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‘Memoriale della Shoah’, come ricordare perché non accada mai più

“Cari fratelli e sorelle, stiamo vivendo un momento di travaglio doloroso. Guerre e divisioni stanno aumentando in tutto il mondo. Siamo davvero, come ho detto tempo addietro, in una sorta di ‘guerra mondiale a pezzi’, con gravi conseguenze per la vita di molte popolazioni. Anche la Terra Santa, purtroppo, non è stata risparmiata da questo dolore, e dal 7 ottobre è precipitata in una spirale di violenza senza precedenti. Il mio cuore è lacerato alla vista di quanto accade in Terra Santa, dalla potenza di tante divisioni e di tanto odio. Tutto il mondo guarda a quanto accade in quella Terra con apprensione e con dolore. Sono sentimenti che esprimono vicinanza speciale e affetto verso i popoli che abitano la terra che è stata testimone della storia della Rivelazione”.

Così iniziava la lettera indirizzata agli ebrei da papa Francesco, in cui condannava l’antisemitismo e l’antigiudaismo; alla prof.ssa Milena Santerini, docente di pedagogia generale all’Università Cattolica di Milano e vicepresidente della Fondazione ‘Memoriale della Shoah’ di Milano, chiediamo di spiegarci il motivo per cui stanno risorgendo antisemitismo ed antigiudaismo:

“L’antisemitismo non è mai scomparso dalla società; è sempre stato nel ‘sommerso’ e nei momenti di crisi riemerge, prendendo nuove forme. Dobbiamo affermare che per quanto riguarda l’antigiudaismo la Chiesa ha fatto molti progressi dal punto di vista teologico. Ma ci sono tante forme di neo antisemitismo, come quella che proviene dal nazifascismo, ma anche quella forma di tipo cospiratoria di odio verso Israele, che dopo gli avvenimenti tragici del 7 ottobre è riemersa in modo importante”.

‘A questo proposito, dato che si è giustamente parlato di male assoluto, penso che occorra riflettere sul fatto che non si arriva così, un giorno per caso, a un assoluto. Ci si arriva attraverso un lungo percorso nel quale ogni passaggio è funzionale a rendere possibile, a rendere accettato, a rendere addirittura condiviso da molti, quel male’: è un passaggio del discorso della senatrice Liliana Segre nel ricordare la partenza di un convoglio di deportati da Milano. In quale modo è possibile tramandare memoria di ciò che è avvenuto?

“Questa sintesi della senatrice Liliana Segre è perfetta per indicare come dobbiamo fare memoria della Shoah, cosa che purtroppo non abbiamo fatto. Non bisogna solo celebrare, giustamente, le vittime; ma anche ricordare i meccanismi per cui si è arrivato a tale efferatezza. Ai giovani spesso chiedo: pensate che all’improvviso gli italiani ed i tedeschi fossero diventati sadici?

No, c’è stato un percorso di manipolazione delle coscienze all’antisemitismo, che ha permesso di arrivare agli esiti estremi. Questo è il senso che dobbiamo dare riguardo l’educazione sulla Shoah, facendo comprendere i meccanismi che l’hanno provocata, oggi”.

Allora, con quali strumenti occorre contrastare i linguaggi ostili?

“Come Coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo per la Presidenza del consiglio dei ministri fino al 2022 ho elaborato una strategia, in cui ho richiamato tutti gli strumenti a nostra disposizione e tutte le Istituzioni hanno svolto il loro compito: ci sono strumenti politici, che vietano l’apologia del fascismo, che ancora esiste; abbiamo strumenti culturali, come la scuola.

Abbiamo elaborato linee guida contro l’antisemitismo nella scuola, che sono strumenti sia per gli insegnanti che per i ragazzi; azioni contro l’antisemitismo negli stadi. Abbiamo, insomma, elaborato strumenti, che vanno dalla repressione alla prevenzione; sono soprattutto strumenti culturali, che possiamo usare”.

