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Alla scoperta della spiritualità delle Marche con il Cammino dei Cappuccini

Il Cammino dei Cappuccini nelle Marche è un percorso molto ricco sotto il profilo spirituale, storico, artistico e naturalistico, e molto impegnativo dal punto di vista fisico, a causa della fisionomia dell’entroterra delle Marche che presenta un continuo alternarsi di saliscendi, con numerose tappe dai dislivelli importanti. Esso attraversa da nord a sud la dorsale interna della Marche con un percorso di quasi 400 km che ripercorre i luoghi delle origini dell’Ordine cappuccino. E’ percorribile in molti mesi dell’anno, ma nei mesi invernali (in particolare dicembre, gennaio, febbraio) è sconsigliato, perché diverse tappe sono montuose e potrebbero essere innevate.

Inizia a Fossombrone, dal Colle dei Santi, dov’è il convento dei Cappuccini, da cui dare il via con una liturgia iniziale insieme ai frati lì presenti. Si prosegue nell’incantevole Gola del Furlo, in cui tra le imponenti pareti rocciose si insinua il fiume Candigliano, per giungere nella terza tappa alla storica città di Cagli, dove si può visitare lo storico convento dei Cappuccini, tra i pochi ad aver mantenuto l’architettura originale e zona in cui trovò riparo al termine della sua vita fra Ludovico da Fossombrone.

Da Cagli il cammino prosegue facendo tappa nell’antico monastero di Fonte Avellana, e da lì, passando sotto il corno del Monte Catria continua verso il ‘borghetto’ di Pascelupo, in cui è possibile scorgere l’Eremo di San Girolamo, dove il beato Paolo Giustiniani diede asilo ai primi cappuccini. Il cammino prosegue verso Fabriano, città della carta, e da Fabriano sale a Poggio San Romualdo, passando per l’Eremo dell’Acquarella, in cui nel 1529 si ritrovarono i cappuccini a celebrare il primo capitolo dell’Ordine.

Nella tappa successiva si scopre l’abbazia romanica di Sant’Urbano e l’Eremo dei Frati Bianchi, dove i promotori della riforma cappuccina trovarono rifugio, fino ad arrivare a Cupramontana, e da lì si riparte per arrivare a Cingoli, il ‘balcone delle Marche’, da cui si gode un ampio panorama sulla Regione e conduce a San Severino Marche ed il giorno successivo a Camerino, dove nacquero i Cappuccini e in cui è il primo convento dell’Ordine, il convento dei Cappuccini di Renacavata.

Da Camerino riprende la seconda parte del cammino e la tappa successiva conduce a San Lorenzo al Lago, sul lago di Fiastra. Il tracciato prosegue poi per la città di Sarnano e da lì, passando per il Santuario della Madonna dell’Ambro, un’incantevole luogo di spiritualità incastonato nei Monti Sibillini, si giunge a Montefortino. Il giorno successivo si riparte per Montefalcone Appennino, da cui si può ammirare in un solo colpo d’occhio il multiforme paesaggio delle Marche.

Ripartendo dal Convento degli Osservanti di san Giovanni Battista, luogo che segna l’importante evento della fuga di fra Matteo da Bascio, il cammino conduce a Rotella e in ripartenza a Capradosso, borgo che custodisce la memoria del Venerabile fra Marcellino. Da lì il percorso continua per Offida, dov’è custodito il corpo del beato Bernardo da Offida e giunge alla sua meta ad Ascoli Piceno, nel santuario di san Serafino da Montegranaro, il santo dei Frati Cappuccini delle Marche.

A fra Sergio Lorenzini, ministro della Provincia Picena dei Frati Minori Cappuccini ed autore del volume ‘Il cammino dei Cappuccini’, chiediamo di spiegare questo percorso nelle Marche: “I cappuccini: tutti sanno chi sono ma nessuno da dove vengono. La gente è abituata a vederli, la loro presenza è capillare in tutta Italia e ormai diffusa nel mondo intero, ma le loro origini sono sconosciute. Perciò il Cammino dei Cappuccini con un percorso di quasi 400 km che si snoda da nord a sud nell’entroterra della regione Marche porta il pellegrino alla scoperta della storia e della spiritualità della riforma francescana che avvenne in quei luoghi nel triennio tra il 1525 e il 1528, facendolo attraversare i luoghi più importanti delle origini dei cappuccini e incontrando i religiosi di oggi”.

Quale è la spiritualità di tale cammino?

“Il cammino ripercorre le orme dei primi cappuccini, i quali vollero riformare l’Ordine francescano per riappropriarsi della spiritualità di san Francesco che essi ritenevano perduta. La loro vita, caratterizzata dall’itineranza, ha fatto loro conoscere la fatica della strada, ricordando quello che il Santo di Assisi diceva ai frati: ‘Noi siamo pellegrini e forestieri in questo mondo’. Camminare sul cammino dei Cappuccini significa perciò agganciarsi al loro desiderio di autenticità che può valere per ogni uomo e donna di questo mondo come stimolo a recuperare le radici più profonde della propria storia.

Il cammino diventa perciò alleggerimento non solo da ciò che appesantisce ma anche da ciò che svia dalla verità di noi stessi. Esso permette il recupero della più profonda identità di ciascuno, che nell’ottica cristiana si ottiene non solo con un ritorno a se stessi ma ancor più con un ritorno a Dio, che da Padre ci fa riconoscere figli, figli amati, figli accompagnati. La spiritualità del cammino è fatta anche dall’incontro con i cappuccini di oggi che vivono nei conventi lungo il cammino e li aprono all’accoglienza dei pellegrini, che possono così sperimentare in concreto la vita di un convento cappuccino e condividere i vari momenti che caratterizzano la giornata dei religiosi”.

Per quale motivo ci si mette in cammino?

“La domanda andrebbe rivolta ad ogni singolo pellegrino perché i motivi possono essere tanti e preconfezionare la risposta rischia di essere una semplificazione della realtà. Tuttavia, per non sottrarsi alla fatica della risposta, suddivido i motivi nelle seguenti categorie: motivi di salute (chi lo fa perché ama il trekking e la natura); motivi esistenziali (chi avverte il bisogno di una parentesi dall’ordinarietà per vivere un’esperienza che lo porti a ricentrare e riorientare la propria vita); motivi spirituali (chi intende il cammino come un’esperienza per aprirsi all’incontro con Dio e sperimentarne la vicinanza). In ogni caso, per chiunque si metta in cammino, l’attitudine necessaria è l’apertura e l’accoglienza: vivere un cammino infatti spesso sorprende e concede regali inattesi, che cambiano le prospettive di un’intera esistenza proprio perché non erano programmati né prevedibili”.

