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Papa Francesco invita alla missione con cuore ardente

Nella solennità dell’Epifania, dedicata all’infanzia missionaria, papa Francesco ha pubblicato il messaggio per la 97^ giornata mondiale che ha per tema ‘Cuori ardenti, piedi in cammino’: “Per la Giornata Missionaria Mondiale di quest’anno ho scelto un tema che prende spunto dal racconto dei discepoli di Emmaus, nel Vangelo di Luca: ‘Cuori ardenti, piedi in cammino’.

Papa Francesco: Natale è pace

Nel messaggio ‘Urbe et Orbi’ natalizio papa Francesco ha inviato un messaggio di pace, chiedendo il rispetto dei diritti umani, soffermandosi sul significato della nascita del Dio bambino, e mettendo in luce che il mondo oggi soffre ‘una carestia di pace’ in questa ‘terza guerra mondiale’:

Perché è importante conoscere la Sacrosantum Concilium?

“Il sacro Concilio si propone di far crescere ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; di favorire ciò che può contribuire all’unione di tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa. Ritiene quindi di doversi occupare in modo speciale anche della riforma e della promozione della liturgia”: così è scritto nel proemio della costituzione conciliare sulla Sacra Liturgia ‘Sacrosanctum Concilium’, adottata con 2158 voti a favore e solo 19 contrari e promulgata da papa san Paolo VI il 4 dicembre 1963.

Papa Francesco invita il CUAMM ad aiutare gli africani

Sabato scorso papa Francesco, prima di partire per Asti, ha ricevuto medici e volontari del CUAMM in occasione dell’Annual Meeting, sorto nel 1950 ed è la prima Ong in campo sanitario riconosciuta in Italia e la più grande organizzazione italiana per la promozione e la tutela della salute delle popolazioni africane.

Da Matera il papa invita al gusto del pane

A Matera, città del pane, papa Francesco ha concluso il XXVII congresso eucaristico nazionale pregando per una Chiesa eucaristica, che sappia guardare al primato di Dio ed all’amore dei fratelli, perché con il pane c’è festa, come recita l’Inno del congresso:

Congresso eucaristico: mons. Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, racconta il gusto del pane

‘Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale’ è il tema del Congresso eucaristico nazionale, fino al 25 settembre a Matera, che “è parte integrante del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, in quanto manifestazione di una Chiesa che trae dall’Eucaristia il proprio paradigma sinodale. A fare da filo rosso alle giornate sarà, dunque, il tema del ‘pane’ che richiama quello della comunione, della partecipazione e della missione, in un’ottica di conversione ecologica, pastorale e culturale”.

Per comprendere il sapore del gusto del pane abbiamo chiesto all’arcivescovo dell’arcidiocesi di Matera-Irsina, mons. Antonio Caiazzo, presidente del Comitato per i Congressi Eucaristici nazionali ed autore del libro ‘Tornare al gusto del pane. E farci noi stessi pane’, abbiamo chiesto di spiegarci cosa vuol dire tornare al gusto del pane: “Tornare al gusto del pane significa sentire il sapore dell’amore di Dio donato nell’Eucaristia, Parola che si è fatta carne nel seno di Maria e a noi donata nel Figlio, Gesù. Quanti riceviamo Gesù, diventiamo figli nel Figlio, quindi fratelli che si sanno accogliere, perdonare, gioire e piangere insieme, condividendo ogni cosa, facendo festa. E’ la logica del dono.

‘Tornare al gusto del pane’, per essere Chiesa in cammino, Chiesa Eucaristica capace di adorare e di nutrirsi del Dio che si è fatto carne in Gesù. Sfuggire la tentazione della ‘magia’ che viene creata e che dura un istante, un effimero istante e tutto ritorna esattamente come prima. L’Eucaristia che celebriamo ci rimanda esattamente a quell’inizio in cui Dio, prendendo carne da quella di Maria, si è mostrato per essere cibo di vita eterna. L’Eucaristia è l’oggi di Dio che nasce e si dona a noi. Se non c’è Eucaristia non ci potrà essere nemmeno il Natale di Gesù.

