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Card. Parolin: santa Chiara ha scelto la spoliazione di sé
“Da Assisi, in occasione di questa festa, voglio lanciare una forte preghiera ed appello per la pace in tutto il mondo. Come più volte ha ribadito il Santo Padre, la guerra è una sconfitta per tutti e non porta benefici a nessuno”: lo ha detto domenica scorsa ad Assisi, celebrando la festa di santa Chiara, il segretario di stato vaticano, card. Pietro Parolin, che ha posto l’accento sulla scelta di povertà da parte dell’assisate “che si pone come scelta di vita nella nostra società, contrassegnata dal consumismo, ossia dalla sfrenata ricerca di soddisfare i bisogni indotti dalla pressione della pubblicità e da fenomeni d’imitazione sociale, con gli inevitabili sprechi economici e l’inquinamento e l’edonismo, che considera il piacere come bene sommo dell’uomo ed il fine esclusivo della vita”.
Prima dell’inizio della cerimonia, il card. Parolin aveva ribadito la necessità di “spogliarsi di sé, come avevano fatto Chiara e Francesco: e non tanto dei beni materiali ma degli egoismi, delle proprie posizioni e pretese per aprirsi agli altri con un approccio fraterno e di pace”.
Mentre il ministro generale, p. Massimo Fusarelli, nella lettera inviata alle clarisse, aveva sottolineato il rapporto di san Francesco e di santa Chiara con Gesù: “Il fulcro è la relazione con il Signore Gesù. Se per Francesco l’incontro misterioso della Verna ha segnato un nucleo di fuoco che lo ha preparato a diventare conforme alla morte e risurrezione di Gesù Cristo nell’incontro con ‘sorella morte’, per Chiara l’incontro con il ‘suo’ Signore è stata la ragion d’essere di tutta la sua esistenza di donna, vissuta nel segno dell’appartenenza totale a Lui”.
Ed ha raccontato il silenzio sperimentato da san Francesco nel momento delle stimmate: “E’ proprio in questo contesto di silenzio e di orazione che riceve una visita misteriosa. Sulla Verna, il desiderio profondo del Poverello di seguire Cristo e di essere conformato totalmente a Lui, si compie nell’incontro con il Crocifisso. ‘Seguire le orme’ di Cristo giunge qui al culmine, sotto la spinta del ‘fervore di carità’ che infiammava ‘l’amico dello Sposo’… L’incontro con l’Amato diventa un canto di lode; perciò, Francesco, dopo l’incontro con il Crocifisso, compone le Lodi di Dio Altissimo, preghiera che sgorga da un cuore innamorato, interamente centrato nel Tu divino”.
Mentre santa Chiara ha vissuto il silenzio di Gesù nell’intimità della clausura: “Il silenzio ha avvolto la vita di Chiara con le sue sorelle e ne ha custodito la sequela di Cristo, da lei riconosciuto come il ‘Crocifisso povero’ da servire ‘con ardente desiderio’. La preghiera di Chiara si è nutrita di questa ‘visione’ interiore, maturando nella lode e nella gioia della contemplazione di Cristo, Sposo di chi ha scelto di seguirlo”.
Tali silenzi hanno creato una sintonia: “Possiamo dire allora che Chiara ha vissuto lungo tutta la sua vita il cammino di sequela che ha mosso il Poverello a ricevere il dono delle Stigmate nell’incontro di dolore e di amore con il Cristo povero e glorioso. E’ qui, credo, che lei ha potuto sperimentare una sintonia unica con il vissuto di Francesco. Certo, resta misteriosa questa corrispondenza e possiamo solo intuire qualcosa dai loro scritti”.
Di questa unione spirituale ha raccontato il ministro generale, prendendo spunto da una vetrata in una chiesa di Hong Kong: “Nella nostra chiesa parrocchiale di Hong Kong ho potuto vedere una vetrata che rappresenta Chiara mentre sorregge Francesco stimmatizzato, quasi come Maria riceve il corpo di Cristo crocifisso nella ‘Pietà’. Questa immagine mi ha interrogato sull’eco di questo evento della vita di Francesco in quella di Chiara e nella sua esperienza spirituale”.
