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24 ore per il Signore: al centro la Misericordia

Oggi torna, per l’XI edizione, ‘24 ore per il Signore’, iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta da papa Francesco che si celebrerà nelle diocesi di tutto il mondo alla vigilia della quarta domenica di Quaresima con il tema tratto da una versetto della Lettera ai Romani di san Paolo: ‘Camminare in una vita nuova’, proponendo alle comunità ecclesiali di prevedere un’apertura straordinaria delle chiese, in modo da offrire ai fedeli l’occasione di sostare in qualsiasi momento in adorazione e l’opportunità di confessarsi.

L’edizione di quest’anno si inserisce nel percorso dell’Anno della Preghiera, e la ‘24 Ore per il Signore’ sarà l’occasione per fare esperienza della preghiera del perdono. Dallo scorso anno, per caratterizzare maggiormente la presenza nelle comunità parrocchiali, papa Francesco presiede la celebrazione nella parrocchia di San Pio V a Roma.

Nell’annunciare l’iniziativa mons. Rino Fisichella, prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, ha spiegato la scelta della frase ed il sussidio: “Il presente sussidio intende offrire alcuni suggerimenti per consentire alle parrocchie e alle comunità cristiane di prepararsi a vivere questa iniziativa. Si tratta, ovviamente, di proposte che possono essere adattate in base alle esigenze e alle consuetudini locali.

Lo scopo dell’evento è rimettere al centro della vita della pastorale della Chiesa, quindi delle nostre comunità, delle nostre parrocchie, di tutte le realtà ecclesiali, il sacramento della riconciliazione. Questo è il centro del messaggio evangelico: la Misericordia di Dio, che ci dà la certezza che davanti al Signore nessuno troverà un giudice, ma troverà piuttosto un padre che lo accoglie, lo consola e gli indica anche il cammino per rinnovarsi”.

Il sussidio spiega il valore del perdono: “Alla luce della fede cristiana, la bellezza, la ricchezza e il vero significato del perdono possono essere compresi solo nella logica dell’amore di Dio per ogni essere umano. Infatti, se guardiamo solo al rapporto tra gli uomini, il perdono non è qualcosa di spontaneo e naturale”.

Il perdono è liberatorio ed è una grazia di Dio, come afferma il salmo 103: “Tuttavia, anche se difficile, diventa un’esperienza liberatoria se contemplato a partire da Dio. Può essere vissuto da un cuore ferito grazie al potere guaritore e rigenerante dell’amore. Ha la sua fonte primaria in Dio Amore misericordioso.

Non va confuso con una mera scarica di colpe o con un atto legale di amnistia. E’ un atto d’amore gratuito. Non lo si può meritare né comprare… Qui vediamo come il perdono di Dio sia una grazia, un dono d’amore in eccesso, al di là di tutti i calcoli e le misure umane”.

Il perdono è una grazia di vita nuova: “Gli incontri di Gesù rendono il perdono più visibile nelle situazioni concrete della vita delle persone. L’uomo paralitico guarito da Gesù è un emblema dell’uomo perdonato. La guarigione è vista come il segno del perdono: ‘Coraggio, figlio, ti sono perdonati i peccati’; ‘alzati e cammina’.

Gesù lo solleva dal suo fallimento e gli apre la possibilità di camminare di nuovo nella vita con speranza. Nel commovente incontro della peccatrice pubblica con Gesù nella casa di un fariseo, la donna si mette ai piedi di Gesù, li bagna con le sue lacrime e li unge di profumo. Si affida completamente a Gesù con amore e venerazione. Gesù la accoglie così com’è, senza condannarla”.

In conclusione, dopo aver riportato alcune testimonianze, il sussidio riporta la catechesi di papa Francesco sul perdono dello scorso settembre: “Il messaggio di Gesù è chiaro: Dio perdona in modo incalcolabile, eccedendo ogni misura. Lui è così, agisce per amore e per gratuità. Dio non si compra, Dio è gratuito, è tutto gratuità. Noi non possiamo ripagarlo ma, quando perdoniamo il fratello o la sorella, lo imitiamo.

