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I salesiani raccontano l’emergenza a Goma

“Pochi giorni fa si sono intensificati gli scontri tra l’esercito regolare ed i ribelli dell’M23 nel territorio di Masisi verso Mushaki, Karuba, villaggi sovrastati da alte montagne; altri villaggi, Shasha, Kirotshe, Kihindo, hanno vissuto la stessa situazione. Da mercoledì 7 febbraio 2024 moltissime famiglie si sono trasferite in massa a Minova e a Sake. Ma gli scontri si sono avvicinati, le bombe cadono sulla città, si sente il crepitio di proiettili”: così hanno denunciato le Missioni Don Bosco la situazione umanitaria, che rischia di peggiorare.

I Salesiani, presenti in forza nella regione, continuano a fare il possibile per aiutare i bisognosi, muovendosi su tutti i fronti possibili con Missioni Don Bosco Onlus: “Sake si trova a 27 chilometri dalla città di Goma, nel territorio di Masisi. I leader tradizionali e gli abitanti di questa entità sono profondamente colpiti dalla situazione: più di 3.000 nuclei familiari hanno già abbandonato le loro case e il loro lavoro. Girovagano senza meta, non hanno né acqua né cibo. A causa delle cattive condizioni igieniche, il colera colpisce alcune persone ed è un rischio per tutti”.

Nel racconto i Salesiani hanno evidenziato il caos che si sta creando: “E’ sempre più difficile tenere il conto delle migliaia di persone che continuano a scappare in cerca di un posto sicuro lontano dagli scontri, è la seconda volta che gli sfollati provenienti da Shasha, Kirotshe, Kichonga, Ngungu, Karuba e altre località del territorio di Masisi si aggiungono alle migliaia di altri sfollati che si trovano nei campi della città di Goma. I campi sembrano non avere più spazio sufficiente.

Centinaia di bambini, anziani e giovani si ritrovano in condizioni inaccettabili ai lati della strada alla ricerca di famiglie ospitanti e altri prendono di mira i campi dove hanno la possibilità di essere accolti. I campi di Bushagala, Bulengo e Rusayo sono i più vicini, a seconda delle affinità altri preferiscono viaggiare molto per raggiungere le proprie famiglie in altri campi più lontani da Sake, questi sono i campi di Don Bosco Ngangi e quello di Kanyaruchinya.

Questa situazione si sta delineando proprio nel momento in cui i soldati che sono al fronte stanno lanciano bombe verso Goma, una è caduta sull’aeroporto, un’altra sulla scuola di Nengapeta mentre fortunatamente gli studenti erano già tornati a casa. Altre due sono cascate a pochi metri dall’Università di Goma e al nuovo mercato chiamato ‘Kisoko’ a Mugunga, ai margini dell’Ecole du Cinquantenaire, un’importante scuola tecnica di Goma. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha espresso preoccupazione per l’escalation di violenza”.

Il salesiano Pascal Bauma ha testimoniato che sulla strada Sake-Goma ci sono sfollati già da diversi mesi: “Vivevano in quattro siti: Mama Zaina, Mayutsa, Kizimbo e Tshabiringa. Oggi, l’arrivo di nuovi sfollati dai villaggi di Shasha, Kirotshe, Mwambaliro, Buhunga e zone circostanti ha complicato la situazione della sicurezza: tutti sono in stato di vulnerabilità e costretti a fuggire di nuovo.

Molti si sono diretti verso Mugunga, a ovest di Goma. Lungo la strada si vedono bambini, giovani e anziani, seduti, stanchi, non sanno dove andare. Si tratta di un secondo esodo per le stesse persone. A Goma trovano altre migliaia di sfollati che sono scappati da Rutchuru e dalle località del Nord”.

Così i salesiani sono al fianco degli sfollati e continuano a distribuire aiuti di prima necessità, il campo sfollati di Don Bosco-Ngangi attualmente conta più di 3.500 famiglie, quello di Don Bosco Shasha ne ha circa 1.000 famiglie:

“Ai bambini più piccoli viene distribuita una pappa una volta al giorno, oltre al pasto che viene distribuito a tutti, sembra poco, ma significa tantissimo soprattutto per coloro che soffrono di malnutrizione. E’ necessario razionare cibo e acqua per poter aiutare tutti, nonostante sia impossibile prevedere quante altre persone possano raggiungere i campi nei prossimi giorni o mesi”.

Il direttore della comunità salesiana di Shasha, don Kizito Tembo, alcuni giorni fa ha inviato un messaggio ai suoi confratelli: “La situazione si sta infuocando, in breve tempo abbiamo sentito volare proiettili provenienti da tutte le direzioni e il panico ha attanagliato il villaggio. Per evitare di cadere in un’imboscata, ho chiesto a tutti di restare dove erano. E poiché l’assalto è stato improvviso, non siamo riusciti ad evacuare nessuno.

