi. Fratelli e sorelle, non si spenga la speranza, non ci si stanchi di aver pazienza, non ci si chiuda in pregiudizi che portano ad alimentare animosità. Pensiamo ai grandi orizzonti della missione che il Signore ci affida, la missione di essere segno della sua presenza di amore nel mondo, non scandalo per chi non crede!
Pensiamo, nel prendere ogni decisione, ai poveri e ai lontani, alle periferie, a quelle in India e nella diaspora, a quelle esistenziali. Pensiamo a chi soffre e attende segnali di speranza e di consolazione. So che la vita di tanti cristiani in molti luoghi è difficile, ma la differenza cristiana consiste nel rispondere al male col bene, nel lavorare senza stancarsi con tutti i credenti per il bene di tutti gli uomini”.
E’ stato un invito a non distogliere lo sguardo da Cristo, come ha fatto l’apostolo Tommaso: “Insieme guardiamo a Gesù: a Lui crocifisso e risorto, a Lui che ci ama e fa di noi una cosa sola, a Lui che ci vuole riuniti come una sola famiglia attorno a un unico altare. Come l’apostolo Tommaso, guardiamo alle sue piaghe: sono visibili ancora oggi nel corpo di tanti affamati, assetati e scartati, nelle carceri, negli ospedali e lungo le strade; toccando questi fratelli con tenerezza, accogliamo il Dio vivente in mezzo a noi. Come San Tommaso, guardiamo le piaghe di Gesù e vediamo come da quelle ferite, che avevano tramortito i discepoli e potevano gettarli in un irreparabile senso di colpa, il Signore ha fatto scorrere canali di perdono e di misericordia”.
Il papa ha concluso l’incontro con l’invito all’unità all’interno della Chiesa: “E voi, cari fedeli della comunità siro-malabarese di Roma, discendenti dell’apostolo Tommaso nella città di Pietro e Paolo, avete un ruolo speciale: da questa Chiesa, che presiede alla comunione universale della carità, siete chiamati a pregare e a cooperare in modo speciale per l’unità all’interno della vostra Chiesa, non solo nel Kerala ma in tutta l’India e in tutto il mondo. Il Kerala, che è una miniera di vocazioni! Preghiamo perché continui a esserlo”.
(Foto: Santa Sede)