E’ un sostegno reciproco che apre alla comunione: “Mi piace pensare che Chiara ha vissuto questa dimensione con Francesco, reso così debole dai segni misteriosi impressi nel suo fragile corpo. Oso pensare che la sorella ha sostenuto il fratello nello Spirito, anzitutto nel portare il carico di una comunione tanto unica con il Cristo crocifisso.
Che cosa avrà chiesto a Francesco e alla sua relazione di fede con il Signore un simile segno? Come sarà maturata di conseguenza la sua preghiera? Le Lodi e il Cantico ci fanno percepire qualcosa. Quale sofferenza ha vissuto per partecipare con Cristo alla riconciliazione e alla pace di tutte le creature? Come non pensare che Chiara, da parte sua, abbia sostenuto Francesco con la sua presenza discreta e la sua preghiera?”
In questo modo santa Chiara ha sostenuto san Francesco nel cammino di santità: “Credo che Chiara abbia intuito il travaglio pasquale di Francesco e vi abbia partecipato. Non a caso la sua malattia segue proprio questi eventi. Sarà stato anche questo il suo modo di sostenere Francesco e i frutti del dono di amore ricevuto? Care sorelle, vi saluto in questa memoria delle Stigmate, che ho cercato di leggere brevemente con voi sin nel cuore del vissuto di Chiara”.
(Foto: Vatican News)
Papa Francesco invita a pregare per l’unità e la pace
Giornata intensa di incontri per papa Francesco, che ha ricevuto in questo fine mese, dedicato al Sacro Cuore di Gesù, i partecipanti al Capitolo Generale della Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (Dehoniani), che hanno preso parte al Capitolo Generale della Congregazione sul tema ‘Chiamati a essere uno in un mondo che cambia. ‘Perché il mondo creda’ (Gv 17,21)’, secondo l’insegnamento del venerabile Léon Gustave Dehon, che “vi ha insegnato a ‘fare dell’unione a Cristo nel suo amore per il Padre e per gli uomini, il principio e il centro della…vita’; e a farlo legando strettamente la consacrazione religiosa e il ministero all’offerta di riparazione del Figlio, perché tutto, attraverso il suo Cuore, torni al Padre. Fermiamoci allora su questi due aspetti di ciò che vi proponete: essere uno, perché il mondo creda”.
Per questo il papa ha ribadito il bisogno dell’unità: “Sappiamo con quanta forza Gesù l’ha chiesta al Padre per i suoi discepoli, durante l’ultima Cena. E non l’ha semplicemente raccomandata ai suoi come un progetto o come un proposito da realizzare: prima di tutto l’ha chiesta per loro come un dono, il dono dell’unità. E’ importante ricordare questo: l’unità non è opera nostra, noi non siamo in grado di realizzarla da soli: possiamo fare la nostra parte, e dobbiamo farla, ma ci serve l’aiuto di Dio”.
Ma per l’unità c’è bisogno di preghiera, invitando ad avere cura della cappella: “La cappella sia il locale più frequentato delle vostre case religiose, da ciascuno e da tutti, soprattutto come luogo di silenzio umile e ricettivo e di orazione nascosta, affinché siano i battiti del Cuore di Cristo a scandire il ritmo delle vostre giornate, a modulare i toni delle vostre conversazioni e a sostenere lo zelo della vostra carità. Esso batte d’amore per noi dall’eternità e il suo pulsare può unirsi al nostro, ridonandoci calma, armonia, energia e unità, specialmente nei momenti difficili”.
La preghiera è un valido ‘aiuto’ per superare i momenti di sconforto: “Tutti, sia personalmente sia comunitariamente, abbiamo o avremo momenti difficili: non spaventarsi! Gli Apostoli ne hanno avuti tanti. Ma essere vicini al Signore perché si faccia l’unità nei momenti della tentazione. E perché ciò accada, abbiamo bisogno di fargli spazio, con fedeltà e costanza, mettendo a tacere in noi le parole vane e i pensieri futili, e portando tutto davanti a Lui… Ricordiamolo sempre: senza preghiera non si va avanti, non si sta in piedi: né nella vita religiosa, né nell’apostolato! Senza preghiera non si combina nulla”.
