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Mattarella ricorda Cassino nel nome della pace

Nell’80^ anniversario della distruzione di Cassino da parte degli alleati il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha sottolineato che il ‘prezzo’ più caro è quello pagato dai civili: “Nella drammatica storia della Seconda Guerra mondiale, con le sue immani sofferenze, Cassino, la città ed il suo territorio, queste popolazioni, sono tragicamente entrate nell’elenco dei martiri d’Europa, accanto ad altri centri come Coventry, come Dresda”.

Cassino è stata assediata per 129 giorni: “Gli storici ci consegnano un numero (così alto da essere terrificante) di migliaia e migliaia di vittime delle diverse armate, della popolazione civile, degli abitanti di questa città, di questo territorio, come conseguenza dei 129 giorni di combattimenti qui avvenuti. I cimiteri (e quelli di guerra, dedicati ai combattenti) fanno qui corona e ammoniscono. Una tragedia dai costi umani ripeto di dimensioni spaventose. In questa terra avvennero scontri tra i più cruenti e devastanti”.

Ecco il motivo per cui è necessario ripudiare la guerra: “E mentre un sentimento di pietà si leva verso i morti, verso le vittime civili, non può che sorgere, al contempo, un moto di ripulsa da parte di tutte le coscienze per la distruzione di un territorio e delle sue risorse, per l’annientamento delle famiglie che lo abitavano, nel perseguimento della cieca logica della guerra, quella della volontà di ridurre al nulla del nemico, senza nessun rispetto per le vittime innocenti”.

La guerra non conosce limiti: “Lutti e sofferenze pagate in larga misura dalla incolpevole popolazione civile, a partire da quel funesto bombardamento del 15 febbraio contro l’Abbazia, nella quale, con i monaci, perirono famiglie sfollate, tante persone che vi si erano rifugiate contando sull’immunità di un edificio religioso, espressione di alta cultura universalmente conosciuto.

Ma la guerra non sa arrestarsi sulla soglia della barbarie. L’offensiva della coalizione contro il nazismo, che aveva occupato, ed opprimeva, l’Italia, rase totalmente al suolo la città e la storica Abbazia. Questo territorio, all’indomani degli eventi bellici, si presentò completamente distrutto: case, chiese, strade, ponti, ferrovie, scuole”.

Per questi eventi occorre rendere omaggio ad una città ‘martire’ per non perdere la memoria: “A quella comunità così duramente colpita, a quelle donne e a quegli uomini contro cui la furia bellica si manifestò in tutta la sua disumanità, la Repubblica esprime oggi affetto e rimpianto e, nel ricordo, si inchina alla loro memoria.

Rende omaggio a un eroismo silenzioso nel tempo della sofferenza, e alla loro orgogliosa volontà di far riprendere la vita in quello che era divenuto un campo di rovine. Ricordiamo come un gesto eroico quello di trovare dentro di sé le risorse per porre mano immediatamente alla ricostruzione.

Anche dell’Abbazia, faro di civiltà, avviata, questa ricostruzione dell’Abbazia, ancor prima della conclusione del conflitto. Toccò al primo Presidente del Consiglio dei ministri espresso dal Comitato di Liberazione Nazionale, Ivanoe Bonomi, porne la prima pietra già nel marzo del 1945”.

Ma, contemporaneamente, Cassino è stata protagonista anche della rinascita della democrazia: “Cassino martire. Ma Cassino anche protagonista, straordinaria testimone di questa risalita dall’abisso. Un abisso che inghiottì anche migliaia di giovani di altri Paesi che morirono combattendo contro gli oppressori dell’Italia e che ricordiamo con commozione e con riconoscenza.

La strada della libertà è stata segnata dal sacrificio e dal coraggio degli uomini che combatterono coraggiosamente (e tanti vi persero la vita) in questi territori, prendendo parte alla lotta di Liberazione, per far sì che prevalesse la pace nel Continente dilaniato da nazionalismi e da conflitti e che non avessero a soccombere le ragioni dei diritti delle persone e dei popoli”.

Quel cammino che ha portato alla democrazia ed alla pace: “Quello che l’Italia ha compiuto in Europa in questi decenni è un cammino straordinario di pace e di solidarietà, abbracciando i valori dell’unità del nostro popolo, della democrazia, dell’uguaglianza, della giustizia sociale.

Valori che gli italiani vollero consacrati con la scelta della Repubblica e con la Costituzione. Insieme a una affermazione solenne, tra le altre: il ripudio della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo per la risoluzione delle controversie internazionali.

