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Mattarella: don Milani un grande educatore

“Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”: questa frase della ‘Lettera ai cappellani militari’ ha aperto la marcia per don Milani, nel giorno del suo centesimo compleanno, partita dalla piazzetta di Vicchio e sale fino a Barbiana, passando per il lago Viola.

Franz Jägerstätter: il primato della coscienza formata dal Vangelo contro Hitler

‘Solo contro Hitler. Franz Jägerstätter, il primato della coscienza’ è il nuovo libro del giornalista e scrittore bolzanino Francesco Comina dedicato al pacifista austriaco che si rifiutò di arruolarsi nella Wermacht perché considerava il nazismo totalmente incompatibile con l’essere credente:

Papa Francesco ai farmacisti: l’obiezione di coscienza è lecita

Di nuovo papa Francesco ha ripetuto che l’aborto è un omicidio e non bisogna diventare ‘complici’ ai farmacisti, ricevendo in udienza i congressisti della Società italiana di farmacia ospedaliera, affrontando il valore di una professione sanitaria meno visibile di altre e la responsabilità di destinare le risorse secondo riferimenti etici di giustizia sociale.  

Calano gli aborti, ma aumenta l’uso di farmaci

Nelle scorse settimane il Ministero della Salute ha pubblicato la Relazione trasmessa nel luglio scorso al Parlamento sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978, contenente i dati relativi agli aborti volontari effettuati in Italia nell’anno 2019 e i dati preliminari relativi all’anno 2020.

‘L’aborto? È come uccidere in guerra’: parola di un medico ateo, non obiettore

Non so se avete mai conosciuto un medico che abbia fatto ‘obiezione di coscienza’ per non asportare un’ernia, per non cavare un dente o per non togliere una ciste.Se un medico decide di non eseguire un intervento forse è perché non lo ritiene necessario, oppure perché ammette che tale operazione non è di sua competenza e ci indirizza da qualcun altro.

Come mai invece l’obiezione di coscienza è molto diffusa tra i medici quando si tratta di praticare aborti? Ho visto più volte puntare il dito contro quei ‘ginecologi disertori’, che ‘non garantiscono un servizio sanitario’. Però mi chiedo: ci siamo mai messi nei loro panni? Abbiamo mai guardato l’aborto con gli occhi di un medico che deve eseguirlo? Se sono in grado dal punto di vista medico di fare quell’operazione, perché tanti si rifiutano, mentre nessuno rifiuta di svolgere un’ecografia e di eseguire un taglio cesareo?

La testimonianza di un medico

Una possibile risposta la troviamo in un libro autobiografico, L’ho fatto per le donne, edito da Mondadori nel 2017 (136 pagine, prezzo 17,50 €), scritto da un medico che ha procurato nella sua carriera oltre 4000 aborti. Io ho avuto l’opportunità di parlare personalmente con lui. Le frasi in corsivo sono prese dal libro, quelle virgolettate le ho ascoltate direttamente dalla bocca del medico.

Il dott. Segato, vice-primario di ginecologia presso l’ospedale di Valdagno (Vicenza), inizia la sua carriera di medico ginecologo nei primi anni ’80, poco dopo l’introduzione della legge che ha reso legale l’aborto in Italia, una legge per la quale egli afferma di essersi battuto fin da quando frequentava l’università.

Il motivo che lo spinge a credere nella bontà del provvedimento legislativo? La sofferenza di pensare a delle donne in crisi che si recano di nascosto da persone incompetenti per abortire, rischiando la vita. Gli aborti clandestini, sostiene, portano alla perdita di due vite, mentre abortire in sicurezza garantisce almeno la salvezza della madre.

Un ragionamento utilitaristico, che non tiene conto dei diritti dei nascituri, ma che Segato tenta di giustificare. Che l’aborto è un omicidio, lui lo sa benissimo, ‘ma se posso scegliere di salvare una vita anziché perderne due, preferisco salvare quella vita…’.

Pratica aborti, ma comprende gli obiettori di coscienza

Negli anni, tuttavia, la sua coscienza personale inizia a ribellarsi, tanto da fargli odiare il suo ‘sporco lavoro’. “Io capisco i miei colleghi obiettori – dice Segato – e li rispetto. A nessuno piace praticare aborti”. Segato non è credente, anzi, si definisce ateo, ma nel suo cuore avverte il dolore per quelle vite stroncate.