Perdonare non è dunque una buona azione che si può fare o non fare: perdonare è una condizione fondamentale per chi è cristiano. Ognuno di noi, infatti, è un ‘perdonato’ od una ‘perdonata’: non dimentichiamo questo, noi siamo perdonati, Dio ha dato la vita per noi e in nessun modo potremo compensare la sua misericordia, che Egli non ritira mai dal cuore”.

Terza Domenica di Quaresima: Glorificate Dio con la vostra vita

La Quaresima è il cammino spirituale verso la pasqua di risurrezione che segna la Nuova Alleanza tra Dio e il suo popolo. Un patto sancito dal sacrificio di Gesù sulla croce. In questo cammino è necessario rinnovarsi (convertirsi), ascoltare Cristo Gesù che con il suo messaggio ci propone un rinnovamento radicale bivalente: rivedere coraggiosamente la propria vita morale e ripensare la nostra vita liturgica. Da qui la necessità di porsi la domanda: come sono io davanti a Dio?, come rendo il culto a Dio: creatore e padre?

Gesù ci esorta a vivere la nostra vita non nella ricerca di vantaggi materiali ed interessi ma per la gloria di Dio che è ‘amore’; una nuova alleanza dove Dio si adora in spirito e verità. Da qui la purificazione del Tempio evidenziata nel brano del Vangelo dove Gesù con una cordicella butta fuori quanti lo profanavano e l’avevano trasformato in un luogo di mercato. Gesù quella mattina si reca al tempio e, fatta una cordicella, rovescia le bancarelle dicendo: ‘Non fate della casa del Padre mio un mercato’. Dio è padre e nella casa del padre ci si comporta da figli. Ai sacerdoti e ai capi che chiedono con che autorità fa questo, Gesù risponde: ‘Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere’.

Alla samaritana che lo aveva interrogato dicendo:  Voi Giudei pregate nel Tempio; noi Samaritani sulla montagna; dove è giusto pregare? Gesù aveva risposto: ‘Dio è spirito e verità e cerca solo tali adoratori’. Dio non è un despota o un giudice desideroso di colpire; Dio è Padre sempre pronto all’amore e al perdono. Il Padre celeste non cerca frequentatori del Tempio interessati ad accaparrarsi la benevolenza con doni e sacrifici; Dio non guarda le mani se sono cariche di doni e offerte, Dio è spirito e verità e guarda il cuore contrito ed umiliato.

Dio cerca ‘figli’ che lo onorano non con le labbra ma con il cuore. Allora glorificate Dio con la vostra vita e non con le vostre offerte tante volte colme di ipocrisia. Dove bisogna allora adorare Dio: a Gerusalemme o sulla montagna?  Dio, insegna Gesù, è nell’intimo del tuo cuore; ovunque puoi adorare il Signore Dio tuo; la prima chiesa è il tuo cuore, la tua anima. Nel cammino verso la Pasqua bisogna iniziare questo rinnovamento liturgico: Dio è Padre e bisogna recarsi da Lui da figli; Gesù dirà allora: chiedete ed otterrete, bussate e vi sarà aperto.

Dio è Padre di tutti, è amore; è necessario allora con il rinnovamenti liturgico anche il rinnovamento morale. Da qui la liturgia odierna offre nella prima lettura il brano riguardante la legge che Dio diede a Mosè sul monte Sinai: due tavole che parlano solo di amore; questo ha due dimensioni: una verticale (sono i primi tre comandamenti), Dio è uno solo, ci ha creato a sua immagine, lo adorerai con tutto il cuore.

La dimensione orizzontale: riguarda il prossimo che ti sta vicino: ricco o povero, piccolo o grande, ogni uomo è tuo fratello, è tua sorella; allora amerai il prossimo tuo come te stesso rispettando la sua anima, il suo corpo, le sue cose; è tuo fratello ed ha eguale dignità. Questo è il Nuovo Testamento, la Nuova Alleanza sancita con il sangue di Cristo Gesù.

Le celebrazione della messa è memoriale della passione, morte e risurrezione di Gesù e si conclude: ‘Ite, missa est’, cioè andate e glorificate Dio con la vostra vita. Saremo sacrificio gradito a Dio quando, celebrata la messa ed alimentati dall’Eucaristia, realizziamo rapporti di amore con Dio e con il prossimo. Amore è collaborazione, servizio, condivisione, rispetto e mai ipocrisia. Così ci si prepara alla Pasqua.