‘Tornare al gusto del pane’ per poter far nostro il contenuto di un’antica e bella preghiera eucaristica del XV secolo che dice: ‘Ave vero corpo, nato da Maria Vergine, che veramente patì e fu immolato sulla croce per l’uomo, dal cui fianco squarciato, sgorgarono acqua e sangue; fa’ che noi possiamo gustarti, nella prova suprema della morte. O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria: pietà di me. Amen’. Il profumo del pane che soprattutto nei vicinati dei Sassi si sentiva, inebriando anche le case di chi non aveva impastato e infornato, lo sentiamo in quello eucaristico perché sia desiderato anche da coloro che, pur non ricevendolo, lo avvertono attraverso noi.

‘Tornare al gusto del pane’ per non spegnere la speranza verso il futuro. Questo è possibile solo se saremo capaci di ritornare all’esperienza passata. Stiamo correndo il rischio di cancellare la memoria. Il vero virus che circola indisturbato, infettando cuori e menti, è l’Alzheimer che conduce alla morte della memoria. Voler continuare a cancellare ogni radice cristiana o riferimento alla cultura religiosa del cristianesimo, in un’Europa che dice di essere attenta al rispetto delle minoranze, significa rimuovere il nostro passato a favore di una visione superficiale della storia.

‘Tornare al gusto del pane’ per ritornare alla sapienza che a Betlemme in Giudea si è mostrata, e oggi, nelle nostre Betlemme continua ad essere luce. Se è vero che il termine ‘sapienza’ deriva dal latino ‘sapere’, che letteralmente significa ‘avere sapore’, ‘ritrovare il gusto’, allora ritorniamo alla sapienza cristiana e impediamo che il virus dell’Alzheimer continui a contagiarci. Per curare questo tipo di malattia abbiamo bisogno del vaccino dell’amore eucaristico che diventa carne nella nostra carne, sangue nel nostro sangue. C’è bisogno di una memoria vivida, vissuta e vivente, che sia sempre testimone e mai abitudine.

‘Tornare al gusto del pane’ significa, allora, ritrovare il volto del Padre misericordioso, del Dio amore che mette l’anello al dito del figlio ritrovato, i sandali ai piedi, i vestiti regali. E’ il Dio di Gesù Cristo che ridona dignità a chi l’ha perduta, apre i mari della disperazione, calma le acque agitate, fa approdare a nuovi lidi”.

Come potere farsi pane per gli altri?

“Ieri, come oggi, non si tratta di soddisfare solo il bisogno materiale del momento, ma di intridere il cuore di chi ha fede del grande insegnamento della condivisione: i discepoli devono dare ‘loro stessi da mangiare’. Questo ci fa capire che non è possibile scindere il dono del ‘Pane di vita’ dalla passione, morte e risurrezione. Banchetto conviviale e banchetto sacrificale stanno insieme. Se partecipare alla celebrazione eucaristica significa fare festa e convivialità, non bisogna mai dimenticare che il mistero pasquale è passione, morte e risurrezione, quindi il banchetto eucaristico resta sempre banchetto sacrificale.

La nostra vera ricchezza è esattamente ciò che avremo dato con gioia. Alla fine dei nostri giorni sul nostro ‘conto’ troveremo ciò che siamo stati capaci di condividere con gli altri, soprattutto con chi non conoscevamo. Se continueremo a fare solo adorazione eucaristica senza aprirci alla condivisione, saremo religiosi ma poco credibili perché poco credenti. Solo così comprendiamo che l’Eucaristia è il compendio e la somma della nostra fede: ‘Il nostro modo di pensare è conforme all’Eucaristia, e l’Eucaristia, a sua volta, si accorda con il nostro modo di pensare”.

In quale modo è possibile costruire una Chiesa eucaristica e sinodale?

“Quando parliamo di Eucaristia, secondo la felice espressione di san Tommaso, si intende come: ‘cibo per coloro che camminano’. Non semplice ricordo celebrato in un rito ma mistero celebrato nell’azione liturgica per la vita della Chiesa, che nel suo camminare ha bisogno sempre di nutrirsi del pane di vita eterna.

Nel linguaggio comune quando si parla di sinodo si pensa ad un evento nel quale s’incontrano tante persone. In realtà s’intende molto di più: compagni di viaggio di Cristo stesso, proprio in virtù del medesimo battesimo che abbiamo ricevuto: ‘Credi in Cristo Gesù. Egli ti sarà compagno (σύνοδος) lungo il sentiero pericoloso, ti sarà guida verso il regno suo e di suo Padre’. Se Cristo è compagno di viaggio, vuol dire che quanti camminano con lui, i battezzati, diventano anche loro sinodo. I battezzati formano la Chiesa, popolo di Dio in cammino accanto al Maestro e Signore, Cristo Gesù.

