Il Papa e gli Ebrei romani; il fiuto del Popolo di Dio che intuisce il sentiero da percorrere

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E’ un incontro del cuore quello tra il Papa e la Comunità ebraica di Roma. E’ stata la seconda volta dopo quello del 20 marzo.

Del resto, come ha ricordato il Papa stesso “con oltre duemila anni di ininterrotta presenza, può vantarsi di essere la più antica dell’Europa occidentale.”

Una convivenza che “ è stata spesso attraversata da incomprensioni e anche da autentiche ingiustizie. E’ una storia, però, che, con l’aiuto di Dio, ha conosciuto ormai da molti decenni lo sviluppo di rapporti amichevoli e fraterni.”

Un invito al dialogo alla luce del Concilio e del lavoro “di uomini saggi e generosi, capaci di riconoscere la chiamata del Signore e di incamminarsi con coraggio su sentieri nuovi di incontro e di dialogo.”

Ma oggi il Papa ha ricordato soprattutto l’anniversario della deportazione degli Ebrei di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale. Non solo memoria ma anche un’occasione “per mantenere sempre vigile la nostra attenzione affinché non riprendano vita, sotto nessun pretesto, forme di intolleranza e di antisemitismo, a Roma e nel resto del mondo. L’antisemitismo sia bandito dal cuore e dalla vita di ogni uomo e di ogni donna!”

E il Papa parla della azione della Chiesa e di come : “nell’ora delle tenebre la comunità cristiana di questa città abbia saputo tendere la mano al fratello in difficoltà. Sappiamo come molti istituti religiosi, monasteri e le stesse Basiliche Papali, interpretando la volontà del Papa, abbiano aperto le loro porte per una fraterna accoglienza, e come tanti cristiani comuni abbiano offerto l’aiuto che potevano dare, piccolo o grande che fosse.

In grande maggioranza non erano certo al corrente della necessità di aggiornare la comprensione cristiana dell’ebraismo e forse conoscevano ben poco della vita stessa della comunità ebraica. Ebbero però il coraggio di fare ciò che in quel momento era la cosa giusta: proteggere il fratello, che era in pericolo.”

Importante a riflessione teologicoa comune dice il Papa ma anche “un dialogo vitale, quello dell’esperienza quotidiana”. E prosegue il Papa “senza una vera e concreta cultura dell’incontro, che porta a relazioni autentiche, senza pregiudizi e sospetti, a poco servirebbe l’impegno in campo intellettuale.”

” E’ una contraddizione che un cristiano sia antisemita, un cristiano è anche ebreo”, sottolinea il Papa improvvisando a braccio.

E parla di “fiuto” del Popolo di Dio che “intuisce il sentiero che Dio gli chiede di percorrere.”

Il Papa conclude con un ricordo di Buenos Aires e ricorda, citando Bendetto XVI, che un punto fermo su cui basare il rapporto tra Ebrei e Cristiani è il Decalogo, “solido fondamento e sorgente di vita anche per la nostra società, così disorientata da un pluralismo estremo delle scelte e degli orientamenti, e segnata da un relativismo che porta a non avere più punti di riferimento solidi e sicuri.”

Il Rabbino Capo di Roma Riccardo di Segni ha ricordato come il tempo presente abbia rinnovato i rapporti tra le due comunità: ” Mi trovo a distanza di dieci anni a parlare per la terza volta ad un pontefice diverso.”

Rav Di Segni ha proseguito la sua riflessione parlando di Noè, una barca che salva, e delle barche dove oggi si muore tra l’indifferenza del mondo, e ha concluso: “Salvare dalla distruzione, riparare, costruire un mondi migliore in cui ognuno abbia il suo posto: un dovere che rimane nel tempo . La costruzione è basata anche su gesti di amicizia” e conclude con un invito a visitare la Comunità di Roma e da per certo che il Papa visiterà Israele.

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