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Papa Francesco infonde coraggio ai fedeli
“E da questa terra così benedetta dal Creatore, vorrei insieme a voi invocare, per intercessione di Maria Santissima, il dono della pace per tutti i popoli. In particolare, lo chiedo per questa grande regione del mondo tra Asia, Oceania e Oceano Pacifico. Pace, pace per le Nazioni e anche per il creato. No al riarmo e allo sfruttamento della casa comune! Sì all’incontro tra i popoli e le culture, sì all’armonia dell’uomo con le creature!”: con queste parole papa Francesco ha terminato la recita dell’Angelus nella celebrazione eucaristica alla presenza di circa 35.000 persone con l’incoraggiamento a non temere.
Infatti sono state le parole del profeta Isaia a non temere a fare da filo conduttore all’omelia del papa: “Questa profezia si realizza in Gesù. Nel racconto di San Marco vengono messe in evidenza soprattutto due cose: la lontananza del sordomuto e la vicinanza di Gesù. La lontananza del sordomuto. Quest’uomo si trova in una zona geografica che, con il linguaggio di oggi, chiameremmo ‘periferia’. Il territorio della Decapoli si trova oltre il Giordano, lontano dal centro religioso che è Gerusalemme.
Ma quell’uomo sordomuto vive anche un altro tipo di lontananza; egli è lontano da Dio, è lontano dagli uomini perché non ha la possibilità di comunicare: è sordo e quindi non può ascoltare gli altri, è muto e quindi non può parlare con gli altri. Quest’uomo è tagliato fuori dal mondo, è isolato, è prigioniero della sua sordità e del suo mutismo e, perciò, non può aprirsi agli altri per comunicare”.
La vicinanza di Dio si mostra anche a chi vuole essere lontano: “A questa lontananza, fratelli e sorelle, Dio risponde con il contrario, con la vicinanza di Gesù. Nel suo Figlio, Dio vuole mostrare anzitutto questo: che Egli è il Dio vicino, il Dio compassionevole, che si prende cura della nostra vita, che supera tutte le distanze”.
E nella sua vicinanza Dio guarisce: “Con la sua vicinanza, Gesù guarisce, guarisce il mutismo e la sordità dell’uomo: quando infatti ci sentiamo lontani, oppure scegliamo di tenerci a distanza (a distanza da Dio, a distanza dai fratelli, a distanza da chi è diverso da noi) allora ci chiudiamo, ci barrichiamo in noi stessi e finiamo per ruotare solo intorno al nostro io, sordi alla Parola di Dio e al grido del prossimo e perciò incapaci di parlare con Dio e col prossimo”.
In questo senso la distanza non è separazione: “E voi, fratelli e sorelle, che abitate questa terra così lontana, forse avete l’immaginazione di essere separati, separati dal Signore, separati dagli uomini, e questo non va, no: voi siete uniti, uniti nello Spirito Santo, uniti nel Signore! E il Signore dice ad ognuno di voi: ‘Apriti!’ Questa è la cosa più importante: aprirci a Dio, aprirci ai fratelli, aprirci al Vangelo e farlo diventare la bussola della nostra vita”.
Quindi l’invito di Gesù è per tutti: “Anche a voi oggi il Signore dice: ‘Coraggio, non temere, popolo papuano! Apriti! Apriti alla gioia del Vangelo, apriti all’incontro con Dio, apriti all’amore dei fratelli’. Che nessuno di noi rimanga sordo e muto dinanzi a questo invito. E in questo cammino vi accompagni il Beato Giovanni Mazzucconi: tra tanti disagi e ostilità, egli ha portato Cristo in mezzo a voi, perché nessuno restasse sordo dinanzi al gioioso Messaggio della salvezza, e a tutti si potesse sciogliere la lingua per cantare l’amore di Dio”.
Al termine della celebrazione eucaristica papa Francesco ha incontrato i fedeli di Vanimo, prendendo spunto dalla bellezza della natura: “Guardandoci attorno, vediamo quanto è dolce lo scenario della natura. Ma rientrando in noi stessi, ci accorgiamo che c’è uno spettacolo ancora più bello: quello di ciò che cresce in noi quando ci amiamo a vicenda, come hanno testimoniato David e Maria, parlando del loro cammino di sposi, nel sacramento del Matrimonio. E la nostra missione è proprio questa: diffondere ovunque, attraverso l’amore di Dio e dei fratelli, la bellezza del Vangelo di Cristo”.