E quando si ritorna alla Chiesa, significa che si avverte il bisogno di ‘tornare al gusto del pane’ perché sappiamo benissimo che ‘la Chiesa fa l’Eucaristia e l’Eucaristia fa la Chiesa’.

Chi ascolta la Parola partecipa all’Eucaristia, avviando processi a lungo termine attraverso un cammino sinodale che si svela man mano che si va avanti. Non significa prendere decisioni ma strade che spesso sono faticose, in salita come da Emmaus verso Gerusalemme, condividendo l’esperienza del Risorto oggi e qui, maturando e rispettando i tempi che la legge naturale indica: arare, seminare, crescere, maturare, mietere, macinare, impastare, cuocere, gustare”.

Il pane richiama alla crisi del cibo, accentuata dalla guerra: come essere solidali con i popoli?

“L’Eucaristia non è solo pane e vino che attraverso la transustanziazione diventano ‘corpo’ e ‘sangue’ di Cristo, ma pane spezzato e vino versato. In questo modo riusciamo a cogliere il senso della sua vita offerta per noi. E la logica del dono ci aiuta a capire che celebrare l’Eucaristia, ricevere Gesù Eucaristia, non significa stare bene, aver soddisfatto il precetto, aver ricordato l’anima di una persona cara. E’ anche questo! Ma prima di tutto cogliere che partecipare all’Eucaristia significa spendere, come Gesù, la propria vita in un dono, che si fa pane spezzato e nutrimento per il bene dei fratelli.

Oggi ci rendiamo conto di quanto sia difficile incontrarsi. Si sta insieme ma spesso si vive nell’indifferenza, anche nella stessa famiglia, tra coniugi, tra genitori e figli. Il silenzio o la violenza verbale spesso sostituiscono l’incontro di sguardi che dovrebbero comunicare gioia, amore, voglia di stare insieme, fecondità di vita. Il bisogno d’incontrarsi diventa sempre più impellente perché l’altro diventi punto di riferimento e di forza nell’affrontare la quotidianità. Non un semplice stare insieme ma mettersi a servizio dell’altro in forma gratuita. E’ la legge dell’amore che non ha prezzo: è gratuito perché immagine di Dio Amore che ci ama incondizionatamente.

Si avverte urgente il bisogno di tornare ad incontrarsi e capire che non siamo padroni della vita dell’altro che, invece, ci è stato affidato perché ce ne prendiamo cura. Cura che richiede sacrificio, sudore, tempo da dedicare, ascoltando, condividendo gioie e dolori. Fuori da questa logica, l’altro, anche l’affetto più grande come un figlio o il partner, diventa un problema che può portare a forme di malata possessività e violenza.

C’è bisogno di essere costruttori di umanità, in particolare in questo momento storico. Stiamo vivendo un momento davvero difficile, con tante sofferenze e tante paure. Si avverte il bisogno di uno spazio di dialogo vero, per costruire insieme una coscienza collettiva. La pandemia e la guerra hanno reso più evidente quanto sia importante rimettere al centro l’uomo, la persona, per tornare ad essere più umani, uomini che agiscono da uomini in favore degli altri uomini. Se manca questo significa che stiamo perdendo il contatto con la storia, consegnando alle nuove generazioni un mondo privo del senso più alto della parola umanità”.

Perché Matera è la città del pane?

“Matera ha una tradizione di panificazione che nel corso dei secoli ha sempre più sviluppato, affermandosi come città del pane. Questa nostra città, pur essendo una delle più antiche del mondo, da quando ha accolto l’annuncio evangelico ha saputo sviluppare una particolare teologia nella semplicità dei gesti e dei segni. Uno di questi è appunto il pane. Il suo profumo inebria le strade e le case, il suo sapore è una carezza per il cuore. Non a caso ogni fetta del pane tradizionale ha la forma del cuore. Un cuore che si dilata, si fa cibo, esattamente come Dio Trinità.