L’unità è la base affinché il mondo creda, come ha scritto p. Dehon: “Tante volte vediamo che questo mondo sembra aver perso il cuore. Anche nel rispondere a questa domanda può aiutarci il Venerabile Dehon. In una sua lettera, meditando sulla Passione del Signore, egli osservava che in essa ‘i flagelli, le spine, i chiodi’ hanno scritto nella carne del Salvatore una sola parola: amore”.
Solo in questo modo è possibile annunciare il Vangelo: “Ecco il segreto di un annuncio credibile, un annuncio efficace: lasciar scrivere, come Gesù, la parola ‘amore’ nella nostra carne, cioè nella concretezza delle nostre azioni, con tenacia, senza fermarci di fronte ai giudizi che sferzano, ai problemi che angustiano e alle cattiverie che feriscono, senza stancarsi, con affetto inesauribile per ogni fratello e sorella, solidali con Cristo Redentore nel suo desiderio di riparazione per i peccati di tutta l’umanità”.
Mentre nell’incontro con i partecipanti alla riunione della ROACO (Riunione Opere di Aiuto alle Chiese Orientali) papa Francesco ha ribadito la preoccupazione per i cristiani del Medio Oriente, soprattutto per la Terra Santa: “So che in questi giorni vi siete soffermati sulla drammatica situazione in Terra Santa: lì, dove tutto è iniziato, dove gli Apostoli hanno ricevuto il mandato di andare nel mondo ad annunciare il Vangelo, oggi i fedeli di tutto il mondo sono chiamati a far sentire la loro vicinanza; e a incoraggiare i cristiani, lì e nell’intero Medio Oriente, ad essere più forti della tentazione di abbandonare le loro terre, dilaniate dai conflitti. Io penso a una situazione brutta: che quella terra si sta spopolando di cristiani”.
Ed ha chiesto che la violenza cessi: “Quanto dolore provoca la guerra, ancora più stridente e assurda nei luoghi dove è stato promulgato il Vangelo della pace! A chi alimenta la spirale dei conflitti e ne trae ricavi e vantaggi, ripeto: fermatevi! Fermatevi, perché la violenza non porterà mai la pace. E’ urgente cessare il fuoco, incontrarsi e dialogare per consentire la convivenza di popoli diversi, unica via possibile per un futuro stabile. Con la guerra, invece, avventura insensata e inconcludente, nessuno sarà vincitore: tutti saranno sconfitti, perché la guerra, proprio dall’inizio, è già una sconfitta, sempre”.
Per questo ha denunciato la ‘diaspora’ dei cristiani: “Oggi tanti cristiani d’Oriente, forse come mai prima, sono in fuga da conflitti o migrano in cerca di lavoro e di condizioni di vita migliori: moltissimi, perciò, vivono in diaspora. So che avete riflettuto sulla pastorale degli orientali che risiedono fuori dal loro territorio proprio. E’ un tema attuale e importante: alcune Chiese, a causa delle massicce migrazioni degli ultimi decenni, annoverano la maggior parte dei fedeli fuori dal loro territorio tradizionale, dove la cura pastorale è spesso scarsa per la mancanza di sacerdoti, di strutture e di conoscenze adeguate. E così, chi ha già dovuto lasciare la propria terra rischia di trovarsi depauperato anche dell’identità religiosa; con il passare delle generazioni si smarrisce il patrimonio spirituale orientale, ricchezza imperdibile per la Chiesa cattolica”.
E non poteva mancare un accenno alla situazione dell’est europeo: “Penso anche al tragico dramma della martoriata Ucraina, per la quale prego e non mi stanco di invitare a pregare: si aprano spiragli di pace per quella cara popolazione, vengano liberati i prigionieri di guerra e rimpatriati i bambini. Promuovere la pace e liberare chi è recluso sono segni distintivi della fede cristiana, che non può essere ridotta a strumento di potere. In questi giorni vi siete concentrati anche sulla situazione umanitaria degli sfollati nella regione del Karabakh: grazie per tutto quello che si è fatto e che si farà per soccorrere chi soffre”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: la preghiera rende capaci
“Per conservare la salute in vista della Veglia di domani e della Santa Messa della domenica di Pasqua, questa sera il Santo Padre Francesco seguirà la Via Crucis al Colosseo da Casa Santa Marta. I testi delle meditazioni e delle preghiere dal titolo ‘In preghiera con Gesù sulla via della croce’ proposte quest’anno per le stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo sono state scritte dal Santo Padre”. Quindi questa sera papa Francesco, per preservare la propria salute ha seguito la ‘Via Crucis’ al Colosseo da Casa Santa Marta.
