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Papa Francesco invita gli indonesiani a prendere il largo

“Santa Teresa di Calcutta, della quale oggi celebriamo la memoria e che instancabilmente si è presa cura dei più poveri e si è fatta promotrice di pace e di dialogo, diceva: ‘Quando non abbiamo nulla da dare, diamogli quel nulla. E ricorda: anche se non dovessi raccogliere niente, non stancarti mai di seminare’. Fratello e sorella, non stancarti mai di seminare, perché questo è vita”: nel ricordo di santa Teresa di Calcutta si è conclusa la celebrazione eucaristica di papa Francesco davanti a 60.000 fedeli, chiudendo la terza giornata del viaggio apostolico.

Quindi è stato un invito a ‘prendere il largo’ per essere costruttori di pace: “Questo, fratelli e sorelle, vorrei dire anche a voi, a questa Nazione, a questo meraviglioso e variegato arcipelago: non stancatevi di prendere il largo, non stancatevi di gettare le reti, non stancatevi di sognare, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità, che è un vero tesoro fra voi. Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso, per favore, e andate avanti! E siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza!”

Iniziando l’omelia il papa ha spiegato il modo concreto per vivere la fede: “L’incontro con Gesù ci chiama a vivere due atteggiamenti fondamentali, che ci permettono di diventare suoi discepoli. Il primo atteggiamento: ascoltare la Parola; il secondo: vivere la Parola. Prima ascoltare, perché tutto nasce dall’ascolto, dall’aprirsi a Lui, dall’accogliere il dono prezioso della sua amicizia.

Ma poi è importante vivere la Parola ricevuta, per non essere ascoltatori vani che illudono sé stessi; per non rischiare di ascoltare soltanto con le orecchie senza che il seme della Parola scenda nel cuore e cambi il nostro modo di pensare, di sentire, di agire, e questo non è buono. La Parola che ci viene donata e che ascoltiamo chiede di diventare vita, di trasformare la vita, di incarnarsi nella nostra vita”.

Il primo ‘atteggiamento’ di vivere la fede è l’ascolto della Parola di Dio, come racconta l’evangelista Luca: “Cercano Lui, hanno fame e sete della Parola del Signore e la sentono risuonare nelle parole di Gesù. Dunque, questa scena, che si ripete tante volte nel Vangelo, ci dice che il cuore dell’uomo è sempre alla ricerca di una verità capace di sfamare e saziare il suo desiderio di felicità; che non possiamo accontentarci delle sole parole umane, dei criteri di questo mondo, dei giudizi terreni; sempre abbiamo bisogno di una luce che venga dall’alto a illuminare i nostri passi, di un’acqua viva che possa dissetare i deserti dell’anima, di una consolazione che non deluda perché proviene dal cielo e non dalle effimere cose di quaggiù. In mezzo allo stordimento e alla vanità delle parole umane, fratelli e sorelle, c’è bisogno della Parola di Dio, l’unica che è bussola per il nostro cammino, l’unica che tra tante ferite e smarrimenti è in grado di ricondurci al significato autentico della vita”.

Quindi è stato un invito all’ascolto della Parola di Dio: “Fratelli e sorelle, non dimentichiamo questo: il primo compito del discepolo (noi tutti siamo discepoli!) non è quello di indossare l’abito di una religiosità esteriormente perfetta, di fare cose straordinarie o impegnarsi in imprese grandiose. No. Il primo compito, il primo passo, invece, consiste nel sapersi mettere in ascolto dell’unica Parola che salva, quella di Gesù, come possiamo vedere nell’episodio evangelico, quando il Maestro sale sulla barca di Pietro per distanziarsi un po’ dalla riva e così predicare meglio alla gente. La nostra vita di fede inizia quando umilmente accogliamo Gesù sulla barca della nostra esistenza, gli facciamo spazio, ci mettiamo in ascolto della sua Parola e da essa ci facciamo interrogare, scuotere e cambiare”.