Anticamente le mamme di questa città, come un po’ dappertutto, iniziavano la lavorazione dell’impasto per il pane con il segno della croce. Successivamente, per risparmiare spazio nel forno e mettere più pani, si sviluppò la tecnica di creare un pane che lievitasse soprattutto in altezza. Questa tecnica si basa sulla teologia della Santissima Trinità. La pasta viene stesa a forma di rettangolo: si uniscono le estremità di un lato arrotolandola tre volte, mentre si pronuncia: ‘nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo’.

Dall’altro lato, con la stessa tecnica, si fanno due giri per ricordare la doppia natura di Gesù Cristo: umana e divina. Al termine l’impasto viene piegato al centro e fatti tre tagli sopra recitando: Padre, Figlio e Spirito Santo. A questo punto il pane viene lasciato riposare nel giaciglio caldo dove aveva dormito il marito: luogo sacro perché luogo dell’amore e nascita di vita nuova. La formula che la donna usava era questa: Cresci pane, cresci bene come crebbe Gesù nelle fasce. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Qui, continuando a lievitare con il lievito madre, si amalgamava diventando una sola massa”.

In quale modo Matera si è preparata a vivere il Congresso eucaristico ed a ricevere il papa?

“Come Chiesa locale abbiamo colto questo momento come evento che Dio ci ha regalato per riflettere insieme attraverso l’ascolto della Parola, la preghiera, riscoprendo la centralità dell’Eucaristia. E’ stata un’occasione per ritrovare fiducia, soprattutto dopo la dura prova della pandemia, e rinsaldare tra di noi quei vincoli di fede che ci aiutino a mostrare il vero volto di Chiesa in cammino, di famiglia di Dio.

L’ultima visita di una Papa a Matera risale a 31 anni fa con san Giovanni Paolo II. Per noi, se pur il programma sia stato ridimensionato a causa della coincidenza con le elezioni politiche, è motivo di grande gioia e soddisfazione poter godere della sua presenza e ascoltare la sua voce nel partecipare alla solenne concelebrazione eucaristica, per ‘tornare al gusto del pane per una Chiesa eucaristica e sinodale’. Tutti viviamo con ansia l’attesa di colui che viene nel nome del Signore”.

(Tratto da Aci Stampa)

Da Matera il pane dell’Eucarestia

Fino al 25 settembre Matera ospita il XXVII Congresso eucaristico nazionale sul tema del pane, appuntamento molto importante per la Chiesa italiana, in cui è sottolineata la centralità dell’Eucaristia nella vita di fede personale e comunitaria.

La Giornata del Creato invita alla conversione

Oggi si celebra la 17^ Giornata mondiale di preghiera  per la cura del Creato e papa Francesco nel messaggio sottolinea l’importanza della preghiera come ascolto del Creato, incoraggiando ad una conversione, come anche i santi papi Giovanni Paolo II e Paolo VI avevano caldeggiato :

Papa Francesco invita a mettere al centro della vita Gesù

Oggi nell’omelia della messa celebrata nella Basilica di Sainte-Anne-de-Beaupré, lungo il fiume san Lorenzo, a 30 km dalla città di Québec, il più antico luogo di pellegrinaggio del Nord America papa Francesco ha preso spunto dal brano evangelico dei discepoli che vanno verso Emmaus per raccontare il cammino personale e quello ecclesiale:

Il cardinale Zuppi: credere nella Pasqua non ci fa arrendere al male

I ‘panini benedetti’ sono un segno particolare della devozione a san Nicola da Tolentino, legati ad un episodio della sua vita. San Nicola, gravemente malato, ottenne la grazia della guarigione per intervento della Vergine Maria, che, apparsa in visione, gli aveva assicurato: “Chiedi in carità, in nome di mio Figlio, un pane. Quando lo avrai ricevuto, tu lo mangerai dopo averlo intinto nell’acqua, e grazie alla mia intercessione riacquisterai la salute”.

Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute. Da quel giorno san Nicola prese a distribuire il pane benedetto ai malati che visitava, esortandoli a confidare nella protezione della Vergine Maria per ottenere la guarigione dalla malattia e la liberazione dal peccato.

Quindi nella ‘domenica laetare’, che racconta la parabola del ‘Figlio prodigo’, facendo pregustare la gioia della Pasqua di Resurrezione, nella basilica di san Nicola da Tolentino si è celebrata la festa del pane con i sindaci della Comunità montana dei ‘Monti Azzurri’, che hanno preso parte alla messa officiata dall’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Maria Zuppi: “Ecco, oggi è la festa della resurrezione di un figlio che era perduto ed è tornato in vita. E’ questo il senso della Quaresima: non meno vita, ma finalmente vita vera, incontro con sé, rientrare in sé, non uscire da sé!”

