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Il Sinodo è una comunione che irradia

La seconda settimana di lavori della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi è iniziata con la messa in rito bizantino presieduta dal patriarca di Antiochia dei Greco-Melchiti Youssef Absi, mentre l’omelia è stata pronunciata da Sua Beatitudine, card. Béchara Boutros Pierre Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti (Libano), il quale ha sottolineato che Gesù provava compassione per la grande folla che lo seguiva e così disse ai suoi discepoli: “Il raccolto è abbondante ma gli operai sono pochi; quindi chiedi al padrone del raccolto di inviare lavoratori per il suo raccolto”.

I lavori dei membri del Sinodo si sono concentrati sul tema della comunione che si irradia, come ha detto il relatore generale, cardinale Hollerich: “Tutti sono invitati a far parte della Chiesa. Se ci comportiamo come Gesù testimonieremo l’amore di Dio per il mondo. Se non ci riusciamo, assomiglieremo a un club identitario. Dobbiamo partire da esperienze concrete, le nostre personali e soprattutto l’esperienza collettiva del Popolo di Dio che ha parlato attraverso la fase di ascolto”.

Di seguito il metropolita ortodosso di Pisidia, Job Getcha, delegato del Patriarcato ecumenico, copresidente della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa, ha specificato il senso del sinodo e della sinodalità per gli ortodossi: “Per gli ortodossi, la sinodalità corrisponde alla prassi stabilita dal primo concilio ecumenico (Nicea, 325) di riunire i vescovi di una regione almeno due volte l’anno sotto la presidenza del loro protos”.

Quindi per il metropolita ortodosso “Un sinodo è una riunione deliberativa di vescovi, non un’assemblea consultiva clero-laicale. Non può esserci un sinodo senza un primate/proto e non può esserci un primate/proto senza un sinodo. Il primate/proto è parte del sinodo; non ha un’autorità superiore al sinodo, né ne è escluso. La concordia/omonoia che si esprime attraverso il consenso sinodale riflette il mistero trinitario della vita divina.

E’ attraverso questa pratica della sinodalità, come descritta dai Canoni Apostolici e dai Canoni del Primo Concilio Ecumenico, che la Chiesa ortodossa è stata amministrata nel corso dei secoli fino ai giorni nostri, sebbene la frequenza e la costituzione dei sinodi possano variare da una Chiesa locale autocefala all’altra.

Alla luce di ciò, potremmo dire che la comprensione della sinodalità nella Chiesa ortodossa differisce molto dalla definizione di sinodalità data dalla vostra attuale assemblea del Sinodo dei vescovi”.

Ripercorrendo la storia si ebbero sostanziali cambiamenti ma la situazione di Cipro è emblematica: “Questo culmina all’inizio del XX secolo nel Concilio locale della Chiesa di Russia (Mosca, 1917-1918) che propone che le decisioni ecclesiali siano prese da un consiglio (sobor) composto da rappresentanti dell’episcopato, del clero, dei monaci e dei laici. Tuttavia, la rivoluzione bolscevica non permise l’attuazione di questa nuova modalità di amministrazione nella Chiesa.

Tuttavia, nella Chiesa di Cipro, fino ad oggi, i vescovi non sono eletti esclusivamente dall’episcopato, ma anche dal clero e dai laici: in una prima fase, l’intera popolazione dell’isola vota dalla lista di tutti i candidati, poi, in una seconda fase, il sinodo dei vescovi sceglie uno dei tre candidati che hanno ottenuto la maggioranza dei voti.

Tuttavia, il caso della Chiesa di Cipro costituisce un caso eccezionale nell’Ortodossia contemporanea, dove, altrimenti, la pratica della sinodalità implica esclusivamente un’assemblea di vescovi. Così, il Santo e Grande Concilio (Sinodo) della Chiesa ortodossa riunitosi a Creta nel 2016 era composto da 162 vescovi delegati, mentre i 62 consiglieri (clero, monaci e laici) presenti non avevano diritto né di parola né di voto”.

Su questo tema si è soffermato anche la meditazione del domenicano p. Radcliffe, incentrando la meditazione sull’episodio evangelico della samaritana che dialoga con Gesù al pozzo: “Come fa Gesù a superare il suo isolamento? L’incontro si apre con poche parole brevi, solo tre in greco: ‘Dammi da bere’.

Gesù ha sete e non è solo acqua. Tutto il vangelo di Giovanni è strutturato attorno alla sete di Gesù. Il suo primo segno fu l’offerta di vino agli invitati assetati alle nozze di Cana. Quasi le sue ultime parole sulla croce sono ‘Ho sete’. Poi dice: ‘Tutto è compiuto’ e muore”.

Ed ha messo in guardia dal timore dell’isolamento: “Ciò che ci isola tutti è rimanere intrappolati nei piccoli desideri, nelle piccole soddisfazioni, come battere i nostri avversari o avere uno status, indossare un cappello speciale!

Secondo la tradizione orale, quando a Tommaso d’Aquino fu chiesto dalla sorella Teodora come diventare santo, egli rispose con una sola parola: Velle! Voglilo! Costantemente Gesù chiede alle persone che si avvicinano a lui: ‘Vuoi, vuoi?’; ‘Cosa posso fare per te?’ Il Signore vuole donarci la pienezza dell’amore. Lo vogliamo?”

Quindi l’incontro con Gesù trasforma la vita: “Il fondamento del nostro incontro amorevole ma non possessivo con l’altro è sicuramente il nostro incontro con il Signore, ciascuno al proprio posto, con i nostri fallimenti, debolezze e desideri. Egli ci conosce come siamo e ci rende liberi di incontrarci con un amore che libera e non controlla. Nel silenzio della preghiera siamo liberati.

Incontra colui che la conosce totalmente. Questo la spinge nella sua missione… Finora ha vissuto nella vergogna e nel nascondimento, temendo il giudizio dei suoi concittadini. Va al pozzo nella calura di mezzogiorno quando non c’è nessun altro.

Ma ora il Signore ha illuminato tutto ciò che lei è e la ama. Dopo la caduta, Adamo ed Eva si nascondono alla vista di Dio, vergognandosi. Ora entra nella luce. La formazione alla sinodalità toglie i nostri travestimenti e le nostre maschere, affinché entriamo nella luce”.

Papa Francesco: la preghiera è l’anima della Chiesa

Nella meditazione dell’udienza generale odierna, in diretta dal Palazzo apostolico, papa Francesco ha sottolineato che la Chiesa è maestra di preghiera, ricordando che ciascuno ha imparato le preghiere dai nonni o dai genitori:

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