Dall’ascolto si passa a vivere la Parola di Dio: “Allo stesso tempo, fratelli e sorelle, la Parola del Signore chiede di incarnarsi concretamente in noi: siamo perciò chiamati a vivere la Parola. Ripetere soltanto la Parola, senza viverla, ci fa diventare come pappagalli: sì, la dico, ma non si capisce, non si vive… La Parola del Signore non può restare una bella idea astratta o suscitare soltanto l’emozione di un momento; essa ci chiede di cambiare il nostro sguardo, di lasciarci trasformare il cuore a immagine di quello di Cristo; la Parola ci chiama a gettare con coraggio le reti del Vangelo in mezzo al mare del mondo, ‘correndo il rischio’, sì, correndo il rischio di vivere l’amore che Lui ci ha insegnato e ha vissuto per primo”.

Inoltre ha precisato che gli ‘ostacoli’ ci sono sempre: “Certo, gli ostacoli e le scuse per dire di no non mancano mai; ma guardiamo ancora all’atteggiamento di Pietro: veniva da una notte difficile, in cui non aveva pescato nulla, era arrabbiato, era stanco, era deluso; eppure, invece di rimanere paralizzato in quel vuoto e bloccato dal proprio fallimento, dice: ‘Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti’. Sulla tua parola getterò le reti. E allora accade l’inaudito, il miracolo di una barca che si riempie di pesci fino quasi ad affondare”.

E’ stato un invito a non rimanere chiusi nei propri fallimenti: “Ma con la stessa umiltà e la stessa fede di Pietro, anche a noi è chiesto di non restare prigionieri dei nostri fallimenti. Questa è una cosa molto brutta, perché i fallimenti ci prendono e noi possiamo diventare prigionieri dei fallimenti. No, per favore: non restiamo prigionieri dei nostri fallimenti; invece di rimanere con lo sguardo fisso sulle nostre reti vuote, guardiamo a Gesù e fidiamoci di Lui. Non guardare le tue reti vuote, guarda Gesù, guarda Gesù! Lui ti farà camminare, Lui ti farà andare bene, fidati di Gesù!”

Prima della celebrazione eucaristica papa Francesco aveva incontrato presso la sede della Conferenza Episcopale Indonesiana gli assistiti delle realtà caritative della Chiesa cattolica: “Voi siete piccole stelle luminose nel cielo di questo arcipelago, le membra più preziose di questa Chiesa, i suoi ‘tesori’, come fin dai primi secoli del cristianesimo insegnava il diacono martire san Lorenzo…

Affrontare insieme le difficoltà, fare tutti del nostro meglio portando ognuno il proprio contributo irripetibile, ci arricchisce e ci aiuta a scoprire giorno per giorno quanto vale il nostro stare insieme, nel mondo, nella Chiesa, in famiglia, come ci ha ricordato Andrew, al quale facciamo anche i complimenti per la sua partecipazione ai Giochi Paralimpici: bravo! Facciamo un bell’applauso ad Andrew. E facciamone uno anche a tutti noi, chiamati a diventare insieme campioni dell’amore nelle grandi olimpiadi della vita. Un applauso a tutti noi!”

L’incontro si è concluso con l’invito ad aiutarsi vicendevolmente: “Ci ricorda, poi, quanto il Signore ci vuole bene, a tutti, al di là di qualsiasi limite e difficoltà. Ciascuno di noi è unico ai suoi occhi, agli occhi del Signore, e Lui non si dimentica mai di noi, mai. Ricordiamolo, per tenere viva la nostra speranza e per impegnarci a nostra volta, senza mai stancarci, a fare della nostra vita un dono per gli altri”.

(Foto: Santa Sede)

A Tolentino inaugurata una statua alla santa Madre Teresa di Calcutta

Nel dicembre dello scorso anno la Comunità albanese di Tolentino ha festeggiato il 111° anniversario dell’indipendenza dell’Albania alla presenza dell’ambasciatrice della Repubblica del Kosovo, Lendita Haxhitasim, e del sindaco della città, Mauro Sclavi, i quali hanno ‘scoperto’ la statua dedicata a santa Madre Teresa di Calcutta, posizionata nel quartiere di viale Benadduci, benedetta da don Gianni Compagnucci, parroco della concattedrale di san Catervo, che all’inizio della sua vocazione di sacerdote è vissuto per oltre un anno in Albania.