Nel dialogo con i fedeli papa Francesco ha rivolto loro l’esortazione all’amore come missione: “Ricordiamolo: l’amore è più forte di tutto questo e la sua bellezza può guarire il mondo, perché ha le sue radici in Dio. Diffondiamolo, perciò, e difendiamolo, anche quando il farlo può costarci qualche incomprensione, qualche opposizione. Ce lo ha testimoniato, con le parole e con l’esempio, il Beato Pietro To Rot (sposo, padre, catechista e martire di questa terra), che ha donato la sua vita proprio per difendere l’unità della famiglia di fronte a chi voleva minarne le fondamenta”.
E li ha salutati con un pensiero ai bambini: “E’ questo il dono più prezioso che potete condividere e far conoscere a tutti, rendendo Papua Nuova Guinea famosa non solo per la sua varietà di flora e di fauna, per le sue spiagge incantevoli e per il suo mare limpido, ma anche e soprattutto per le persone buone che vi si incontrano; e lo dico specialmente a voi, bambini, con i vostri sorrisi contagiosi e con la vostra gioia prorompente, che sprizza in ogni direzione. Siete l’immagine più bella che chi parte da qui può portare con sé e conservare nel cuore!”
Infine, prima di ritornare a Port Moresby, il papa ha salutato i missionari, che lo hanno accompagnato nella ‘School & Queen of Paradise Hall’, dove ha assistito ad un breve concerto dell’orchestra degli studenti della scuola.
(Foto: Santa Sede)
‘Effatà, apriti’: Gesù e il sordomuto
L’episodio del Vangelo è assai semplice e pregno di insegnamenti. Riporta la guarigione operata da Gesù in favore di un sordomuto. Davanti alla sofferenza che affligge l’uomo, Gesù si commuove e rivela la sua grande misericordia. Alcune persone avevano condotto davanti a Gesù un sordomuto pregandolo di imporle le mani e guarirlo. Gesù lo prende in disparte, lontano dalla folla, gli tocca con un dito la bocca e gli orecchi e dice: ‘Effatà, cioè apriti’ e subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della lingua e sentiva e parlava correttamente.
La buona Notizia che Gesù evidenzia e rivela alla folla è la sua divinità. Egli è uomo ed anche Dio, reso visibile agli occhi di tutti. Come aveva predetto il profeta Isaia, Egli a ragione dice “agli smarriti di cuore: coraggio, non temete; ecco il vostro Dio”. Un miracolo che ha lo sfondo catechistico e battesimale. Gesù restituisce a quell’uomo il dono di sentire e parlare, la sua vera dignità di persona umana.
Gesù premia la fede di chi è ricorso a Lui; Egli non è un guaritore che si aggira tra la folla per farsi pubblicità, ma è Dio che si aggira tra la folla con un programma di azione ben preciso: aprire le porte del regno dei cieli. Così un giorno davanti ad un paralitico, relegato da venti anni in un letto, dirà: ‘amico, ti sono rimessi i peccati’. Gli Scribi e i Farisei presenti alle parole di Gesù erano rimasti trasecolati perchè solo Dio può rimettere i peccati.
Gesù leggendo i loro pensieri interviene dicendo: cosa è più facile dire al paralitico: ‘Ti sono rimessi i peccati? oppure alzati, prendi il tuo lettuccio e vai a casa?’ Due cose che solo Dio può fare e che evidenziano la sua potenza divina. Gesù conclude dicendo al paralitico: ‘Alzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua’. In forza del nostro Battesimo anche noi ci siamo innestati a Cristo e preghiamo Dio dicendo: ‘Padre nostro, che sei nei cieli’. Gesù ancora oggi ripete a noi. ‘Effata!’: aprite gli orecchi per ascoltare la parola di Dio, la Verità di Dio che vi fa liberi e vi restituisce l’abito bianco, l’abito della purezza.