Papa Francesco: il coraggio è anima della giustizia

Nell’udienza per l’inaugurazione del 95^ anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano papa Francesco ha sottolineato che di fronte a ingiustizie e prove durissime, come le guerre e le violazioni dei diritti umani, non bisogna rassegnarsi ma manifestare sdegno e avere la forza di cercare di cambiare le ‘realtà inaccettabili’, in quanto il coraggio è una virtù importante:

“In questa occasione desidero riflettere brevemente con voi su una virtù alla quale ripenso più volte seguendo le vicende che interessano l’amministrazione della giustizia, anche nello Stato della Città del Vaticano: mi riferisco al coraggio. Per i cristiani questa virtù, che nelle difficoltà, unita alla fortezza, assicura la costanza nella ricerca del bene e rende capaci di affrontare la prova, non rappresenta solo una particolare qualità d’animo caratteristica di alcune persone eroiche”.

Il coraggio è umile e per questo scoraggia i corrotti: “E’ piuttosto un tratto che viene donato e potenziato nell’incontro con Cristo, come frutto dell’azione dello Spirito Santo che chiunque può ricevere, se lo invoca.

Il coraggio contiene una forza umile, che si appoggia sulla fede e sulla vicinanza di Dio e si esprime in modo particolare nella capacità di agire con pazienza e perseveranza, respingendo i condizionamenti interni ed esterni che ostacolano il compimento del bene. Questo coraggio disorienta i corrotti e li mette, per così dire, in un angolo, con il loro cuore chiuso e indurito”.

Quindi occorre coraggio nella ricerca della verità: “Occorre coraggio per andare fino in fondo nell’accertamento rigoroso della verità, ricordando che fare giustizia è sempre un atto di carità, un’occasione di correzione fraterna che intende aiutare l’altro a riconoscere il suo errore. Ciò vale pure quando emergono e devono essere sanzionati comportamenti che sono particolarmente gravi e scandalosi, tanto più quando avvengono nell’ambito della comunità cristiana”.

E’ necessario coraggio anche nei processi: “Bisogna avere coraggio mentre si è impegnati per assicurare il giusto svolgimento dei processi e si è sottoposti a critiche. La robustezza delle istituzioni e la fermezza nell’amministrazione della giustizia sono dimostrate dalla serenità di giudizio, dall’indipendenza e dall’imparzialità di quanti sono chiamati, nelle varie tappe del processo, a giudicare.

La miglior risposta sono il silenzio operoso e la serietà dell’impegno nel lavoro, che consentono ai nostri Tribunali di amministrare la giustizia con autorevolezza e imparzialità, garantendo il giusto processo, nel rispetto delle peculiarità dell’ordinamento vaticano”.

Infine ci vuole coraggio nel chiedere discernimento attraverso la preghiera: “Occorre coraggio, infine, per implorare nella preghiera che la luce dello Spirito Santo illumini sempre il discernimento necessario per arrivare all’esito di una sentenza giusta.

Anche in questo contesto vorrei ricordare che il discernimento si fa ‘in ginocchio’, implorando il dono dello Spirito Santo, in modo da poter giungere a decisioni che vanno nella direzione del bene delle persone e dell’intera comunità ecclesiale… Tale impegno chiede di essere sostenuto dalla preghiera. Non si deve temere di perdere tempo dedicandone ad essa in abbondanza. Ed anche per questo ci vuole coraggio e fortezza d’animo”.

Mentre all’associazione ‘Talità Kum’, composta da genitori che hanno perso un figlio, accompagnati dall’ispiratore del progetto, p. Ermes Ronchi, ha affermato che chi vive tale tragedia non può accettare ‘banali parole’: “La perdita di un figlio è un’esperienza che non accetta descrizioni teoriche e rigetta la banalità di parole religiose o sentimentali, di sterili incoraggiamenti o frasi di circostanza, che mentre vorrebbero consolare finiscono per ferire ancora di più chi, come voi, ogni giorno affronta una dura battaglia interiore”.