Sono queste le poche parole dell’art.11 della nostra Costituzione che contiene le ragioni, le premesse del ruolo e delle posizioni del nostro Paese nella comunità internazionale: costruire ponti di dialogo, di collaborazione con le altre nazioni, nel rispetto di ciascun popolo”.

Inoltre ha ricordato le parole di san Paolo VI, che definì l’abbazia ‘messaggero di pace’: “La nuova Abbazia ha la stessa vocazione ma ambisce anche a essere prova di un’accresciuta consapevolezza degli orrori della guerra e di come l’Europa debba assumersi un ruolo permanente nella costruzione di una pace fondata sulla dignità e sulla libertà. Ne siamo interpellati. Sono mesi, ormai anni, amari quelli che stiamo attraversando. Contavamo che l’Europa, fondata su una promessa di pace, non dovesse più conoscere guerre”.

Parole che richiamano alle guerre in atto in Europa ed in Medio Oriente: “Ai confini d’Europa, invece, anzi dobbiamo dire dentro il suo spazio di vita, guerre terribili stanno spargendo altro sangue e distruggendo ogni remora posta a tutela della dignità degli esseri umani. Bisogna interrompere il ciclo drammatico di terrorismo, di violenza, di sopraffazione, che si autoalimenta e che vorrebbe perpetuarsi. Questo è l’impegno della Repubblica Italiana.

Far memoria di una tragedia, una battaglia così sanguinosa, come quella di Cassino, che ha inciso nelle carni e nelle coscienze del nostro popolo e di popoli divenuti nostri fratelli, è anche un richiamo a far cessare, ovunque, il fuoco delle armi, a riaprire una speranza di pace, di ripristino del diritto violato in sede internazionale, della dignità riconosciuta a ogni comunità”.

Cassino è un invito a non perdere la memoria: “Cassino esprime un ricordo doloroso di quanto la guerra possa essere devastante e distruttiva, ma è anche un monito a non dimenticare mai le conseguenze dell’odio, del cinismo, della volontà di potenza che si manifesta a più riprese nel mondo.

Cassino città martire.  Cassino città della pace. Questo il messaggio forte, intenso, che da qui viene oggi. E’ questo il traguardo a cui ambire. E’ questa la natura dell’Europa, la sua vocazione, la sua identità. E’ questa la lezione che dobbiamo tenere viva, custodire, trasmettere sempre, costantemente”.

(Foto: Quirinale)

Papa: la grazia di Dio libera dai vizi dell’invidia e della vanagloria

“Il 1° marzo ricorrerà il 25° anniversario dell’entrata in vigore della Convenzione sull’interdizione delle mine antipersona, che continuano a colpire civili innocenti, in particolare bambini, anche molti anni dopo la fine delle ostilità. Esprimo la mia vicinanza alle numerose vittime di questi subdoli ordigni, che ci ricordano la drammatica crudeltà delle guerre e il prezzo che le popolazioni civili sono costrette a subire. A questo proposito, ringrazio tutti coloro che offrono il loro contributo per assistere le vittime e bonificare le aree contaminate. Il loro lavoro è una risposta concreta alla chiamata universale ad essere operatori di pace, prendendoci cura dei nostri fratelli e sorelle”.

Con questo appello papa Francesco, non perfettamente ristabilitosi nella salute, ha ricordato il 25^ anniversario della convenzione per l’abolizione delle mine antiuomo, firmato ad Ottawa da 164 Stati, che proibiva in tutto il mondo uso, stoccaggio, produzione e vendita delle mine antiuomo e per la distruzione di quelle inesplose, ricordando i popoli che soffrono a causa della guerra:

“Cari fratelli e sorelle, non dimentichiamo i popoli che soffrono a causa della guerra: Ucraina, Palestina, Israele e tanti altri. E preghiamo per le vittime dei recenti attacchi contro luoghi di culto in Burkina Faso; come pure per la popolazione di Haiti, dove continuano i crimini e i sequestri delle bande armate”.

Mentre la catechesi sui vizi è stata letta, a causa delle sue ancora non stabili condizioni di salute, da mons. Filippo Ciampanelli, con una riflessione sul tema ‘invidia e la vanagloria’, descritti come ‘vizi più antichi’, iniziando dall’invidia di Caino nei confronti del fratello Abele:

“Se leggiamo la Sacra Scrittura, essa ci appare come uno dei vizi più antichi: l’odio di Caino nei confronti di Abele si scatena quando si accorge che i sacrifici del fratello sono graditi a Dio. Caino era il primogenito di Adamo ed Eva, si era preso la parte più cospicua dell’eredità paterna; eppure, basta che Abele, il fratello minore, riesca in una piccola impresa, che Caino si rabbuia”.