Cosa è la credenziale?

“La credenzialeè il passaporto ufficiale che accompagna il pellegrino ed attesta che egli sta compiendo il Cammino dei Cappuccini. E’ di grande importanza averla con sé perché con essa si accede alle ospitalità pellegrine, cioè a tutte quelle strutture recettive e di ristoro che riservano dei prezzi agevolati ai pellegrini. Ad ogni tappa, nella credenziale vanno apposti i relativi timbri che attestano il cammino percorso e al termine del pellegrinaggio consentono il rilascio del ‘testimonium’, la pergamena conclusiva che certifica il compimento del pellegrinaggio. Perciò è importante ricordarsi di far timbrare la credenziale ogni giorno. E’ anche un piacevole ricordo da conservare nel tempo per richiamare alla mente l’esperienza del cammino”.

Il cammino si conclude ad Ascoli Piceno nel santuario di san Serafino da Montegranaro: in quale modo esso emanava il profumo di santità?

“La santità di san Serafino da Montegranaro profuma del più gradevole profumo francescano: quello dell’umiltà. Fu figura dimessa di frate cappuccino, lavoratore indaffarato nei più umili servizi del convento: ortolano, portinaio, cuoco, questuante, i piccoli servizi di coloro che raramente vengono applauditi. Maldestro nell’adempiere al proprio dovere, andò incontro a molte umiliazioni che divennero per lui la strada maestra per una vera umiltà del cuore. Incapace di far leva sulle proprie abilità, non potendo confidare in se stesso confidò pienamente nel Signore che per mezzo di lui operò una quantità smisurata di miracoli, tanto che tutti ad Ascoli Piceno accorrevano a lui per essere guariti. San Serafino è l’esempio di come l’umiltà sia condizione essenziale per l’apertura del cuore al Signore e per un pieno affidamento a Lui, senza il quale l’uomo rimane ancorato a se stesso ma privo della grazia di Dio”.

(Tratto da Aci Stampa)

La bellezza dei Cammini Lauretani nel racconto della prof.ssa Francesca Coltrinari

Dalla fine del 1500 la principale via verso Loreto è stata la ‘Via Lauretana’, che, costruita come strada commerciale e postale, collegava Roma al porto di Ancona, e si impose come percorso privilegiato anche per i pellegrini che intendevano testimoniare la fede, unendo in un unico percorso i tre centri spirituali della cristianità: Roma, Loreto ed Assisi. Con la Via Francigena e la Via Romea, la Via Lauretana era il maggior itinerario di fede in Italia.

La Via Lauretana (https://camminilauretani.eu) non era l’unica via per raggiungere Loreto; da nord a sud, da est ed ovest, si intrecciava un fitto reticolo di connessioni, deviazioni e percorsi alternativi: i ‘Cammini Lauretani’. Itinerari di fede come la Via di Jesi, la Via Clementina, la Via Aprutina, la Via di Visso-Macereto, il percorso da Loreto ad Ancona, oltre alle connessioni con le vie del pellegrinaggio internazionale (Via Francigena, Via Romea), formavano con la Via Lauretana una grande rete di itinerari regionali ed interregionali, unendo sotto il segno di Maria le innumerevoli bellezze d’arte e storia, di fede e di paesaggio.

Alla prof.ssa Francesca Coltrinari, docente di storia dell’arte all’università di Macerata, chiediamo di raccontarci questi ‘cammini lauretani: “I Cammini Lauretani sono un itinerario turistico-culturale che intende far rivivere l’esperienza del pellegrinaggio fra Roma e Loreto. Propone di percorrere la ‘via lauretana’ che univa le due città passando per Assisi. Nel tratto marchigiano erano documentati due itinerari: uno più antico che passava per Camerino-Castelraimondo- Sanseverino-Treia e poi lungo l’attuale strada Regina conduceva a Recanati e Loreto e la via postale che da Colfiorito si dirigeva poi verso Tolentino, Macerata, Recanati e Loreto”.

Per quale motivi i Cammini lauretani attraggono i pellegrini?

“Per molti motivi; i principali sono l’attrazione della reliquia di Loreto (la casa di Nazareth dove avvenne l’Annunciazione), la bellezza artistica e paesaggistica del percorso. In linea generale il turismo religioso attrae a molti livelli, tra cui c’è chi lo fa naturalmente per un’esperienza spirituale, oppure prettamente culturale o di gusto culinario. Essendo una storica dell’arte la mia attenzione si focalizza sulla parte storica ed artistica del percorso, caratterizzato da tante presenze di immagine lauretane, oppure di altri santi come a Tolentino con la presenza di san Nicola”.

Allora quali sono le opere d’arte che si possono trovare nei cammini lauretani?

“Molte, perché anche nei centri minori lungo il percorso ci sono opere d’arte significative, mentre gli stessi centri urbani che si incontrano sono opere esse stesse. Volendo sintetizzare, per il tratto marchigiano, si possono indicare Tolentino, con la basilica di san Nicola che conserva il cappellone, un ambiente affrescato nel 1325 circa da pittori della scuola di Giotto, come Pietro da Rimini, con le storie della vita di san Nicola; Macerata, con il suo centro urbano racchiuso nelle mura cinquecentesche perfettamente conservate, la torre dell’orologio del XVI secolo, ripristinato nel 2018 con un carosello di magi e il Palazzo Buonaccorsi; Recanati, con le opere di Lorenzo Lotto e la stessa Loreto, arricchita da capolavori dei maggiori artisti italiani che avevano lavorato anche per i papi, fra il 1400 ed il 1700”.

Esiste un rapporto tra l’Abbadia di Fiastra e Loreto?