La statua, alta 165 cm, realizzata in bronzo, da un artista kosovaro, è stata donata dalla famiglia di Gzim Gashi per ringraziare la Comunità tolentinate per quanto fatto in favore del popolo albanese. Infatti Gashi, a partire dal 1999, grazie alla collaborazione del Sermit e del comune tolentinate, ha promosso una raccolta sistematica di genere alimentari e di prima necessità che erano donati dai tolentinati e che lui personalmente trasportava ogni mese in Albania, poi distribuiti per aiutare le famiglie in difficoltà. 

Al termine dell’inaugurazione abbiamo chiesto a Gashi Gzim di spiegare il motivo per cui ha donato una statua dedicata a santa Madre Teresa: “Lei è un simbolo del nostro Paese, perché è nata a Skopje ed è di origine albanese. Ha donato tutta se stessa alle persone bisognose di tutto il mondo; ha vissuto in posti, da cui tutti fuggivano; invece lei è stata lì. Sono orgoglioso che è parte della nostra comunità albanese.

La prima cosa a cui ho pensato è stata quella di donare la statua alla città di Tolentino, perché nel 1999 quando il popolo kosovaro è fuggito dall’Albania, perché era un Paese povero e non poteva ospitare le persone evacuate dal Kosovo  per trovare la salvezza, è stato ospitato dalle città italiane. In quel tempo eravamo un unico Paese. Io sono a Tolentino da più di 30 anni e sono stato ben accolto.

Arrivato in città da Bari il presidente del Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) di quel tempo, Sandro Luciani, mi ha accolto ed aiutato a sistemarmi; anche tutti i cittadini ci ha aiutato con cibo e vestiario. Quindi con questa statua voglio ringraziare la città per l’accoglienza. Poi mi hanno aiutato a trovare un lavoro ed una degna sistemazione: la statua è un pensiero per condividere il bene ricevuto”.

Per quale motivo ha regalato alcuni volumi su Madre Teresa al Sermit?

“Don Gjergje, sacerdote nella Pristina, ha seguito molto la storia della santa albanese ed ha scritto molti libri, tra cui ‘La spiritualità di Madre Teresa, in quanto ha trascorsi alcuni anni in missione con lei e voleva essere presente in città all’inaugurazione. Purtroppo non è potuto essere presente, ma mi ha consegnato alcuni libri da regalare al Sermit”.

Cosa è stato per lei il Sermit?

“Per me è stato un punto di riferimento, perché quello che il Sermit ha fatto per me è stato straordinario. I libri sono solo una testimonianza per tutte le persone che svolgono questo servizio di volontariato”.

Per chi voglia sostenere l’opera del SerMiT:

Intesa San Paolo IBAN: IT 94 D 03069 69200 100000 006377;

Poste Italiane: IBAN: IT 66 N 07601 13400 000014 616627.

Tanti auguri a papa Francesco ricordando il suo impegno per la pace

“Vi ringrazio per questa visita così piena di affetto e piena di messaggi: il messaggio della povertà, il messaggio della vicinanza, il messaggio della fratellanza, il messaggio della preghiera, che è l’eredità che Madre Teresa ci ha dato sempre. Anche la preghiera nei momenti bui, perché questa donna ha passato vere tempeste spirituali con il buio dentro, ma ha continuato a pregare. Coraggiosa!  Ci aiuti Madre Teresa dal cielo a vivere la povertà con semplicità e con la preghiera. Così possiamo aiutare gli altri, e non è una semplice beneficenza; che è una cosa buona, una beneficenza è buona, ma è pagana. Cristiana è la vicinanza, la carità con preghiera”.

Il Nicaragua è ostile alla Chiesa

Niente ferma la dittatura nicaraguense della coppia Daniel Ortega – Rosario Murillo, marito e moglie, Presidente e Vice presidente del Nicaragua, che, dopo aver chiuso il 21 maggio scorso la tv dell’Episcopato ‘Canale 51’, ora ha fatto chiudere il canale tv della diocesi di Matagalpa (nord del Paese) chiamato  ‘Tv Merced’.

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