La ‘Via Crucis’ di papa Francesco è stata una preghiera intima che, nell’Anno della Preghiera, ha lasciato parlare il cuore dell’uomo, con i racconti degli incontri lungo la via dolorosa verso il Golgota sulla strada del perdono, perché Dio ci invita a rialzarci dal peccato, nonostante una condanna a morte:
“Gesù, tu sei la vita e sei condannato a morte; sei la verità e subisci un falso processo. Ma perché non reclami? Perché non alzi la voce e non spieghi le tue ragioni? Perché non confuti i dotti e i potenti come hai sempre fatto con successo? La tua reazione stupisce, Gesù: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più il male è forte, più la tua risposta è radicale. E la tua risposta è il silenzio”.
Davanti all’ingiustizia il silenzio si trasforma in preghiera che perdona: “Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per redimere il male, per convertire ciò che soffri in un dono che offri. Gesù, mi accorgo che ti conosco poco perché non conosco abbastanza il tuo silenzio; perché nella frenesia di correre e fare, assorbito dalle cose, preso dalla paura di non stare a galla o dalla smania di mettermi al centro, non trovo il tempo per fermarmi e rimanere con te: per lasciare agire te, Parola del Padre che operi nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote: m’insegna che la preghiera non nasce dalle labbra che si muovono, ma da un cuore che sa stare in ascolto: perché pregare è farsi docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza”.
In effetti la preghiera è un invito a non portare da soli la propria croce: “Venire a te; io, invece, mi chiudo in me: rimugino, rivango, mi piango addosso, sprofondo nel vittimismo, campione di negatività. Venite a me: dircelo non è bastato e allora ecco che ci vieni incontro e ti carichi sulle spalle la nostra croce, per togliercene il peso. Tu questo desideri: che gettiamo in te fatiche e affanni, perché vuoi che ci sentiamo liberi e amati in te. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia stanchezza e le mie miserie, getto in te ogni peso del cuore”.
In questa ‘Via Crucis’ le donne hanno un ruolo importante, iniziando dalla Madre: “Gesù, i tuoi ti hanno abbandonato, Giuda ti ha tradito, Pietro rinnegato: sei rimasto solo con la croce. Ma ecco tua madre. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e farsene carico. Gesù, nello sguardo pieno di lacrime e di luce di Maria ritrovi la memoria della tenerezza, delle carezze, delle braccia amorevoli che ti hanno sempre accolto e sostenuto. Lo sguardo materno è lo sguardo della memoria, che ci fonda nel bene”.
Il ‘ruolo’ della madre è fondamentale nella vita di ciascuno: “Non si può fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma neppure di una madre che ci rimette a posto nel mondo. Tu lo sai e dalla croce ci dai la tua stessa madre. Ecco tua madre, dici al discepolo, a ognuno di noi: dopo l’Eucaristia, ci dai Maria, dono estremo prima di morire. Gesù, il tuo cammino è stato confortato dal ricordo del suo amore; anche il mio cammino ha bisogno di fondarsi nella memoria del bene.
Mi accorgo, però, che la mia preghiera è povera di memoria: veloce, sbrigativa, una lista di bisogni per oggi e domani. Maria, ferma la mia corsa, aiutami a fare memoria: a custodire la grazia, a ricordare il perdono e i prodigi di Dio, a ravvivare il primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine”.
Tale ‘ruolo’ è confermato dalla Veronica: “Gesù, tanti seguono il barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, gettando su di te infamia e disprezzo. Accade anche oggi, Signore, e non serve nemmeno un macabro corteo: basta una tastiera per insultare e pubblicare sentenze. Ma, mentre tanti urlano e giudicano, una donna si fa strada in mezzo alla folla. Non parla: agisce. Non inveisce: s’impietosisce. Va controcorrente: sola, con il coraggio della compassione, rischia per amore, trova il modo di passare tra i soldati solo per darti sul volto il conforto di una carezza”.