“La storia dell’Abbadia di Fiastra inizia nel XIII secolo ed è un’abbazia benedettina, i cui monaci hanno bonificato queste zone, che erano paludose, rendendole fertili ed ha conservato fino ad oggi il rapporto con la natura che è evidente per chi visita. Dal punto di vista artistico si può ammirare la chiesa medievale. Nel XVI secolo l’abbazia fu ‘amministrata’ dai Gesuiti, che stavano anche a Loreto. Quindi, essendo tappa fondamentale nella via lauretana, si è creato un collegamento tra i due luoghi”.

Tanto famoso, il Santuario di Loreto, che nel XVI secolo fu visitato anche dai giapponesi: per quale motivo?

“Perché Loreto era riconosciuta come il secondo luogo santo d’Italia, dopo Roma, ed anche per il motivo per cui i giapponesi erano stati evangelizzati dai gesuiti, che a Loreto si erano stabiliti fin dal 1554, considerandolo ‘il secondo occhio’ della Sede apostolica”.

In quale modo gli artisti erano ‘attratti’ dai cammini lauretani?

“Loreto offriva l’opportunità di lavorare per committenti importanti (papi, principi, alti prelati) e garantiva che le opere fossero poi viste da moltissime persone che venivano da ogni parte del mondo. Alcuni erano attratti anche dal santuario per cui ritenevano il loro contributo artistico anche un atto religioso. Fra questi il pittore veneziano Lorenzo Lotto (1480-1556) che scelse di farsi ‘oblato’, quindi offrendosi e dedicandosi completamente alla santa casa, a cui lasciò i suoi dipinti e in cui morì”.

Quindi è un percorso che può interessare tutti?

“Sicuramente, perché mettere valore per un turista vuol dire creare qualità per chi ci vive, che può diventare turista del proprio territorio”.

Infine, nel Rinascimento quale importanza ebbe la produzione artistica di Tolentino, prima grande città marchigiana per chi giunge da Roma?

“Tolentino ebbe importanti figure di livello internazionale nel campo della cultura e della politica; le principali sono l’umanista Francesco Filelfo, attivo nelle maggiori corti del 1400, come quella di Milano, ed il condottiero Niccolò Maurizi, che combatté per la Repubblica di Firenze e mandò a Tolentino il portale scolpito della basilica di san Nicola. Nell’arte, importante il santuario di san Nicola che conservava il corpo del primo santo dell’ordine agostiniano e quindi divenne un punto di riferimento per tutto questo ordine religioso”.

((Tratto da Aci Stampa)

In Calabria sulle tracce di san Francesco di Paola

‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, curato da Angelina Marcelli, Vincenzo Astorino e Alessandro Mantuano propone un’esperienza escursionistica, culturale e spirituale plasmata sulla memoria storica del santo patrono della Calabria, alla scoperta degli aspetti umani e religiosi del frate, profondamente legato alla sua gente e al rispetto della natura. Un percorso che porta a conoscere l’affascinante storia del santo e a ripercorrere i suoi passi tra foreste secolari di faggi e il folklore di paesi dalle tradizioni antichissime; che si arricchisce con la visita a borghi di antica bellezza e con i sapori e l’ospitalità tipici delle tradizioni calabresi.

Alla coautrice della guida, prof.ssa Angelina Marcelli, docente di storia economica all’Università degli studi eCampus e responsabile della comunicazione e cultura dell’associazione ‘Il Cammino di San Francesco di Paola’, abbiamo chiesto di raccontare in cosa consiste tale cammino: “Il Cammino nasce nel 2017 con l’intenzione di proporre un’esperienza escursionistica e allo stesso tempo culturale e spirituale, plasmata sulla memoria storica e sulle tradizioni locali legate alla figura di Francesco di Paola (1416-1507).

Il patrono della Calabria era un eremita, fondatore dell’Ordine dei Minimi, che ha finito i suoi giorni in Francia, presso la corte del re più potente del suo tempo. Noi sintetizziamo il senso del cammino definendolo una ‘biografia su mappa’, perché vogliamo ricostruire i viaggi compiuti da Francesco in diversi momenti della sua vita. Ogni Via, dunque, è accompagnata da una narrazione che vuole mettere in evidenza motivazioni, luoghi e protagonisti di ogni viaggio. Attualmente sono attive tre Vie; a breve inaugureremo la Via per la Francia e speriamo di poter mettere mano presto sia alla Via per la Sicilia che al Pellegrinaggio ad Assisi”.

Perché è la ‘via del giovane’?

“All’età di 13 anni, Francesco Martolilla si reca a San Marco Argentano per adempiere un voto fatto dai genitori, che di fronte alla malformazione ad un occhio del loro bambino, avevano promesso che lo avrebbero concesso come oblato per un anno in una comunità francescana. Abbiamo quindi pensato di tracciare il percorso da San Marco Argentano a Paola (49 km in tre tappe) per fare memoria del ritorno a casa, un viaggio contrassegnato da una parte dalla certezza di essere chiamato a servire il Signore, ma dall’altra dall’inquietudine di non sapere esattamente come”.

In cosa consiste la ‘via dell’eremita’?

“Lungo la Via dell’Eremita (62,7 km in tre tappe) accompagniamo frate Francesco ormai maturo (aveva circa 56 anni) verso Paterno dove fonda il suo secondo romitorio dopo quello di Paola. Si tratta di un viaggio importante per diversi aspetti. E’, infatti, un passo che compie solo dopo che la Chiesa aveva formalizzato la nascita della sua congregazione eremitica, ma soprattutto segna il tempo dell’affermazione di un’identità comunitaria basata sull’osservanza del suo stile di vita. Per diversi anni, Francesco (curava personalmente la costruzione dei romitori) fece la spola tra Paola e Paterno e per questa ragione abbiamo pensato di tracciare la Via in modo bidirezionale”.

Ed infine come si sviluppa la ‘via dei monasteri’?

“Più che un singolo viaggio, è un andirivieni che frate Francesco compie per congiungere i romitori fondati in Calabria dopo quello di Paola, cioè Paterno (1472), Spezzano (1474) e Corigliano (1476). Questo viaggio ideale, segno di maturità spirituale, sigilla il forte legame tra Francesco e la sua terra, ma anche della intensa relazione con i suoi confratelli, che si assumono la responsabilità di guidare le nuove comunità. Da Paterno, il percorso si dirige verso l’Area MaB UNESCO della Pre-Sila e arriva nel Golfo di Corigliano (135 km in 6 tappe)”.

