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Settimana per l’unità dei cristiani: fa’ questo e vivrai

Il sussidio per la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si svolge dal 18 al 25 gennaio è stato preparato da un Gruppo ecumenico locale del Burkina Faso, coordinato dalla comunità locale di ‘Chemin Neuf’ sul tema ‘Ama il Signore Dio tuo… e ama il prossimo tuo come te stesso: “Quanti sono stati coinvolti nella stesura del testo (fratelli e sorelle dall’Arcidiocesi cattolica di Ouagadougou, dalle Chiese protestanti, dagli organismi ecumenici e dalla CCN in Burkina Faso) hanno collaborato generosamente alla stesura delle preghiere e delle riflessioni, vivendo questa esperienza di lavoro insieme come un vero cammino di conversione ecumenica”.

Giovanni Paolo II: no al terrorismo ed ai conflitti armati

45 anni fa, in piazza San Pietro, è risuonato ‘Habemus Papam!’, con l’annuncio che un cardinale polacco di Cracovia era stato eletto papa. Che pronunciò tali parole: “siamo ancora tutti addolorati dopo la morte del nostro amatissimo Papa Giovanni Paolo I. Ed ecco che gli Eminentissimi Cardinali hanno chiamato un nuovo vescovo di Roma.

In Mozambico attacco alle missioni cattoliche

“Mi dispiace dover informare che ieri sera, intorno alle ore 21, è stata attaccata la nostra Comunità di Chipene, in Mozambico”: sono le prime parole di una comunicazione della segreteria generale delle suore missionarie comboniane, firmata dalla segretaria generale, suor Enza Carini.

I santi della porta accanto raccontati da Cecilia Galatolo: Nella Zulian Mariani

Spesso diventare genitori significa trovare il coraggio di rispondere alle domande più scomode: è quello che scopre Alessandro, il protagonista del nuovo romanzo, ‘Cara Nella, i tuoi figli sono dodici’ di Cecilia Galatolo, quando, sul punto di mettere a letto i propri figli in una sera come tante, si troverà a dover rispondere a una domanda che rievoca in lui ricordi spiacevoli: ‘Anche chi ha commesso un crimine finisce in paradiso?’

Zaccuri: rinascere ogni giorno nel legno di Bruegel

Tra i narratori italiani Alessandro Zaccuri sta consolidando la propria presenza in un’ottica innovativa che non segue i canoni stabiliti dal mercato editoriale, ma va alla ricerca di una dimensione morale che lo porta sempre di più verso tradizioni ‘alte’, sia per qualità stilistica, sia come scelta di avere un luogo d’elezione in cui giocare a specchio la sua narrazione, così da usare la chiave dell’enigma, non in senso strumentale, ma come condizione per dare risposte a quel gioco di luci e di ombre che creano la consistenza del destino di ognuno.

Il papa invita allo stupore del Crocifisso e prega per i cristiani vittime di terrorismo

“Preghiamo per tutte le vittime della violenza, in particolare per quelle dell’attentato avvenuto questa mattina in Indonesia, davanti alla Cattedrale di Makassar”: così al termine dell’Angelus papa Francesco ha pregato per le 14 vittime dell’attentato: 5 fedeli e 9 passanti.

Condanna unanime agli attentati: l’odio genera solo odio

Nel tweet di ieri papa Francesco ha condannato l’attacco terroristico avvenuto a Vienna, che ha causato 5  morti e 22 feriti: “Esprimo dolore e sgomento per l’attacco terroristico a #Vienna e prego per le vittime e i loro familiari. Basta con la violenza! Costruiamo insieme pace e fraternità. Solo l’amore spegne l’odio”.

Attentato a Nizza: il cordoglio del papa

“Informato del feroce attentato di questa mattina in una chiesa di Nizza, che ha provocato la morte di diverse persone innocenti, papa Francesco si unisce con la preghiera al dolore delle famiglie”: così si legge nel telegramma di cordoglio per le vittime dell’attentato avvenuto questa mattina nella Basilica di Notre-Dame a Nizza, in Francia.

ONU: cessate il fuoco globale. Cauto ottimismo?

Una fioca luce si accende nella lunga notte del coronavirus: mercoledì scorso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato, all’unanimità, la risoluzione n. 2532/2020 per un cessate il fuoco globale.

Vittime di piazza Fontana: custodi della democrazia

Nella quinta domenica dell’Avvento ambrosiano, a pochi giorni dal 50° anniversario della strage di piazza Fontana (12 dicembre 1969), nel Duomo di Milano è avvenuta la celebrazione eucaristica vespertina in suffragio delle vittime presieduta dall’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, che prima della messa ha incontrato i parenti dei 17 morti.

Nel ‘Discorso alla Città’ dello scorso 6 dicembre mons. Delpini aveva ricordato la strage di 50 anni prima: “Quella strage provocò 17 morti e almeno 88 feriti e seminò sconforto e paura non solo tra i milanesi, ma in tutto il Paese, per il clima che si creò a partire da quell’evento”.

Mons. Delpini ha ricordato quegli anni, definiti la ‘notte della repubblica’: “In effetti si può dire che la nostra storia è sempre una notte, è sempre un dramma irrimediabile è sempre un enigma insolubile. Un dramma irrimediabile: le vittime di piazza Fontana hanno prodotto una ferita che non si può guarire, una perdita che non si può risarcire.  La nostra vicinanza ai parenti delle vittime, le parole di condoglianze e di solidarietà sono sempre una forma palliativa, un conforto patetico”.