Ed ha richiamato l’esperienza di Giobbe: “Non dobbiamo scivolare nell’atteggiamento degli amici di Giobbe, i quali offrono uno spettacolo penoso e insensato, tentando di giustificare la sofferenza, addirittura ricorrendo a teorie religiose. Piuttosto, siamo chiamati a imitare la commozione e la compassione di Gesù dinanzi al dolore, che lo porta a vivere nella sua stessa carne le sofferenze del mondo”.

Lo insegna anche il comportamento di Gesù, che mostra vicinanza a chi perde un familiare: “Questo ci dice una cosa importante: nella sofferenza, la prima risposta di Dio non è un discorso o una teoria, ma è il suo camminare con noi, il suo starci accanto. Gesù si è lasciato toccare dal nostro dolore, ha fatto la nostra stessa strada e non ci lascia soli, ma ci libera dal peso che ci opprime portandolo per noi e con noi.

E come in quell’episodio, il Signore vuole venire nella nostra casa, la casa del nostro cuore e le case delle nostre famiglie sconvolte dalla morte: Lui ci vuole stare vicino, vuole toccare la nostra afflizione, vuole donarci la mano per rialzarci come ha fatto con la figlia di Giàiro”.

La conclusione è un messaggio di speranza: “Ed è bello pensare che le vostre figlie e i vostri figli, come la figlia di Giàiro, siano stati presi per mano dal Signore; e che un giorno li rivedrete, li riabbraccerete, potrete godere della loro presenza in una luce nuova, che nessuno potrà togliervi. Allora vedrete la croce con gli occhi della risurrezione, come fu per Maria e per gli Apostoli.

Quella speranza, fiorita al mattino di Pasqua, è ciò che il Signore vuole seminare ora nel vostro cuore. Io vi auguro di accoglierla, di farla crescere, di custodirla in mezzo alle lacrime. E vorrei che sentiste non soltanto l’abbraccio di Dio, ma anche il mio affetto e la vicinanza della Chiesa, che vi vuole bene e desidera accompagnarvi”.

(Foto: Santa Sede)

Giornata Missionaria: per papa Francesco la missione è invito al banchetto

“Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho tratto il tema dalla parabola evangelica del banchetto nuziale. Dopo che gli invitati hanno rifiutato l’invito, il re, protagonista del racconto, dice ai suoi servi: ‘Andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze’. Riflettendo su questa parola-chiave, nel contesto della parabola e della vita di Gesù, possiamo mettere in luce alcuni aspetti importanti dell’evangelizzazione.

Papa Francesco: le chiese siano per la preghiera

Oggi papa Francesco ha incontrato la Junta Constructora della Basilica della Sagrada Familia in questo anno dedicato alla preghiera, che prepara al Giubileo: “in quest’anno che, come ho ripetuto in più occasioni, desidero dedicarmi alla preghiera, preparando così il Giubileo del 2025. Un intero anno di preghiera per questo. E’ importante che il clima della preghiera non si perda nei templi; deve essere una priorità per coloro che, come voi, hanno ricevuto la responsabilità della cura dei templi”.

Nel breve saluto ha proposto una riflessione sulla struttura della basilica, fondata sulla preghiera: “Avete certamente notato che la Basilica della Sagrada Familia è strutturata in modo tale che ogni portico abbia un tema, illustrato da brani della Scrittura e inquadrato da una preghiera. Così, la prima porta, quella della fede, dietro l’immagine di Gesù che predica ai dottori, ci mostra la santa Trisgione. La fede predicata deve diventare preghiera. Sempre, da sempre”.

Poi la sua attenzione si è appuntata sulla porta centrale: “La porta centrale della carità, la cui figura principale è proprio quella della Sacra Famiglia, ci invita ad alzare gli occhi al mistero dell’Incarnazione e da lì, a pregare le perle del rosario che scende lungo le vetrate, incorniciando la stella di Betlemme, quasi a dire: ‘qui è la nostra luce’. Ed è proprio nell’adorazione, nella preghiera contemplativa dei misteri, che ci apriamo a quella luce, come la grande vetrata del vostro tempio”.