Per quale motivo sono in aumento i linguaggi di odio, specialmente nei social network?

“L’odio ha trovato un habitat molto favorevole in internet, che è uno strumento meraviglioso. Purtroppo i social media hanno bisogno di provocare emozioni per poter avere la nostra attenzione. Quindi per rimanere fedeli alle piattaforme bisogna suscitare emozioni, molto spesso in forma negativa. L’odio è sempre esistito e non è nato nel web; però, diciamo che ci sono strutture all’interno dei social media, che facilitano odio”.

Allora come si può sconfiggere l’indifferenza?

“L’indifferenza può essere ‘sconfitta’ attraverso il dialogo con tutti, facendo capire le conseguenze del pensiero prevenuto, cercando di non banalizzare mai la Shoah; cercando di far capire che l’antisemitismo è un odio molto pericoloso, perché cerca un capro espiatorio negli ebrei. L’indifferenza è indice di uno sfogo all’odio, che non dobbiamo consentire. Dobbiamo dialogare.

Abbiamo i luoghi della memoria. Abbiamo costituito una rete nei principali luoghi della memoria italiana, cioè i memoriali della Shoah, come ‘Binario 21’ nella stazione di Milano o il campo di concentramento di Fossoli, la Risiera di san Sabba, MEIS di Ferrara, Museo di Roma, Ferramonti di Tarsia in Calabria. Questi luoghi raccontano la Shoah, ma ci narrano anche le cause che l’hanno prodotta”.

Cosa è ‘Memoriale Shoah’?

“L’area dove oggi sorge il Memoriale della Shoah di Milano originariamente era adibita alla movimentazione dei vagoni postali, e tra il 1943 e il 1945 fu il luogo in cui migliaia di ebrei e oppositori politici furono caricati su vagoni merci, trasportati al sovrastante piano dei binari. Una volta posizionati alla banchina di partenza venivano agganciati ai convogli diretti ad Auschwitz- Birkenau, Mauthausen e altri campi di sterminio e di concentramento, o ai campi italiani di raccolta come quelli di Fossoli e Bolzano.

Esso è un luogo simbolo della deportazione degli ebrei e degli altri perseguitati verso i campi di concentramento e di sterminio. Ma anche luogo di memoria e di conoscenza; un centro polifunzionale dove ospitare incontri, dibattiti, mostre per ricordare le atrocità del passato e, soprattutto, dove creare occasioni di dialogo e di confronto fra le culture e per educare i giovani a superare le barriere linguistiche, culturali, sociali e perché la barbarie del XX secolo che vide nella Shoah il segno del massimo degrado dell’umanità, non possa ripetersi”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa: Francesco: l’avarizia è malattia del cuore

“Sabato prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità.

La Commissione Segre propone una collaborazione istituzionale con Rondine

La Commissione Segre ha aperto a una collaborazione istituzionale con Rondine per approfondire e estendere il Metodo ai diversi livelli istituzionali, collegandosi alla partnership già avviata con le Nazioni Unite. E’ questo il risultato più immediato dell’audizione di Franco Vaccari, fondatore e presidente della Cittadella della Pace, davanti alla Commissione straordinaria per il contrasto dei fenomeni di intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza, presieduta dalla senatrice a vita Liliana Segre, che si è collegata da remoto.

Audizione introdotta proprio dalla senatrice Segre, che ha ricordato l’amicizia trentennale con Rondine, luogo da lei scelto per l’ultima testimonianza pubblica nel 2020: ‘Non potevo non scegliere un posto più consono a me quale è Rondine’. Vaccari ha raccontato ai presenti l’esperienza di Rondine, dalla sua nascita a oggi, ricordando i giovani studenti stranieri ‘nemici’ che vengono dal Caucaso, dalla Russia, dall’Ucraina, dal Medio Oriente, dall’Africa e dal Sud America, e che nella Cittadella della Pace affrontano un percorso impegnativo fatto di relazioni che mettono insieme l’integrità della vicenda umana: “A Rondine, il dolore del mondo viene trasformato – la risoluzione creativa dei conflitti – attraverso relazioni molto concrete, con le quali è possibile prevenire l’odio o spegnerlo, lì dove le ferite della guerra e della violenza lo hanno prodotto”.


