Solo quelli che sono così folli… 59° viaggio di solidarietà e speranza in Messico. Un impasto terribile di sofferenza e soprusi da allucinazione

[Korazym.org/Blog dell’Editore, 21.01.2024 – Vik van Brantegem] – Dopo aver riferito giovedì 11 gennaio 2024 [QUI], della partenza di Mons. Luigi (Don Gigi) Ginami per il 59° Viaggio di Solidarietà e Solidarietà della Fondazione Santina e dell’Associazione Amici di Santina Zucchinelli Onlus dall’11 al 22 gennaio 2024 in Messico, dal tema Solo chi è così folle di pensare di cambiare il mondo, lo cambia realmente, lunedì 15 gennaio 2024 abbiamo riportato il suo primo Report 59/1 – I veri pazzi [QUI], martedì 16 gennaio 2024 il suo Report 59/2 – Guadalupe [QUI] e giovedì 18 gennaio 2024 il suo Report 59/3 – Inaugurazione infermeria al Carcere di Las Cruces. Pintarse la cara color esperanza [QUI], cui racconta la bellissima cerimonia presieduta dall’Arcivescovo metropolita di Acapulco, Mons. Leopoldo González González, seguita da una bellissima festa e dal carcere di Las Cruces ad Acapulco riportiamo di seguito un video.
Oggi riportiamo il Report 59/4. Amalia con cui Don Gigi preannuncia che sarà Amalia il volto di speranza del prossimo 45° libretto #VoltoDiSperanza.

So cosa c’è nei tuoi occhi solo guardandoci, che sei stanco di camminare e camminare, e camminare girando sempre in un posto. So che le finestre si possono aprire, cambiare l’aria dipende da te. Se ti aiutasse varrebbe la pena una volta di più sapere che si può volere che si possa togliersi le paure, buttarle fuori, colorarsi il viso color speranza, sfidare il futuro con il cuore. È meglio perdersi che non imbarcarsi mai, meglio provare a smettere di provare, anche se già vedi che non è così facile cominciare. So che l’impossibile si può raggiungere, che la tristezza un giorno se ne andrà. E cosí sarà, la vita cambia e cambierà, sentirai che l’anima vola, per cantare una volta in più.
Report 59/4. Amalia
La storia di Amalia, che scrivo per il prossimo 45° libretto #VoltoDiSperanza, ha dell’incredibile e non riesco ancora a leggerne tutti i contorni. È una storia divina di dolore, un impasto di sofferenza e soprusi da allucinazione. Cercavo una storia che descrivesse il terribile uragano Otis, ma mai avrei pensato di incontrare, oltre i danni dell’uragano Otis, anche un uragano di potenza e di forza imparagonabile con tutte le altre 44 storie della collana #VoltoDiSperanza.
Ho deciso così di scrivere due report distinti sulla vicenda Amalia, nell’ intento di farvi assaporare ogni dettaglio talvolta scabroso, duro e spaventoso. Io, Magda e Dulce non abbiamo dormito dopo l’ascolto di una sofferenza divina di un nuovo crocifisso di oggi, che si chiama Amalia. In Lei, come dice Papa Francesco, ho visto la Carne di Gesù. Amalia è una reliquia di Dio. Ed è con questo spirito che tento nel mio scritto di descrivere le impressioni più profonde.

L’uragano Otis ha portato via la baracca di Amalia e lei ci riceve in quello che sono i resti della sua casa. Un frigorifero, una linea elettrica malsana che è costituita da un semplice cavo, 4 sedie e con quanto rimane dei mobili che aveva. In questo sfacelo ti chiedi se puoi vivere. Al centro di quanto rimane della casa, il presepio del recente Natale sembra essere un segno della presenza reale di Gesù tra quei ruderi.
Amalia è nata il 19 aprile 1966 da Artemio e Conception. Il padre faceva lavori saltuari e la madre lavorava all’Hotel Sevillas. Quando il padre tornava a casa ubriaco la picchiava e la maltrattava.
Amalia non è molto alta, ha i capelli lunghi e neri e parla sottovoce, quasi con paura e frappone lunghi e dolori silenzi nel suo parlare. Il caldo è afoso e i 32 °C di Acapulco sono spossanti. Mi asciugo il sudore e interrogo Amalia: “Non avere paura a raccontare la tua storia, vogliamo aiutarti e la tua storia potrebbe fare del bene a tanti in Italia!».