L’arcivescovo di Milano ha sottolineato che non sono più sufficienti lo sdegno e la protesta: “Ma  non ci basta di rievocare quel 15 dicembre di 50 anni fa. Ci commuove rivedere le immagini di quella celebrazione che ha convocato tutta la città a piangere intorno alle 17 bare, ad ascoltare le parole del Vescovo della Chiesa Ambrosiana pronunciate per invitare un popolo sgomento a far fronte all’aggressione  incomprensibile. 

Continua a commuoverci. Ma non ci basta. Ascoltiamo e meditiamo le parole di coloro che offrono interpretazioni di quell’evento e di quel tempo. Ma non ci basta. Noi siamo incaricati di una  interpretazione teologica della storia. Siamo radunati per interrogare Dio e chiedergli conto della sua opera, della sua presenza, delle sue intenzioni, della sua volontà”.

Davanti alla storia Dio si fa presenza con Gesù: “La risposta di Dio non è quindi un discorso o una argomentazione, ma la presenza di un uomo, Gesù che percorre un tratto di strada, che abita un frammento del tempo, che parla con parole di uomo, e soffre con carne di uomo e muore con grido di uomo e ama con il cuore di Dio. A chi lo interroga sulla sua opera e gli chiede: dov’eri tu quando la mano omicida depositava la bomba? Dio risponde: ero sulla croce, sono sulla croce, accendo la luce che illumina ogni uomo”.

Quindi la ‘luce’ di Dio illumina le ‘notti’ della storia: “La risposta di Dio è quindi Gesù, luce del mondo, che accende in ogni uomo e donna di buona volontà la piccola luce che basta per indicare il cammino e tenere viva la speranza. Così procede la storia, così vive la speranza: abitano la terra i figli della luce. E’ ancora notte, ma una notte in cui ci siamo sorpresi, una notte abitata da uomini e donne, figli della luce,dediti al dovere, amici della democrazia, servitori dello Stato”.

L’omelia è chiusa dall’invito ad evitare ogni rassegnazione, ringraziando coloro che sono stati ‘fedeli’ alla democrazia: “Uomini e donne di ogni parte, di ogni partito, di ogni livello di responsabilità, figli della luce, hanno lavorato hanno sofferto, hanno pagato a caro prezzo la loro  fedeltà alla parola data, al compito assegnato.

Per questo si considerano conclusi gli anni di piombo, perché i figli della luce hanno abitato a Milano e in questo nostro paese. Ma l’enigma del male, la notte, continua a rendere oscura la storia. E i figli della luce continuano a fare luce.

Questo tempo, questa situazione ci chiama a distoglierci dalla rassegnazione e dalla paura, a lasciarci accendere da Colui che è la luce del mondo, a diventare figli della luce e figli del giorno, per vivere la pazienza di trasformare in luce le tenebre della terra, sotto ogni cielo”.

Alcuni giorni prima anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, aveva ricordato la strage di piazza Fontana, mettendo in risalto il compito della memoria: “Un attacco forsennato contro la nostra convivenza civile prima ancora che contro l’ordinamento stesso della Repubblica. Uno strappo lacerante; recato alla pacifica vita di una comunità e di una Nazione, orgogliose di essersi lasciate alle spalle le mostruosità della guerra, gli orrori del regime fascista, prolungatisi fino alla repubblica di Salò, le difficoltà della ricostruzione morale e materiale del nostro Paese. Quel 1969 fu segnato da 145 attentati dinamitardi”.

Una violenza cieca ed ‘antipopolare’ che non ha sconfitto la democrazia: “Ma i tentativi sanguinari di sottrarre al popolo la sua sovranità sono falliti. La Repubblica è stata più forte degli attacchi contro il popolo italiano. La violenza terroristica ha sottoposto a dura prova la coscienza civica dei nostri concittadini. Il comune sentimento di unità, patriottismo, solidarietà, è stato, con dolore ma con fermezza, più consapevole e più saldo dopo quegli assalti. 50 anni dopo piazza Fontana sentiamo, assieme ai familiari delle persone assassinate in quella circostanza, il dolore profondo per una ferita non rimarginabile recata alla nostra convivenza”.

Quindi la commemorazione delle vittime di piazza Fontana rappresenta un forte ‘baluardo’ per la democrazia: “Nelle vittime di Piazza Fontana trova radice l’interrogarsi del Paese sulla propria natura e sul suo destino. Quella stagione fu specchio dell’anima, della sofferenza del nostro popolo, chiamato a rafforzare una fedeltà laica e civile ai valori della Costituzione: il patto di cittadinanza, basato su principi fondativi, ideali civili, storia plurale ma comune, lasciatoci in eredità dalla Lotta di Liberazione.

Una fedeltà chiesta anzitutto ai servitori dello Stato: uomini degli apparati di sicurezza, Forze Armate, Magistratura, incaricati dalla comunità di vegliare sulla serenità del vivere civile. Non si serve lo Stato se non si serve la Repubblica e, con essa, la democrazia. L’attività depistatoria di una parte di strutture dello Stato è stata, quindi, doppiamente colpevole”.

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