Infine ha rivolto loro u invito all’accoglienza dei pellegrini: “Vi invito pertanto ad accogliere nella Basilica i pellegrini che si avvicinano, per presentarli con un atteggiamento orante per contemplare il progetto iconografico del servo di Dio Antoni Gaudì nella sua interezza, affinché, come i pinnacoli e i campanchi, i loro sguardi si alzino e le loro voci proclamino con gli angeli: ‘Il nostro Santo Dio è immortale’. Grazie per tutto quello che fate, grazie”.

Il Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia è una basilica minore spagnola di culto cattolico che si trova a Barcellona, capitale della Catalogna, opera architettonica di Antoni Gaudí, che nel 1883 subentrò ai lavori di costruzione iniziati un anno prima e ne cambiò lo stile da neogotico a liberty, movimento che a Barcellona e dintorni era noto come modernismo catalano. La vastità del progetto e il suo stile caratteristico ne hanno fatto uno dei principali simboli della città.

I lavori iniziarono nel 1882, senza una procedura logistica, sotto il regno di Alfonso XII di Spagna. L’edificio venne iniziato in stile neogotico, ma quando Gaudi subentrò come progettista dell’opera nel 1883, all’età di 31 anni, fu ridisegnato completamente. Gaudì lavorò alla chiesa dedicandovi interamente gli ultimi 15 anni della sua vita. Secondo gli auspici del comitato promotore, l’opera potrebbe essere completata, nella migliore delle ipotesi, per il 2026, a 144 anni dalla posa della prima pietra e a 100 anni dalla morte di Gaudì. La chiesa è stata consacrata il 7 novembre 2010 da papa Benedetto XVI, che l’ha elevata al rango di basilica minore.

Inoltre a nome di papa Francesco il card. Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano, ha inviato al card. Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze un telegramma per esprimere ‘vicinanza’ ai familiari dei morti a seguito dell’incidente avvenuto in un supermercato in cui sono morti quattro operai per il cedimento di una struttura in cemento armato si cui era in corso la costruzione:

“Informato del tragico incidente nel cantiere di un supermercato avvenuto ieri mattina a Firenze, che ha provocato la morte di alcuni operai ferendone altri, il Santo Padre incarica vostra eminenza di esprimere ai familiari delle vittime sentimenti di vicinanza e cordoglio insieme alla sua più viva partecipazione al dolore dell’intera cittadina… Papa Francesco desidera rinnovare l’appello alla sicurezza sui luoghi di lavoro auspicando un maggiore impegno di quanti hanno la responsabilità di tutelare i lavoratori”.

(Foto: Santa Sede)

La diocesi di Arezzo-Cortrona-SanSepolcro in festa per la Madonna del Conforto

Grande festa ad Arezzo per la solennità della Madonna del Conforto, caratterizzata da una processione ininterrotta di migliaia di fedeli che sin dalle prime ore del mattino e alla tarda notte hanno affollato la Cattedrale di Arezzo. 

La messa pontificale è stata presieduta da mons. Mario Delpini, arcivescovo metropolita di Milano, ed è stata concelebrata dal card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo emerito di Perugia-Città della Pieve, dal card. Giuseppe Betori, arcivescovo metropolita di Firenze e presidente della Conferenza episcopale toscana, oltre che al vescovo diocesano mons. Andrea Migliavacca, da mons. Franco Agostinelli, emerito di Prato, da mons. Rodolfo Cetoloni, emerito di Grosseto, da mons. Roberto Filippini, emerito di Pescia, da mons. Riccardo Fontana, emerito di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, da mons. Luciano Giovannetti, emerito di Fiesole, e da mons. Stefano Manetti, vescovo di Fiesole.

Presente anche il card. Ernest Simoni, della Diaconia di Santa Maria della Scala: “Oggi mi permetto di salutare in modo speciale un martire vivente, il cardinale Simoni” è stato il saluto speciale con cui Papa Francesco si è rivolto al porporato, prima di abbracciarlo fraternamente al termine dell’udienza di ieri, 14 febbraio, Mercoledì delle Ceneri.

Nell’omelia mons. Mario Delpini ha sottolineato l’incapacità di fare festa insieme: “Nel paese delle feste fallite i preparativi si svolgono in un clima di grande entusiasmo, si esercitano molte competenze, si dispone di molte risorse, si ascoltano consigli di organizzatori competenti. Poi viene il momento della festa e la festa finisce in un fallimento.

