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Associazione.’ Bambino Gesù’ del Cairo: Il Giorno della Memoria inno alla dignità umana

Il giorno della memoria rischia di essere contaminato ed inficiato da erronee interpretazioni da parte di coloro che ritengono che la Palestina sia vittima della violenza di Israele, dimenticando che, a sua volta, Israele è vittima del fondamentalismo e che entrambi i popoli sono vittime dello stessa ingiustizia che vuole renderli popoli avversari.  Non si può offuscare il ricordo dell’olocausto subito dagli ebrei, sterminati dai nazisti, ponendo in luce che la Palestina attualmente sia vittima dello stesso odio da parte di Israele.

Il ricordo dell’olocausto deve essere scevro da confronti assurdi con i fatti bellici che coinvolgono, nel contempo, Israele e la Palestina, entrambe vittime del fondamentalismo più bieco. L’olocausto è stato il più tragico evento dell’umanità che ha visto lo sterminio di uomini, donne e bambini innocenti, colpevoli solo di essere ebrei.

La storia testimonia tale barbarie, non molto lontana, in quanto perpetrata nel secolo scorso, conclusosi solo pochi decenni orsono. Spiace osservare il tentativo di umiliare, ancora una volta, il popolo ebreo. Basta leggere i libri di storia per comprendere la realtà dei fatti. Quanta confusione si sta creando con l’intento di dar corso ad un nuovo olocausto nei confronti del popolo ebreo.

Forse con l’intento di sterminare il popolo ebreo definitivamente? Ci chiediamo cosa si nasconda dietro l’offuscamento della verità relativamente al conflitto che attualmente vede coinvolti due popoli vicini, la Palestina e Israele. E’ con un profondo senso di smarrimento che oggi affrontiamo il tragico evento della shoah, dello sterminio del popolo ebreo, proprio in quanto constatiamo amaramente che la lezione che tale dramma ha lasciato all’umanità sembra minacciata da una grave menzogna che vuole deturpare la realtà storica di un fatto che crea sgomento al solo ricordo.

Forse stiamo assistendo ad una nuova ondata di razzismo e di nazismo? Nell’epoca storica attuale, così confusa dall’imperante superficialità, che confonde il bene con il male, il valore dell’essere umano rischia di essere sommerso dalla menzogna, dalla negazione della verità, dal torpore della coscienza umana? Sicuramente no, in quanto le donne e gli uomini di buona volontà sapranno contrapporsi, con la forza della loro fede nel valore della dignità umana, a quelle minoranze che fomentano ancora la violenza più spietata.

Certamente sapremo inneggiare al valore della democrazia ogni giorno, dimostrando a chi dipinge provocatoriamente svastiche sui muri  che non ha compreso cosa significhi il valore della vita degli altri e neanche della propria vita, in quanto pervaso dal sentimento dell’odio che offusca la mente.

Sapremo diffondere la pedagogia dell’Amore, della Fraternità, della Pace, in tutti i modi, in tutti i luoghi, in ogni scuola, in ogni Chiesa. E, soprattutto, sapremo essere testimonianza, nel quotidiano, di amore verso l’altro, di rispetto e di tolleranza.

Riteniamo che questa sia l’unica via per scongiurare il razzismo e la morte della coscienza dell’essere umano. Sapremo dimostrare quotidianamente all’essere umano che è un Uomo e non un mostro. Il ritorno del mito del superuomo sembra volersi affermare. Con la violenza si vuole dimostrare il proprio  desiderio di potenza, che nessuno deve porre in discussione, pena la morte.

E’ il mito del superuomo che alcuni  nutrono nel proprio animo a determinare quei  gesti efferati di violenza e quell’ intolleranza che genera le guerre fratricide. Tale mito è alimentato dall’essere la società civile una società che pone al centro il denaro, il possesso e che aspira a tacitare i valori umani, unici valori che consentono ad ognuno di essere capace di autocoscienza rispetto agli effetti delle proprie azioni, se esse sono lesive o benevoli nei confronti degli altri. E’ forse tardi per riprendere in mano le sorti morali dell’essere umano?

