Il Caso Rugolo nel Podcast “La Confessione”. Messo a nudo la differenza tra mito e realtà

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.04.2024 – Ivo Pincara] – Vent’anni fa, l’inchiesta Spotlight del Boston Globe ha scoperto che la Chiesa americana spostava da una parrocchia all’altra i preti accusati di violenza sessuale. In Italia succede lo stesso. Lo dimostra anche podcast La Confessione [QUI], di cui da quattro settimane ogni mercoledì esce una nuova puntata. Saranno sette le puntate di un podcast che sviluppa l’inchiesta di rilievo internazionale, che conduce ormai da due anni Federica Tourn sugli abusi nella Chiesa e che già ha fatto esplodere il caso del gesuita Marko Rupnik.
La giornalista Federica Tourn ha seguito tutte le fasi dell’inchiesta e del processo a carica del sacerdote di Enna, Don Giuseppe Rugolo, ha intervistato i protagonisti e gli esperti. Con Stefano Feltri e Giorgio Meletti ha costruito un atto d’accusa, che per la prima volta racconta le responsabilità dei vertici della Chiesa italiana e della Santa Sede, incluso Papa Francesco che ha pubblicamente elogiato il vescovo insabbiatore Rosario Gisana.
Perché soltanto in Italia non è ancora scoppiato il caso degli abusi nella Chiesa cattolica? Perché il sistema di copertura degli abusatori è ancora in piedi ed efficace, coinvolge decine e decine di preti e vescovi ed è tacitamente approvato da Papa Francesco?
Il podcast La Confessione ricostruisce come la Chiesa in Italia silenzia le denunce delle vittime, copre i preti sotto accusa e nasconde lo scandalo. E sono loro, i preti, a raccontarlo. “Ho insabbiato questa storia”, dice il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, intercettato al telefono mentre parla con il prete accusato di violenza sessuale, Don Giuseppe Rugolo, condannato a 4 anni e 6 mesi per violenza sessuale in primo grado a Enna lo scorso 5 marzo.
Per la prima volta possiamo ascoltare direttamente i protagonisti di una vicenda di abusi spiegare come funziona il sistema per insabbiare e depistare, come si usano le risorse della Chiesa per tacitare le vittime e lasciare gli abusatori impuniti. Secondo Mons. Gisana, le accuse di violenza sessuale per Don Rugolo sono un dono di Dio, “per diventare santo”.
Antonio Messina è un ragazzo di Enna che per anni è stato abusato da don Rugolo, fin da quando era minorenne. Nel 2014 inizia a chiedere giustizia alle strutture ecclesiastiche, dieci anni dopo arriva la sentenza della magistratura ordinaria. Grazie alla sua denuncia, sono emersi i documenti audio su cui si basa questo podcast La Confessione: intercettazioni telefoniche e dialoghi registrati dai protagonisti all’insaputa l’uno dell’altro.
Possiamo sentire così Mons. Gisana, vescovo tuttora in carica, che propone di comprare il silenzio della vittima con soldi tolti ai poveri della Caritas, e che ammette di usare i fondi dell’otto per mille per sostenere il prete abusatore e mandarlo a Ferrara, al riparo dalle accuse, sempre per occuparsi di ragazzini, con l’appoggio del vescovo locale, Mons. Perego.
Da subito, La Confessione si è insediato in cima alla classifica Top Podcast di Spotify, per diversi giorni addirittura in prima posizione. I download hanno raggiunto quota 40.000 e non è un risultato da poco per un podcast auto-prodotto, che si regge soltanto sul passaparola e sul supporto di Appunti. I media tradizionali continuano a ignorarlo: nessuno vuole parlare di un podcast che rivela come la Chiesa italiana copre e insabbia gli abusi da parte dei preti e come umilia le vittime. Guai a disturbare la CEI, i vescovi, meglio limitarsi a commentare la salute del Papa invece che discutere della salute dell’istituzione.
Comunque, col proseguire delle puntate, diventa sempre più chiaro che è impossibile ignorare quello che emerge da La Confessione, lo spaccato che si è palesato grazie alla denuncia del coraggioso Antonio Messina. Perché il sistema di insabbiamento e copertura è un sistema, appunto: non ci sono mele marce, è marcio il cestino che le contiene.