Nella comunità ci siamo chiusi in casa con 6 uomini, 8 donne e 18 bambini. Ci affidiamo alla misericordia divina, abbandonandoci nelle mani della Madonna. Il giorno dopo abbiamo appena trascorso una domenica più o meno tranquilla, a volte disturbata alcuni spari e qualche bomba che proveniva dalle montagne del Kiluku. Vi chiediamo di continuare a pregare per noi, perché ritorni completamente la calma e le persone ritornino alle loro varie attività”.

(Foto: Missioni Don Bosco)

Don Bosco in terra d’Islam

‘Ah ecco… una casa che accoglie, una scuola che educa, una parrocchia che evangelizza, un cortile che coltiva amicizia!’ Sono i quattro pilastri del carisma salesiano. Ve li enumera con fare entusiasta padre Alex, salesiano spagnolo, settantenne con l’energia di un ventenne. Il suo sorriso deciso sembra ricordarvi la massima di don Bosco: ‘La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio. Dopo l’amore’. Padre Alex convinto vi aggiunge subito: ‘Tutti e quattro i pilastri si trovano qui, a Kenitra!’

La guerra in Sudan raccontata dalle ‘Missioni Don Bosco’

“Quando due elefanti litigano tutta l’erba viene calpestata: dice un proverbio africano. Nel caso del Sudan i due elefanti sono i due generali al-Burhan e Dagalo e l’erba è l’intero Sudan. ‘I due cretini’ sospira Walid Ahmed, che sta seduto su un letto, guarda in basso, con una mano si tiene la fronte e con l’altra stringe il polso di sua moglie. Quel giorno al mercato del Darfur è andato a fuoco quasi l’intero raccolto di un territorio grande quanto la Francia… Non è una ‘guerra civile’ poiché non nasce da contrapposizioni ideologiche o da contrasti etnici nel popolo sudanese, ma è una violenza che si è scatenata quando il capo delle forze speciali si è reso conto di poter aumentare il suo potere a Karthoum anche a prezzo del sangue”.

Perugia ricorda 100 anni di presenza salesiana

Don Ivan Maffeis è il nuovo arcivescovo metropolita di Perugia-Città della Pieve e succede al card. Gualtiero Bassetti, diventando il 13^ pastore di questa Chiesa particolare da quando, nel 1882, la diocesi è stata elevata ad arcidiocesi per volere di papa Leone XIII, vescovo di Perugia per 34 anni.

Artemide Zatti, l’infermiere santo innamorato di Don Bosco

Artemide Zatti nacque a Boretto, in provincia di Reggio Emilia, il 12 ottobre 1880, da Luigi Zatti e Albina Vecchi, una famiglia di agricoltori. Fin da piccolo fu abituato al lavoro e al sacrificio. A 9 anni già si guadagnava la giornata da bracciante. Nel 1897 la famiglia Zatti, costretta dalla povertà, emigra in Argentina per stabilirsi a Bahía Blanca. Qui Artemide comincia a frequentare la parrocchia retta dai salesiani e diventa collaboratore del parroco, don Carlo Cavalli, con il quale spesso condivide lavoro e preghiera. Domenica 9 ottobre sarà canonizzato.

Dio ha una volontà particolare su ognuno di noi?

Spesso guardo al mio passato come un succedersi di eventi, più o meno belli e significativi; ma se rileggo la mia vita sotto lo sguardo di Dio, il passato mi fa apparire delle nuove possibilità e mi fa diventare più sensibile agli appelli che Egli mi rivolge, che mi rivelano il Suo desiderio, la Sua attesa e la Sua speranza: vedermi portare frutto (Gv. 15,16). Affidandomi allo Spirito, riesco a vedere la grazia negli eventi più disparati e a glorificare Dio nella prova come nel successo.

‘Un Padre, una famiglia’: un libro racconta l’impegno dei Salesiani contro il covid-19

Nella festa di don Bosco, era stato pubblicato in inglese ‘Un padre, una famiglia’ (a breve anche in italiano) dal Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, libro che raccoglie fotografie e testi che raccontano il grande lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana di tutto il mondo, in risposta alla pandemia di coronavirus:

‘Un Padre, una famiglia’: un libro racconta l’impegno dei Salesiani contro il covid-19

Nella festa di don Bosco, era stato pubblicato in inglese ‘Un padre, una famiglia’ (a breve anche in italiano) dal Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, libro che raccoglie fotografie e testi che raccontano il grande lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana di tutto il mondo, in risposta alla pandemia di coronavirus: “Questo non è il momento di stare con le mani in mano e aspettare che la crisi passi; è il momento di rimboccarsi le maniche, uscire e fare tutto il possibile per aiutare chi ha bisogno. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi, ma non chiuderci in noi stessi”.

