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Da Venezia mons. Moraglia invita a vivere la Chiesa
“Una festa liturgica deve aiutare la comunità ecclesiale ad essere se stessa, a valorizzare le molteplici vocazioni che la costituiscono e il rapporto con Dio nell’atto dell’adorazione e della carità vissuta. Sono ancora presenti, in noi, le parole e la testimonianza di papa Francesco che abbiamo accolto il 28 aprile scorso in visita a Venezia”: così il patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia ha iniziato l’omelia per la festa del Redentore, in cui si ricorda la fine dell’epidemia di peste che colpì la città lagunare tra il 1575 e il 1577.
Ed a distanza di quasi 450 anni il patriarca ha invitato a ‘ripensare il nostro modo d’essere cristiani’: “La festa del Redentore ci conduce al cuore della fede cristiana: noi siamo dei salvati, dei perdonati, dei riconciliati. Il Redentore indica come Gesù si china su di noi, sulle nostre ferite e quelle delle nostre comunità.
Dobbiamo cogliere tale opportunità. Talvolta guardiamo la Chiesa, la persona di Gesù e i sacramenti (Battesimo ed Eucaristia) considerandoli come realtà giustapposte fra loro, quasi ‘cose’ che ci stanno dinanzi. Invece siamo chiamati a cogliere, in una fede viva, la rivelazione cristiana nella storia, cogliendo il suo punto di riferimento che è Gesù Cristo, verso il quale tutta la storia è protesa”.
Gesù invita a ripensare la Chiesa: “La celebrazione liturgica ci fa vivere la Chiesa come ‘noi’ e non come singoli ‘io’ giustapposti. Questo ‘noi’ ha il suo fondamento nel Signore Gesù che è il centro della nostra salvezza. Noi entriamo nella salvezza tramite i sacramenti della Chiesa, la Chiesa è il sacramento di Cristo e Cristo, nello Spirito Santo, è il sacramento del Padre. Il nostro incontro con Cristo (il Redentore che perdona e chiede alla Chiesa d’esser portatrice di perdono e riconciliazione) avviene nella Parola e nei sacramenti; la Chiesa è proprio tale relazione vivente con Cristo”.
E Gesù scende in ‘noi’ nell’Eucarestia:”Ma come si fa accessibile a noi l’ ‘io’ di Cristo nel quale, finalmente, si risponde positivamente al progetto di Dio? Come possiamo farne parte? Entrando nella Chiesa, la compagnia di Cristo morto e risorto.
L’Eucaristia non è solo celebrazione, non è solo banchetto; è amore totale consegnato alla Chiesa. ‘Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta’: c’è un legame intrinseco con la Chiesa, la comunità che è il corpo di Cristo, un amore sponsale che rimane per sempre. Ecco perché il matrimonio è indissolubile: è dono della persona per sempre, come l’amore di Cristo per la Chiesa”.
Attraverso l’Eucarestia si diventa ‘noi’: “Tale amore, donato nel sacramento dell’Eucaristia, costruisce la Chiesa, ossia l’umanità salvata, e così il titolo ‘Redentore’ non è qualcosa di astratto ma richiama la misericordia, la vicinanza, il dono concreto di Gesù che cambia il nostro modo di pensare, parlare, agire, essere. E’ proprio attraverso l’Eucaristia che diventiamo Chiesa e quindi possiamo celebrare l’Eucaristia…
Sì, Cristo viene prima della Chiesa, viene prima di noi, viene prima della nostra celebrazione che è resa possibile solo da Lui, il solo capace di renderci Chiesa perché è il nostro Redentore”.
E tale festa è manifestazione di una Chiesa in ‘costruzione’: “La festa del Redentore, inoltre, ci ricorda che siamo una Chiesa in costruzione, la comunità del Risorto, da Lui edificata e che cerca di fare sua la redenzione vivendo il sacramento dell’Eucaristia…
Non è possibile imporsi o appropriarsi teologicamente o liturgicamente dell’Eucaristia da parte di una comunità o di una parte d’essa; l’Eucaristia plasma la comunità e non viceversa. Una comunità si lascia plasmare dall’Eucaristia quando, nella grazia, si rende disponibile ad una vera vita eucaristica. Ma la carità cristiana rischia, a sua volta, di ridursi al puro umano o al sociale, trasformando la Chiesa in attività in occasione di Gesù Cristo”.