Nel descrivere i due ambiti del suo lavoro – le nascite e le interruzioni – nel suo libro parla in questo modo: “Di qua gli aborti, di là nascite. E in mezzo quella porta. Una porta di colore grigio, pesante e fredda come la sala operatoria che lasciavo dietro di me: i gambali ginecologici, le valve, gli aspiratori, le cannule. Freddo l’ambiente, freddi gli animi, freddo il sangue. Perché freddo è l’aborto. Triste, silenzioso e terribilmente freddo. Almeno quanto è calda l’ostetricia con le sue mamme e i loro piccoli.”

Se gli viene chiesto perché abbia scelto di essere un medico abortista, lui si difende prontamente, quasi offeso da quell’aggettivo: “Io non mi definisco abortista. Nessuna persona equilibrata, seria, sana di mente può essere a favore dell’aborto. L’aborto è una realtà orribile. Sarei la persona più felice del mondo se nessuna donna scegliesse più di farlo… Ho solo deciso di non essere obiettore per la salute delle donne…”

Giulio: un bambino ‘nato per sbaglio’

Gli scrupoli di coscienza di Segato si acuiscono a seguito di un ‘intervento sbagliato’, con cui Segato permette ad un bambino che doveva essere abortito di nascere. Anni dopo lo incontra, in compagnia della sua mamma.

“Sa cosa volevo fare? Volevo denunciarla. Ero andata anche dal mio avvocato. E invece sa una cosa? Le dico Grazie. Grazie per aver sbagliato, dottore!” Indicò con la mano il piccolo Giulio. “È la gioia della nostra famiglia”.

Si era trattato di un errore medico: l’errore più bello della sua vita, un errore che però – una volta scoperto – non gli avrebbe più dato pace. “Barbara e Giulio mi avevano scosso in profondità, toccando corde che non conoscevo. Quel bambino sveglio, discolo e furbetto era dentro di me e giocava con la mia anima. Quando decidevo di interrompere una gravidanza, Giulio urlava e scalciava”.

Ogni volta deve mettere in pausa la coscienza

Segato, oggi, arriva ad affermare di essere ‘un automa’ mentre opera. Non lo fa perché ‘vuole’, semplicemente si piega davanti alla legge, che ormai fatica anche a definire giusta, ritenendola solo tristemente necessaria.

In nome di quella legge mette a tacere la sua coscienza (non è certo la prima volta che questo accade nella storia), ma le giustificazioni che prova a darsi, non sempre bastano a placare i suoi sensi di colpa: dice che deve scontrarsi sempre con “la voce di tutti quei bambini già un po’ formati” che lui “avrebbe voluto lasciar vivere ancora” e dei quali, invece, “ha causato la morte con le sue stesse mani”.

Praticare aborti? È brutto come uccidere in guerra

Spesso ci si schiera, ideologicamente, a favore dell’aborto e si vorrebbe che tutti i medici lo praticassero senza battere ciglio. “È facile parlare dall’esterno, senza entrare in sala operatoria, senza sapere cosa succede lì dentro. – dice invece Segato – Mio padre è stato chiamato alle armi e ha dovuto uccidere delle vite. Non era contento di farlo, ma lo ha fatto per servire lo Stato. Io mi sento come lui, un soldato al servizio dello Stato, ma ogni volta che entro in sala operatoria devo otturarmi il naso”.

E mentre prova con tutto sé stesso a lavarsi le mani come Ponzio Pilato, perché ‘la scelta di abortire non la prende lui’, lui esegue soltanto, il timore di non essere nel giusto è sempre dietro l’angolo: “Quanti bambini come Giulio non avevo fatto nascere? A quante famiglie era stata negata la felicità che avevo visto negli occhi di Barbara? Io avevo toccato con mano quella felicità, non erano solo parole. […]

Barbara era venuta perché voleva abortire e voleva abortire perché si sentiva vecchia e stanca. […] E io avevo assecondato questa sua preoccupazione, nel nome di una legge che lo consentiva. Sembrava quasi che Giulio fosse venuto al mondo per dimostrare che ci eravamo sbagliati entrambi. […] E quanti come lui non avevano potuto dimostrarlo? Centinaia? Migliaia?”

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