Continuiamo l’intervista con don MC George Menamparampil, coordinatore dell’Emergency Response dei Salesiani, chiedendogli di spiegarci quale lavoro ha svolto in tempo di pandemia la famiglia salesiana:

“Il capitolo ‘Overview’ (Panoramica) fornisce una sintesi del lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana durante la pandemia, e il capitolo ‘Strategia e priorità…’ descrive il percorso che abbiamo seguito. Siamo stati coinvolti in tutte le fasi: prevenzione, soccorso d’emergenza, soluzioni a medio e lungo termine e gestione della ‘nuova normalità’ dopo la pandemia.

Le azioni concrete sono state tutte risposte ai bisogni reali e sentiti delle persone intorno alle nostre comunità e, quindi, enormemente varie a causa delle enormi differenze nelle circostanze socio-economiche delle persone, nell’estensione dell’infezione e nella severità del lockdown e nella capacità dei governi di soddisfare i bisogni dei loro cittadini.

La ‘prevenzione’ ha comportato la sensibilizzazione su tutti gli aspetti della malattia e la realizzazione e distribuzione di maschere facciali e kit sanitari contenenti articoli sanitari. Le nostre università hanno anche progettato e fabbricato, usando anche la stampa 3D, dispositivi di protezione personale (PPE – DPI) per i lavoratori in prima linea, come il personale medico. La nostra università di Guwahati, in India, ha progettato e realizzato un ventilatore polmonare efficace ed economico.

Nella fase iniziale di emergenza della pandemia, il nostro obiettivo era quello di ‘salvare vite’; quindi la distribuzione di cibo, mascherine e articoli sanitari. Abbiamo anche fornito alloggio  alle persone che dovevano essere messe in quarantena; in alcuni luoghi le nostre istituzioni sono state utilizzate dal governo come centri di quarantena.

Abbiamo aiutato i lavoratori manuali migranti bloccati nelle città a tornare a casa e li abbiamo nutriti durante il viaggio. Abbiamo fornito una formazione a breve termine per trovare un’occupazione alternativa, abbiamo promosso l’imprenditorialità e generato lavoro”.

Allora, cosa significa prendersi cura?

“Il Covid è una malattia molto contagiosa. Ad oggi, non esiste una cura sicura, rapida, semplice e facile. Quando il Rettor Maggiore dei Salesiani ha detto queste parole, non c’erano nemmeno i vaccini. Abbiamo una grande fede in Dio. Quando Satana invitò Gesù a saltare giù dal pinnacolo del tempio perché la Bibbia dice: ‘Egli darà ordini ai suoi angeli ed essi ti porteranno sulle loro mani, perché tu non urti con il piede contro una pietra’, Gesù rispose: ‘Sta anche scritto: Non tenterai il Signore, tuo Dio’.

Abbiamo un carattere scientifico. Ci fidiamo di quello che ci dicono i medici e gli scienziati: questa malattia è molto contagiosa; indossate una mascherina; lavatevi spesso le mani con acqua e sapone; tenetevi a distanza. Il Covid è particolarmente pericoloso per le persone sopra una certa età. Una buona percentuale dei nostri confratelli si trova in quella fascia d’età.

Un modo molto sicuro per prenderci cura di noi stessi sarebbe stato quello di rinchiuderci nelle nostre stanze e nei nostri uffici e permettere solo ad una persona giovane e sana di uscire per sbrigare le faccende inevitabili come la spesa di cibo e medicine. Questo sarebbe stato un modo efficace di prenderci cura di noi stessi allo scopo di farli morire più presto e così distornare più facilmente il pericolo per sé e per gli altri”.

(Fine 2 parte. Foto: Ans)

‘Un Padre, una famiglia’: un libro racconta l’impegno dei Salesiani contro il covid-19

Nella festa di don Bosco era stato pubblicato in inglese ‘Un padre, una famiglia’ (a breve anche in italiano) dal Rettor maggiore dei salesiani, don Ángel Fernández Artime, libro che raccoglie fotografie e testi che raccontano il grande lavoro svolto dalla Famiglia Salesiana di tutto il mondo, in risposta alla pandemia di coronavirus:

Capitolo dei Salesiani: curare gli interessi di Dio

Sabato scorso a Torino si è aperto il Capitolo generale 28 con la sindaco della città, Chiara Appendino, che ha ricordato quel “seme che, in poco più di due secoli di storia, ha lasciato segni indelebili e contribuito a connotare in maniera forte il carattere della nostra città”.

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