I vescovi polacchi Dziuba e Dzięga rimossi ma non il siciliano Gisana nonostante il medesimo illecito di insabbiamento

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 14.03.2024 – Ivo Pincara] – Alcuni giorni fa, Papa Francesco ha accettato la rinuncia dl Vescovo Andrzej Franciszek Dziuba (foto di copertina), 73 anni, dal governo pastorale della Diocesi di Łowicz, in Polonia. Si tratta di una “rimozione” per l’accusa di aver insabbiato casi di abusi sessuali su minori, mentre il Vescovi di Piazza Armeria, Mons. Rosario Gisana, resta comodo al suo posto, nonostante abbia detto, intercettato in una telefonata con l’allora imputato Don Giuseppe Rugolo, una settimana fa condannato in primo grado dal Tribunale di Enna [QUI]: «Ora il problema non è solo tuo. Il problema è anche mio perché io ho insabbiato questa storia. Per cui stanno cercando in tutti i modi di accusarmi. Adesso vedremo come poterne uscire» [QUI].

Dalla nota sulla rimozione di Mons. Dziuba, diffusa dalla Nunziatura Apostolica di Varsavia, si apprende: «Sono state riscontrate difficoltà nel governo pastorale e in particolare sue omissioni nel trattare casi di abusi sessuali su minori commessi da alcuni sacerdoti, come è emerso da un’indagine condotta dalla Santa Sede, a norma del Motu proprio Vos estis lux Mundi».
La nunziatura di Varsavia ha reso nota la decisione del Pontefice sottolineando che la rinuncia al governo pastorale della diocesi di Lowicz presentata da monsignor Dziuba era stata richiesta dalla Santa Sede.
A carico di Mons. Dziuba, alla Santa Sede sono state presentate delle denunce di negligenza nella gestione di abusi sessuali ai danni di cinque minori. Un’indagine a livello diocesano è stata condotta dall’Arcivescovo metropolita di Łodz, Mons. Grzegorz Rys e i documenti raccolti sono stati presentati alla Santa Sede nel 2020. Nel 2022, la Commissione statale sulla pedofilia polacca ha presentato una notifica alla procura con l’accusa a carica di Mons. Dziuba di aver commesso il reato di mancata notifica alle forze dell’ordine degli abusi sessuali a danno di un minore, commessi nel 2016 da un sacerdote a lui subordinato.

Il caso di Mons. Dziuba è l’ennesimo in materia di omissioni e coperture nella gestione degli abusi su minori da parte del clero, emersi in Polonia. Il 24 febbraio scorso, il Papa aveva rimosso l’Arcivescovo metropolita di Stettino-Kamień, Mons. Andrzej Dzięga, accusato insieme ai suoi predecessori di aver insabbiato abusi sessuali su minori nella sua diocesi. Il 16 febbraio 2021 era morto in una struttura sanitaria cattolica di Stettino, Don Andrzej Drymer, 58 anni, accusato di abusi sessuali su ragazzi a lui affidati, perpetrato per oltre 25 anni, per le quali non è mai stato condannato. Il canale privato Tvn24 ne aveva ripercorso la vicenda nel programma Il processo più lungo della Chiesa riportando diverse testimonianze.
Proprio sulla gestione degli abusi sessuali su minori, qualche giorno fa Papa Francesco ha incontrato in udienza in Vaticano i membri della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, e suo discorso ha ribadito che non deve più accadere che nella Chiesa Cattolica Romana le vittime di abusi sessuali non siano ascoltate e prese in considerazione.
Al riguarda riproponiamo ai nostri attenti e affezionati lettori le parole che la vaticanista di lungo corso, Valentina Alazraki corrispondente a Roma dell’emittente messicana Televisa, ha pronunciate il 23 febbraio 2019 nella sua relazione Comunicazione: per tutte le persone [QUI] durante una sessione dell’incontro La Protezione dei Minori nella Chiesa svoltasi in Vaticano dal 21 al 24 febbraio 2019.