Nel Episodio 4 – L’esilo [QUI], uscito oggi, si scopre che la Chiesa siciliana copre e nasconde i suoi preti abusatori esattamente come faceva oltre 20 anni fa l’Arcidiocesi di Boston. La tecnica – spostare gli abusatori da una parrocchia all’altra per farli sfuggire alle accuse, di fatto consentendo loro di continuare a occuparsi di ragazzini – fu scoperta nel 2002 da un’inchiesta del Boston Globe resa celebre dal film Spotlight, premiato con l’Oscar nel 2016. Giuseppe Rugolo, il parroco accusato da Antonio Messina di violenza sessuale, e recentemente condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere, quando la sua vittima inizia a denunciare e si spargono voci e imbarazzi, viene spedito dal Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana all’Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio, dove l’Arcivescovo metropolita, Mons. Gian Carlo Perego, non solo lo accoglie benevolmente, ma lo incarica senza esitazione, ancora una volta, di occuparsi dei ragazzi. Proprio quello che succedeva a Boston. In seguito all’inchiesta del Boston Globe fu la stessa Arcidiocesi di Boston, dopo le clamorose dimissioni dell’Arcivescovo metropolita, Cardinale Bernard Francis Law, a pubblicare una lista di oltre 150 preti accusati di pedofilia, per le cui imprese furono pagati risarcimenti per decine di milioni di dollari. Ascoltando il quarto episodio di La Confessione sorge una domanda: se a Boston risultano alla Chiesa 150 sacerdoti pedofili in una diocesi che conta due milioni di abitanti, quanti potrebbero essere i preti molestatori nella Diocesi di Piazza Armerina che ha circa 200 mila abitanti? Una quindicina, facendo un calcolo puramente aritmetico. Sicuramente, ascoltando La Confessione, si capisce che a Enna tutti i preti, a cominciare dal Vescovo Gisana, sanno e si dicono che Rugolo non è l’unico. E tutti gli altri vengono coperti.
Nel Episodio 3 – L’uomo e il prete [QUI], si racconta che troppo spesso, per seminaristi e sacerdoti, i ragazzi che vengono loro affidati non sono persone da formare ma oggetti di consumo sessuale. Viene descritto in modo analitico il sistema di appetiti sessuali che anima l’interesse per i giovani di Giuseppe Rugolo, il parroco di Enna condannato a 4 anni e sei mesi per violenza sessuale su ragazzi a lui affidati. I magistrati hanno potuto ricostruire che una sera Rugolo chatta via Facebook con un altro prete, che gli investigatori identificano nelle carte dell’inchiesta come “un parroco della Diocesi di Piazza Armerina con il quale Rugolo ha avuto una relazione anche di natura sessuale”. Rugolo scrive all’amico e collega prete: “Sto legando molto con un ragazzo della parrocchia che secondo me prima o poi entra in seminario”. Si tratta proprio di Antonio Messina, il giovane che anni dopo ha trovato il coraggio di denunciare Rugolo, prima al Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, che ha insabbiato tutto, poi alla magistratura. Quella sera l’amico prete condivide con Rugolo la foto di un ragazzo al quale è sessualmente interessato (con una cultura e un atteggiamento da bordello pre legge Merlin) e che gli ha chiesto l’amicizia via Facebook. Rugolo risponde con un’altra foto e il messaggio: “Invece guarda il mio, si chiama Antonio Messina”. L’amico prete manifesta il suo entusiastico consenso scrivendogli che se un ragazzo così entra in seminario, testuale, “se lo fanno tutti”. Un mondo e una cultura che il Vescovo Gisana ha liquidato come stupidate, ragazzate.
Nel Episodio 2 – Nessuno deve sapere [QUI], è raccontato e analizzato nei dettagli, un fatto che a prima vista sembrerebbe inverosimile. Invece è la semplice verità: per la Chiesa cattolica la violenza sessuale su un minore non è punibile se a compierla non è un sacerdote ma un seminarista. Sì, perché la giustizia della Chiesa si occupa solo delle colpe dei sacerdoti e un seminarista non lo è ancora. Per questa ragione la cosiddetta Investigatio Previa su Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote di Enna condannato a 4 anni e 6 mesi per violenza e tentata violenza, si è conclusa con l’assoluzione. E il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, regista dell’operazione, ha anche sfruttato abilmente le ambigue regole canoniche per non dare alla vittima denunciante, Antonio Messina, alcuna informazione sull’esito del procedimento. E per non denunciare il fatto alla magistratura, cosa che ha dovuto fare Messina due anni dopo la denuncia formale al vescovo, fatta quando ancora aveva fiducia nella Chiesa. Rimane il fatto che un seminarista, colpevole di violenza su un minore a lui affidato, per la Chiesa non solo non è punibile perché non ancora sacerdote ma neppure perde i requisiti per diventarlo. Recentemente questa regola è cambiata, ma solo per i fatti commessi dopo il 2021. Per quelli commessi prima vale ancora uno dei perversi meccanismi con cui la Chiesa ha tradizionalmente tutelato gli abusatori seriali annidati tra le sue fila.