Ne seguono amarezza, risentimenti, sensi di colpa e accuse reciproche. Nel paese delle feste fallite c’è sempre un vino che viene a mancare al momento in cui è più necessario, che la festa sia un matrimonio che si frantuma, una carriera che si spezza, un amore che delude. Ecco da dove veniamo, dal paese delle feste fallite”.

Per fortuna che alla festa è stata invitata anche la Madonna, che dà sicurezza per vivere la felicità: “Non coltivate la presunzione di essere capaci di preparare la festa perfetta. La gioia, la gioia vera, la felicità necessaria per rendere bella la vita, non si produce sulla terra, nessun preparativo basta per procurarla, nessuna pretesa può ottenerla, nessuna ricchezza può comprarla.

Chiedete che le vostre feste siano preparate dal Padre che vi ama. Accogliete l’invito del Signore, lasciate che sia lui a preparare il banchetto regale, la festa che non fallisce. Lasciatevi amare dal Padre che vuole rendervi partecipi della sua gioia”.

Ed invita ad ascoltare Gesù: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela! Seguite Gesù, percorrete la sua vita, voi che abitate il paese delle feste fallite. Seguite Gesù fino alla fine, fino al suo fallimento, fino alla prova suprema, fino all’abisso degli inferi. Nella morte scandalosa di Gesù immergete le vostre feste fallite per riconoscere che se moriamo con lui, con lui anche rivivremo.

I nostri fallimenti possono essere come il momento per ascoltare chi bussa alla nostra porta e desidera entrare per stare con noi e per farsi riconoscere allo spezzare del pane. I nostri fallimenti, cioè quando tace la musica assordante, quando finiscono le risate chiassose, quando la disperazione spegne l’euforia e l’ebbrezza del godimento, forse allora si può ascoltare chi bussa discretamente, pazientemente, ostinatamente alla porta per entrare e per rivelarci la via della gioia”.

Ecco l’amorevole invito a seguire la parola di Gesù e imitare il suo esempio: “Come lui è venuto in mezzo a noi non per essere servito, ma per servire, voi mettetevi a servizio, lavate io piedi gli uni agli altri, lasciatevi invadere dalla compassione per la gente smarrita, la gente ferita, la gente disperata e annunciate la buona notizia, l’evangelo della salvezza.

Mettetevi a servizio, versate olio sulle piaghe, spezzate il pane con l’affamato. Non pensate alla vostra festa, ma alla festa degli altri. Vedrete moltiplicarsi la gioia se vi prenderete cura della gioia degli altri. Ecco dunque il messaggio della Madonna del Conforto: Qualsiasi cosa vi dica, fatela!”

 Nel saluto iniziale il vescovo diocesano, mons. Andrea Migliavacca ha chiesto ai fedeli di rivolgersi alla  Madre di Dio nei momenti della necessità: “Siamo qui per la festa della Madonna del Conforto. Mi pare di sentire che lei per prima ci aspettava per accogliere tutte le nostre domande, le nostre preghiere, le nostre attese, ascoltando anche angosce e preoccupazioni, attese e speranza.

Lei, la Madre, sa ascoltare e custodire nel cuore. Lei potrà portare a Gesù le nostre preghiere. Lei potrà donare a tutti noi, alla nostra città di Arezzo e a tutta la diocesi aretina, cortonese, biturgense il conforto di cui abbiamo bisogno”.

Mentre nella messa solenne il vescovo di Arezzo ha pregato per la pace: “Oggi in tanti siamo qui, tanti verranno a venerare e pregare Maria e vogliamo portare qui non solo le preghiere nostre, ma quelle di tutto il mondo e soprattutto la preghiera di chi più soffre e di chi invoca il dono della pace per tutta la terra e soprattutto per la martoriata Ucraina e per la Palestina e Israele.

 Siamo qui per la festa della Madonna del Conforto. Mi pare di sentire che lei per prima ci aspettava per accogliere tutte le nostre domande, le nostre preghiere, le nostre attese, ascoltando anche angosce e preoccupazioni, attese e speranza. Lei, la Madre, sa ascoltare e custodire nel cuore. Lei potrà portare a Gesù le nostre preghiere. Lei potrà donare a tutti noi, alla nostra città di Arezzo e a tutta la diocesi aretina, cortonese, biturgense il conforto di cui abbiamo bisogno”.