Sono parole coraggiose dirette e oneste, dette da Alazraki “fuori dai denti”. Con trasparenza definiscono semplici concetti che appaiono ancora di difficile comprensione ai vertici ecclesiastici. Riteniamo che la Chiesa Cattolica Romana all’alba del terzo millennio ha estremo bisogno della collaborazione di donne e uomini “della comunicazione”, capaci di parlare chiaramente e liberamente delle verità emerse dall’analisi di orribili crimini incontestabili. Comunicatori che sappiano sollecitare il clero ad un significativo cambio di rotta per dimostrare “nei fatti” la volontà espressa in forma scritta, al fine di contrastare il crimine degli abusi sui minori. Il nostro pensiero viene rappresentato dalle esemplari parole della giornalista Alazraki: «Noi abbiamo scelto da quale parte stare. Voi, lo avete fatto davvero, o solo a parole? Se voi non vi decidete in modo radicale di stare dalla parte dei bambini, delle mamme, delle famiglie, della società civile, avete ragione ad avere paura di noi, perché saremo i vostri peggiori nemici».
Il contrasto alla pedofilia e al crimine delle violenze sessuali perpetrate sui minori e sulle persone vulnerabili intende salvaguardare “in primis” le vittime delle violenze. Siamo convinti che non può esistere un’adeguata salvaguardia per le vittime se mancano trasparenza e verità. Da Cristiani e da Cattolici, non possiamo cercare la salvezza della nostra anima, senza ambire alla verità in modo trasparente. La ricerca della verità è una scelta di vita. La verità va ricercata innanzitutto, ma anche divulgata, per tutelare le vittime, per curare il loro processo di guarigione e per sostenere la loro riabilitazione. Negare la verità, e ometterne la divulgazione, significa perpetrare ulteriori violenze nei confronti delle vittime di abusi. Il nostro primo interesse deve essere l’attenzione per le vittime, con particolare cura per chi sopravvive all’ombra di un dolore mai guarito, mai divulgato, mai denunciato. La verità non deve essere più occultata, la verità deve essere liberata, nel rispetto della sofferenza delle vittime e per favorire il loro ritorno alla vita.
Invece, mentre Mons. Dziuba e Mons. Dzięga vengono rimossi, per negligenza nella gestione di abusi sessuali ai danni di minori, Mons. Gisana sta ancora comodo al suo posto. L’illecito commesso dai vescovi è il medesimo, quello di aver insabbiato e occultato i reati di abusi sessuali su minori da parte del clero a loro sottoposti, ma per chi “amministra” la giustizia nella Santa Sede, il metodo d’intervento a tutela delle vittime e del sistema di equità è sempre quello dell’applicazione di “due pesi e due misure”, secondo l’adagio peronista: «Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia» (All’amico tutto, al nemico nessuna giustizia) [QUI], per definire il trattamento riservato da Papa Francesco ai suoi amici abusatori sessuali seriali o insabbiatori. Mons. Gisana non viene rimosso, anzi difeso, nella convinzione del Papa che l’amico «è un bravo vescovo». Ma dai!
Con il processo in corso, Mons. Gisana è stato elogiato da Papa Francesco, definendolo vittima di calunnie. Nell’udienza al Palazzo Apostolico Vaticano, concessa il 6 novembre 2023 all’associazione Piccola Casa della Misericordia di Gela, il Papa elogiò il Vescovo di Piazza Armerina, affermando: «Saluto il Vescovo di Piazza Armerina, Monsignor Rosario Gisana: bravo, questo Vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo Vescovo» [QUI].

Come abbiamo annunciato [QUI], lunedì 11 ottobre si è svolta a Roma nella sala Walter Tobagi della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, la conferenza stampa di presentazione del podcast La Confessione, un lavoro investigativo di tre giornalisti, Federica Tourn, Stefano Feltri e Giorgio Meletti, che ricostruisce, con intercettazioni telefoniche e dialoghi registrati dai protagonisti all’insaputa l’uno dell’altro, il caso Rugolo.
Il podcast La Confessione – che sarà trasmesso in sette puntate settimanali – sviluppa l’inchiesta di rilievo internazionale sugli abusi nella Chiesa Cattolica – che già ha fatto esplodere il caso del gesuita Marko Rupnik – che è condotta ormai da due anni da Federica Tourn.
Podcast “La Confessione” – Puntata Zero [QUI e QUI]).