Il papa ha sottolineato che l’invidia conduce all’odio: “Il volto dell’invidioso è sempre triste: lo sguardo è basso, pare che indaghi in continuazione il suolo, ma in realtà non vede niente, perché la mente è avviluppata da pensieri pieni di cattiveria. L’invidia, se non viene controllata, porta all’odio dell’altro. Abele sarà ucciso per mano di Caino, che non poteva sopportare la felicità del fratello”.

Il vizio dell’invidia nasce da una nostra falsa concezione di Dio, che può essere modificato dall’amore ‘fraterno’: “Alla radice di questo vizio c’è una falsa idea di Dio: non si accetta che Dio abbia la sua ‘matematica’, diversa dalla nostra.

Ad esempio, nella parabola di Gesù sui lavoratori chiamati dal padrone ad andare nella vigna alle diverse ore del giorno, quelli della prima ora credono di aver diritto a un salario maggiore di quelli arrivati per ultimi; ma il padrone dà a tutti la stessa paga, e dice: ‘Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?’ Vorremmo imporre a Dio la nostra logica egoistica, invece la logica di Dio è l’amore. I beni che Lui ci dona sono fatti per essere condivisi… Ecco il rimedio all’invidia!”

L’altro vizio, collegato all’invidia, è la vanagloria: “Essa va a braccetto con il demone dell’invidia, e insieme questi due vizi sono propri di una persona che ambisce ad essere il centro del mondo, libera di sfruttare tutto e tutti, oggetto di ogni lode e di ogni amore. La vanagloria è un’autostima gonfiata e senza fondamenti. Il vanaglorioso possiede un ‘io’ ingombrante: non ha empatia e non si accorge che nel mondo esistono altre persone oltre a lui”.

Il vanaglorioso vuole essere sempre al centro dell’attenzione: “I suoi rapporti sono sempre strumentali, improntati alla sopraffazione dell’altro. La sua persona, le sue imprese, i suoi successi devono essere mostrati a tutti: è un perenne mendicante di attenzione. E se qualche volta le sue qualità non vengono riconosciute, allora si arrabbia ferocemente. Gli altri sono ingiusti, non capiscono, non sono all’altezza”.

Questo succede anche ai sacerdoti, come ha sottolineato Evagrio Pontico: “Nei suoi scritti Evagrio Pontico descrive l’amara vicenda di qualche monaco colpito dalla vanagloria. Succede che, dopo i primi successi nella vita spirituale, si sente già un arrivato, e allora si precipita nel mondo per ricevere le sue lodi. Ma non capisce di essere solo agli inizi del cammino spirituale, e che è in agguato una tentazione che presto lo farà cadere”.

Per liberarsi dai due vizi occorre ‘abbandonarsi’ alla grazia di Dio: “Per guarire il vanaglorioso, i maestri spirituali non suggeriscono molti rimedi. Perché in fondo il male della vanità ha il suo rimedio in sé stesso: le lodi che il vanaglorioso sperava di mietere nel mondo presto gli si rivolteranno contro. E quante persone, illuse da una falsa immagine di sé, sono poi cadute in peccati di cui presto si sarebbero vergognate!

L’istruzione più bella per vincere la vanagloria la possiamo trovare nella testimonianza di san Paolo. L’Apostolo fece sempre i conti con un difetto che non riuscì mai a vincere. Per ben tre volte chiese al Signore di liberarlo da quel tormento, ma alla fine Gesù gli rispose: ‘Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza’. Da quel giorno Paolo fu liberato”.

Al termine dell’udienza generale papa Francesco si è recato all’ospedale ‘Isola Tiberina Gemelli Isola’ per alcuni accertamenti diagnostici, eseguiti i quali è rientrato in Vaticano, come ha riferito la Sala Stampa vaticana.

(Foto: Santa Sede)

La Chiesa ha ricordato i martiri copti

Giovedì 15 febbraio scorso nella basilica di san Pietro si è svolta la prima commemorazione dei 21 Martiri Copti di Libia, il cui inserimento nel Martirologio Romano era stato annunciato da papa Francesco nello scorso 11 maggio, organizzata dal Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, è stata presieduta dal card. Kurt Koch, con la partecipazione di mons. Antonios Aziz Mina, vescovo copto-cattolico emerito di Ghizeh, di p. Thaouphilos, vicario generale della diocesi copto-ortodossa di Torino-Roma, di don Antonio Gabriel, parroco della chiesa copta di san Mina a Roma, animata dal coro copto di Roma.