E’ necessario però avere fede, una Fede viva in Dio come quella di Abramo o come quella di Maria che disse il suo ‘sì’ all’Angelo e il Verbo si fece carne.. Il Battesimo apre la via alla comunione con Cristo Gesù che conferisce la vita, la vera vita; il Battesimo è infetti quel dono mirabile di Dio, che deve essere accolto e vissuto; il dono dell’amicizia che implica da parte nostra un ‘sì’ alla vita ed un ‘no’ a quanto non è compatibile con l’amicizia con Dio.
Il nostro ‘no’ deve essere articolato con la rinuncia a satana e l’adesione a Cristo Salvatore, morto e risorto e sempre presente nella Eucaristia sotto l’apparenza del pane e del vino. Un Dio sempre presente nella nostra vita che segna la strada da percorrere e conferisce gli aiuti necessari per vivere la comunione con Dio e i fratelli.
Un ‘sì’ che si esprime concretamente con l’osservanza dei comandamenti. ‘Effata’, cioè apriti, e sii uomo, abbandona l’uomo vecchio; inizia il tuo nuovo cammino nella Fede e nell’Amore. La Vergine Maria, sempre aperta all’ascolto della parola di Dio, ci aiuti ogni giorno ad ascoltare suo Figlio nel Vangelo e a camminare sulla giusta strada.
Presentato il 53^ Congresso Eucaristico: la fraternità per guarire il mondo
Lunedì scorso è stato presentato il 53^ Congresso Eucaristico Internazionale (IEC2024), che si terrà a Quito, in Ecuador, dall’8 al 15 settembre prossimo sul tema ‘Fraternidad para sanar el mundo’ (‘La Fraternità per sanare il mondo’ a cui hanno preso parte mons. Alfredo José Espinoza Mateus, arcivescovo di Quito, presidente del Comitato locale; p. Juan Carlos Garzón, segretario generale dell’IEC2024: e p. Corrado Maggioni, presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali, che ha tracciato l’itinerario dei precedenti congressi eucaristici:
“A partire dal primo Congresso Internazionale di Lille, nel 1881, tutti i seguenti furono caratterizzati da imponenti manifestazioni volte a confermare la fede nella ‘presenza reale’ di Cristo nell’Eucaristia e a incrementare il culto eucaristico. Il movimento dei Congressi era maturato in Francia nel solco della spiritualità di san Pierre-Julien Eymard (+1868), di sacerdoti influenti come il beato Antoine Chevrier (+ 1879) e Gaston-Adrien de Ségur (+ 1880), di laici ferventi, tra cui Léon Dupont (+ 1876) e in particolare Émilie Tamisier (+ 1910), animatrice dell’Opera dei Congressi. Fin dall’inizio è stato determinante il ruolo dei laici, donne e uomini che ci credevano sul serio e mettevano a disposizione le loro energie”.
Poi ha ricordato la fisionomia missionaria dei Congressi Eucaristici: “La fisionomia dei Congressi Eucaristici divenne progressivamente più internazionale e missionaria, varcando i confini dei Paesi europei: lo attestano i Congressi di Montreal (1910), Chicago (1926), Sydney (1928), Cartagine (1930), Buenos Aires (1934), Manila (1937), Rio de Janeiro (1952), Bombay (1964), Bogotá (1968), Melbourne (1973), Filadelfia (1976), Nairobi (1985), Seul (1989), Guadalajara (2004), Québec (2008) Cebu (2016)”.
Tali congressi hanno avuto positive ripercussioni nella Chiesa, ricordandone alcuni: “Sono stati eventi che hanno segnato ‘eucaristicamente’ il cammino della Chiesa in questi Paesi e nei rispettivi continenti. Considerando l’America Latina si possono ricordare il Congresso di Buenos Aires in Argentina, sul tema ‘La regalità sociale di Cristo per mezzo dell’Eucaristia’ (1934), di Rio de Janeiro in Brasile sul tema ‘Il Regno eucaristico di Cristo Redentore’ (1955), di Bogotà in Colombia sul tema ‘Vinculum charitatis’, con lo storico viaggio di papa Paolo VI e il suo incontro con 300.000 campesinos latinoamericani (1968), di Guadalajara in Messico sul tema ‘L’Eucaristia, luce e vita del nuovo millennio’ (2004).
