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CEI: ripensare i rapporti con i giovani
Ieri a Roma si sono conclusi i lavori del Consiglio episcopale permanente della CEI, aperti dalla prolusione del Cardinale Matteo Maria Zuppi, in cui è stata sottolineata la necessità di un impegno per la pace a 360°, fatto di preghiera, formazione e gesti concreti:
“Di fronte ad una cultura che sembra essere assuefatta alla guerra, a un aumento incontrollato delle armi e a un sistema economico che beneficia della corsa agli armamenti, occorre riprendere il dialogo tra Chiesa e mondo attraverso cammini educativi che offrano alternative alle logiche ora dominanti. In quest’ottica, l’esperienza dell’obiezione di coscienza e il patrimonio di azioni sperimentate nel passato possono costituire una base da cui ripartire per tornare a educare alla pace e dare prospettive di futuro, specialmente ai giovani”.
Per i vescovi occorre lavorare a più livelli per essere costruttori di fraternità, senza dimenticare il Magistero della Chiesa e l’articolo 11 della Costituzione Italiana: “L’impegno per la pace deve prendere avvio all’interno delle comunità cristiane, cercando di ricostruirne il tessuto ecclesiale laddove appare ferito. Il Cammino sinodale sta infatti mostrando l’importanza di fare sintesi tra le diverse sensibilità: anche se non tutti si sentono coinvolti, ormai tutti percepiscono l’importanza di questo tempo ecclesiale, voluto da papa Francesco per la Chiesa universale e dunque anche per le Chiese in Italia”.
Altra questione importante è stata quella dell’iniziazione cristiana, con un focus sulla figura dei padrini e delle madrine: “Nella società attuale, se il riferimento ai Sacramenti appare ancora molto diffuso, talvolta risulta svuotato di significato, un fatto convenzionale riconosciuto come elemento della tradizione, ma che non consente più di dare per scontata la fede”. Secondo i vescovi è urgente un ripensamento dei cammini tradizionali che permetta di intrecciare sempre di più la consegna delle forme pratiche della fede con la trasmissione delle esperienze elementari della vita:
“In tale orizzonte, sarà possibile anche riscoprire e valorizzare il ruolo di padrini e madrine, passando dalla concezione di ‘sponsor’ per un giorno a testimoni autentici nella crescita globale delle persone che ricevono il Sacramento. La loro figura, che deve accompagnare le diverse età, dovrà anche contribuire all’azione generativa ed educativa dei genitori, in sinergia con la comunità ecclesiale”.
Inoltre i vescovi hanno rilevato la necessità di approfondire il tema per costruire una grammatica comune così da evitare l’attuale diversificazione della prassi pastorale delle Chiese locali, che in alcuni casi hanno sospeso la figura dei padrini e delle madrine a causa di un fraintendimento socioculturale.
Per quanto riguarda il mondo giovanile i vescovi hanno proposto di ripensare il rapporto con le nuove generazioni a partire dagli spunti offerti da Paola Bignardi che ha presentato i risultati dell’ ‘Indagine in merito a giovani e fede oggi’, curata dall’Istituto Toniolo: “Nel contesto attuale è in atto una trasformazione molto rilevante nella modalità del credere. I giovani esprimono, anche con la loro protesta silenziosa nei confronti della comunità cristiana, il desiderio di un modo nuovo di comprendere l’umano e una domanda di interpretazione della fede dentro questa condizione umana. E’ in gioco lo stile con cui la Chiesa intende la vita cristiana e la propone”.
Infine l’appello per uno sviluppo unitario, che metta in circolo in modo virtuoso la solidarietà e la sussidiarietà: “Da parte sua la Chiesa in Italia, fedele al Vangelo e nel solco del percorso compiuto finora, continuerà a contribuire all’unità, accompagnando le comunità e non lasciandosi spaventare dalle contingenze del tempo presente. In questo senso, il Cammino sinodale si presenta come una grande occasione anche per ravvivare l’entusiasmo nella Chiesa e la fiducia in essa”.
