La condanna al Tribunale di Enna nel caso Rugolo, insabbiato dal Vescovo di Piazza Armerina

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 07.03.2024 – Ivo Pincara] – Il Tribunale di Enna, presieduto da Francesco Paolo Pitarresi, a latere Elisa D’Aveni e Maria Rosaria Santoni, nel corso di una udienza a porte aperte mentre tutto il processo era stato celebrato a porte chiuse, dopo otto ore di camera di consiglio, ha emesso il dispositivo della sentenza letto dal Presidente. Dopo 22 udienze, 53 testimoni, 4 giornalisti denunciati per diffamazione dall’imputato, insieme al presidente di Rete l’Abuso, Francesco Zanardi e la stessa vittima, Antonio Messina, Don Giuseppe Rugolo è stato condannato a 4 anni e 6 mesi con interdizione perpetua dall’insegnamento e per 5 anni dai pubblici uffici, oltre al risarcimento danni nei confronti delle parti civili, in solidale con la Curia di Piazza Armerina, dichiarata responsabile civile, con i danni da quantificare e liquidare in separata sede.
Il processo penale di primo grado con rito abbreviato era iniziato il 7 ottobre 2021, a carico di Don Giuseppe Rugolo, il sacerdote di Enna, oggi quarantaduenne, che era stato arrestato il 27 aprile 2021 con l’accusa di violenza sessuale aggravata ai danni di minori. Ha assistito alla lettura del dispositivo, seduto accanto ai suoi legali, gli avvocati Dennis Lovison e Antonino Lizio, che però al termine dell’udienza non hanno voluto rilasciare nessuna dichiarazione.
Il processo ha visto coinvolti anche un colonnello dei carabinieri, nel 2021, a capo dei carabinieri di Enna, Saverio Lombardi, rinviato a giudizio, in un altro procedimento, per tentativo di induzione indebita a dare o promettere.
Nel processo si sono costituiti parti civili, oltre alla vittima, difesa dall’avvocato Eleanna Parasiliti Molica, i genitori, la Rete l’Abuso e l’associazione Contro Tutte le Violenze, e sono stati chiamati alla responsabilità civile, la Diocesi di Piazza Armerina e la Parrocchia di San Giovanni Battista di Enna.
Il processo è scaturito dalla denuncia di Antonio Messina, che nel 2020 aveva presentato la denuncia alla Squadra mobile di Enna. Minorenne di 15 anni all’epoca dei fatti, oggi trentenne, Messina, aveva raccontato alla Squadra mobile le violenze subite dal 2009 al 2013. Nel corso delle indagini erano emersi altri abusi perpetrati a danno di altri giovani, anche loro oggi maggiorenni.
Il pm Stefania Leonte al termine della sua requisitoria aveva chiesto la condanna a 10 anni di reclusione. Rivolgendosi ai giudici aveva detto: «Comunque vada, il ragazzo oggi ha vinto. Ha vinto il coraggio di questo ragazzo di affrontare l’incubo della sua adolescenza, perché non si è fermato davanti al timore di non essere creduto e al pregiudizio della gente, perché ha presentato la denuncia per un senso di dovere nei confronti di se stesso e dei suoi coetanei, che avevano subito i suoi stessi abusi e dei tantissimi adolescenti che frequentavano il gruppo sotto l’egida di Rugolo».
Al momento dei fatti, la vittima frequentava la Parrocchia di San Giovanni Battista ad Enna, dove sarebbero avvenuti alcuni episodi di violenza, mentre Rugolo era seminarista. Le violenze, però sarebbero continuate anche dopo che Rugolo è stato ordinato sacerdote. Messina, prima di denunciare alla polizia aveva scritto una lettera a Papa Francesco nel tentativo di avere giustizia dopo avere presentato nel 2018 una denuncia al Vescovo di Piazza Armerina, Mons. Rosario Gisana che aveva aperto una investigatio previa. II procedimento canonico, dopo essere approdato al tribunale ecclesiastico, era stato inviato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che non si era espresso per difetto di competenza dato che, secondo l’investigatio previa, le violenze sarebbero avvenute quando Rugolo era seminarista. Il Dicastero rimanda, dunque, gli atti al Vescovo Gisana, il quale offre alla famiglia di Messina 25 mila 6euro in conta6nti, dai fondi della Caritas diocesana, come borsa di studio. Ma Messina pretende che si scriva nella causale “risarcimento danni” e la trattativa salta. Alla fine del 2019 Don Rugolo fu trasferito dal Vescovo Gisana da Enna a Ferrara, per due anni, con la scusa che era gravemente malato. Anche a Ferrara gli vengono affidati i ragazzi dai 14 ai 19 anni.