Perché san Francesco da Paola fondò l’Ordine dei Minimi?

“Nonostante il divieto imposto dal Concilio Lateranense IV, Francesco di Paola ottenne l’approvazione della regola dell’Ordine dei Minimi, sintesi della natura e del carisma impressi alla sua famiglia religiosa. L’umiltà del Fondatore è incisa in questo nome che sembra voler indicare ai frati una strada di continua conversione per diventare piccoli, semplici, minimi appunto”.

Per quale motivo il viandante si mette in cammino?

“Le ragioni sono tante e una non esclude l’altra. Quasi sempre c’è una motivazione personale di natura spirituale. Molti, infatti, lo fanno a mo’ di pellegrinaggio. Tanti, soprattutto quelli proveniente da altre regioni, invece, sono attratti dalla natura, dalla varietà di paesaggi, dalla bellezza e dalle tradizioni culturali dei borghi attraversati e solo dopo entrano in contatto con la spiritualità dell’eremita paolano. Tutti, poi, finiscono per apprezzare il volto più bello della Calabria, che è l’accoglienza”.

Quale è la spiritualità del cammino?

“Percorrere il cammino significa un po’ vestirsi dell’abito di Francesco, fatto di sobrietà ed essenzialità, di contemplazione del creato e di amore per il prossimo e per la natura. Si tratta di un abito che in qualche modo si trasmette di più con l’esperienza stessa che con le parole”.

Per qualsiasi informazione: info@ilcamminodisanfrancesco.it

(Tratto da Aci Stampa)

Festa di santa Rita spiritualità e solidarietà per costruire un domani di speranza per Cuzco in Perù

Coniugare spiritualità e solidarietà, per costruire oggi un domani di speranza, partendo dall’ascolto dei bisogni dei più fragili. È questo l’obiettivo con cui, in occasione dell’ormai prossima Festa della Santa degli Impossibili del 22 maggio, la Fondazione Santa Rita da Cascia ets, che ancora una volta si fa portavoce del suo messaggio, secondo il volere delle monache agostiniane, ha avviato una campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi in favore dei suoi progetti di solidarietà in Italia e nel mondo, in particolare con destinazione Perù. Si vuole sostenere, infatti, il completamento dei lavori dell’Auditorium ‘Beata Maria Teresa Fasce’ dell’istituto educativo ‘San Agustin de Hipona’, fondato dai missionari agostiniani nel 2012 nel distretto di San Jeronimo, a Cuzco.

“Siamo nel pieno dei preparativi della festa e, come Santa Rita ci ha insegnato, mentre viviamo uno stato di caos mondiale preoccupante, sostenuti dalla speranza noi continuiamo a fare la nostra parte, aiutando chi ha bisogno – ha dichiarato Suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero e Presidente della Fondazione Santa Rita da Cascia ets – Per noi monache spiritualità e solidarietà sono intrecciate e si sostengono a vicenda, per cui ogni anno, con la nostra Fondazione sosteniamo in particolare un progetto di solidarietà. La richiesta di aiuto, questa volta, ci è arrivata dai confratelli agostiniani di Cuzco. Vorremmo portare a termine i lavori del loro Auditorium, uno spazio in cui gli studenti, le loro famiglie e tutta la comunità locale possa ritrovarsi, superando traumi e difficoltà, per costruire un futuro più dignitoso per tutti loro”. 

L’Auditorium, incompiuto a causa delle difficoltà post-pandemiche, sarà uno spazio polifunzionale dove organizzare seminari, laboratori, incontri di formazione e gruppi di mutuo aiuto, per supportare il diritto all’educazione e all’integrazione sociale degli oltre 300 alunni, delle loro famiglie e dei 32mila rappresentanti della comunità locale, che vivono in un contesto caratterizzato da difficili condizioni: povertà, abuso di alcol e droga, violenza sulle donne, favoreggiamento della prostituzione, tratta dei minori, disabilità, elaborazione di gravi lutti familiari.

Chiunque vorrà sostenere la raccolta fondi, riceverà l’Ovunque di Santa Rita: il ciondolo a forma di cuore, su cui è incisa una rosa, e che conserva al suo interno l’immagine dell’amata Santa e la preghiera ‘Ovunque proteggimi’. Per maggiori informazioni festadisantarita.org

Dopo tanta attesa da parte dei devoti e non solo di tutta Italia, sabato 18 e domenica 19 maggio, nel weekend precedente la Festa, tornano finalmente nelle piazze di tutte le regioni d’Italia le Rose di Santa Rita, altro evento di sensibilizzazione e raccolta fondi promosso dalla Fondazione per sostenere l’infanzia, con una donazione minima di 15 euro. Saranno quasi 350 i punti di distribuzione, dove saranno attivi i tantissimi volontari, cuore dell’organizzazione ritiana. I progetti sostenuti vanno dall’Alveare, che a Cascia accoglie minori con situazioni familiari di disagio, fino agli stessi studenti di Cuzco.

Le rose sono il simbolo per eccellenza della santa più venerata in tutto il mondo. Questo fiore rappresenta l’amore di Santa Rita, che diffonde il suo profumo ovunque e in ogni tempo: come la rosa, la taumaturga umbra ha saputo fiorire nonostante le spine della vita, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori.

Per avere maggiori informazioni sui punti di distribuzione e cercare il volontario più vicino, si può consultare la mappa al link rosedisantarita.org Allo stesso link, per chi non potrà andare in piazza, fin d’ora e anche dopo l’evento, è già disponibile la piantina, con una donazione minima di 25 euro.

Parlando degli eventi della Festa, dal 12 maggio è iniziata la Novena di Santa Rita, per la quale fino al 20 maggio alle ore 11.50 si potrà seguire, in via esclusiva solo online, il Rosario che le monache recitano dal Coro del Monastero, luogo di clausura. Sarà possibile seguire tutte le celebrazioni più importanti della Festa, promossa dalle comunità agostiniane e dall’amministrazione comunale, in diretta streaming sui canali social del monastero agostiniano di Cascia. Per saperne di più santaritadacascia.org

La Festa entrerà poi nel vivo lunedì 20 maggio, alle ore 10, quando saranno presentate le donne insignite del Riconoscimento Internazionale Santa Rita da Cascia 2024: Cristina Fazzi, Virginia Campanile, Anna Jabbour, presentate dal noto conduttore televisivo e giornalista Roberto Giacobbo. Si tratta di un premio unico nel suo genere che, dal 1988, viene conferito alle donne di ogni Paese e religione che incarnano i valori ritiani. Sabato 21 maggio, intorno alle ore 17.30, si svolgerà la consegna del premio, accompagnata dal messaggio della Priora, e, infine, il Solenne Transito di Santa Rita. In serata, alle ore 21.30, la Fiaccola della Pace e del Perdono farà ritorno a Cascia, quest’anno da Enna, seguirà l’accensione del tripode votivo e l’avvio ufficiale dei festeggiamenti 2024.