La donna comprende il dolore e lo allevia: “Il suo gesto passerà alla storia ed è un gesto di consolazione. Quante volte invoco consolazione da te, Gesù! Ma la Veronica mi ricorda che pure tu ne hai bisogno: tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Amore non amato, anche oggi cerchi tra la folla cuori sensibili alla tua sofferenza, al tuo dolore. Cerchi veri adoratori, che in spirito e verità rimangano con te, Amore abbandonato. Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e consolarti. E fa’ che, nel tuo nome, io sia consolazione per gli altri”.
E’ un incontro particolare quello di Gesù crocifisso con le donne: “Gesù, chi ti segue fino alla fine lungo la via della croce? Non i potenti, che ti aspettano sul Calvario, non gli spettatori che stanno lontano, ma le persone semplici, grandi ai tuoi occhi e piccole a quelli del mondo. Sono le donne, a cui hai dato speranza: non hanno voce ma si fanno sentire. Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, loro che a Pasqua sono state fedeli e vicine a te, ma che ancora oggi vengono scartate, subendo oltraggi e violenze. Gesù, le donne che incontri si battono il petto e fanno lamenti su di te”.
Le donne asciugano le lacrime: “Non si piangono addosso, ma piangono per te, piangono sul male e sul peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime arriva al tuo cuore. E la mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore mite e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo il mio cuore è di ghiaccio o si scioglie? Come reagisco alla follia della guerra, a volti di bimbi che non sanno più sorridere, a madri che li vedono denutriti e affamati e non hanno più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto su Gerusalemme, hai pianto sulla durezza del nostro cuore. Scuotimi dentro, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo”.
Infine il corpo di Gesù è accolto dalla Madre: “Maria, dopo il tuo ‘sì’ il Verbo si fece carne nel tuo grembo; ora adagiata sul tuo grembo c’è la sua carne martoriata: quel bimbo che tenevi tra le braccia è un cadavere straziato. Eppure adesso, nel momento più sofferto, risplende la tua offerta: una spada ti trapassa l’anima e la tua preghiera continua ad essere un ‘sì’ a Dio. Maria, noi siamo poveri di ‘sì’ e ricchi di ‘se’: se avessi avuto genitori migliori, se fossi stato più compreso e amato, se mi fosse andata meglio la carriera, se non ci fosse quel problema, se solo non soffrissi più, se Dio mi ascoltasse”.
Il gesto della Madre è un invito a vivere la realtà affidandosi a Dio: “Perennemente a chiederci il perché delle cose, fatichiamo a vivere il presente con amore. Tu avresti tanti ‘se’ da dire a Dio, ma dici ancora ‘sì’. Forte nella fede, credi che il dolore, attraversato dall’amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza con Dio non ha l’ultima parola. E mentre tieni tra le braccia Gesù esanime, risuonano in te le ultime parole che ti ha rivolto: Ecco tuo figlio. Madre, sono io quel figlio! Accoglimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire ‘sì’ a Dio, ‘sì’ all’amore. Madre di pietà, viviamo un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione: tu, tenera e forte, ungici di mitezza: sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell’anima”.
E’ una preghiera alla Madre di Dio di essere sempre al proprio fianco: “Prendimi per mano, Maria. Quando cedo alla recriminazione e al vittimismo: prendimi per mano, Maria. Quando smetto di lottare e accetto di convivere con le mie falsità: prendimi per mano, Maria. Quando indugio e non trovo il coraggio di dire ‘sì’ a Dio: prendimi per mano, Maria. Quando sono indulgente con me e inflessibile con gli altri: prendimi per mano, Maria. Quando voglio che la Chiesa e il mondo cambino, ma io non cambio: prendimi per mano, Maria”.
Ed al termine della ‘Via Crucis’ compare Giuseppe d’Arimatea, che dà valore alla preghiera, perché rende audaci: “Giuseppe: il nome che insieme a Maria sta all’alba del Natale, segna pure l’aurora della Pasqua. Giuseppe di Nazaret sognò e con coraggio prese Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe di Arimatea, ne prendi il corpo, senza sapere che un sogno impossibile e meraviglioso si realizzerà proprio lì, nel sepolcro che hai dato a Cristo quando pensavi che lui non potesse far più nulla per te. Invece è proprio vero che ogni dono fatto a Dio riceve una ricompensa più grande.