Podcast “La Confessione” – Episodio 1 [QUI]
La registrazione video (1 ora e 32 minuti) della conferenza stampa organizzata da Federazione Nazionale Stampa Italiana dal titolo Presentazione di La confessione, inchiesta sugli abusi nella chiesa italiana, con i giornalisti Giorgio Meletti, Stefano Feltri, Federica Tourn, Pierelisa Rizzo; la persona offesa Antonio Messina e il suo legale, l’Avv. Eleanna Parasiliti [QUI].
Minuto 51.46 – Giornalista Giorgio Meletti (Giornalista Il Fatto Quotidiano): «Dico ai colleghi stranieri, guardate che vi stiamo regalando il privilegio di poter raccontare un Paese in cui un processo per violenza su minori si svolge a porte chiuse su richiesta dell’imputato, la cui pena accessoria di non poter avere più a che fare con i minori vale solo per le strutture pubbliche dello Stato italiano ma dentro la Chiesa può avvenire tutto».
Minuto 53.20 – Avvocato Eleanna Parasiliti: «Noi come abbiamo recepito la dichiarazione di Papa Francesco alla vigilia della requisitoria, vi dico questo: noi l’abbiamo recepita molto male. Noi abbiamo compreso di essere entrati in una cosa molto più grande di noi, perché un intervento del Sommo Pontefice rispetto ad una vicenda che avveniva in una piccola città del centro della Sicilia e che aveva, visto il peso politico e morale delle dichiarazioni di Papa Francesco aveva tutte le sembianze di una dichiarazione che avesse la necessità di condizionare l’esito di un processo. Noi abbiamo accolto piangendo questo intervento di Papa Francesco con spavento e preoccupazione. Era chiaro che c’eravamo infilati in una cosa più grande di noi».
Minuto 54.15 – Giornalista Nicole Winfield (Corrispondente The Associated Press): «Io avendo visto per vent’anni questi casi che escono perché le porte si aprono con le denunce che vengono fatte, è successo in molti Paesi, iniziando con l’Irlanda ecc. Mi sono sempre domandata perché in Italia non si fa, non è che in Italia sono tutti santi, ovviamente succede anche qua come in tutti gli altri Paesi. Quindi mi domando perché, ho delle mie idee del perché, però ho sentito anche la reticenza spesso della stampa e la paura, perché ovviamente la paura sembra essere fondata. Però mi chiedo e chiedo anche a voi che state seguendo, state vedendo che le porte si stanno aprendo e forse anche c’è più desiderio e se qualcosa sta cambiando perché ora c’è un podcast e c’è più attività adesso in questi giorni. Jacopo ha fatto cose che attirano l’attenzione pubblica, della stampa e degli Italiani di persone comuni, non è regalato solo alla stampa internazionale. Ora è più una questione di contesto e del fenomeno. Dove si trova ora l’Italia in tutta questa storia? Grazie» [QUI, QUI e QUI].
Minuto 56.40 – Giornalista Pierelisa Rizzo (Corrispondente ANSA): «Io registro che dall’estate 2020 qualcosa è cambiato. Qua ho due colleghi, Federico Tulli e Ludovica Eugenio. Abbiamo cominciato intanto a scambiarci le informazioni e poi abbiamo incominciato a fare rete. Ancora c’è una certa reticenza. Dico semplicemente che quando do la prima notizia 18 gennaio 2021 che c’era questa indagine ma non sappiamo neanche chi è il prete, solo perché io ho scritto – e lavoro per ANSA – ho scritto la parola Papa Francesco – la notizia è stata bloccata. Evidentemente, all’agenzia quando compare la parola Papa evidentemente c’è quel campanellino che allerta. Ma noi avevamo solo scritto di aver inviato una lettera a Papa Francesco, nient’altro. Però noto come se il vaso di pandora ormai è aperto, quindi anche i giornali italiani non potranno più fare a meno di occuparsi di questi casi, perché poi le vittime trovano altre strade. Io noto una certa apertura».