Nel giorno solenne della Santa del 22 maggio, tutta la famiglia ritiana sarà in preghiera durante il Solenne Pontificale delle ore 11.00, presso la Sala della Pace, presieduto dal Cardinale Robert F. Prevost osa, Prefetto del Dicastero dei Vescovi. Al termine della Messa, la Processione, il tradizionale Corteo storico e la Statua proseguiranno fino al Sagrato della Basilica, dove si svolgeranno la Supplica a Santa Rita e la Benedizione delle Rose.

Mettere la vita in gioco: convegno sulla spiritualità nello sport

Lunedì scorso si è svolta la presentazione del convegno internazionale su sport e spiritualità (‘Mettere la vita in gioco’) in programma dal 16 al 18 maggio per iniziativa del Dicastero per la cultura e l’educazione e l’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede con interventi dell’ambasciatrice di Francia presso la Santa Sede, Florence Mangin; Emanuele Isidori, professore di Filosofia dello Sport all’università di Roma Foro Italico) e l’atleta atleta paralimpico Antonio Mariani; e del card. José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il quale ha osservato che l’organizzazione di un convegno che parla di sport da parte della Chiesa può sembrare ‘strano’, ma in fondo non lo è, come è stato affermato in un’intervista alla Gazzetta dello Sport da papa Francesco:

“Ma partendo dalle parole di Papa Francesco, quando paragona lo sport alla santità, ci rendiamo conto dei tanti punti di connessione che esistono tra sport e spiritualità. Papa Francesco ce lo dice in un’intervista rilasciata nel 2021 a due giornalisti della Gazzetta dello Sport… L’organizzazione di questo Convegno si propone di fare proprio questo: osservare lo sport oggi. Capire perché è così popolare. Identificare i suoi rischi. Valutare la sua rilevanza per la costruzione di una società più fraterna, tollerante ed equa. Discernere come Dio si manifesta in questa manifestazione culturale”.

Anzi tra storia dello sport e storia della Chiesa ci sono molti contatti, ricordando le parole di san Giovanni Paolo II nel 2000 durante il Giubileo degli sportivi: “Se guardiamo alla storia dello sport in parallelo con la storia della Chiesa, ci sono stati molti momenti in cui lo sport è stato un’ispirazione e una metafora per la vita dei cristiani, oppure il cristianesimo stesso ha arricchito lo sport con la sua visione umanistica”.

Ed ha citato il motto olimpico, introdotto alle Olimpiadi del 1924 svoltesi a Parigi su proposta di un religioso: “Ecco un breve esempio a proposito: quest’anno si celebra il centenario dell’introduzione del motto olimpico ‘citius, altius, fortius’ (più veloce, più alto, più forte) ai Giochi Olimpici di Parigi del 1924. Un motto che era stato ideato da un ecclesiastico, il frate domenicano Henri Didon, e proposto a Pierre de Coubertin, il fondatore dei Giochi Olimpici moderni (Atene – 1896).

L’esempio di Fra Henri Didon esprime così il desiderio della Chiesa nei confronti dello sport: la Chiesa non vuole controllare lo sport o creare uno sport alternativo, ma umanizzarlo attraverso una visione cristiana dello sport”.

Insomma, tra lo sport e la Chiesa intercorre la ‘sinodalità sportiva’: “E’ vero, la figura di Gesù, nel suo messaggio e nei suoi gesti, ha molto da offrire allo sport. Allo stesso modo, la Chiesa ha molto da imparare dal fenomeno sportivo. Questo è essenzialmente ciò che vogliamo ottenere con questo Convegno internazionale, portando qui non solo voci dall’interno della Chiesa, ma anche voci esterne alla Chiesa che ci aiuteranno con le loro riflessioni. Si tratta di un bellissimo esercizio di ‘sinodalità sportiva’. E così si rischia una cultura dell’incontro, come sottolinea papa Francesco”.

Mentre l’ambasciatrice francese, mademoiselle Mangin, ha sottolineato che “i Giochi di Parigi del 1924 si aprirono, al pari dei precedenti, con una messa olimpica celebrata nella Cattedrale Notre-Dame. Nel 2024, la Chiesa dei Giochi sarà quella della Madeleine a Parigi, dove si celebrerà a partire dal 19 luglio la messa di apertura della Tregua Olimpica, mentre il 4 agosto un evento interreligioso si svolgerà sul sagrato della Cattedrale Notre-Dame, ancora chiusa”.

Inoltre ha richiamato al preambolo della Carta olimpica (‘L’Olimpismo è una filosofia di vita, che esalta e unisce in un insieme equilibrato le qualità del corpo, della volontà e della mente. Mescolando lo sport con la cultura e l’educazione, l’Olimpismo vuole essere creatore di uno stile di vita basato sulla gioia nello sforzo, sul valore educativo del buon esempio, sulla responsabilità sociale e sul rispetto dei principi etici fondamentali universali’) che si coniuga con l’enciclica di papa Francesco, ‘Fratelli tutti’:

“I Giochi di Parigi 2024 riprenderanno questi grandi orientamenti, ponendo l’accento sulla sobrietà delle installazioni, sull’inclusività, con una sola squadra di Francia che riunisce gli atleti olimpici e paralimpici e con un’attenzione particolare ai più poveri. S’impegneranno ad essere anche durevoli, con la promozione dello sport nella vita quotidiana dei giovani e come mezzo di inclusione sociale. Infine, saranno completamente paritari riguardo agli atleti olimpici, con tanti atleti uomini quante atlete donne”.