Quindi ha ribadito l’importanza di legami di amore, su cui fondare il significato di libertà: “Solo l’amore giustifica la festa. E no, non è mai buono, nemmeno da giusto, essere soli! Solo il Padre libera dal male e dalle sue conseguenze, che sono anche la diffidenza del fratello maggiore, che vede solo il peccato e non sa gioire per la resurrezione del minore. Ce lo ricorda san Nicola… Oggi benediciamo i ‘panini miracolosi’ di san Nicola…  Il santo non esitò a mangiare il pane ricevuto in carità da una donna di Tolentino, riacquistando così la salute”.

Il cardinale ha evidenziato che nell’unità si può trovare l’amore: “San Nicola colpiva perché aveva un modo affettivo!Non succede niente quando siamo tiepidi. Quando si trovava all’altare, raccontano le storie, la sua faccia si infiammava d’amore e abbondanti lacrime sgorgavano dai suoi occhi. Le segrete comunicazioni della sua anima con Dio all’altare e al confessionale gli facevano gustare anticipatamente le delizie della beatitudine celeste… Solo insieme troviamo la soluzione. Solo ‘Fratelli tutti’ è il futuro.”.

Al termine della concelebrazione eucaristica ho chiesto al card. Zuppi di spiegare il motivo per cui Pasqua non può esistere senza Resurrezione: “Pasqua è la Resurrezione. La bella notizia non consiste nelle parole importanti dette da Gesù; ma la notizia di Pasqua è la più incredibile di tutte: quell’uomo, morto in croce, è risorto e la vita non finisce. Ci aiuta a guardare con forza l’inevitabile scontro  con il limite della vita attraverso la croce, perché ci aiuta a vedere la luce della vittoria dell’amore sulla morte”.

In quale modo Gesù riaccende la speranza?

“Amando fino alla fine, abbassandosi fino all’umiliazione per innalzarsi sino alla gloria di Dio. Gesù vive fino in fondo quello che in realtà gli uomini e le donne vivono, cioè lo scontro con la propria fragilità, quando il male mette in croce i nostri sogni e le nostre attese. Il male mette in croce, l’amore vince la croce”.

Allora la Pasqua può essere un invito a superare la difficoltà del vivere?

“La Pasqua non rimuove tutte le nostre difficoltà. La vittoria di Gesù non è quella che ci permette di non avere più problemi, secondo una certa nostra idea di benessere. La Pasqua, per di più, non si afferma nemmeno immediatamente nel cuore dei discepoli. Essi devono combattere con la loro incredulità. La Pasqua è la vittoria, perché libera la morte dall’essere definitiva e rende definitivo l’amore di Gesù e la sua presenza viva”.

Per quale motivo nella Pasqua esplode la gioia?

“La Pasqua stessa è gioia, perché ci permette di combattere il male; ci affranca da esso e dalle sue intimidazioni, dal turbamento davanti alla sua forza e dalla sua capacità di seminare il dubbio sull’amore di Dio. Dobbiamo rafforzare l’uomo interiore per trasformare le esperienze in consapevolezza e non lasciarle solo emozioni da consumare”. 

E’ possibile credere nella Pasqua in tempi difficili?

“A maggior ragione! Credere nella Pasqua non ci fa arrendere al male. Qualche volta il male sembra definitivo e vincente; in realtà è la forza di Gesù che vince il male; la forza del perdono e della misericordia vince il male. Proprio nel buio della sofferenza crediamo nella luce della Resurrezione”.

Venerdì 25 marzo papa Francesco ha consacrato al cuore immacolato di Maria la Russia, l’Ucraina e tutto il mondo. Quale forza ha la preghiera?

“La preghiera è la forza più grande per due motivi; la prima ragione è che la preghiera è la forza di Dio, che arriva dove noi non arriviamo; è una forza che non si vede, eppure è così efficace. Il secondo motivo è che la preghiera chiede a chi prega anche l’impegno. Non si accontenta della delega a Dio ‘pensaci tu’, ma Dio chiede di coinvolgerci nella lotta affinché il male venga sconfitto. La preghiera per la pace ci chiede di essere uomini di pace”.  

(Tratto da Aci Stampa)

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