Il senatore Francesco Verducci (PD), vice Presidente della Commissione, oltre a congratularsi con Franco Vaccari e con Rondine per il lavoro che svolge, ha auspicato che questa esperienza e il suo Metodo, validati a livello accademico e internazionale, nonché protagonisti di un protocollo firmato con il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, siano di insegnamento e stimolo per la Commissione Segre, suggerendo a tutti i membri presenti una collaborazione istituzionale con la Cittadella della Pace per approfondire la conoscenza del Metodo e instaurare una partnership strutturale.

Sulla stessa linea la senatrice Sabrina Licheri (M5S) che ha, inoltre, sottolineato il coraggio di questi ragazzi che si mettono in gioco, nonostante la propria storia e la propria cultura dicano loro esattamente l’opposto. Mentre l’ex Ambasciatore Giuliomaria Terzi di Sant’Agata, partendo dall’antica amicizia con Rondine e ricordando l’evento del giorno precedente al Binario 21 della stazione Centrale di Milano – che ospita il Memoriale della Shoah –, ha voluto rimarcare l’importanza di combattere l’indifferenza e la manipolazione dell’informazione, troppo spesso cause dell’odio, e si è congratulato per l’introduzione del Metodo Rondine nella scuola italiana.

Vaccari ha presentato sia il programma del Quarto Anno a Rondine, per i ragazzi dei licei italiani, sia le sezioni Rondine presenti già in 25 scuole d’Italia: “In questa sperimentazione – ha detto Vaccari – la competenza relazionale dei docenti è potenziata e collegata alle discipline tradizionali che ne vengono consolidate e valorizzate”.

L’audizione è stata chiusa prima dalle parole di Liliana Segre, la quale ha ringraziato Franco Vaccari e la Cittadella della Pace, suggerendo una seconda audizione, per comprenderne fino in fondo lo spirito, e poi dai saluti della Vice Presidente Ester Mieli (FdI), con l’augurio di rivedersi presto nel borgo di Rondine. Un’audizione che ha riconosciuto l’unicità di un luogo e di un Metodo che hanno la forza della concretezza: “Se le relazioni sono l’unità di misura della pace, Rondine è la grandezza misurabile di cui questo mondo in subbuglio ha bisogno”.

Papa Francesco: la Sacra Scrittura è un tesoro per la preghiera

Al termine dell’udienza generale di oggi, svoltasi sempre in streaming dal Palazzo Apostolico, papa Francesco ha ricordato le vittime della Shoah: “Oggi, anniversario della liberazione del campo di sterminio di Auschwitz, si celebra la Giornata della memoria. Commemoriamo le vittime della Shoah e tutte le persone perseguitate e deportate dal regime nazista. Ricordare è espressione di umanità.

Giorno della Memoria: mai dimenticare

Il 27 gennaio di ogni anno si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria: il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz svelando al mondo l’orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista, liberandone i pochi superstiti.

Non c’è modo più efficace che ricordare quell’orrore, e farlo conoscere alle nuove generazioni, con il racconto di chi l’ha vissuto, come Liliana Segre, che al termine dello scorso anno ha raccontato ai ragazzi la sua deportazione nel campo di concentramento: “Dai vagoni piombati saliva un coro di urla, di richiami, di implorazioni: nessuno ascoltava. Il treno ripartì. Il vagone era fetido e freddo, odore di urina, visi grigi, gambe anchilosate; non avevamo spazio per muoverci. I pianti si acquietavano in una disperazione assoluta”.