La donna si asciuga una lacrima e continua: “Mio padre lo ammazzarono nei campi e mia madre Conception per un primo tempo ci lasciò con i miei fratelli in casa dei genitori di Artemio, ma lì ci trattavano malissimo e così dopo poco tempo mia madre ci prese con sé. Mia madre si lega ad un uomo in unione libera che si chiama Juan. Io e i miei fratellini iniziammo a vivere un altro incubo, perché anche Juan non ci rispettava e ci picchiava. Tornava ubriaco e ci dava un sacco di botte e mia madre Conception… lasciava fare. Ero molto piccola”.
La donna non riesce a continuare e Dulce la incoraggia con una carezza. “Il mio padrigno iniziò a comportarsi in modo strano. Ero piccola, avevo nove anni. In assenza di Conception l’uomo mi violenta e mi minaccia con le botte di non parlare o mi avrebbe ammazzato. Mi violentava, mi trattava come un giocattolo, mi violentava in ogni momento, in qualsiasi situazione e nel segreto. Un terribile segreto che tormentava il mio giovane cuore di bambina, troppo piccola per capire la gravità della situazione. Veniva furtivamente nel mio letto dove dormivo con i miei fratellini e lì mi violentava. Una notte tornó completamente ubriacato, entrò nel mio letto e mi violentò. Poi schiavo dei fumi dell’alcool si addormentò. La mattina seguente mia madre lo scopri nudo nel mio letto… Era furente. Juan, mezzo addormentato, dice che era tutta colpa mia e che ero io che desideravo questo. Ti immagini come poteva dire questa osa una bimba violentata dall’età di nove anni? E mia madre? Mia madre crede a lui. Viene verso di me e furiosa scaraventa su di me una caterva di botte, colpi e pugni e poi in preda alla rabbia furente prende un lungo coltello da cucina e si scaraventa su di me nell’intento di uccidermi. Il terrore: tua madre che ti ha dato la vita te la vuole togliere! Ancora oggi tra i miei numerosi incubi che tormentano le mie lunghe notti insonni è tra i più profondi: l’essere serialmente violentata per anni, la coltellata sferrata con odio mortale contro di me da mia madre, sono per me come un patrimonio genetico che non posso dimenticare, vive e vivrà sempre con me. Scappo, scappo: corro, corro corro e mi rifugio in casa di una signora dove facevo le pulizie. Avevo ormai 13 anni e li ho passato la notte. Ho dormito nello sgabuzzino dove mi cambiavo per il lavoro. La mattina dopo la signora mi sveglia dicendo che mi cercavano, esco di casa per vedere chi era. E chi trovo? Trovo Juan che mi sequestra e mi porta a vivere con lui ad Aquas Calientes, un piccolo paese di dove è originario. E in quel piccolo paese passo alcune settimane come un animale, mi violentava e mi picchiava, dormivo con i cani. E piangevo, vivevo nell’angoscia”.
La donna scoppia a piangere e questa volta è Magda ad abbracciarla forte forte ed ad offrire un sorso di acqua fresca. Scende il silenzio in mezzo a questi resti di casa travolta dall’uragano. Ma un ben altro uragano vive Amalia. E noi tre, io Dulce e Magda insieme lo riviviamo ascoltandolo. Amalia prosegue: “Rimasi in incinta e lo ero di poche settimane, quando una mattina una camionetta della polizia arriva, scendono due agenti ed arrestano Juan per sequestro di minori e molestia sessuale. Salgo con lui sulla camionetta e chi trovo? Mia madre Concepcion. L’auto parte e mia madre si abbraccia con uno dei due poliziotti. La guardo gelida, mio padre è lì con uno sguardo assente, perso nel nulla ed ammanettato. Giungiamo al carcere di San Luis de Acatlan, lasciamo in prigione Juan e nella strada del ritorno la camionetta cambia strada e si ferma vicino ad un fiume. Mia madre mi ordina di fare sesso con una delle due agenti, mentre lei si apparta con l’altro. L’uomo mi prende con forza e mi porta nel bosco io reagisco e con una grossa pietra lo ferisco alla testa, orgogliosa del mio gesto e dei miei 13 anni. Mia madre torna e l’auto riparte. Poi si ferma in un piccolo paese. Io e mia madre entriamo in una casa, ci apre la porta una signora non giovane. Mia madre parla con lei sottovoce, le passa del denaro e poi rivolta verso di me dice: torno domani a prenderti. Ero inconsapevole dell’uragano di dolore che li avrei passato. La donna mi porta nel retro della casa dove vi è un pollaio con una gallina sonnecchiante, un materasso e vicino una bacinella di acqua con un lungo ferro appuntito, penso fosse uno dei lunghi aghi per lavorare la maglia. La donna mi guarda negli occhi e sentenzia: tua madre mi ha pagato per farti abortire, dunque faremo questo con le buone o le cattive. Io non riesco a capire cosa voglia fare ma non ho tempo. Mi scaraventa sul letto, mi denuda ed infila nella mia vagina quello che lei chiamava “sonda”, il grosso ago di lavoro a maglia. Inizio a urlare e sento un dolore terribile, peggiore a quello del parto, peggiore di qualsiasi altro dolore provato nella mia vita e la donna nel cuore devastante la mia vagina grida cose terribili: “Soffri, soffri e ancora soffri per il peccato che hai commesso!”