Ed ecco la novità di un’iniziativa di microcredito per alleviare le povertà in vista del Giubileo: “E’ da leggere in questa prospettiva il mandato affidato alla Caritas Italiana di studiare un progetto di microcredito sociale da realizzare in occasione del Giubileo. L’iniziativa dovrebbe prevedere l’istituzione di un fondo che permetterà di sostenere quanti hanno difficoltà ad accedere al credito ordinario. Il progetto, che ha come elemento innovativo l’accompagnamento della persona, non dovrebbe esaurirsi tuttavia nell’intervento economico a favore dei singoli, ma coinvolgere e impegnare le Chiese locali nella loro pluralità di soggetti, con l’ulteriore obiettivo di far crescere la rete delle Caritas locali e delle Fondazioni antiusura diocesane”.
Inoltre i vescovi hanno concordato sulla necessità di incrementare le cure palliative, regolamentate da un’ottima legge che però non trova ancora la sua piena attuazione, tanto che vi accede meno della metà degli ammalati: “Nonostante esse assicurino dignità, supportino il paziente e i familiari nella malattia, la loro applicazione resta in larga parte disattesa. Dinanzi ad una certa deriva eutanasica e alla fuga in avanti di alcune Regioni desiderose di colmare un vuoto legislativo in tema di fine vita, è fondamentale ribadire che la vita è sacra, sempre e in qualunque condizione, e che su di essa non si può giocare a ribasso”.
Infine, rispondendo ai giornalisti, mons. Giuseppe Baturi, segretario generale della Cei e arcivescovo di Cagliari, è intervenuto sulla vicenda della scuola ‘Iqbal Masih’ di Pioltello, nel rispetto della libertà religiosa: “Il rispetto del fatto religioso e dell’identità delle comunità religiose, da parte dello Stato è un fatto positivo e appartiene alla laicità tipica dello Stato italiano… La laicità all’italiana non sopprime le identità religiose, ma le promuove in un contesto di rispetto vicendevole. Questo, però, deve avvenire dentro un contesto istituzionale di rispetto di norme e di procedure. Non so se nel caso specifico si sia rispettato tutto il percorso amministrativo, ma in generale vale il rispetto per ogni forma di libertà religiosa”.
A tal proposito l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, non entrando nelle irregolarità riscontrate dall’USR preposta, ha affermato che si tratta di un legittimo provvedimento della scuola: “Una delle cose più importanti della vita è la religione. Non so come è il regolamento delle scuole, si sospende anche a Carnevale”, confermando la posizione del responsabile dell’Ufficio diocesano Ecumenismo e dialogo, Roberto Pagani, che si era già espresso nei giorni precedenti:
“Con un numero così significativo di ragazzi che aderiscono alle proprie celebrazioni non è irragionevole usare tali momenti per costruire dei legami, invece che contrapporre mondi e visioni. E’ sempre meglio fare i conti con la realtà, soprattutto considerando che parliamo di educazione e di una scuola, riconoscendo la composizione della nostra società e la presenza dell’altro, mantenendone la diversità con rispetto e non avendone paura. E’ un lavoro prospettico nel quale si può immaginare un futuro di convivenza pacifica e civile, e non solo di tolleranza reciproca”.
Card. Zuppi: Chiesa segno di pace
Aprendo ieri il Consiglio permanente della Cei, il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha posto al centro del discorso la pace e la fraternità, parole fondamentali per papa Francesco: “I conflitti di cui l’umanità si sta rendendo protagonista in questo primo quarto del XXI secolo ci mostrano la fatica di essere fratelli, abitanti della casa comune. Vediamo anche le conseguenze di ‘non scelte’, di rimandi colpevoli, di occasioni perdute”.
Infatti la guerra mette in difficoltà la fraternità: “E’ la fraternità stessa a essere messa in dubbio, la possibilità di convivere senza dover competere o addirittura eliminare l’altro per poter vivere. E se è messa in discussione la fraternità, lo è sempre anche l’individuo! Possiamo ancora accettare che solo la guerra sia la soluzione dei conflitti? Ripudiarla non significa arrestarne la progressione o dobbiamo aspettare l’irreparabile per capire e scegliere?”
Il card. Zuppi ha insistito sul bisogno di essere ‘artigiani di pace’: “L’impegno personale e di tutte le nostre comunità resta quello di essere ‘artigiani di pace’, tessitori di unione in ogni contesto, pacifici nelle parole e nei comportamenti, ammoniti anche a dire ‘pazzo’ al prossimo, per imparare ad amare il nemico e renderlo di nuovo quello che è: fratello.