Infine il prof. Isidori ha presentato la struttura dell’incontro: “Il convegno che abbiamo organizzato mira a riflettere su questo fenomeno da un punto di vista telescopico e microscopico, in altre parole: vedere lo sport oltre lo sport. Più precisamente, per comprenderne le radici culturali, individuarne i rischi, apprezzarne l’importanza nella costruzione di una società più fraterna, valutarne il potenziale pedagogico e, soprattutto, approfondirne la rilevanza spirituale”.

Questo il programma delle giornate: “La prima giornata (16 maggio) affronterà il rapporto tra ‘Chiesa e Sport’, attraverso la condivisione della testimonianza di atleti di alto livello e di alcune esperienze pastorali concrete che mettono lo sport al servizio del Vangelo e il Vangelo al servizio dello sport…

La seconda giornata (17 maggio) si concentrerà sul rapporto tra ‘Uomo e Sport’, attraverso la riflessione di un gruppo di relatori altamente qualificati provenienti da università italiane e francesi, che discuteranno dello sport in termini di rilevanza pedagogica, filosofica, sociologica e teologica…

La terza giornata (18 maggio) avrà una dimensione più pratica, e vedrà l’organizzazione di un evento sportivo di solidarietà (la staffetta della fraternità) per mostrare alla società civile la rilevanza sociale dello sport stesso”.

(Foto: Vatican Media)

Suor Oberto racconta i 100 anni delle Pie Discepole del Divin Maestro

“Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Pie Discepole di Divin Maestro, che celebrano il centenario di fondazione: possa questa ricorrenza essere uno stimolo per rinsaldare gli ideali religiosi e per esprimere in modo sempre più generoso la dedizione a Dio e ai fratelli”: così al termine dell’udienza generale dello scorso 7 febbraio papa Francesco ha espresso il desiderio che il centenario sia occasione di dedizione a Dio.

Le Pie Discepole del Divin Maestro sono un istituto religioso femminile di diritto pontificio, fondato ad Alba (Cuneo) dal beato Giacomo Alberione (1884-1971): dopo aver istituito il ramo maschile e quello femminile dei paolini, volle dare inizio a un ramo di religiose di vita contemplativa che supportasse con la preghiera (soprattutto mediante l’adorazione eucaristica) l’apostolato dei padri e delle suore.

Il 10 febbraio 1924 il beato cuneese diede inizio alla congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro ed il 3 aprile 1947 mons. Luigi Maria Grassi, vescovo di Alba, eresse canonicamente le Pie Discepole in congregazione di diritto diocesano.

Quindi partendo dal saluto papale, a suor Marie Joseph Oberto, componente della congregazione delle Pie Discepole del Divin Maestro e referente dell’équipe della postulazione della famiglia paolina, chiediamo di spiegarci cosa significa dedicare la vita a Dio: “Quando papa Francesco ha augurato che il Centenario sia uno stimolo ‘per esprimere in modo sempre più generoso la dedizione a Dio e ai fratelli’, il pensiero è andato alla Dedicazione di una Chiesa: l’edificio diventa luogo per accogliere chi vuole incontrare Dio, comunicare con Dio. Quindi essere persone dedicate a Dio e ai fratelli è essere a tempo pieno la dimora di Dio, dialogare con Lui ed essere luogo di accoglienza, di contagio per chi avviciniamo”.

In quale modo comunicare l’amore di Dio attraverso la bellezza?

“Nella Genesi la creazione è danza della vita, una sinfonia scritta dalla Parola, ritmata dal ‘vide che era cosa bella/buona’! Dio Creatore è Bellezza e ‘il più bello tra i figli dell’uomo’, cantato dal salmo 44 è Gesù, il Verbo incarnato. Nella nostra missione valorizziamo la bellezza intesa come armonia della vita e via di evangelizzazione. E secondo la nostra Regola di vita ‘nel volto e nella voce del Signore Crocifisso e Risorto contempliamo la Bellezza che salva il mondo e non possiamo tacere ciò che abbiamo visto e ascoltato, perciò comunichiamo l’amore incondizionato di Dio per l’umanità anche attraverso la via della bellezza che promuove l’incontro fra la fede cristiana e le culture del nostro tempo’”.

Nel messaggio quaresimale il papa ha scritto che azione è anche fermarsi in preghiera: come è possibile?

“Un contributo sulla ministerialità nella Chiesa di tutto il popolo di Dio e quindi anche della donna, è stata la proposta di un Convegno interdisciplinare, svoltosi dal 28 gennaio al 3 febbraio: ‘La voce della donna nei ministeri della Chiesa. Un dialogo sinodale’ con obiettivo di ascoltare, con attenzione e rispetto, la voce delle donne in una Chiesa ministeriale e missionaria, in stile sinodale e in dialogo con le altre confessioni cristiane; approfondire il tema e la prassi dei ministeri ecclesiali, in particolare quelli esercitati dalle donne nella Chiesa di ieri e di oggi, secondo gli specifici contesti culturali; avviare processi di trasformazione e generativi che favoriscano scelte coraggiose per la nostra missione nella vita della Chiesa”.

Dove si fonda la vostra spiritualità?

“Il Mistero pasquale del Signore Gesù è il cuore della nostra spiritualità apostolica. Lo viviamo in comunione con la Chiesa, nell’itinerario dell’anno liturgico e in tutti gli ambiti della vita quotidiana, alimentandoci alle sorgenti di una spiritualità radicata nell’ascolto della Parola di Dio, nel Mistero eucaristico e nella vita liturgica”.

Qual è l’eredità carismatica del beato Giacomo Alberione?

“Papa Francesco ha ricordato che ‘la differenza non è tra progressisti e conservatori, ma tra innamorati e abituati’. Il beato Giacomo Alberione nel 1924, aveva detto che le Pie Discepole sono nate per l’Adveniat regnum tuum e per vivere questo programma evangelico ha dato una luce valida anche per l’inculturazione nel tempo e nella storia, per non confondere il carisma con le opere di un determinato tempo storico: ‘Da un solo amore nascono i tre apostolati che sono diretti ad un unico fine: l’amore a Gesù che vive nell’Eucaristia, l’amore a Gesù che vive nel sacerdozio, l’amore a Gesù che vive nella Chiesa… e da Gesù Maestro sono illuminati, sono  nutriti, sono guidati’. E a chi chiedeva, dai vari luoghi di missione, che cosa si doveva fare, la risposta era: le invenzioni dell’Amore… inventare, moltiplicare le invenzioni dell’Amore”.