Nell’omelia il card. Koch ha sottolineato il significato di sacrificio: “La croce di Gesù mostra chiaramente che l’amore non può esistere senza l’investimento della propria vita a favore degli altri, e testimonia ciò che la fede cristiana intende per sacrificio. Il vero sacrificio di Gesù Cristo non consiste nel sacrificio di animali o nell’offerta di beni materiali a Dio, ma risiede nel dono di sé da parte del Figlio al Padre, per noi uomini.

Non poteva essere sufficiente che Gesù offrisse a Dio cose materiali: animali o altri doni, come avveniva nel Tempio di Gerusalemme. Gesù non ha offerto nulla se non se stesso. Per questo è diventato il nuovo Tempio e ha introdotto nel mondo una nuova forma di culto, realizzandola sulla croce tramite il dono della sua vita per noi”.

Il ‘sacrificio’ di Gesù mostra che Egli ama l’umanità: “Questa nuova liturgia è il sacrificio che Gesù ha compiuto non solo per mostrarci il suo amore a parole, con dichiarazioni astratte, ma per farci sperimentare il suo amore, che è senza limiti, nel dono della sua vita. La croce è la manifestazione del più grande amore di Gesù; essa mostra che Gesù Cristo è il primo martire, e dunque il vero amico dell’uomo”.

Però il martirio non è fine a se stesso: “La passione di Gesù è il primo martirio e, allo stesso tempo, è il modello esemplare del martirio dei cristiani che vivono nella sua sequela e donano la propria vita per amore di Lui, avendo così parte al suo martirio. Il martirio originale di Gesù mostra cosa è un martire nello spirito cristiano.

Come Gesù si è conformato interamente alla volontà del Padre celeste per noi uomini e ha dato la vita sulla croce a motivo del suo amore infinito per noi, così anche il martire cristiano non cerca il martirio, ma se il martirio giunge in maniera inevitabile lo prende su di sé, come conseguenza della lealtà alla sua fede”.

L’essere ucciso non costituisce di per sé il martirio: “Pertanto il fatto di essere uccisi non costituisce in sé il martirio secondo la tradizione della Chiesa cattolica. Non è la morte in sé a fare del cristiano un martire, ma è piuttosto il suo intento e quindi la sua disposizione interiore, come ha notato sant’Agostino: ‘Christi martirem non facit poena, sed causa’. Se per il martirio cristiano prendiamo come esempio Gesù Cristo, allora il suo segno distintivo sarà l’amore. Il martire mette in pratica la vittoria dell’amore sull’odio e sulla morte”.

Ciò è stato vissuto dai martiri coopti ortodossi: “I martiri copti ortodossi, che sono stati uccisi crudelmente in Libia il 15 febbraio 2015 e che oggi ricordiamo con gratitudine per la loro testimonianza di fede, hanno testimoniato ciò con il sacrificio della loro vita… I martiri della Chiesa non sono un fenomeno marginale, ma costituiscono il suo fulcro fondamentale”.

Perciò il martirio è un aspetto essenziale del cristianesimo: “Questa convinzione si è rivelata vera ripetutamente nel corso della storia della Chiesa. Ciò si riconferma anche nel mondo odierno, dove si contano addirittura più martiri rispetto al tempo delle persecuzioni dei cristiani nei primi secoli. L’ottanta per cento di tutti coloro che oggi sono perseguitati a causa della loro fede sono cristiani. Attualmente, la fede cristiana è la religione più perseguitata. La cristianità è diventata ancora una volta una Chiesa martire, in misura incomparabile”.

E l’ecumenismo dei martiri era stato evidenziato da san Giovanni Paolo II durante l’Anno Santo del 2000: “Nell’ecumenismo dei martiri, papa Giovanni Paolo II aveva già ravvisato una fondamentale unità tra noi cristiani e aveva sperato che i martiri potessero aiutare la cristianità a ritrovare la piena comunione…

Come la Chiesa primitiva era convinta che il sangue dei martiri sarebbe stato seme di nuovi cristiani, così anche oggi possiamo nutrire la speranza nella fede che il sangue di tanti martiri del nostro tempo possa un giorno rivelarsi seme di piena unità ecumenica del Corpo di Cristo, ferito da così tante divisioni. In fondo, nel sangue dei martiri (possiamo esserne certi) siamo già diventati una cosa sola”.