Dopo che nel 2020 Messina aveva presenta la denuncia, la polizia nel corso delle intercettazioni capta una telefonata agli atti del processo, tra Don Rugolo e Mons. Gisana, in cui afferma: «Il problema è anche mio, perché io ho insabbiato questa storia. Pazienza, vedremo come poterne uscire».
I giudici di Enna hanno assolto Rugolo “relativamente ai fatti commessi in danno di uno solo dei due per il periodo che va dal 15 maggio 2018 al novembre 2019 perché il fatto non sussiste”. Inoltre, il Tribunale di Enna “dichiara di non doversi procedere” in merito alle condotte fino al maggio del 2011 “per intervenuta prescrizione”.
Rugolo è stato anche condannato al risarcimento del danno in favore di Antonio Messina, Rita Cappa e Michele Messina. Il risarcimento ancora da determinare in sede civile, sarà in solido con “il responsabile civile della Curia vescovile della Diocesi di Piazza Armerina” nei confronti delle associazioni Rete l’Abuso, CO.TU.LE.VI. Per le spese di costituzione legale, i giudici hanno condannato Rugolo e la Curia vescovile della Diocesi di Piazza Armerina, al pagamento di 4.650 euro in favore di Antonio Messina; 7.125 euro per Rita Cappa e Michele Messina; 4.500 euro per Rete l’Abuso; e 5.389 euro per CO.TU.LE.VI.
Rigettate invece tutte le proposte delle parti civili nei confronti della parrocchia San Giovanni Battista di Enna.
Intanto il legale della Curia vescovile, l’Avv. Gabriele Cantaro annuncia che “la sentenza sarà impugnata”. L’avvocato spiega che la condanna in solido della Curia Vescovile di Piazza Armerina non riguarderebbe la condotta attribuita al Vescovo quanto una responsabilità di tipo “oggettivo” ex art. 2049 cod. civ. della Curia per l’operato dei chierici, che stabilisce la responsabilità per i danni arrecati dal fatto illecito dei propri domestici e commessi nell’esercizio delle incombenze a cui sono adibiti” (colpa in vigilando ed in eligendo). Su tale aspetto è stata sollevata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Curia in quanto semplice “organo” della Diocesi, eccezione che diventerà per l’appunto il motivo base di impugnazione della sentenza.
Infine, “anche sulla tesi della presunta “offerta di denaro per insabbiare la vicenda”, venuta fuori da alcune registrazioni, l’Avv. Cantaro rimarca che la motivazione della sentenza farà definitivamente chiarezza”.
Comunicato stampa di replica alla Diocesi di Piazza Armerina
In merito alle esternazioni formulate dal legale della Diocesi di Piazza Armerina [QUI], quale difensore della parte civile, Antonio Messina, mi trovo mio malgrado a replicare al fine di fare chiarezza sul contenuto del dispositivo di sentenza emessa dal Tribunale di Enna sulla vicenda del sacerdote Giuseppe Rugolo. Contrariamente a quanto affermato dalla Diocesi, il Tribunale di Enna, con riferimento alla posizione di Antonio Messina, ha condannato Rugolo per tentata violenza sessuale in ordine ai fatti accaduti nel 2013, dichiarando la prescrizione per i fatti accaduti in precedenza. Il tentativo di minimizzare i fatti, non coglie nel segno, perché si omette di raccontare che, con riferimento ai fatti del 2013, il reato risulta tentato solo grazie al fatto che Antonio Messina è riuscito a sottrarsi all’aggressione sessuale. Ciò significa che a dire del Tribunale, i fatti che vanno dal 2009 al 2012 sarebbero avvenuti ma si sarebbero estinti per prescrizione a causa del decorso del tempo. Se il Tribunale avesse ritenuto che in fatti non fossero accaduti, avrebbe prosciolto l’imputato nel merito. Nella nota contestata si omette di dire che, comunque, Rugolo è stato condannato per “violenza sessuale aggravata a danno di minori” e “per atti sessuali con minori” relativamente alle altre due vittime. E la reale pericolosità delle condotte ascritte al sacerdote, riconosciuta dalla sentenza, si evince dalla decisione del Tribunale di dichiarare l’interdizione in perpetuo da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonchè da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori. Proprio questa statuizione evidenza l’importanza di questa pronuncia che ha condannato il metodo abusante utilizzato da Rugolo nei confronti dei minori, a cui sono stati affidati i giovani di questa città. In tal senso è significativa la condanna della Diocesi nella qualità di responsabile civile. A fronte di queste considerazioni, è intenzione di questa difesa portare a conoscenza alla autorità giudiziarie competente il contenuto dell’hard disk, elaborato dalla Polizia Giudiziaria dopo il sequestro dei supporti informatici di Rugolo, perché venga accertata la presenza di immagini pedopornografiche, alcune delle quali già prodotte in aula.Tutto ciò per maggiori approfondimenti circa contenuti che, prima face, potrebbero appartenere alla categoria del materiale pedopornografico.In attesa della lettura delle motivazioni auspico un contegno rispettoso nei confronti di quelli che sono stati e rimangono vittime e che si prenda atto di una sentenza di condanna.Ora la Chiesa faccia la sua parte.