Amalia scoppia a piangere le due donne Magda e Dulce si avvicinano a lei con tutto il loro amore, l’abbracciano e la consolano… Io ammutolisco e affogo la mia testa in un bidone d’acqua nell’ intento di calmare i miei pensieri. Mi sembra di essere in un capogiro come quello della donna in Africa, che in ottobre operava la mutilazione genitale femminile.
Ritorno a sedermi e guardo la bellissima scena di Dulce che asciuga le lacrime ad Amalia e Magda che la abbraccia. Amalia nei singhiozzi dice: “È la prima volta che nella mia vita racconto questo, grazie! Passo la notte nel misero pollaio in mezzo a terribili dolori, una notte brutta, da incubo, una notte di angoscia per un peccato mai commesso e con troppa sofferenza espiato. il giorno dopo mia madre mi porta a casa sua ed a 13 anni inizio a lavorare facendo pulizie in tre diversi hotel, ma la sera a casa solo botte e male parole. Inizio ad avere nostalgia, avere nostalgia di chi mi aveva tolto la verginità e l’anima ancora frutto acerbo di bimba troppo piccola. Ho nostalgia di Juan!”
La guardo e dico: “Hai nostalgia di chi?” Mi risponde: “Ho nostalgia del mio violentatore!” e me lo ripete due volte. Magda mi guarda e mi dice: “Si chiama sindrome di Stoccolma, la sindrome dell’aguzzino”. Avevo sentito parlare di questa patologia psichiatrica, ma mai ne avevo visto un caso. La osservo attentamente, ora è il sentimento di vergogna, il rossore in volto che la tormenta. Le dico: “Non vergognarti è una malattia che ti viene da questo trauma”.
La donna abbassa gli occhi e con voce bassa e quasi vergognandosi continua: “Rimango incinta di Juan una seconda volta e perdo il bambino spontaneamente. Poi da Juan nasce ancora Jaime e lui muore per epatite quando ha due anni e mezza. Poi nasce, che è ancora vivo e ha 38 anni. Juan mi trattava molto male, la mia vita è stata tutta condita da botte! I vicini vedevano questo scempio ed una mattina un ragazzo in modo dolce mi abbraccia e mi dice scappa da quella casa. Juan dalla finestra vede la scena scende ed inizia a massacrarmi di botte, calci in pancia, pugni sul viso. Mi riprendo, raduno i pochi stracci miei e lascio la casa. Vado a vivere a La Laja, dove cerco un lavoro di pulizie. Juan viene a sapere dove abito, mi scrive una lettera piena di inganno e mi dice di tornare da lui che ha un terreno da regalarmi per riparare il male che mi aveva fatto. Ci credo e torno da lui con il bambino, ma bastano tre giorni per capire che tutto è falso. Vado dalla polizia e lo denuncio e mi faccio assegnare la tutela del piccolo Lione. Mi metto con un secondo uomo di nome Onesimo e rimango incinta per la quinta volta nella mia vita. Nel momento del parto prematuro a sette mesi, il mio bambino muore. Come puoi contare sono 4 i figli miei morti. Da Onesimo nasce José Luis e una bambina Maria Idolina. Ma anche Onesimo è alcolizzato e la vita diventa una grande sofferenza. Mi picchia, mi minaccia e mi abusa. Continuo a lavorare duramente mentre lui sperpera il denaro nell’alcool!”
Immagino che questa storia sia anche per voi che leggete un bel casino, che forse vi siete persi tra figli, aborti, coltellate, stupri, botte… In silenzio guardo Amalia, questa reliquia di un Cristo sofferente, che mostra le sue cicatrici. Amalia ha un profondo sguardo di dolore, uno sguardo divino nella provocazione di senso in questa roba, che non riesco a definire vita umana.