E’l’Eucarestia che trasforma il cristiano in redento: “Noi siamo e rimaniamo sempre dei redenti. Pensiamo alla parabola del fariseo e del pubblicano; si tratta di riconoscersi peccatori e di non giudicare la parola di Dio. Sì, è l’Eucaristia che ci rende Chiesa e noi entriamo nel sì del Verbo nel momento dell’incarnazione e durante la sua vita pubblica. Le nostre rinunce battesimali inscrivono in noi il sì di Gesù che vince Satana e le sue tentazioni”.
Infine, citando l’omelia di papa Francesco, che ha concluso a Trieste la Settimana Sociale, mons. Moraglia ha invitato a guardare il Redentore: “Guardiamo al Redentore con sguardo di fede, a partire da una più concreta appartenenza alla Chiesa e passando attraverso l’Eucaristia che non è, in primis, rito o celebrazione ma lo stesso Mistero di Cristo, accessibile alle nostre comunità e a ciascuno di noi e che ci trasforma in Lui”.
Mentre alcuni giorni prima della festa il patriarca aveva rivolto una preghiera al Redentore, benedicendo il ponte: “O Santissimo Redentore, abbiamo appena attraversato il ponte votivo per rinnovare la promessa dei nostri padri che, oltre 450 anni fa, dinanzi ad un grave pericolo e consapevoli della loro debolezza di fronte al male (la peste), hanno guardato a Te.
Anche noi oggi sentiamo il bisogno di rivolgerci a Te, nostro Redentore, con la forza della preghiera. Il nostro pellegrinare verso questo Santuario, così caro per noi veneziani, si è fatto carico di pensieri e preoccupazioni che affliggono il nostro cuore e toccano la vita del nostro Paese, dell’Europa, del mondo intero”.
E dal ponte del Redentore ha elevato una preghiera di pace: “A Te, Santissimo Redentore, vogliamo affidare oggi non solo la nostra città (desiderosa di pace e da sempre luogo d’incontro) ma anche la nostra Europa affinché esprima ancora e di nuovo quella cultura e quella spiritualità che le sue radici cristiane le hanno dato e che l’hanno resa un continente capace di creare ponti tra persone e popoli differenti, relazioni buone e vere, in grado (come la storia insegna) di creare legami stabilendo unità e concordia che oggi paiono smarrite…
Tutto questo è opera Tua, nostro Santissimo Redentore, e questa nostra festa sia un guardare tutti insieme e di nuovo a Te per ritornare all’Unico che dona vita e salvezza, all’Unico che è Amore e Verità. Santissimo Redentore, vieni e illumina, vieni e custodisci, vieni e sostieni, vieni e conforta, vieni e infondi coraggio e sapienza, vieni e benedici tutti noi, Tu che sei l’unica speranza e salvezza”.
(Foto: Patriarcato di Venezia)
XXXI domenica del Tempo Ordinario: Dio ama tutte le sue creature!
Dio amando crea e creando ama! Tutto il creato risente dell’amore di Dio; laddove l’uomo, creato ad immagine di Dio, aveva sviato dalla retta via, il Verbo si fece carne, il Figlio di Dio assunse la natura umana per salvare l’uomo e raccogliere le pecore disperse della casa di Israele. Su questo concetto essenziale s’impernia il vangelo, l’opera di Gesù e l’episodio dell’incontro di Gesù con il pubblicano Zaccheo.
XXIV domenica del Tempo Ordinario: Dio grande e misericordioso!
Un’accusa contro Gesù che risulta un elogio mirabile: Scribi e farisei mormoravano accusando Gesù ‘accoglie i peccatori e mangia con loro’. Stupenda la risposta del divino Maestro: “Ci sarà più gioia in cielo per un peccatore pentito che per novantanove giusti, che non hanno bisogno di conversione”.