No, certamente! Lo dimostrano tanti giovani che manifestano per un mondo migliore, i quali certamente, ogni giorno, sono testimoni autentici del ‘Giorno della Memoria’.

Desidero sottolineare l’importanza dell’impegno a cui esorta il Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, firmato nel 2019, a Abu Dhabi, da papa Francesco che rappresenta la Chiesa Cattolica e dal Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb che rappresenta i musulmani sunniti d’Oriente e di Occidente.

Il suddetto Documento è foriero del dialogo interreligioso, che si prefigge la finalità autentica di essere una guida per le nuove generazioni verso la cultura del reciproco rispetto, fondata sulla profonda comprensione della verità suprema che tutti gli esseri umani sono fratelli e che, per tale ragione, devono attingere ai valori del dialogo e della tolleranza, dai quali si genera la pace e, nel contempo, l’emancipazione umana a livello universale, al di là delle barriere religiose, delle barriere ideologiche e delle atroci barriere del razzismo.

Non vi è dubbio che, aderendo ai principi del Documento sulla ‘Fratellanza Umana per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune’, si  potrà realizzare la Pace e quel  benessere materiale che tutti ingloba in quanto sorretto dal piano spirituale della vita, che conduce certamente oltre il razzismo e l’odio, che ancora affliggono amaramente l’umanità, lasciandola nell’ arretratezza e nella miseria morale, che è la più atroce forma di povertà, come il razzismo contro gli Ebrei ha dimostrato, che noi non solo condanniamo, ma, ogni giorno, combattiamo diffondendo la pedagogia dell’Amore.

27 gennaio: per non dimenticare la memoria

“Sabato prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità”: al termine dell’udienza generale di mercoledì scorso papa Francesco ha ricordato che oggi si commemora la Giornata della memoria, invitando a non dimenticare ed a non giustificare la violenza contro l’umanità.

Papa: Francesco: l’avarizia è malattia del cuore

“Sabato prossimo, 27 gennaio, si celebra la Giornata internazionale di commemorazione delle vittime dell’Olocausto. Il ricordo e la condanna di quell’orribile sterminio di milioni di persone ebree e di altre fedi, avvenuto nella prima metà del secolo scorso, aiuti tutti a non dimenticare che le logiche dell’odio e della violenza non si possono mai giustificare, perché negano la nostra stessa umanità.

Il presidente Mattarella invita a non dimenticare gli olocausti

I ‘banchi di prova’ che l’Europa ha di fronte non possono essere superati andando in ordine sparso, inseguendo ciascuno i propri ‘interessi nazionali’: nell’ultimo giorno della visita in Polonia il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha tenuto la prolusione all’università Jagellonica di Cracovia, in cui hanno studiato Niccolò Copernico e Karol Wojyjla, oltre allo stesso presidente polacco Andrzej Duda.

Per non dimenticare l’Olocausto

Anche quest’anno per il Giorno della Memoria Gariwo propone una ricca offerta di iniziative pensate per la cittadinanza e per le scuole, perché esattamente 20 anni fa, il 24 gennaio 2003, nasceva a Milano il Giardino dei Giusti di tutto il mondo nella grande area verde del Monte Stella, sorta sulle macerie della città bombardata, con l’intento di riservare un luogo simbolico alla memoria delle figure esemplari di resistenza morale di ogni parte del mondo.

Cei: nel cammino sinodale essenziale il coinvolgimento dei laici

Al termine dei lavori del Consiglio permanente della CEI, riunito a Roma, nel Giorno della Memoria mons. Stefano Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha dato lettura di una dichiarazione del card. Gualtiero Bassetti, affinchè questo giorno sia un giorno di stimolo per la pace e la giustizia:

Ricordare perché dimentichiamo spesso

Oggi si ricorda la liberazione di Auschwitz da parte della 60° Armata dell’Esercito sovietico e ritorna alla mente quello che ha scritto Primo Levi ne ‘La tregua’: “La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945. Fummo Charles e io i primi a scorgerla (…. ) Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e timide”.