Ora il 53° Congresso di Quito in Ecuador risuona come un deciso appello alla ‘fraternità’ vista come dono del Cielo ed insieme impegno umano a convertire le relazioni inimicali in legami fraterni, dentro il travaglio del presente. Il cambiamento d’epoca che stiamo vivendo ha portato tutti, pur per strade diverse, a maturare la convinzione che ‘nessuno si salva da solo’ come ama ripetere papa Francesco”.
Quindi ha spiegato cosa è un Congresso Eucaristico alla luce del Concilio Vaticano II: “Il Congresso Eucaristico è così divenuto occasione per esprimere la Chiesa dell’Eucaristia, alla luce del Vaticano II e della riforma liturgica che ne è derivata”.
Ecco il motivo per cui il Congresso Eucaristico è divenuto internazionale: “L’idea di chiamare a Congresso gente di vari Paesi per celebrare l’Eucaristia e riflettere sulla sua portata ecclesiale e sociale, ha avuto fin dall’inizio l’intento di ravvivare la coscienza che la presenza di Cristo in mezzo a noi e attraverso di noi è il cuore della Chiesa e della sua missione…
L’internazionalità del Congresso manifesta l’universalità del Mistero eucaristico che plasma ogni battezzato, nel suo stato di vita, come ogni famiglia cristiana, comunità religiosa, parrocchia, diocesi… Ancora oggi si deve dire che ha conservato, a differenza di altri eventi, l’impronta di una convocazione di ‘popolo’, del popolo santo di Dio chiamato per vocazione ad accogliere tutti senza scartare nessuno, come ricorda papa Francesco”.
In precedenza mons. Alfredo José Espinoza Mateus, arcivescovo di Quito e presidente del Comitato locale, ha parlato del tema del Congresso Eucaristico: “Il Congresso eucaristico che si terrà a Quito dovrà essere quella voce dall’accento latino-americano per la Chiesa del mondo intero. Sarà una voce di speranza quella annunciata da questo ‘Continente della Speranza’. Cercherà di essere quella voce profetica che proclamerà a tutti che la fraternità è l’unica via possibile per fare e costruire un mondo nuovo.
‘La Fraternità per guarire il mondo’ è stato il tema scelto da papa Francesco per questo Congresso Eucaristico. Sappiamo che ci sono tante ferite nel mondo, non possiamo negarle. L’uomo e la donna di oggi soffrono di queste ferite. Sappiamo guardare il fratello che soffre? Sappiamo ascoltare la voce di chi grida dalle sue ferite? Sappiamo come guarire quelle ferite? Siamo disposti ad essere ‘missionari eucaristici’ della fraternità?”
Papa Francesco: la preghiera trasforma i fatti
“Oggi la nostra umanità e la Terra, la nostra casa comune, sono davvero ferite! Tante guerre, tante persone che hanno perso tutto, costrette a fuggire. Tanti bambini colpiti dalla violenza”: lo ha detto stamane papa Francesco, ricevendo una delegazione di Monaci Buddisti del ‘Wat Phra Chetuphon’, provenienti dalla Thailandia nel ricordo del Settimo Colloquio buddista-cristiano tenutosi in Thailandia lo scorso novembre, che ha riunito più di 150 partecipanti provenienti da varie parti dell’Asia, per riflettere sul tema ‘Karuna e Agape in dialogo per guarire un’umanità ferita e la Terra’.
Nel discorso il papa si è soffermato sull’esigenza di educazione alla pace: “Durante il Colloquio, avete sottolineato tre punti fondamentali che vorrei ricordare: in primo luogo, avete detto che ‘nessuno si salva da solo; possiamo essere salvati solo insieme, poiché siamo interconnessi e interdipendenti’. Alla luce di questa verità, vi esorto a collaborare con tutti: società civile, membri di altre religioni, governi, organizzazioni internazionali, comunità accademiche e scientifiche e tutte le altre parti interessate a promuovere un’amicizia che sostenga la pace e la fraternità e costruisca un mondo più inclusivo”.
