Il Papa tra “le piaghe di Gesù”: vanno ascoltate

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In visita ad Assisi, e con ancora negli occhi le immagini del naufragio di migranti al largo di Lampedusa – “una vergogna” -, Papa Francesco parla delle “piaghe di Gesù”. Lo fa incontrando disabili e malati ospiti della dell’Istituto Serafico. Si comincia di buon mattino: Francesco è partito alle 7 dall’eliporto Vaticano, una mezz’oretta di volo e alle 7.45 era già all’Istituto. A fare da corona al Papa, gli otto cardinali del “Consiglio”. Spicca il saio francescano del cappuccino arcivescovo di Boston, Sean O’ Malley. Francesco si è trattenuto mezz’ora a salutare uno a uno i presenti e i loro accompagnatori. Ha accantonato il discorso ufficiale, e ha si è soffermato sulle parole usate nel suo saluto dalla presidente dell’Istituto. “Noi siamo fra le piaghe di Gesù” e “queste piaghe hanno bisogno di essere ascoltate. Di essere riconosciute”. Ha ripreso l’episodio dei discepoli di Emmaus: “Il Signore Gesù alla fine ha fatto vedere le sue piaghe, e loro Lo hanno riconosciuto. E poi il pane”. All’Istituto Serafico si fa l’adorazione eucaristica. “Anche quel pane ha bisogno di essere ascoltato, perché è Gesù presente, nascosto dietro la semplicità e la mitezza di un pane” così come “è nascosto in questi ragazzi, in questi bambini, in queste persone”. Così: “Sull’altare adoriamo la carne di Gesù, in loro troviamo le piaghe di Gesù. Gesù è nascosto nell’Eucarestia e in queste piaghe. Hanno bisogno di essere ascoltate. Non tanto sui giornali come notizie, quello è un ascolto che dura due o tre giorni… devono essere ascoltati da quelli che si dicono cristiani. Il cristiano adora Gesù, il cristiano cerca Gesù, il cristiano sa riconoscere le piaghe di Gesù”. Poi il Papa ha parlato della speranza: “Gesù quando è risorto era bellissimo, non aveva nel suo corpo i lividi e le ferite. Era più bello. Ha soltanto voluto conservare le piaghe e le ha portate in cielo. Le piaghe di Gesù sono qui e sono in cielo davanti il Padre. Noi curiamo le piaghe di Gesù qui e lui dal cielo ci mostri le sue piaghe e ci dica ‘ti sto aspettando’”. Prima di lasciare l’istituto si è affacciato all’esterno e ha invitato i presenti a pregare per gli ospiti della struttura e anche per il Papa… “Pregate anche per me… a favore, non contro, eh?”

Nel discorso preparato da Francesco per questo incontro si parlava della “cultura dell’accoglienza” contro la “cultura dello ‘scarto’”, le cui vittime sono proprio le persone più deboli, più fragili. Da qui l’esortazione a “mettere al centro dell’attenzione sociale e politica le persone più svantaggiate! A volte invece le famiglie si trovano sole nel farsi carico di loro. Che cosa fare? (…) moltiplichiamo le opere della cultura dell’accoglienza, opere anzitutto animate da un profondo amore cristiano, amore a Cristo Crocifisso, alla carne di Cristo, opere in cui si uniscano la professionalità, il lavoro qualificato e giustamente retribuito, con il volontariato, un tesoro prezioso”. E poi c’è la lettera di Nicolás, un ragazzo di 16 anni, disabile fin dalla nascita, che abita a Buenos Aires. “Caro Francesco: sono Nicolás ed ho 16 anni; siccome non posso scriverti io (perché ancora non parlo, né cammino), ho chiesto ai miei genitori di farlo al posto mio, perché loro sono le persone che mi conoscono di più. Ti voglio raccontare che quando avevo 6 anni, nel mio Collegio che si chiama Aedin, Padre Pablo mi ha dato la prima Comunione e quest’anno, in novembre, riceverò la Cresima, una cosa che mi dà molta gioia. Tutte le notti, da quando tu me l’hai chiesto, io domando al mio Angelo Custode, che si chiama Eusebio e che ha molta pazienza, di custodirti e di aiutarti. Stai sicuro che lo fa molto bene perché ha cura di me e mi accompagna tutti i giorni!! Ah! E quando non ho sonno… viene a giocare con me!! Mi piacerebbe molto venire a vederti e ricevere la tua benedizione e un bacio: solo questo!! Ti mando tanti saluti e continuo a chiedere ad Eusebio che abbia cura di te e ti dia forza. Baci. NICO”.

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