Ha concluso l’omelia affermando che la preghiera è un atto di affidamento: “La partecipazione dei fedeli alla festa è il segno che la gente lo sa e si accorge dello sguardo di protezione di Maria, alla quale oggi ci affidiamo nuovamente. Non possiamo misurare la fede e la devozione delle persone, ma certamente colgo e sento, anche nel dialogo con la gente, che l’andare a pregare la Madonna del Conforto non è solo un atto devozionale, ma un andare con il cuore, verità, autenticità e desiderio di affidamento. Sono ammirato e grato al Signore per la preghiera che la nostra gente vive in questa giornata”.

(Foto: diocesi di Arezzo-Cortona-SanSepolcro)

Papa Francesco: quaresima per vivere la fraternità

Anche quest’anno, papa Francesco ha inviato un videomessaggio per la Campagna di Fraternità promossa dalla Conferenza Episcopale del Brasile sul tema ‘Fraternità e amicizia sociale’, mentre il motto è tratto dal Vangelo di Marco, ‘Siete tutti fratelli e sorelle’ nel ricordo del 60^ anniversario della campagna in un itinerario di conversione:

“Mentre iniziamo, con digiuno, penitenza e preghiera il cammino quaresimale, mi unisco ai miei fratelli della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile in un inno di rendimento di grazie all’Altissimo per i 60 anni della Campagna di Fraternità, un itinerario di conversione che unisce fede e vita, spiritualità e impegno fraterno, amore a Dio e amore al prossimo, specialmente a chi è più fragile e bisognoso di attenzione. Questo percorso è proposto ogni anno alla Chiesa in Brasile e a tutte le persone di buona volontà di questa amata nazione”.

Il messaggio papale è un invito a vivere la fraternità: “Come fratelli e sorelle, siamo invitati a costruire una vera fraternità universale che favorisca la nostra vita in società e la nostra sopravvivenza sulla Terra, nostra Casa Comune, senza mai perdere di vista il Cielo dove il Padre ci accoglierà tutti come suoi figli e figlie”.

Di fronte a guerre e violenze il papa ha chiesto di allargare la fraternità: “Purtroppo nel mondo vediamo ancora molte ombre, segnali della chiusura in se stessi. Perciò, ricordo il bisogno di allargare la nostra cerchia per arrivare a quelli che spontaneamente non sentiamo parte del nostro mondo di interessi, di estendere il nostro amore ad ‘ogni essere vivente’, vincendo frontiere e superando ‘le barriere della geografia e dello spazio’.

Auspico che la Chiesa in Brasile ottenga buoni frutti in questo cammino quaresimale e formulo voti affinché la Campagna di Fraternità, ancora una volta, aiuti le persone e le comunità di questa amata nazione nel loro processo di conversione al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, superando ogni divisione, indifferenza, odio e violenza”.

Mentre nel messaggio al Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo papa Francesco ha ringraziato i partecipanti al consesso: “Desidero ringraziarvi per l’impegno, il tempo e le energie che dedicate alla lotta per un mondo migliore, in cui nessuno veda lesa la propria dignità e dove la fratellanza diventi una realtà, fonte di gioia e di speranza per tutti”.

Nel messaggio il papa ha sottolineato la dicotomia esistente nel mondo: “Oggi il nostro mondo si trova ad affrontare una dicotomia straziante. Da un lato milioni di persone soffrono la fame, dall’altro si riscontra una grande insensibilità nello spreco alimentare. Il cibo che viene sprecato ogni anno genera enormi quantità di gas serra, mentre basterebbe un corretto razionamento per sfamare tutti coloro che hanno fame”.

Sono tempi incerti verso un pericolo: ”Questi sono tempi precari. Stiamo spingendo il mondo verso limiti pericolosi: il clima sta cambiando, le risorse vengono saccheggiate; I conflitti e la crisi economica mettono a rischio la sopravvivenza di milioni di persone.

