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Mons. Moraglia: riscoprire il valore della donna è decisivo per la Chiesa e per la società

Una festa per la fede del ‘Popolo di Dio’: questa è da sempre la celebrazione annuale della festa della ‘Madonna della Salute’ per i veneziani. Quindi non una semplice ricorrenza tradizionale, ma un rinnovarsi del rapporto con il Signore attraverso la devozione alla Vergine Maria, come ha affermato il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia nell’omelia al vangelo che narrava le nozze di Cana, conducendo il fedele al ‘cuore’ della rivelazione cristiana:

Nasce l’Osservatorio per analizzare e interpretare le apparizioni mariane

“Nella Vergine Maria, la naturale intuizione femminile viene esaltata dalla sua singolarissima unione con Dio nella preghiera. Per questo, leggendo il Vangelo, notiamo che ella sembra qualche volta scomparire, per poi riaffiorare nei momenti cruciali: Maria è aperta alla voce di Dio che guida il suo cuore, che guida i suoi passi là dove c’è bisogno della sua presenza. Presenza silenziosa di madre e di discepola”.

Da Milano mons. Delpini invita a vivere la luce del Mistero

Dopo il discorso alla città di Milano l’arcivescovo ambrosiano, mons. Mario Delpini, ha concelebrato nella chiesa di sant’Ambrogio il pontificale con un riferimento, nell’omelia, alla mostra alla Triennale, dal titolo ‘Unknown unknowns’:

La teologia del matrimonio di Walter Kasper tra luci e ombre

L’Autore, come fa intendere il titolo della sua opera, vuole offrire una prospettiva teologica del matrimonio cristiano. Tuttavia, quella espressa in queste pagine è la prospettiva cattolica. Nel libro si accenna a Lutero e alla tradizione orientale ma, se si entra in un pur timido dialogo – in particolare con la tradizione luterana ‒, è per evidenziare la differenza che intercorre tra il punto di vista cattolico e quella luterano, permettendo così di mettere in luce la concezione di sacramento in merito al matrimonio espressa nel concilio di Trento.

In secondo luogo l’Autore, a più riprese, nella prima parte, sottolinea come il sacramento del matrimonio sia tra i sacramenti quello che congiunge ordine della creazione e ordine della salvezza/redenzione. Tuttavia, questa congiunzione, forse anche a motivo del taglio giuridico-pastorale che caratterizza la seconda parte del libro, appare abbozzata ma non pienamente articolata.

Dalla lettura complessiva dell’opera, infatti, si ha l’impressione che il polo antropologico e il polo teologico del sacramento del matrimonio vengano accostati e non rapportati nella loro unità e differenza. L’evento cristologico, che fonda il sacramento del matrimonio, sembra portare a compimento l’antropologico, quando con l’amore fedele si apre al definitivo e, quindi, al mistero.

Tuttavia così non viene enunciata la specificità, il proprium del polo teologico. Prova ne è il fatto che, a più riprese, venga sottolineato come l’amore fedele e fecondo è già partecipazione dell’amore che c’è tra Dio e gli uomini, pienamente e definitivamente manifestato in Gesù Cristo.

La novità dell’esperienza sacramentale vi pare ultimamente espressa in ciò che Dio aggiunge all’amore terreno, per il fatto che nell’incarnazione del Figlio ha accettato una volta per sempre l’umano e lo ha, quindi, affermato contemporaneamente nella sua propria dignità, rendendolo espressione del suo amore.

Questa formulazione, però, inclina a considerare l’evento salvifico solo come ciò che Dio compie in occasione dell’incarnazione, senza dare rilievo alla effettiva vicenda storica di Gesù di Nazareth e alla complessa trama di rapporti e di vicende entro cui l’amore divino viene a comunicarsi. 

L’uomo sembra così risultare semplicemente destinatario dell’amore di Dio, recettore di benefici che raggiungono la sua libertà, senza che sia messo a tema in che modo questa non solo ne viene investita, ma interpellata[1].

In una simile prospettiva, infatti, c’è da chiedersi cosa è il sacramento del matrimonio rispetto a questo amore, se esso è già segno?

Un simile “difetto” sembra essere riscontrabile, quando, nell’ambito del quarto e ultimo capitolo, si tenta di presentare il rapporto tra matrimonio civile e matrimonio ecclesiastico. La prospettiva storica, qui adottata, se fa comprendere il motivo dell’istituzione del matrimonio civile, non evidenzia, però, la diversità e, dunque, la specificità di questo rispetto al sacramento del matrimonio.

Nel passaggio da un modello oggettivistico ad un modello personalistico, che esprime l’originalità dell’opera dell’Autore, si ravvisano alcuni rilievi critici. Discutibile, infatti, appare la definizione dell’amore, che si trova nella prima parte, in particolare nel primo capitolo, fondata sul bisogno.