Quindi i martiri pongono la sfida dell’unità dei cristiani: “Difatti, la sofferenza di così tanti cristiani nel mondo odierno costituisce un’esperienza comune che ci aiuta ad avvicinarci gli uni agli altri. E la comunione dei martiri parla senza dubbio in maniera più eloquente delle divisioni che ancora oggi ci dividono.

In questo spirito di ecumenismo del sangue, papa Francesco ha sempre considerato molto importante la testimonianza dei martiri copti ortodossi. Includendoli nel Martirologio Romano come ‘segno della comunione spirituale che unisce le nostre due Chiese’, egli ha voluto mostrare che i martiri copti ortodossi sono testimoni della fede anche nella Chiesa cattolica, e che dunque sono anche i nostri martiri”.

Al termine della celebrazione è stato proiettato ‘I 21. La potenza della fede’, un documentario sulla vita dei martiri girato proprio nel villaggio da dove provenivano i martiri, che aveva il patrocinio del Patriarcato coopto.

(Foto: Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani)

San Camillo de Lellis: il santo degli infermi

San Camillo de Lellis (Bucchianico (Chieti), 25 maggio 1550 – Roma il 14 luglio 1614), ottiene da papa Sisto V di portare cucita sul suo abito religioso una croce rossa che egli ottenne di portare cucita sull’abito religioso, il 20 giugno 1586. Viene detto dai biografi che“per tre ragioni piacque al padre nostro che portassimo la Croce ne’ vestimenti, tenendola per nostra impresa e insegna.

Presidente Mattarella ai giovani: esempi virtuosi

Nelle settimane scorse il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha consegnato al Quirinale gli attestati d’onore di ‘Alfiere della Repubblica’ conferiti nell’anno 2022 a ragazze e ragazzi che rappresentano modelli positivi di cittadinanza e che sono esempi dei molti giovani meritevoli presenti nel nostro Paese. I premiati si sono distinti nello studio, in attività culturali, scientifiche, artistiche, sportive, nel volontariato oppure hanno compiuto atti o adottato comportamenti ispirati a senso civico, altruismo e solidarietà.

VI Domenica del Tempo Ordinario: beato chi cammina nella legge del Signore

Il brano del Vangelo ci inserisce nel discorso della Montagna e riguarda il rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. Gesù non è venuto per abolire la vecchia legge e sostituirla con una nuova; Egli è venuto per dare compimento alla Legge. Gesù ribadisce il valore dell’Antico Testamento, del quale neppure una iota (un piccolo segno) andrà perduto; l’Antico testamento ha un valore preparatorio al Nuovo, all’avvento di Cristo Gesù, che redime il mondo ed annuncia e costituisce il Regno di Dio.

Papa Francesco invita il personale del Vaticano a scoprire la bellezza del Vangelo

Nell’odierna mattinata papa Francesco ha incontrato i dirigenti ed il personale dell’Ispettorato di Pubblica Sicurezza presso il Vaticano, ringraziandoli per il servizio svolto con ‘spirito di sacrificio’:

Per non dimenticare Marcinelle

Anche ieri, come ogni anno, ha risuonato 262 volte la campana al Bois du Cazier di Marcinelle, nel bacino carbonifero di Charleroi, durante la commemorazione del 66° anniversario della tragedia dell’8 agosto 1956: un incendio sviluppatosi in una galleria della miniera, a quasi mille metri di profondità, costò la vita a 262 minatori, 136 dei quali italiani. I nomi dei lavoratori, in gran parte immigrati in Belgio da vari Paesi dell’Europa post bellica, sono scanditi, uno per uno.

VII Domenica: Camminiamo in novità di vita

Una domanda: cosa significa essere cristiani?  Trovata la risposta, è necessaria la coerenza e la responsabilità nell’agire. Eppure tante volte l’uomo è strano nel suo agire, vorrebbe realizzare la luna; eppure la società in fondo ha più bisogno di uomini buoni che di uomini grandi; la persona necessita di amare ed essere amata; l’etica deve essere  solo la conseguenza dell’essere: sei cristiano, vivi da cristiano!

Protomartiri francescani: cronaca di un centenario

Nel 2009 è pubblicato il libretto divulgativo Protomartiri francescani di Esperia Urbani; è la relazione che la medesima ha tenuto precedentemente sui cinque santi frati Minori Berardo, Pietro, Ottone, Accursio e Adiuto alla fraternità dell’Ordine Francescano Secolare della Parrocchia S. Antonio in Terni svolta su richiesta dell’assistente padre Giuseppe De Bonis.

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