Chi era Madre Scolastica?

“Dal suo ingresso nella nascente Comunità paolina in Alba, Orsola Rivata, che nel 1924 prenderà il nome di suor Scolastica, è stata ‘collaboratrice in Cristo’ di don Alberione che l’ha gradualmente formata e coinvolta per dar vita alle Pie Discepole del Divin Maestro. E’ colei che ha creduto con tenacia e perseveranza quando ancora nulla si vedeva, è la ‘prima fra molte’ che nei 100 anni di storia hanno seguito e servito Gesù Maestro Via, Verità e Vita.

Madre Scolastica è una donna innamorata del Signore e quindi dei fratelli e delle sorelle, una donna che vive la sinfonia del silenzio, che ha imparato a tenere il mondo e tutte le sue vicende con le mani alzate, perché tutti abbiano la vita e la vita in abbondanza.

In occasione del centenario, si è realizzata (in via Portuense 739 – Roma) un’esposizione multimediale e interattiva: ‘Madre Scolastica un percorso oltre il tempo’, per farla sentire come proposta viva e possibile per la santità cristiana nell’oggi (si può visitare prenotando giorno e orario: percorsomadrescolastica@gmail.com). Inoltre, ispirato alla sua vita, è stato proposto l’Oratorio sacro: ‘Voce e silenzio’, con testi e musiche del maestro Marcello Bronzetti ‘ilFedeleAmato’ www.youtube.com/watch?v=UTJNT2LCWTE”.

In cosa consiste la mostra?

“La mostra si svolge in tre momenti. Nel primo incontriamo Orsola che non è ancora entrata nella famiglia paolina, nel secondo vediamo il suo incontro con don Alberione che la invita a fondare con lui una nuova famiglia. Ciò che guida Orsola, che nel frattempo è diventata suor Scolastica, è sempre questo sguardo fisso a Gesù. Una volta che la congregazione vive la sua cittadinanza nella chiesa, nel terzo momento, passiamo a contemplare quello che le Pie Discepole hanno compiuto nei loro cento anni di storia vivendo le direttive di suor Scolastica collaborando in Cristo con don Alberione”.

(Tratto da Aci Stampa)

I Cammini sono sempre in aumento

Sempre più sentieri diventano cammini e sempre più italiani li percorrono, secondo il dossier curato da ‘Terre di mezzo’, la casa editrice specializzata nelle guide per chi ama viaggiare a piedi, intitolato ‘Italia. Paese di cammini’, per cui nello scorso anno sono aumentati sia il numero delle credenziali, cioè i passaporti cioè su cui sono impressi i timbri a ogni tappa del pellegrinaggio, che dei ‘testimonium’, cioè gli attestati che vengono consegnati a chi ha completato il tragitto o ha percorso almeno gli ultimi 100 chilometri, come succede in Spagna a Santiago de Compostela.

Infatti nello scorso anno per la prima volta le credenziali (i passaporti dei pellegrini) consegnate ai camminatori dai Cammini italiani hanno superato quota 100.000 (101.419), con un incremento del 25% cento rispetto al 2022 (erano 81.473). Ancora più sensibile l’aumento dei Testimonium italiani, che passano da 32.756 nel 2022 a 57.600 nel 2023.

L’editore, leader nelle guide sui Cammini (ha pubblicato a marzo il primo ‘atlante’ dei Cammini italiani) in questo inizio anno ha contattato 138 gestori di cammini in Italia, e ha raccolto le risposte di 113 (i più strutturati). La prima parte del dossier riguarda appunto i numeri relativi a credenziali e Testimonium dichiarati dai gestori dei Cammini italiani: il dato di 101.419 si riferisce a 92 Cammini ed è sicuramente sottostimato considerando anche che alcune Vie che non registrano i dati.

Fotografa però la costante crescita dei camminatori in Italia: nel 2017 i Cammini più strutturati che avevano e distribuivano la credenziale erano solo 6 e il totale delle credenziali distribuite era di 17.988. Su 101.419 credenziali contate, 66.499 sono state consegnate direttamente ai camminatori e 34.920 ai punti di distribuzione/vendita.

Moltissimi i Cammini in crescita, sia in base alle credenziali sia in base ai Testimonium: il Cammino di Oropa, il Materano, il San Benedetto, il San Jacopo in Toscana, il Cammino minerario di Santa Barbara in Sardegna, le Vie del Viandante, le Vie Francigene di Sicilia. Stabile la Via Francigena, in calo la Via degli Dei.

La seconda parte del dossier riguarda i camminatori: Terre di mezzo, tra febbraio e marzo, ha realizzato un questionario online, a cui hanno risposto 2.427 persone: si accentua il sorpasso delle donne camminatrici (57%) sugli uomini (43%); mentre nel 2018 la situazione era rovesciata: il 57% dei camminatori erano uomini ed il 43% donne. Il 27% di coloro che hanno risposto al questionario nel 2023 ha percorso 2 Cammini; il 24% addirittura 3 o più, mentre il 41% dichiara di spendere le proprie vacanze principalmente in Cammino.

Poi ci sono i ‘grandi camminatori’: il 12% ha dichiarato di avere camminato nell’ultimo anno tra i 50 e i 100 giorni, ed il 9% addirittura di aver trascorso più di 100 giorni in cammino. Inoltre il 31% cammina in solitaria, il 69% in compagnia od in gruppo; inoltre il 72% ha scelto un Cammino in Italia, il 27% un Cammino in Europa (per la maggior parte, il 22% verso Santiago). Il 32% ha scelto ancora un Cammino per motivi religiosi o spirituali.

Il 76% cammina con la credenziale: da tali dati si deduce che almeno 148.000 persone si sono messe in Cammino nel 2023 (rispetto alle 123.000 dell’anno precedente), generando un indotto di almeno 1.350.000 pernottamenti ed il 47% ha speso per ogni giorno di Cammino una somma superiore ad € 40/50. Inoltre il 44% sceglie gli appartamenti, il 30% gli ostelli, il 13% gli alberghi. Solo il 9% le strutture ecclesiastiche e il 4% la tenda.