Sembra connotare l’amore, nel suo sorgere, come una sorta di penuria che va superata, una mancanza che idealmente non dovrebbe esserci. Il sorgere dell’amore, detto in altri termini, sembra essere rimedium finitudinis. Inoltre, a proposito della sessualità umana intesa come “strumento” della comunicazione intersoggettiva, Kasper sembra dare adito ad una separazione tra esteriore e interiore, libertà e corpo che, nel suo stesso intento, vorrebbe superare.

Infine il fatto che, dapprima, nei primi due capitoli, si parli del matrimonio come “qualcosa che si celebra”, senza che venga indagata la dimensione liturgica del matrimonio, e, successivamente, nel terzo e quarto capitolo, il matrimonio venga definito un contratto, sembra indicare, nella terminologia, una regressione, quasi un cedimento ad un’impostazione pre-conciliare che si vorrebbe superare.

Va sottolineato che questo cedimento è comprensibile dato il fatto si tenta di trovare una soluzione al problema dei divorziati risposati anche sotto il profilo canonico-pastorale. Infatti, come ho avuto modo di rilevare sopra, il Codice di diritto canonico allora vigente era quello del 1917 e non quello del 1983 che, da questo punto di vista, ha codificato l’insegnamento conciliare.

In conclusione l’opera di Kasper, sia con i suo elementi positivi sia con i suoi elementi critici di cui si è cercato di dar conto, tenta di comprendere la sacramentalità del matrimonio secondo un modello che potremmo definire antropologico-dogmatico[2]: la realtà naturale, quindi il contratto matrimoniale, è il sacramento.

Sulla scia della speculazione teologica di Schillebeekx il matrimonio è presentato da Kasper come un’istituzione umana attraverso cui Dio si rivela dalle origini fino ad ora. In questa prospettiva ciò che sta in primo piano sono i rapporti interpersonali tra i coniugi e la stessa sacramentalità è vista in relazione ad essi. 

Il matrimonio diventa un’immagine vivente delle relazione d’amore di Dio con il suo popolo ed ogni singolo matrimonio agisce unicamente come rivelazione di questo patto[3]


[1] A. BOZZOLO, Il rito di Gesù. Temi di teologia sacramentaria, LAS, Roma 2013, p. 254.

[2] Cf. i tre modelli proposti da Aliotta in M. ALIOTTA, Il matrimonio, Querianiana, Brescia 2002, p. 97.

[3] Ibidem, p. 100.

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“In pace mi corico”. Un invito alla lettura.

Una delle ultime fatiche editoriali del neo-segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, il lodigiano presbitero don Giovanni Cesare Pagazzi, ha un chiaro riferimento biblico e nella fattispecie ad un salmo in cui si parla di sonno. Sembrerebbe strano che la teologia si possa occupare di un fenomeno così “basso”, eppure a ben vedere noi passiamo almeno un terza delle nostre giornate “nelle braccia di Morfeo”, per non parlare dei bambini che, come si dice popolarmente, “mangiano e dormono”.

XXVI domenica: Dio ama tutti; lo Spirito soffia dove e quando vuole!

Spesso l’uomo appare ed è esclusivista e manicheo; Dio invece è sempre il Padre di tutti: quale grande differenza tra Dio e l’uomo! Come nell’Antico Testamento anche nel Nuovo l’uomo talvolta appare geloso: “abbiamo visto uno che schiacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito”! E Gesù di rincalzo: “non glielo impedite! Nessuno infatti compie un miracolo nel mio nome e poi parla male di me!”.

Papa: attraverso la Trinità preghiamo Dio

Al termine dell’udienza generale, sempre in streaming dal Palazzo Apostolico, papa Francesco ha chiesto di pregare per il suo imminente viaggio apostolico in Iraq, chiedendo l’accompagnamento nella preghiera:

Mons. Delpini ai ragazzi: la libertà crea legami

Ieri l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha inaugurato i locali dell’oratorio parrocchiale di Sant’Ilario Vescovo, nel quartiere Gallaratese, nel giorno in cui tutta la Diocesi inizia il nuovo anno oratoriano, con un richiamo alla situazione attuale e alla società, immaginata come una casa in cui vivono 5 sorelle:

“Nella Casa Libertà abitano 5 sorelle. La più piccola è la libertà bambina che ha l’abitudine dei capricci, eppure anche lei cerca gli abbracci e vuole essere coccolata. Non ama i rischi e non è pronta per le responsabilità… Poi, l’adolescente che si chiama la libertà confusa, sempre incerta e che non ascolta nessun consiglio; che è come una macchina che sta sempre agli incroci e non si decide mai per nessuna strada perché non sa dove andare. Ha mille possibilità, ma non ne realizza neppure una”.