Minuto 1.00.25 – Federica Tourn (Giornalista indipendente): «Io volevo solo aggiungere una cosa in questo Paese che è singolare anche per un altro fatto. Fino ad oggi c’è stata solo una associazione di sopravvissuti che è la Rete l’Abuso che ha sostenuto anche Antonio [Messina]. Senza il lavoro fatto da questa associazione fino ad oggi noi non avremmo mai saputo anche i casi di vittime di abuso. Questo bisogna ricordarlo, perché è un unicum in Italia. In altri Paesi, per esempio in Francia abbiamo movimenti e associazioni dal basso molto forti, ma in Italia c’è sempre stata solo e soltanto la Rete l’Abuso. Noi abbiamo potuto raccontare molti casi grazie al lavoro fatto da Francesco Zanardi». Stefano Feltri (giornalista): «A proposito del quale lui ha trovato anche un video che usiamo nel podcast in cui Rugolo mentre era in “esilio” diciamo a Ferrara, interveniva a TV2000 nella televisione dei vescovi nella quale veniva additato come un modello di virtù perché parlava di mascherine ecc. Lui stava a Ferrara e diceva che non vedeva l’ora di tornare dai suoi ragazzini, e questo lo diceva dalla tv dei vescovi. Da quasi un anno Federica Tourn, Giorgio Meletti e io lavoriamo a questo podcast, abbiamo dedicato il nostro tempo, le nostre risorse e il nostro impegno senza alcuna forma di remunerazione, perché crediamo nell’importanza di questa inchiesta che avevamo iniziato sugli abusi nella Chiesa sulle pagine di Domani, quando tutti e tre eravamo in quel giornale (oggi Federica continua a scriverci e a pubblicare importanti scoop sul tema).
Adesso possiamo soltanto sperare che anche la stampa italiana – molto più cauta quando si tratta di toccare il Vaticano e Papa Francesco – si accorga che si tratta di una storia importante e ne parli. Mentre negli USA il Washington Post, a firma della vaticanista Nicole Winfield de The Associated Press pubblica l’articolo [QUI]. ed informa l’opinione pubblica della conferenza stampa di presentazione del podcast La Confessione” avvenuta a Roma lo scorso 11 marzo.
Intanto, le penne dei giornalisti italiani e quelle dei vaticanisti restano nel portapenne. Restano in silenzio, ma sappiamo bene che il silenzio già di per se è una risposta e rende bene l’idea che in quest’alba del terzo millennio la sfida più grande per la Chiesa e per tutto il popolo di Dio sarà affrontare con fermezza, correttezza e determinazione i gravissimi crimini di abusi sessuali perpetrati dal clero e dai laici appartenenti alla Chiesa Cattolica Roma su minori e adulti vulnerabili.
Il caso Rugolo diventato il caso Gisana e i fondi della Conferenza Episcopale Italiana
Dopo la sentenza di primo grado che vede Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote incardinato nella Diocesi di Piazza Armerina, condannato – per condotte incompatibili con il sacerdozio – a 4 anni e 6 mesi con l’interdizione in perpetuo da qualunque incarico nello stato italiano nelle scuole di ogni ordine e grado, continua nel silenzio generale dei media italiani e vaticani la dura battaglia del sopravvissuto Antonio Messina il quale insieme ad altre due vittime (rimaste anonime) ha subito gli abusi sessuali di Rugolo.
La presentazione del podcast La Confessione in 7 puntate sul Caso Rugolo, che ha avuto luogo lo scorso 11 marzo a Roma, aveva come scopo di far emergere la verità, su quello che ormai potrà essere definito meglio il Caso Gisana, in riferimento al Vescovo di Piazza Armerina che da sue dichiarazioni registrate da Don Rugolo ha insabbiato questa storia di crimini sessuali. Per aiutare Don Rugolo e chiudere questa storia. il Vescovo Gisana, per sua stessa ammissione, ha usato i soldi destinati alla Caritas Italiana e dell’8×1000 destinati alla Chiesa Cattolica Italiana.
Fondi 8×1000
Ricordiamo che i fondi 8×1000 vengono gestiti e amministrati dalla Conferenza Episcopale Italiana [QUI e QUI] che assume la rendicontazione nel suo grande valore etico ed ecclesiale secondo le norme stabilite, della gestione dei beni, dei redditi, delle offerte, per rispetto alle persone e alle loro intenzioni, per garanzia di correttezza, di trasparenza e di puntualità e per educare un autentico spirito di famiglia nelle stesse comunità cristiane. Sono 3 i capitoli di spesa ai quali vengono destinate le risorse dell’8xmille:
a. esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana;
b. sostentamento del clero;
c. interventi caritativi in Italia e nei Paesi in via di sviluppo.