Un minuzioso racconto del suo viaggio: “Io non avevo né fame, né sete. Mi prese una specie di inedia allucinata come quando si ha la febbre alta; quando riuscivo a riflettere pensavo che forse, senza di me, Papà avrebbe potuto scappare da San Vittore, saltare quel muro come aveva proposto un altro internato, Peppino Levi, o forse no. Mi stringevo a Lui, che era distrutto, pallido, gli occhi cerchiati di rosso di chi non dorme da giorni. Mi esortava a mangiare qualcosa, aveva ancora per me una scaglia di cioccolato; la mettevo in bocca per fargli piacere, ma non riuscivo a inghiottire nulla”.

Un racconto in treno: “Nel centro del vagone si formò un gruppo di preghiera: alcuni uomini pii, fra i quali ricordo il signor Silvera, si dondolarono a lungo recitando i Salmi; mi sembrava che non finissero mai: erano i più fortunati. Le ore passavano, così le notti e i giorni, in un’abulia totale: era difficile calcolare il tempo. Pochissimi avevano ancora un orologio e anche quei pochi privilegiati non lo guardavano più. Ogni tanto vedevo qualcuno alzarsi a fatica per cercare di capire dove fossimo, guardando dalle grate, schermate con stracci per riparare dal gelo quel carico umano. Si vedeva un paesaggio immerso nella neve, si vedevano casette civettuole, camini fumanti, campanili”.

Ed alla fine la scoperta della destinazione: “Anch’io e il mio Papà scendemmo e vedemmo per la prima volta, scritto con il gesso sul vagone: ‘Auschwitz bei Katowice’. Capimmo che quella era la nostra meta. Il treno ripartì quasi subito e la notizia della nostra destinazione gettò tutti in una muta disperazione. Fu silenzio in quel vagone in quegli ultimi giorni.

Nessuno più piangeva, né si lamentava. Ognuno taceva con la dignità e la consapevolezza degli ultimi momenti. Eravamo alla vigilia della morte per la maggior parte di noi. Non c’era più niente da dire. Ci stringevamo ai nostri cari e trasmettevamo il nostro amore come un ultimo saluto. Era il silenzio essenziale dei momenti decisivi della vita di ognuno. Poi, poi, all’arrivo fu Auschwitz e il rumore assordante e osceno degli assassini intorno a noi”.

Attraverso il racconto si comprende quanto sia importante ricordare; una recente ricerca Eurispes (ottobre 2020) rivela infatti che i negazionisti aumentano anche in Italia: in circa 15 anni la percentuale di chi non crede all’orrore della Shoah è passata dal 2,7% al 15,6% con un 16% che sostiene che la persecuzione sistematica degli ebrei ‘non ha fatto così tanti morti’.

Un’altra testimonianza arriva da don Patrick Desboisè, nato nel 1955 nella Borgogna francese (Saône-et-Loire), nipote di un deportato nel campo di concentramento di Rawa-Ruska, che riporta alla luce la storia del nonno cominciando il cammino di ricerca sulle tracce degli ebrei dell’Est, assassinati dai nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale:

“Tra il 1941 e il 1944, circa 1.500.000 di ebrei che vivevano in Ucraina, in seguito all’invasione tedesca dell’Unione sovietica, sono stati assassinati mediante fucilazione. Soltanto una minoranza di questi ebrei è stata deportata nei campi di sterminio nazisti. La quasi totalità è morta sotto il tiro delle pallottole degli Einsatzgruppen (unità mobili SS di massacro), delle Waffen-SS, della polizia nazista o dei suoi collaboratori dell’Est europeo.

Il fenomeno della Shoah per fucilazione, conosciuto e raccontato dagli storici, nelle sue linee essenziali, ma noto anche alle truppe alleate, non è mai stato ricostruito in modo sistematico, ed è rimasto fino a oggi poco studiato”.

Anche suor Maria Rosa Bernardinis, priora del monastero Santa Rita da Cascia, invita a riflettere sul valore della memoria: “La memoria è un dovere concreto, che ci parla del passato ma ci chiama ad agire nel presente, per costruire un futuro libero da odio, violenza e indifferenza. Facciamo memoria di ciò che è stato, per lasciare oggi un segno migliore nella storia, marchiata ancora da guerre e discriminazioni che attentano alla vita di tutti”.