Avvocato Eleanna Parasiliti Molica
Il caso Rugolo è soltanto uno dei casi siciliani coperti dal manto papale, anche quando si tratta di abusi seriali pedofili di sacerdoti.
Mons. Gisana è lo stesso vescovo che con il processo in corso è stato elogiato da Papa Francesco, definendolo vittima di calunnie. Nell’udienza al Palazzo Apostolico Vaticano, concessa il 6 novembre 2023 all’associazione Piccola Casa della Misericordia di Gela, il Papa elogiò il Vescovo di Piazza Armerina, affermando: «Saluto il Vescovo di Piazza Armerina, Monsignor Rosario Gisana: bravo, questo Vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto. Per questo, quel giorno in cui andai a Palermo, ho voluto fare sosta prima a Piazza Armerina, per salutarlo; è un bravo Vescovo».
Sono parole che suonano quanto mai grottesche e stridono con le sue reiterate affermazioni di vicinanza alle vittime degli abusi e contro il clericalismo, gli insabbiamenti, le coperture. Non solo. Ancora una volta il Pontefice è entrato a gamba tesa in vicende giudiziarie, tenendo presente la sola verità raccontata dagli “amici”. Che poi si condannino degli innocenti e si proteggano gli insabbiatori, è solo un “danno collaterale”. Forse il Papa pensava che il suo intervento potesse condizionare la decisione del Tribunale di Enna. Ma nella Repubblica italiana i tribunali sono indipendenti dall’autorità, diversamente dallo Stato della Città del Vaticano, con la sentenza emessa da un giudice siciliano al noto recente processo Becciu, condizionato dai 4 interventi diretti del Sovrano.
Mons. Gisana è lo stesso vescovo, parte della cerchia di amici siciliani del Papa capeggiata da Mons. Corrado Lorefice, Arcivescovo metropolita di Palermo, che è anche protagonista nel caso Salonia, da cui è partito Angelo Di Natale per la sua inchiesta giornalistica dal titolo inGiustizia Vaticana, pubblicata sul sito InSiciliaReport.it dal 14 ottobre dello scorso anno a cadenza settimanale, e che abbiamo presentato in sette parti dall’10 novembre al 2 dicembre 2023 nella seria inGiustizia Vaticana. Un’inchiesta giornalistica partendo dal caso Salonia su In Sicilia Report [QUI].
Quando Fra’ Giovanni Salonia, O.F.M. Cap., Responsabile della Formazione Permanente per la Provincia Cappuccina di Siracusa fu nominato Vescovo ausiliare di Palermo, scelse il Vescovo Gisana per presiedere la sua consacrazione episcopale. Conflitto d’interesse non da poco. Poi, non fu consacrato vescovo per le numerose denunce di abusi sessuali perpetrati a danno di alcune religiose nell’esercizio del suo ruolo di psicoterapeuta. Ciononostante non fu mai perseguito penalmente dal Tribunale di Roma, “per ritardata denuncia”. Dopo le denunce delle religiose, il 2 marzo 2017 il Vescovo Gisana fu nominato da Papa Francesco per Presiedere il tribunale collegiale che esaminò il caso Salonia. Tant’è che il Vescovo Gisana insabbiò anche il caso Salonia e declassò le dolorose testimonianze delle due religiose e di un sacerdote della Diocesi di Ragusa come “emotivo florilegio di calunnie e pettegolezzi”.
Da notare che il sacerdote testimone, Don Nello Dell’Agli, teologo e psicoterapeuta, fondatore a Ragusa della Fraternità di Nazareth e membro del clero diocesano, ha pagato duramente la sua testimonianza. Messo a processo per false accuse mosse dall’entourage di Salonia, nel 2023 è stato ridotto allo stato laicale senza poter ricorrere in appello perché gli fu negato per intervento diretto di Papa Francesco. Anche il processo canonico istituito a carico del coraggioso sacerdote testimone fu “affidato’ a giudici del tribunale ecclesiastico di Napoli, amici carissimi del Vescovo di Piazza Armerina e dell’Arcivescovo metropolita di Palermo, vero intermediario con il Pontefice nella gestione delle opache vicende siciliane.
Caso Rugolo – Indice [QUI]