È manifesta la volontà dell’episcopato italiano di procedere sulla via intrapresa già trent’anni fa, «per rispetto alle persone e alle loro intenzioni, per garanzia di correttezza, di trasparenza e di puntualità e per educare un autentico spirito di famiglia nelle stesse comunità cristiane» (Sovvenire alle necessità della Chiesa, 14 novembre 1988, N. 16). Sono in gioco l’educazione dei fedeli e la testimonianza credibile della Chiesa. Il rapporto con i beni temporali testimonia la sequela di Cristo e la serietà con cui la Chiesa vive il Vangelo.
Fondi Caritas Italiana
La Caritas Italiana è l’organismo pastorale costituito dalla Conferenza Episcopale Italiana al fine di promuovere, anche in collaborazione con altri organismi, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale italiana, in forme consone ai tempi e ai bisogni, in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica [QUI].
Art. 3 – COMPITI
I compiti della Caritas Italiana, in conformità all’art. 1, sono i seguenti:
a. collaborare con i Vescovi nel promuovere nelle Chiese particolari l’animazione del senso della carità verso le persone e le comunità in situazioni di difficoltà, e del dovere di tradurlo in interventi concreti con carattere promozionale e, ove possibile, preventivo;
b. curare il coordinamento delle iniziative e delle opere caritative e assistenziali di ispirazione cristiana;
c. indire, organizzare e coordinare interventi di emergenza in caso di pubbliche calamità, che si verifichino sia in Italia che all’estero;
d. in collaborazione con altri organismi di ispirazione cristiana:
– realizzare studi e ricerche sui bisogni per aiutare a scoprirne le cause, per preparare piani di intervento sia curativo che preventivo, nel quadro della programmazione pastorale unitaria, e per stimolare l’azione delle istituzioni civili ed una adeguata legislazione;
– promuovere il volontariato e favorire la formazione degli operatori pastorali della carità e del personale di ispirazione cristiana sia professionale che volontario impegnato nei servizi sociali, sia pubblici che privati, e nelle attività di promozione umana;
– contribuire allo sviluppo umano e sociale dei paesi del Terzo Mondo con la sensibilizzazione dell’opinione pubblica, con prestazione di servizi, con aiuti economici, anche coordinando le iniziative dei vari gruppi e movimenti di ispirazione cristiana.
Mons. Giancarlo Perego, Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio, – della diocesi dove Don Giuseppe Rugolo è stato inviato da Mons. Giuseppe Gisana, Vescovo di Piazza Armerina, dopo le denunce di Antonio Messina – è stato responsabile dell’area nazionale della Caritas Italiana dal 2000 al 2006. Dal 1° ottobre 2006 è stato incaricato da Caritas Italiana di istituire un Centro documentazione unitario con la Fondazione Migrantes e di curare la nascita dell’Archivio per la storia della Caritas in Italia. Nel 2009 è stato nominato Cappellano di Sua Santità. Dal 1° dicembre 2009 è Direttore Generale della Fondazione Migrantes, organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana e il 26 maggio 2021 è stato eletto Presidente [QUI]. Nel 2017 Papa Francesco lo ha eletto Arcivescovo metropolita di Ferrara-Comacchio.
Don Rugolo potrà tornare ad Enna
Abbiamo riferito del Comunicato Stampa della Diocesi di Piazza Armerina a seguito della sentenza, emessa nella serata di martedì 6 marzo dal Tribunale di Enna nel processo nei confronti di Don Giuseppe Rugolo, con la reazione dell’Avv. Gabriele Cantaro, legale della Curia vescovile quale responsabile civile, e della replica dell’Avv. Eleanna Parasiliti Molica [La condanna al Tribunale di Enna nel caso Rugolo, insabbiato dal Vescovo di Piazza Armerina – 7 marzo 2024].
L’Avv. Eleanna Parasiliti Molica, commentando la condanna di Don Giuseppe Rugolo, ha dichiarato: «Sbagliato minimizzare». Infatti, nella sua replica, il legale della parte offese, Antonio Messina, asserisce che «la reale pericolosità delle condotte ascritte al sacerdote, riconosciuta dalla sentenza, si evince dalla decisione del tribunale di dichiarare l’interdizione in perpetuo da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori».