Il papa ai fedeli: sognate come san Giuseppe

Al termine dell’udienza generale odierna papa Francesco ha invitato i fedeli a pregare il Padre Nostro per la pace in Ucraina: “E ora, con il Padre Nostro, vi invito a pregare per la pace in Ucraina, e a farlo spesso nel corso di questa giornata: chiediamo con insistenza al Signore che quella terra possa veder fiorire la fraternità e superare ferite, paure e divisioni”.

Il presidente Mattarella: ricordare è un sentimento civile

Sono trascorsi 76 anni dal 27 gennaio 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa liberarono il campo di concentramento di Auschwitz, una data che l’Assemblea dell’Onu decise di ricordare ogni anno, istituendo nel 2005 il Giorno della Memoria, per fare in modo che quel dramma non si ripeta mai più, come ha detto papa Francesco al termine dell’udienza generale di ieri: “Ricordare è una espressione di umanità, ricordare è segno di civiltà, ricordare è condizione per un futuro migliore di pace e di fraternità,… State attenti a come è incominciata questa strada di morte, di sterminio, di brutalità”.

Giorno della Memoria: mai dimenticare

Il 27 gennaio di ogni anno si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria: il 27 gennaio 1945 le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz svelando al mondo l’orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista, liberandone i pochi superstiti.

Non c’è modo più efficace che ricordare quell’orrore, e farlo conoscere alle nuove generazioni, con il racconto di chi l’ha vissuto, come Liliana Segre, che al termine dello scorso anno ha raccontato ai ragazzi la sua deportazione nel campo di concentramento: “Dai vagoni piombati saliva un coro di urla, di richiami, di implorazioni: nessuno ascoltava. Il treno ripartì. Il vagone era fetido e freddo, odore di urina, visi grigi, gambe anchilosate; non avevamo spazio per muoverci. I pianti si acquietavano in una disperazione assoluta”.

Un minuzioso racconto del suo viaggio: “Io non avevo né fame, né sete. Mi prese una specie di inedia allucinata come quando si ha la febbre alta; quando riuscivo a riflettere pensavo che forse, senza di me, Papà avrebbe potuto scappare da San Vittore, saltare quel muro come aveva proposto un altro internato, Peppino Levi, o forse no. Mi stringevo a Lui, che era distrutto, pallido, gli occhi cerchiati di rosso di chi non dorme da giorni. Mi esortava a mangiare qualcosa, aveva ancora per me una scaglia di cioccolato; la mettevo in bocca per fargli piacere, ma non riuscivo a inghiottire nulla”.

Un racconto in treno: “Nel centro del vagone si formò un gruppo di preghiera: alcuni uomini pii, fra i quali ricordo il signor Silvera, si dondolarono a lungo recitando i Salmi; mi sembrava che non finissero mai: erano i più fortunati. Le ore passavano, così le notti e i giorni, in un’abulia totale: era difficile calcolare il tempo. Pochissimi avevano ancora un orologio e anche quei pochi privilegiati non lo guardavano più. Ogni tanto vedevo qualcuno alzarsi a fatica per cercare di capire dove fossimo, guardando dalle grate, schermate con stracci per riparare dal gelo quel carico umano. Si vedeva un paesaggio immerso nella neve, si vedevano casette civettuole, camini fumanti, campanili”.

Ed alla fine la scoperta della destinazione: “Anch’io e il mio Papà scendemmo e vedemmo per la prima volta, scritto con il gesso sul vagone: ‘Auschwitz bei Katowice’. Capimmo che quella era la nostra meta. Il treno ripartì quasi subito e la notizia della nostra destinazione gettò tutti in una muta disperazione. Fu silenzio in quel vagone in quegli ultimi giorni.

Nessuno più piangeva, né si lamentava. Ognuno taceva con la dignità e la consapevolezza degli ultimi momenti. Eravamo alla vigilia della morte per la maggior parte di noi. Non c’era più niente da dire. Ci stringevamo ai nostri cari e trasmettevamo il nostro amore come un ultimo saluto. Era il silenzio essenziale dei momenti decisivi della vita di ognuno. Poi, poi, all’arrivo fu Auschwitz e il rumore assordante e osceno degli assassini intorno a noi”.