La Madre priora sottolinea che il significato della memoria include anche un’azione per il cambiamento: “Il verbo zachar, che arriva dalla lingua ebraica, ricorre oltre 200 volte nella Bibbia. Il suo significato è sia ricordare che agire. La memoria, infatti, è una forza viva che ci fa scegliere cosa lasciare alla storia di oggi, sulla quale si regge già il domani del mondo.

Le milioni di vite sterminate dal regime nazista solo 80 anni fa, insieme ai tanti conflitti che affliggono il presente, ci dicono che non stiamo andando nella giusta direzione. Non basta condannare il male perché non si ripeta, ma occorre impegnarsi, tutti e ogni giorno, per fare il bene”.

D’altra parte l’esperienza della santa casciana è una chiara testimonianza: “Santa Rita, che ha vissuto un tempo di vendette, avrebbe potuto girarsi dall’altra parte o peggio arrendersi e dire che la vita era dura per pensare di cambiare il suo mondo e la sua gente.

Invece, no, Rita ha scelto di scrivere una storia diversa, illuminata dall’amore di Dio. Quella scelta ha cambiato tante storie, durante oltre cinque secoli e tutt’ora. Al pari la nostra scelta può cambiare la nostra vita e la storia dell’umanità, oggi e domani. Scegliamo, con Santa Rita, la strada dell’amore, dell’umiltà, del dialogo e della pace, per salvarci dall’odio che distrugge la vita”.

Ed  invita a non dimenticare gli attuali ‘olocausti’: “Per intercessione di Santa Rita preghiamo il Signore per tutte le vittime di genocidio nel mondo, quelle di ieri e quelle di oggi. Perché milioni di uomini, donne e bambini, anche in questo momento, vengono sterminati, torturati e trattati in modo disumano.

Come nei centri per migranti della Libia, che l’alto commissario Onu per i rifugiati ha definito campi di concentramento e dove recentemente una giovane eritrea è stata bastonata in una sala delle torture.

Chiediamo con forza a Dio di illuminare la coscienza di tutti noi e soprattutto di quella politica cieca e indifferente, che guarda solo al potere e ne giustifica ogni mezzo. Che il Signore doni a chi deve intervenire la volontà di cessare definitivamente questo inferno in terra”. 

(Foto: Conferenza episcopale polacca)

Eurispes: per il 15,6% la Shoah non è esistita

Secondo il ‘Rapporto Italia 2020’ dell’Eurispes dal 2004 a oggi aumenta il numero di chi pensa che la Shoah non sia mai avvenuta: erano solo il 2,7% oggi sono il 15,6%. Secondo la maggioranza degli italiani, recenti episodi di antisemitismo sono casi isolati, che non sono indice di un reale problema di antisemitismo nel nostro Paese (61,7%). Al tempo stesso, il 60,6% ritiene che questi episodi siano la conseguenza di un diffuso linguaggio basato su odio e razzismo. Per meno della metà del campione (47,5%) gli atti di antisemitismo avvenuti anche in Italia sono il segnale di una pericolosa recrudescenza del fenomeno. Per il 37,2%, invece, sono bravate messe in atto per provocazione o per scherzo.

Da Torino un monito contro l’antisemitismo

Dopo Mondovì, dove la scritta ‘Juden hier’ (qui abitano degli ebrei) era stata tracciata sulla porta di casa del figlio di Lidia Beccaria Rolfi, partigiana sopravvissuta ai lager, anche a Torino si è registrato un altro caso di antisemitismo con la scritta ‘crepa sporca ebrea’, comparsa nel giorno della memoria sui muri di un palazzo di corso Casale, dove vive una donna di origini ebree, figlia di una staffetta partigiana, Maria, che ha dichiarato all’agenzia Ansa:

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