Tale educazione può avvenire anche attraverso la preghiera: “In secondo luogo, avete sottolineato l’importanza di educare ogni persona, specialmente i giovani e i bambini, a rapporti di cura e attenzione verso gli altri e l’ambiente. Infine, avete affermato che ‘crediamo che la preghiera e la meditazione possano capovolgere le cose, purificando i nostri cuori e le nostre menti; generando amorevolezza, misericordia e perdono dove ci sono odio e vendetta, creando uno spirito di rispetto e cura per gli altri e per la terra’. Sono molto contento del fatto che domani pregherete per la pace nella Basilica di Santa Maria in Trastevere”.
Inoltre ha recapitato un messaggio all’Inviato speciale alla Celebrazione del V Congresso Eucaristico Nazionale in Portogallo, card. José Tolentino de Mendonça, con una riflessione sull’Eucarestia: “Colui che è donato al genere umano presso la sacra mensa della cena non viene oscurato, perché sotto diverse apparenze, solo nei segni e non nelle cose, si nasconde il supremo stesso ed, a chi sotto nel sacramento è rimasta la meravigliosa memoria della passione del Signore, facciamo sentire in noi il frutto della redenzione”.
(Foto: Santa Sede)
Venerdì Santo: sulla croce Io Sono
Oggi pomeriggio nella Basilica Vaticana papa Francesco ha presieduti nella Basilica Vaticana la celebrazione della Passione del Signore, ma la riflessione è stata svolta dall predicatore della Casa Pontificia, card. Raniero Cantalamessa, sul tema ‘Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che Io Sono’, parola “che Gesù pronunciò al termine di una accesa disputa con i suoi contraddittori… Dice semplicemente ‘Io Sono’, senza specificazione. Ciò dà alla sua dichiarazione una portata assoluta, metafisica”.
Il card. Cantalamessa ha sottolineato che Gesù offre una nuova visione di Dio, che si manifesta al mondo sulla croce: “Siamo dinanzi a un totale rovesciamento dell’idea umana di Dio e, in parte, anche di quella dell’Antico Testamento. Gesù non è venuto a ritoccare e perfezionare l’idea che gli uomini si sono fatti di Dio, ma, in certo senso, a rovesciarla e rivelare il vero volto di Dio. L’idea di Dio che Gesù è venuto a cambiare, purtroppo, ce la portiamo tutti dentro, nel nostro inconscio”.
Dio sulla croce si mette a ‘disposizione’ dell’uomo: “Ci vuole poca potenza per mettersi in mostra; ce ne vuole molta, invece, per mettersi da parte, per cancellarsi. Che lezione per noi che, più o meno consciamente, vogliamo sempre metterci in mostra! Che lezione soprattutto per i potenti della terra!”
Il mistero della Croce è preceduto dal kerygma: “All’inizio c’è sempre il kerygma, cioè la proclamazione del mistero della Croce, visto ogni volta in una delle sue infinite virtualità e in rapporto ai problemi storici ed esistenziali del momento; da esso scaturisce ogni volta la parenesi, cioè l’applicazione morale alla vita del cristiano, sul modello delle Lettere paoline, specie di quella ai Romani”.
La Passione narra che la morte è vinta: “La sua morte era stata vista da una grande folla e aveva coinvolto le massime autorità religiose e politiche. Da risorto, Gesù appare soltanto a pochi discepoli, fuori dai riflettori. Con ciò ha voluto dirci che dopo aver sofferto, non bisogna aspettarsi un trionfo esteriore, visibile, come una gloria terrena. Il trionfo è dato nell’invisibile ed è di ordine infinitamente superiore perché è eterno! I martiri di ieri e di oggi ne sono la prova”.
La Resurrezione, al contrario della crocifissione, avviene nel ‘silenzio: “La risurrezione avviene nel mistero, senza testimoni… Dopo aver sofferto non bisogna aspettarsi un trionfo esteriore, visibile, come una gloria terrena. Il trionfo è dato nell’invisibile ed è di ordine infinitamente superiore perché è eterno! I martiri di ieri e di oggi ne sono la prova”.
Ecco il motivo per cui attraverso la croce Gesù salva: “Vieni tu che sei anziano, malato e solo, tu che il mondo lascia morire nella miseria, nella fame, o sotto le bombe; tu che per la tua fede in me, o la tua lotta per la libertà, languisci in una cella di prigione; vieni tu, donna, vittima della violenza. Insomma tutti, nessuno escluso: Venite a me e io vi darò ristoro!”