La terza parte del dossier riguarda i numeri del Cammino di Santiago de Compostela, che rappresenta l’itinerario più famoso e più percorso in Europa: 446.042 i pellegrini giunti a Santiago nel 2023 (erano 438.307 nel 2022) con un calo degli spagnoli, mentre sono in crescita quelli che arrivano dall’Europa e dal resto del mondo. 28.649 sono stati gli italiani (erano 27.134 nel 2022 e 28.749 nel 2019, l’ultimo anno prima della pandemia). Ma ancora di più i pellegrini provenienti dagli Stati Uniti: 32.070 (erano 26.035 nel 2022 e 20.652 nel 2019).

(Foto: Terre di Mezzo)

Giubileo: la cultura per respirare spiritualità

“Nel suo diario Zavattini annota: Vorrebbero [che facessi] un film tutto mio, lasciandomi totalmente libero, dico totalmente, purché il film si basi sulla morale cristiana, ma chi non è cristiano? Cristo è alle porte”: con questo pensiero a conclusione della presentazione  degli eventi culturali che accompagneranno il Giubileo del 2025 mons. Dario Edoardo Viganò, vice cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze e delle Scienze Sociali, ha presentato la rassegna dei film ‘Volti e controvolti di speranza’ che sarà aperta il 14 aprile al Cinema delle Province, a Roma, con la pellicola ‘La porta del cielo’ (Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, 1945), in una copia recentemente restaurata. Si tratta di un lavoro di rete tra Fondazione MAC, il Centro di ricerca Cast di Uninettuno, Officina della Comunicazione, Isacem e Cineteca Nazionale.

Quindi questa rassegna si apre con il film di Vittorio De Sica e Cesare Zavattini: “Nello specifico dell’opera di De Sica-Zavattini, La porta del cielo racconta un pellegrinaggio di malati al santuario di Loreto. Girato, tra il marzo e il giugno del 1944, durante l’occupazione nazifascista della Capitale, le riprese si svolsero a Roma nella Basilica di San Paolo fuori le Mura. Nel processo realizzativo del film fu coinvolto anche Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI, allora sostituto alla Segreteria di Stato”.

Sollecitando le 500 Sale di comunità in Italia a replicare l’iniziativa di quella della diocesi di Roma, mons. Viganò ha citato gli altri film selezionati dalla Fondazione Ente dello Spettacolo: ‘On life’ (2023) di James Hawes, con il premio Oscar Anthony Hopkins, ‘La chimera’ (2023) di Alice Rohrwacher con Josh O’Connor e Isabella Rossellini, ‘Perfect Days’ (2023) di Wim Wenders, ‘Foglie al vento’ (2023) di Aki Kaurismäki., ‘L’intrepido’ (2013) di Gianni Amelio; ‘Silence’ (2016) di Martin Scorsese; ‘Chiara’ (2022) di Susanna Nicchiarelli; ‘Il concerto’ (2009) di Radu Mihăileanu e ‘Cristo proibito’ (1951) di Curzio Malaparte.

Iniziando la conferenza stampa mons. Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, Sezione per le Questioni Fondamentali dell’Evangelizzazione nel Mondo, ha spiegato il motto ‘Pellegrini di speranza’: “Tutti sperano, nessuno escluso. L’esperienza della speranza è radicata nel cuore di ogni persona come attesa di un bene e desiderio che si realizzi. La speranza è oggetto di studio da parte varie scienze: dalla letteratura alla psichiatria; dalla sociologia alla filosofia e teologia… l’esigenza di dare voce alla speranza accomuna i saperi e rende l’umanità più coinvolta in un processo di progresso e benessere”.

Inoltre, mentre ha detto che nel prossimo mese sarà reso pubblico il programma completo, mons. Fisichella ha sottolineato il valore spirituale del Giubileo: “E’ per questo che fin dai primi giorni di progettazione si è dato vita anche a una Commissione culturale con l’intento di trovare le forme più adeguate per dare spessore all’esperienza giubilare. La Commissione è stata in grado di accogliere e valutare tante proposte che sono giunte da differenti parti. Alcune sono già partite mentre altre troveranno attuazione nei prossimi mesi. Mi piace, ad esempio, far riferimento al progetto ‘In Cammino’, un pellegrinaggio moderno tra le 14 maggiori Abbazie d’Europa ideato e promosso da Livia Pomodoro, presidente dell’associazione culturale ‘No’hma – In cammino’.

Il Pellegrinaggio, partito dall’Abbazia di Canterbury nel luglio del 2023, attraversa sette Paesi europei per giungere poi fino a Roma nel 2025. Lo scopo principale di questa iniziativa è quello di proporre, come spiegano gli organizzatori, un vero e proprio percorso del cuore e della mente, che riunisce in sé ragione e fede, riscoperta e rispetto dell’ambiente all’insegna della speranza”.

Inoltre don Alessio Geretti, collaboratore esterno del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha illustrato la mostra di icone che è esposta per tutto l’anno alla chiesa di Sant’Agnese in Agone, in sacrestia, ‘un luogo di grande accessibilità per tutti’: saranno esposte una ventina di opere, di tradizione russa, ucraina, siriana, con la speciale collaborazione tra il dicastero per l’Evangelizzazione ed i Musei Vaticani: le icone nel contesto dell’arte bizantina saranno particolarmente adatte a entrare nell’Anno Santo.

All’inizio 2025 (tra novembre 2024 e gennaio 2025) ed entro l’estate di quest’anno ci saranno due eventi su Salvador Dalì e Marc Chagall, che proviene da una tradizione ebraica e sviluppatore di una mistica della quotidianità, nutrito di Sacra Scrittura, grande fonte di ispirazione per lui, come ha detto don Geretti: “Forse uno dei pochissimi del mondo ebraico che ha esplicitamente riconosciuto il fascino di Cristo, che poteva sintetizzare ai suoi occhi la sua fede e che ci offre una importante chiave di lettura anche per l’oggi”.

E per quanto riguarda Salvador Dalì don Geretti ha sottolineato il suo percorso di fede: “Dalì trovò religiosamente interessantissima, inoltre, la radice di fede delle scienze quantistiche: la materia, sosteneva, è l’antefatto dello Spirito. In Dalì troviamo che la bellezza della forma risveglia la tensione verso la vita nello Spirito”.

(Foto: Vatican News)

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