Giuseppe di Arimatea, sei il profeta del coraggio audace. Per fare il tuo dono a un morto vai dal temuto Pilato e lo preghi, così da poter regalare a Gesù il sepolcro che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è tenace e alle parole seguono le opere. Giuseppe, ricordaci che la preghiera insistente porta frutto e attraversa persino il buio della morte; che l’amore non rimane senza risposta, ma regala nuovi inizi”.
(Foto: Santa Sede)
Le ‘carte’ di Pio XII, la lettera su Auschwitz e Dachau
‘Le ‘carte’ di Pio XII oltre il mito. Eugenio Pacelli nelle sue carte personali. Cenni storici e inventario’, è il titolo del volume di Giovanni Coco, che contiene un documento inedito sui campi di sterminio: si tratta di una lettera del 14 dicembre 1942, inviata dal gesuita tedesco, p. Lothar Konig al confratello, p. Robert Leiber, segretario personale di papa Pio XII, che contiene una statistica sui sacerdoti detenuti in campi di concentramento, e menziona i lager di Auschwitz e di Dachau, accennando al tragico destino degli ebrei.
Papa Francesco: la Madonna è tempio di Dio
“Seguo con viva preoccupazione quanto sta avvenendo in Nicaragua, dove Vescovi e sacerdoti sono stati privati della libertà. Esprimo ad essi, alle loro famiglie e all’intera Chiesa nel Paese la mia vicinanza nella preghiera. Alla preghiera insistente invito pure tutti voi qui presenti e tutto il Popolo di Dio, mentre auspico che si cerchi sempre il cammino del dialogo per superare le difficoltà. Preghiamo per il Nicaragua oggi”.
Da Lubiana un invito alla preghiera
“In questi ultimi 18 mesi, la nostra comunità di Taizé ha vissuto un’avventura di fede: in collaborazione con rappresentanti di movimenti, comunità e organizzazioni di molte Chiese cristiane, abbiamo preparato un ‘Incontro del Popolo di Dio’ chiamato ‘Together/Insieme’. A partire dell’intuizione espressa da frère Alois in occasione dell’apertura del Sinodo sulla sinodalità nella Chiesa cattolica, la preparazione di ‘Together/Insieme’ ci ha portato a intensificare l’ascolto dell’altro, la ricerca dei doni presenti nelle diverse realtà ecclesiali, così come tra le persone di buona volontà nella società”.
La profezia della ‘Russia cristiana’ di Padre Romano Scalfi a 100 anni dalla nascita
“L’idea di farmi prete mi venne chiara e distinta a circa quattro anni. Nessuno, né prima né dopo, mi incoraggiò a incamminarmi su questa via, ma non venne mai meno, neppure nei momenti di maggior difficoltà, la coscienza di essere chiamato al sacerdozio; neppure quando a dodici anni mi innamorai di una ragazzina, neppure quando in terza ginnasio il rettore mi chiamò per dirmi che non era assolutamente adatto a diventar prete per la mia insubordinatezza. Dopo il mio contributo all’insipienza adolescenziale, in seminario ho tra scorso anni belli, gustosi, in buona compagnia”.
Don Yoannis Lahzi Gaid spiega la guerra ‘Frutto del nostro silenzio di fronte alle ingiustizie’
E’ l’uomo del dialogo interreligioso, delegato da Papa Francesco a occuparsi di creare reti tra persone del mondo appartenenti a fedi religiose diverse. A Latina ha tenuto una conferenza sulla situazione tragica di Gaza e dello scontro tra Hamas e Israele, don Yoannis Lahzi Gaid, egiziano copto, pontino d’adozione, per sei anni segretario personale di papa Francesco, che ha l’incarico di membro dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana, l’organismo che promuove i valori proposti nel ‘Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune’, firmato il 4 febbraio del 2019 ad Abu Dhabi dal Pontefice e dal grande Imam di Al-Azhar, Ahmed al-Tayyeb.