La ‘terza libertà’ è quella ‘stanca’: “… la più grande si chiama la libertà stanca e non si aspetta niente dal futuro, si aspetta solo guai. Dice che è meglio l’inerzia e la ripetizione; che le abitudini sono più rassicuranti delle avventure e delle scelte coraggiose. Ama fare le cose che ha sempre fatto, dire le cose che ha sempre detto”.

La libertà successiva è quella ‘arrabbiata’: “La quarta è la libertà arrabbiata per la quale ogni regola e disciplina sono insopportabili, ogni richiamo suscita la sua reazione. E’ ribelle a ogni autorità, non riesce a stare con nessuno, né con gli altri e nemmeno con se stessa”.

Mentre l’ultima è “la libertà felice, quella che ha sentito pronunciare il suo nome da una voce amica che l’ha condotta nei giardini dell’amore dove si è a servizio gli uni degli altri, là dove ci sono i fratelli e le sorelle da servire. La comunità cristiana celebra oggi, come ogni domenica, la libertà felice in questa città dove ci sono tutte le 5 sorelle… Lei è dove si radunano coloro che liberamente decidono di praticare il grande comandamento”.

Ed il comandamento è il legame: “Il grande comandamento è l’offerta di quel legame d’amore che corrisponde al desiderio profondo dell’anima e che chiama alla pienezza di vita. E’, quindi, una strada di felicità, perché introduce al rapporto con il Signore che si chiama amore, superando ogni confusione e vivendo nella pace. La parrocchia e l’oratorio non sono fatti solo di mura e iniziative, sono, piuttosto, il luogo che tesse i rapporti, in cui gli adulti (in particolare la comunità educante) vogliono accompagnare i più giovani alla libertà felice.

E’ una strada di semplicità, che dura per sempre. E’ una strada di guarigione per le forme di libertà malate che affliggono coloro che abitano nella città: il mondo deve essere aggiustato, la città invoca d’essere guarita, di poter sperimentare la gioia. Ma la guarigione è possibile solo se tutto è animato dalla decisione di amare e dalla gratitudine per essere amati, cioè dalla libertà felice”.

E nella lettera in occasione della riapertura degli oratori, ‘Trasfigurati dallo stupore’, l’arcivescovo ha scritto: “I discepoli in cammino verso Emmaus raccontano la vicenda di Gesù come un fallimento deludente, secondo la cronaca degli stupidi. Ma li sorprende il viandante sconosciuto e racconta la stessa vicenda come il compimento di una missione. Li sorprende e lo stupore li trasfigura, al punto che quando Gesù condivide il pane, non vedono solo un gesto qualsiasi, ma la sua rivelazione”.

Ed ha invitato i ragazzi a lasciarsi coinvolgere come ha fatto Carlo Acutis: “Anche la storia di Carlo Acutis, morto di leucemia a 15 anni, si può leggere come un fatto di cronaca che racconta di un destino crudele che ha spezzato una promettente adolescenza. Chi è trasfigurato dello stupore riconosce invece la rivelazione della santità di un ragazzo. La festa dell’oratorio e la proposta educativa della comunità cristiana può essere ricevuta come un dono che permette la trasfigurazione: da stupidi a stupiti”.

(Foto: Diocesi di Milano)

Papa Francesco: la preghiera nasce dalla rivelazione di Dio

“Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Oggi celebriamo la memoria liturgica della Madonna di Fatima. Torniamo col pensiero alle sue apparizioni e al suo messaggio trasmesso al mondo, come anche all’attentato a san Giovanni Paolo II, che nella salvezza della sua vita vedeva l’intervento materno della Vergine Santa. Nella nostra preghiera domandiamo a Dio, per intercessione del Cuore Immacolata di Maria, la pace per il mondo, la fine della pandemia, lo spirito di penitenza e la nostra conversione. Lunedì prossimo sarà il centesimo della nascita di San Giovanni Paolo II: io celebrerò la Messa alle 7.00, davanti all’altare della tomba, e sarà trasmessa in mondovisione per tutti. Ringraziamo Dio di averci dato questo Vescovo a Roma, Santo Vescovo, e chiediamo a lui che ci aiuti: che aiuti questa Chiesa di Roma a convertirsi e ad andare avanti”.

Paul Tillich e la teologia sistematica

Paul Tillich nacque a Strarzeddel, nel Brandeburgo, nel 1886. Figlio di un pastore e dirigente scolastico, egli ricevette una formazione religiosa tradizionale, prima di condurre studi filosofici e  teologici approfonditi a Berlino, Tubinga e Halle, conseguendo titoli accademici in entrambe le discipline.  

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