Nel Episodio 1 – La strada per la santità [QUI], si impara a conoscere i protagonisti della storia: Don Giuseppe Rugolo, Monsignor Rosario Gisana e soprattutto Antonio Messina, il coraggioso ragazzo che subisce gli abusi di Rugolo e trova il coraggio di denunciare. Grazie alla sua denuncia si è potuto capire come funziona davvero il sistema interno alla Chiesa italiana per gestire i casi di abusi, cioè per proteggere l’accusato e silenziare la vittima. Per Papa Francesco la santità è un gioioso stato d’animo donato da Dio. Per il Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana, la santità è il premio che spetta al sacerdote accusato di violenza sessuale al termine del suo calvario. Non importa se colpevole o innocente. Una specie di scatto di carriera. Mons. Rosario Gisana, vescovo in carica di una tra le diocesi più importanti della Sicilia, sta parlando con Giuseppe Rugolo, un prete di Enna accusato di violenza sessuale su minori. Rugolo è il protagonista della storia esemplare che si racconta nel podcast La Confessione. Delle accuse contro di lui Mons. Gisana è informato da tempo ma quello che non sa è che Don Rugolo ha attivato il registratore del suo smartphone e così tutte le parole del vescovo vengono conservate. In questo modo si scopre l’incredibile tesi del vescovo di piazza Armerina: la pedofilia sarebbe non un crimine tra i più spregevoli, ma una prova offerta dal Signore, addirittura una tappa verso la santità. Queste parole fanno di Gisana il coprotagonista della storia. Perché è lo stesso Gisana che il 6 novembre 2023, proprio mentre il processo a Rugolo entra nel vivo, viene elogiato da Papa Francesco con queste parole: “Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto”. Forse senza rendersene conto, o forse sì, il Papa conferma, come La Confessione racconta, che il processo allo sconosciuto prete di Enna accusato di violenze sessuali su minori, chiama in causa tutta la Chiesa.
La differenza tra mito e realtà
Lo scorso 14 marzo, con l’articolo I vescovi polacchi Dziuba e Dzięga rimossi ma non il siciliano Gisana nonostante il medesimo illecito di insabbiamento [QUI], abbiamo raccontato che Papa Francesco aveva accettato la rinuncia del vescovo polacco, Mons. Andrzej Franciszek Dziuba, 73 anni, dal governo pastorale della Diocesi di Łowicz, in Polonia. Si è trattata di una “rimozione” per l’accusa di aver insabbiato casi di abusi sessuali su minori, mentre il Vescovo di Piazza Armeria, Mons. Rosario Gisana, resta comodo al suo posto, nonostante abbia detto, intercettato in una telefonata con l’allora imputato Don Giuseppe Rugolo, una settimana fa condannato in primo grado dal Tribunale di Enna: «Ora il problema non è solo tuo. Il problema è anche mio perché io ho insabbiato questa storia. Per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi. Adesso vedremo come poterne uscire».
Il contrasto alla pedofilia e al crimine delle violenze sessuali perpetrate sui minori e sulle persone vulnerabili intende salvaguardare “in primis” le vittime delle violenze. Siamo convinti che non può esistere un’adeguata salvaguardia per le vittime se mancano trasparenza e verità. Da Cristiani e da Cattolici, non possiamo cercare la salvezza della nostra anima, senza ambire alla verità in modo trasparente. La ricerca della verità è una scelta di vita. La verità va ricercata innanzitutto, ma anche divulgata, per tutelare le vittime, per curare il loro processo di guarigione e per sostenere la loro riabilitazione. Negare la verità, e ometterne la divulgazione, significa perpetrare ulteriori violenze nei confronti delle vittime di abusi. Il nostro primo interesse deve essere l’attenzione per le vittime, con particolare cura per chi sopravvive all’ombra di un dolore mai guarito, mai divulgato, mai denunciato. La verità non deve essere più occultata, la verità deve essere liberata, nel rispetto della sofferenza delle vittime e per favorire il loro ritorno alla vita.
Invece, mentre Mons. Dziuba viene rimosso, per negligenza nella gestione di abusi sessuali ai danni di minori, Mons. Gisana sta ancora comodo al suo posto. L’illecito commesso dai vescovi è il medesimo, quello di aver insabbiato e occultato i reati di abusi sessuali su minori da parte del clero a loro sottoposti, ma per chi “amministra” la giustizia nella Santa Sede, il metodo d’intervento a tutela delle vittime e del sistema di equità è sempre quello dell’applicazione di “due pesi e due misure”, secondo l’adagio peronista: «Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia» (All’amico tutto, al nemico nessuna giustizia) [QUI], per definire il trattamento riservato da Papa Francesco ai suoi amici abusatori sessuali seriali o insabbiatori. Mons. Gisana non viene rimosso, anzi difeso, nella convinzione del Papa che l’amico «è un bravo vescovo».