Riflessione che rispecchia le meditazioni di papa Francesco della Via Crucis al Colosseo, dove si sottolinea il cammino di preghiera verso il Calvario compiuto da Gesù, che chiede di vegliare: “Una cosa sola ci hai domandato: restare con te, vegliare. Non ci chiedi l’impossibile, ma la vicinanza. Eppure, quante volte ho preso le distanze da te! Quante volte, come i discepoli, anziché vegliare ho dormito, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché stanco, anestetizzato dalle comodità, assonnato nell’anima. Gesù, ripeti ancora a me, a noi tua Chiesa: ‘Alzatevi e pregate’. Svegliaci, Signore, destaci dal torpore del cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera”.
Proprio per questa compassione per il mondo Gesù salva nella ripetizione di quattordici invocazioni: “Signore, ti preghiamo come i bisognosi, i fragili e i malati del Vangelo, che ti invocavano con la parola più semplice e familiare: con il tuo nome. Gesù, il tuo nome salva, perché tu sei la nostra salvezza. Gesù, sei la mia vita e per non perdere la rotta nel cammino ho bisogno di te, che perdoni e rialzi, che guarisci il mio cuore e dai senso al mio dolore…
Gesù, prima di morire dici: ‘è compiuto’. Io, nella mia incompiutezza, non potrò dirlo; ma confido in te, perché sei la mia speranza, la speranza della Chiesa e del mondo. Gesù, ancora una parola voglio dirti e continuare a ripeterti: grazie! Grazie, mio Signore e mio Dio”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco: Mama Antula è stata prossima a chi soffre
“Si celebra oggi, nella memoria della Beata Vergine di Lourdes, la Giornata Mondiale del Malato, che quest’anno richiama l’attenzione sull’importanza delle relazioni nella malattia. La prima cosa di cui abbiamo bisogno quando siamo malati è la vicinanza delle persone care, degli operatori sanitari e, nel cuore, la vicinanza di Dio. Siamo tutti chiamati a farci prossimo a chi soffre, a visitare i malati, come ci insegna Gesù nel Vangelo. Per questo oggi voglio esprimere a tutte le persone ammalate o più fragili la mia vicinanza e quella di tutta la Chiesa. Non dimentichiamo lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza”.
6^ Domenica Tempo Ordinario: la compassione e tenerezza del cuore di Cristo Gesù
Oggi di scena nel brano del Vangelo la guarigione miracolosa di un lebbroso: una persona disperata, che aveva perduto tutto: lavoro, famiglia, amici, dignità, tale era considerato un ammalato di lebbra. Un uomo rifiutato da Dio e dalla società, costretto dalla legge a vivere ai margini della società con il divieto di avvicinare o di essere avvicinato d’alcuno. Nell’Antico Testamento la labbra era sinonimo di peccato; il lebbroso era considerato un vero appestato; Mosè ne aveva descritto l’impurità e, come tale, doveva essere allontanato e segregato dalla casa e dal popolo.
Papa Francesco: il battesimo è un dono di Dio
“Oggi celebriamo il Battesimo del Signore. Esso avviene presso il fiume Giordano, dove Giovanni, detto per questo ‘Battista’, compie un rito di purificazione, che esprime l’impegno a lasciare il peccato e a convertirsi. Il popolo va a farsi battezzare con umiltà, con sincerità e, come dice la Liturgia, ‘con l’anima e i piedi nudi’, e anche Gesù ci va, inaugurando il suo ministero: mostra così di voler stare vicino ai peccatori, di essere venuto per loro, per noi tutti che siamo peccatori”.
Una Luce di nome Silvia: la storia di Silvia Tassone
Silvia Tassone nasce il 14 novembre 1996 in Calabria (Soverato, Cz), da genitori credenti. Nel febbraio 2006, Silvia è impegnata con i balletti a scuola in preparazione del Carnevale. Quando torna a casa, sente un dolore vicino al ginocchio. Crede che non sia nulla di grave: forse ha sbattuto contro un banco. Una radiografia e una risonanza magnetica presso l’ospedale cittadino lasciano capire che si tratta di qualcosa di grave…