Di fronte alla crisi, le comunità rurali sono le prime a essere colpite, poiché non hanno le risorse per far fronte alla situazione causata dai cambiamenti climatici e dalle ostilità, e sono escluse dall’accesso ai finanziamenti. Anche i popoli indigeni sono vittime di disagi, privazioni e abusi. Sebbene la loro conoscenza sulla gestione delle risorse naturali e la loro connessione con l’ambiente possa aiutare a conservare la biodiversità”.

E non ha dimenticato le donne e le famiglie: “Un altro gruppo trascurato sono le donne, che rappresentano i pilastri di oltre la metà delle famiglie che soffrono di insicurezza alimentare nelle zone rurali, dove molti giovani mancano di formazione, risorse e opportunità. I giovani sono il futuro delle nostre comunità rurali e in essi risiede un importante potenziale di innovazione e cambiamento positivo”.

Di fronte a tali drammi il papa ha invitato a ‘costruire’ una nuova agricoltura: “Signor Presidente, questa realtà ci spinge ad affrontare i problemi esistenti, in particolare la fame e la miseria, non accontentandoci di strategie astratte o impegni irraggiungibili, ma coltivando la speranza che scaturisce dall’azione collettiva. Collaboriamo alla costruzione di un sistema agricolo e alimentare più inclusivo.

I programmi di ricerca e tecnologia che promuovere un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Allo stesso modo, è essenziale eliminare gli sprechi alimentari e sostenere un’equa distribuzione delle risorse. Investire semplicemente nel trasporto e nello stoccaggio può ridurre le perdite dei piccoli agricoltori, che producono un terzo del cibo consumato quotidianamente”.

Ed infine un invito per uno sviluppo integrale: “Invoco l’aiuto divino su tutti voi, affinché la saggezza, l’empatia e uno spirito di leale cooperazione e servizio guidino le vostre decisioni e le cause dell’esclusione, della povertà e della cattiva gestione delle risorse, nonché gli effetti delle crisi climatiche. Possano le loro proposte e azioni riflettere i valori universali di giustizia, solidarietà e compassione, essere orientate al bene comune e lavorare per la pace e l’amicizia sociale, generando cambiamenti a favore dello sviluppo integrale dell’umanità”.

Milano: la pace è possibilità data a tutti

“Siamo convinti che si può fare qualcosa, siamo testardi e incoraggiamo tutti gli operatori pastorali e parrocchiali a tenere l’orizzonte della pace con obiettivo possibile”: con queste parole Luciano Gualzetti, direttore di Caritas ambrosiana, sabato 10 febbraio ha aperto il convegno Mondialità dal titolo ‘Facciamo la pace?. Da desiderio di tutti a possibilità di ciascuno’, promossa dalla Caritas ambrosiana insieme agli Uffici per la Pastorale dei Migranti e l’Ufficio per la Pastorale missionaria, alla presenza di 100 persone e 400 collegate da remoto.

Papa Francesco: Mama Antula è stata prossima  a chi soffre

“Si celebra oggi, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, la Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno richiama l’attenzione sull’importanza delle relazioni nella malattia. La prima cosa di cui abbiamo bisogno quando siamo malati è la vicinanza delle persone care, degli operatori sanitari e, nel cuore, la vicinanza di Dio. Siamo tutti chiamati a farci prossimo a chi soffre, a visitare i malati, come ci insegna Gesù nel Vangelo. Per questo oggi voglio esprimere a tutte le persone ammalate o più fragili la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Non dimentichiamo lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza”.

Papa Francesco agli ebrei: l’antisemitismo è contro Dio

Venerdì 2 febbraio papa Francesco ha condannato con forza l’antisemitismo in una lettera indirizzata ‘ai fratelli ed alle sorelle ebrei di Israele’, inviata  alla teologa Karma Ben Johanan, tra le promotrici di un appello al pontefice sottoscritto da circa 400 tra rabbini e studiosi per il consolidamento dell’amicizia ebraico-cristiana dopo la tragedia del 7 ottobre, che ha espresso all’Osservatore Romano un sincero apprezzamento: “Siamo profondamente grati per la fiducia e lo spirito di amicizia con cui il Papa, e con lui l’intera Chiesa, ha voluto riaffermare la speciale relazione che unisce le nostre comunità, cattolica ed ebraica”.

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