Il caldo è molto afoso e il luogo dove siamo è pieno di puzza per i detriti organici in decomposizione. Non rimane nulla della casa se non qualche rovina che stento a definire dimora. E Amalia continua implacabile la sua litania del dolore, abbracciata da Dulce e da Magda: “Scappo da Onesimo e porto con me Lionel, Josè Luis e Maria Idolina e mi metto con Cristoforo che riconosce civilmente come suoi figli, i figli avuti da Onesimo. Con Cristoforo rimango incinta di Maria del Soccorro ed ha inizio un’altra tragedia. Anche Cristoforo mi maltratta e mi picchia finché un giorno mi terrorizza. Prende la pistola, io avevo la bimba in braccio e la stavo allattando. Punta la pistola alla tempia e mi minaccia, mi chiede di essere sempre alle sue dipendenze o mi ammazza. Il grilletto scatta. Per lo spavento la bimba cade su un cuscino ai miei piedi. Ho il terrore nel sangue: dopo lo stupro, la coltellata di mia madre, l’aborto con l’ago per i lavori a maglia, le botte, la tentata violenza del poliziotto in riva al fiume… ora una pistola carica alla tempia. Scappo, lascio Cristoforo e con i miei figli dove vado? Vado da mia madre, chiedo a lei perdono per un male mai compiuto“.
Dentro di me inorridisco, come lo fanno anche Magda e Dulce. Sono ormai alcune ore che ascoltiamo Amalia e lei continua a vomitare disgusto: Continuai a lavare biancheria sporca ed a pulire hotel, finchè trovai un posto fisso all’Hotel Quinta Real e li incontrai Josè Luis, l’ultimo uomo della mia vita, perché ora vivo da sola e senza più nulla. Da questo ultimo uomo ho un figlio che si chiama Josè Angel nato il 19 luglio 2003”.
Ora, se sei riuscito ad arrivare fino a questo punto ti chiederai: ma che volto di speranza è una tale disperata? Ma Don Gigi, questa volta hai sbagliato di grosso, di grosso!
Si è vero, questa storia non mostra ancora speranza, dovrai attendere ancora i prossimi report. Per il momento, ti lascio con alcune impressioni forti, alcune di tragedia e due di speranza. La vicenda di Amalia è ben più triste di quanto ti ho raccontato, sai perché? Perché l’uragano sembra aver infierito in modo demoniaca su questa casa e non ne rimane più nulla. Nei giorni scorsi abbiamo noi comperato per Amaliai tre grande cisterne di acqua perché mancava anche quella.
E ti chiedi perché l’uragano infierisce su una donna tanto sofferente come lei? Ma l’uragano più grande ed il buco nero della storia di Amalia è un altro e si chiama José Luis, il figlio che i narcos hanno ammazzato buttandolo in una discarica il 3 novembre 2013. Per questa storia dovrai leggere il report seguente.
Ed ora la speranza, il colore della speranza che ho appreso da una bellissima canzone nel carcere di Las Cruces e con la quale chiudo questo report. Amalia si sta preparando, vuole fare la prima comunione e ricevere la cresima. Non ha istruzione, non è mai stata al catechismo, ora ha iniziato, ma la sua vita è sempre stata piena di fede. L’unico punto che l’uragano non ha toccato è il piccolo altare dove vi è la statua della Vergine di Guadalupe, il crocifisso ed alcune statue di santi. Infine, un altro grande motivo di speranza è che il figlio José Angel e speriamo presto sia un bravo sacerdote.
Ora vi lascio con la traduzione italiana delle parole della canzone spagnola Color Speranza di Diego Torres del 2001:
So cosa c’è nei tuoi occhi solo guardando,
Che sei stanco di camminare e camminare
E cammina
Girando sempre in un posto
So che le finestre possano essere aperte,
Cambiare l’aria dipende da te…
Ti aiuterà, vale ancora una volta.
Sappi che puoi, voglio che puoi,
Porta via la nostra paura, lasciali fuori…
Dipingendo il viso con il colore della speranza,
Tenta il futuro con il tuo cuore
Il presente vale più del futuro,
Dai dolcezza che non c’è fretta qui
Siamo andati avanti, non importa più
E abbraccio tutta la mia gente.
È una perdita per il meglio,
so che non mi imbarcherò mai
Meglio tentare di smettere di provare
E così sarà
La vita silenziosa cambierà.
So che l’impossibile può essere raggiunto
Quella tristezza sparirà un giorno e così sarà
La vita cambia e cambierà
Sentirai l’anima volare
Per cantare ancora una volta.
Sappi che puoi, vuoi che puoi
Porta via le tue paure, buttale via
Dipingendo il viso con il colore della speranza,
Tenta il futuro con il tuo cuore
Sappi che puoi, vuoi che puoi
Elimina le tue paure, eliminale
Dipingere il viso con il colore della speranza
Tentando il futuro con il cuore