Con il processo in corso, Mons. Gisana è stato elogiato da Papa Francesco, definendolo vittima di calunnie. Nell’udienza al Palazzo Apostolico Vaticano, concessa il 6 novembre 2023 all’associazione Piccola Casa della Misericordia di Gela, il Papa elogiò il Vescovo di Piazza Armerina, affermando: «Saluto il Vescovo di Piazza Armerina, Monsignor Rosario Gisana: bravo, questo Vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo Vescovo».
Della differenza tra mito e realtà, recentemente ha scritto Phil Lawler in un articolo Fine dei giochi per un pontificato di contradizioni, pubblicato il 26 febbraio 2024 su Catholic Culture [QUI], di cui Aldo Maria Valli ha pubblicato su Duc in altum la traduzione italiana dall’inglese [QUI].
Osservando che «individui senza scrupoli approfittano della debolezza del Papa», Phil Lawler riferisce di due articoli recentemente apparsi online: «Ognuno di essi riassume una delle principali difficoltà che incontra Papa Francesco. Presi insieme, i due brevi testi danno l’impressione che le contraddizioni di questo pontificato stiano raggiungendo una massa critica. La credibilità del Papa vacilla». Seguono i riassunti di ambedue gli articoli, riportati da Phil Lawler:
«La sinodalità morta [QUI], di Padre Raymond de Souza, pubblicato su The Catholic Thing, è una panoramica ad ampio raggio, che si occupa del congresso sull’educazione religiosa di Los Angeles e della cerimonia sacrilega nella cattedrale di San Patrizio e situa questi episodi nel più ampio dibattito sulla “sinodalità”.
Padre de Souza fa commenti taglienti su Padre Martin, il Cardinal McElroy e il Cardinal Fernández, ma probabilmente il punto forte dell’articolo è l’osservazione che, nonostante tutti i discorsi sulla sinodalità e sul parlarsi, la Santa Sede mostra ben poco interesse a consultare effettivamente i vescovi di tutto il mondo. Prendiamo l’esempio di Fiducia supplicans, documento pubblicato senza preavviso. La questione delle unioni omosessuali era stata discussa nella riunione sinodale dell’ottobre 2023, ma la direttiva apparsa all’improvviso a dicembre non è stata correlata a quella discussione.
Padre de Souza prevede che “il processo sinodale superconsultivo non riprenderà mai”, ma il processo non è masi stato effettivamente super-consultivo. Infatti Padre de Souza sottolinea: “L’anno scorso ci fu imbarazzo quando si scoprì che si erano dimenticati di invitare i preti all’assemblea di ottobre. Ma anche quest’anno non saranno invitati…”.
Inoltre, il processo non è stato aperto e trasparente: La rendicontazione delle discussioni del sinodo è stata fortemente limitata, con gli organizzatori che distribuivano attentamente le informazioni e ne controllavano la diffusione. Padre de Souza conclude: “La traballante nave della sinodalità si è incagliata”.
Altro articolo è La “battaglia totale” di Papa Francesco contro gli abusi clericali è stata un fallimento di Christopher Altieri su The Catholic World Report [QUI]. Anche in questo caso, la retorica papale contrasta nettamente con l’effettiva politica attuata dal Papa. Altieri passa infatti in rassegna un lungo elenco di casi in cui il pontefice ha protetto gli autori di abusi e ha mostrato freddezza nei confronti dei loro accusatori.
E che dire dell’idea (ancora diffusa tra i media mainstream) secondo cui Papa Francesco sarebbe un riformatore, dedito alla trasparenza e alla responsabilità? Altieri dimostra che, fatti alla mano, questo non è altro che un mito. “Sulla carta ha promulgato riforme, comprese importanti leggi procedurali, ma si è rifiutato di usarle se non con molta parsimonia e mai in modo limpido”.
Il senso di responsabilità di Papa Francesco trova l’espressione più eloquente nel commento rilasciato al The Associated Press sulla sordida vicenda di Padre Marko Rupnik, S.I.: “Io non c’entro niente”. Ma è evidente che non è così.
Le riforme sono scritte su carta sottile. La corruzione è profonda».
Indice – Caso Rugolo [QUI]