I giudici del Tribunale di Enna, Marika Motta presidente, Elisa D’Aveni e Maria Rosaria Santoni, hanno revocato la misura cautelare del divieto di dimora ad Enna nei confronti di Don Giuseppe Rugolo. Nell’istanza presentata il 7 marzo scorso dai difensori del sacerdote, gli Avvocati Denis Lovison e Antonino Lizio, e sostanzialmente “sposata” dal Tribunale di Enna, è indicato che sono «venute meno le esigenze cautelari sottese all’applicazione della misura in ragione dell’intervenuta definizione del giudizio di primo grado e della circostanza che l’imputato risulta stabilmente radicato nel contesto ferrarese, ove risiedono anche i suoi più stretti congiunti». Inoltre, «fatta salva la gravità dei fatti contestati, l’esaurimento dell’attività istruttoria abbia fatto venire meno le esigenze cautelari alla base dell’adozione del divieto di dimora nel Comune di Enna e che non si ravvisano, allo stato, ragioni idonee a giustificare il prolungarsi della restrizione della libertà di movimento dell’imputato».

La revocato del divieto di dimora vuol dire che Don Rugolo potrà ritornare ad Enna, da cui manca dal 30 maggio del 2022, quando gli venne applicato l’obbligo di dimora a Ferrara, disposto dal Tribunale di Enna, poi trasformato il 14 settembre 2023 in divieto di dimora ad Enna. Prima della decisione dei giudici del Tribunale di Enna, sia il pm Stefania Leonte, sia dalla difesa di Antonio Messina, rappresentata dall’Avv. Eleanna Parasiliti Molica avevano espresso parere negativo alla revoca della misura cautelare ed è evidente che la revoca crea non poche preoccupazioni. «C’è molta preoccupazione per l’incolumità di Antonio perché, nel periodo in cui il sacerdote non è stato ad Enna, si sono verificate forme di aggressioni anche pubbliche da parte di alcuni gruppi», ha spiegato l’Avv. Parasiliti Molica.

Notizie sulla fidanzata ma il nulla assoluto sugli abusi sessuali del clero
Complimenti al collega e amico Fabio Marchese Ragona, giornalista Mediaset, sempre sul pezzo, per Life. La mia storia nella Storia (HarperCollins Italia Editore, 336 pagine [QUI]), l’autobiografia che ha scritto insieme a Papa Francesco, che il prossimo 19 marzo esce in 21 Paesi del mondo. Il libro è già al primo posto nella classifica Bestseller di Amazon: nella categoria Libri, in Biografie e autobiografie, in Chiesa Cattolica Romana e in Istituzioni e organizzazioni cristiane.

Apprendiamo dalle anticipazioni che Papa Francesco parla anche della fidanzata ai tempi del seminario, ma sul tema degli abusi sessuali del clero il nulla più assoluto.
Postscriptum
Perché Don Giuseppe Rugolo é ancora sacerdote? Cosa si aspetta per far scattare la sospensione a divinis?
Il copione, con sfumature diverse, si ripete, pagina dopo pagina. Vogliamo citare il caso di Don Ruggero Conti, estroverso e carismatico sacerdote di Selva Candida, zona periferica della Capitale? «Grandi doti organizzative, apprezzato dai parrocchiani, ha blandito, irretito, molestato e commesso abusi su numerosi ragazzi che lo amavano come un padre. Per inchiodarlo alle sue responsabilità ci sono voluti anni, fra l’incredulità della gente e la superficialità del vescovo. Che invece di rimuovere il sacerdote sospettato, allontanò dalla parrocchia un collega, considerato il calunniatore. Don Ruggero viene arrestato nel 2008, e condannato nei tre gradi di giudizio fino alla sentenza di Cassazione, nel 2015. Ma la sospensione a divinis scatta solo dopo la condanna di primo grado, nel 2011. Fino ad allora nessun provvedimento, neppure a scopo cautelativo, viene preso dall’autorità ecclesiastica. Si può mettere in parallelo la sospensione a divinis di Don Ruggero Conti ricevuta solo dopo la sentenza di primo grado.
Ci aspettiamo per Don Giuseppe Rugolo la sospensione a divinis e per Mons. Rosario Gisana idem, oltre ovviamente la rimozione dal governo pastorale della Diocesi di Piazza Armerina.
Indice – Caso Rugolo [QUI]