Attraverso il racconto si comprende quanto sia importante ricordare; una recente ricerca Eurispes (ottobre 2020) rivela infatti che i negazionisti aumentano anche in Italia: in circa 15 anni la percentuale di chi non crede all’orrore della Shoah è passata dal 2,7% al 15,6% con un 16% che sostiene che la persecuzione sistematica degli ebrei ‘non ha fatto così tanti morti’.

Un’altra testimonianza arriva da don Patrick Desboisè, nato nel 1955 nella Borgogna francese (Saône-et-Loire), nipote di un deportato nel campo di concentramento di Rawa-Ruska, che riporta alla luce la storia del nonno cominciando il cammino di ricerca sulle tracce degli ebrei dell’Est, assassinati dai nazisti nel corso della Seconda guerra mondiale:

“Tra il 1941 e il 1944, circa 1.500.000 di ebrei che vivevano in Ucraina, in seguito all’invasione tedesca dell’Unione sovietica, sono stati assassinati mediante fucilazione. Soltanto una minoranza di questi ebrei è stata deportata nei campi di sterminio nazisti. La quasi totalità è morta sotto il tiro delle pallottole degli Einsatzgruppen (unità mobili SS di massacro), delle Waffen-SS, della polizia nazista o dei suoi collaboratori dell’Est europeo.

Il fenomeno della Shoah per fucilazione, conosciuto e raccontato dagli storici, nelle sue linee essenziali, ma noto anche alle truppe alleate, non è mai stato ricostruito in modo sistematico, ed è rimasto fino a oggi poco studiato”.

Anche suor Maria Rosa Bernardinis, priora del monastero Santa Rita da Cascia, invita a riflettere sul valore della memoria: “La memoria è un dovere concreto, che ci parla del passato ma ci chiama ad agire nel presente, per costruire un futuro libero da odio, violenza e indifferenza. Facciamo memoria di ciò che è stato, per lasciare oggi un segno migliore nella storia, marchiata ancora da guerre e discriminazioni che attentano alla vita di tutti”.

La Madre priora sottolinea che il significato della memoria include anche un’azione per il cambiamento: “Il verbo zachar, che arriva dalla lingua ebraica, ricorre oltre 200 volte nella Bibbia. Il suo significato è sia ricordare che agire. La memoria, infatti, è una forza viva che ci fa scegliere cosa lasciare alla storia di oggi, sulla quale si regge già il domani del mondo.

Le milioni di vite sterminate dal regime nazista solo 80 anni fa, insieme ai tanti conflitti che affliggono il presente, ci dicono che non stiamo andando nella giusta direzione. Non basta condannare il male perché non si ripeta, ma occorre impegnarsi, tutti e ogni giorno, per fare il bene”.

D’altra parte l’esperienza della santa casciana è una chiara testimonianza: “Santa Rita, che ha vissuto un tempo di vendette, avrebbe potuto girarsi dall’altra parte o peggio arrendersi e dire che la vita era dura per pensare di cambiare il suo mondo e la sua gente.

Invece, no, Rita ha scelto di scrivere una storia diversa, illuminata dall’amore di Dio. Quella scelta ha cambiato tante storie, durante oltre cinque secoli e tutt’ora. Al pari la nostra scelta può cambiare la nostra vita e la storia dell’umanità, oggi e domani. Scegliamo, con Santa Rita, la strada dell’amore, dell’umiltà, del dialogo e della pace, per salvarci dall’odio che distrugge la vita”.

Ed  invita a non dimenticare gli attuali ‘olocausti’: “Per intercessione di Santa Rita preghiamo il Signore per tutte le vittime di genocidio nel mondo, quelle di ieri e quelle di oggi. Perché milioni di uomini, donne e bambini, anche in questo momento, vengono sterminati, torturati e trattati in modo disumano.

Come nei centri per migranti della Libia, che l’alto commissario Onu per i rifugiati ha definito campi di concentramento e dove recentemente una giovane eritrea è stata bastonata in una sala delle torture.

Chiediamo con forza a Dio di illuminare la coscienza di tutti noi e soprattutto di quella politica cieca e indifferente, che guarda solo al potere e ne giustifica ogni mezzo. Che il Signore doni a chi deve intervenire la volontà di cessare definitivamente questo inferno in terra”. 

(Foto: Conferenza episcopale polacca)

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