Ascoltiamo la voce di quanti soffrono, delle vittime, di quanti hanno visto violati i diritti elementari e rischiano che le loro grida si perdano nell’indifferenza o nell’abitudine. In modo concreto e possibile a tutti vorremmo che questa scelta di essere operatori di pace sia anzitutto nella preghiera incessante e commossa, ma che diventi anche solidarietà”.
Ed ha ricordato alcune azioni che gli ‘artigiani di pace’ possono compiere: “Ad esempio, con l’Ucraina, mediante la diffusa accoglienza per le vacanze estive ai bambini orfani o vittime (lo sono tutti) di quella catastrofe che è la guerra. In questa stessa prospettiva vivremo durante la prossima Assemblea Generale una giornata di preghiera, digiuno e solidarietà.
Invitiamo le nostre comunità ad accompagnare già dalle prossime settimane questo nuovo momento di unione e vicinanza verso quanti stanno soffrendo per i conflitti in corso. Allo stesso tempo, rinnoviamo l’appello alla partecipazione alla ‘Colletta per la Terra Santa’ che si raccoglie il Venerdì Santo”.
Ha sottolineato che le parole di pace pronunciate in questi mesi non sono ingenue, come non sono state ingenue quelle dei papi precedenti sulla pace: “In realtà sono le sole ragioni che possono portare alla composizione dei conflitti, a risolverne le cause, facendo trionfare il diritto e il senso di responsabilità sovranazionale. La storia esige di trovare un quadro nuovo, un paradigma differente, coinvolgendo la comunità internazionale per trovare insieme alle parti in causa una pace giusta e sicura”.
Ed ha offerto la storia biblica di Giuseppe ed i suoi fratelli: “Le vicende che seguono dipendono da questa premessa: tutti i protagonisti, oltre e prima che fratelli tra di loro, sono figli di un unico patriarca. Dimenticare questa verità rischia di compromettere le relazioni tra pari. Cosa può voler dire questo oggi? In primo luogo, significa ricordare a noi stessi quella dimensione antropologica che ci accomuna come esseri umani. Fratelli tutti lo siamo già.
Dobbiamo esserne consapevoli e imparare ad esserlo! In epoca di diffuso e smemorato individualismo non è poco! Siamo tutti bisognosi di essere riconosciuti nella nostra singolarità, unica e irripetibile. Ma perché questo avvenga c’è bisogno del noi, della comunità, di luoghi di relazione vera tra le persone, di quell’alleanza che diventa amicizia. Tutte le nostre realtà si devono misurare proprio con questo e devono diventare luoghi concreti di fraternità, esperienza di paternità e fratellanza”.
Quindi il card. Zuppi ha tratteggiato una Chiesa non paurosa del dialogo: “Il dibattito non ci fa paura. Anzi, abbiamo più volte invitato, anche nel Cammino sinodale, a interrogarsi in maniera larga e consapevole sulla missione della Chiesa oggi in Italia, di fronte al futuro complesso e incerto del nostro mondo. E a farlo nel dialogo, tra tanti cristiani, in maniera popolare come è avvenuto e non nelle polemiche digitali, sterili, polarizzate, di convenienza.
Non si può gestire il presente con una cultura del declino, quasi si trattasse solo di mettere insieme forze diminuite, di ridurre spazi e impegno o di agoniche chiamate al combattimento. Riandare nostalgicamente al passato non è fare storia, perché questa ha una robusta connessione con il senso del futuro. Guardare al passato è una tentazione facile con l’avanzare dell’età, forse facile in un Paese anziano come l’Italia o in una Chiesa dove non poche persone sono avanti negli anni”.
E’ una visione della vita, aperta al mondo giovanile: “Nella stessa misura ci interpellano i segnali che giungono, in modo inedito, dal mondo giovanile. Non dimentichiamo che ha sofferto più di altre generazioni le conseguenze psicologiche e sociali della pandemia e mostra ora diversi sintomi di un disagio esistenziale segnato da un futuro avvolto nell’incertezza e da un presente avaro di punti di riferimento.
La Chiesa in Italia avverte questa fatica dei ragazzi e dei giovani e desidera farsi carico della loro attesa di sentirsi ascoltati e capiti nelle istanze, nei sogni e nelle sofferenze che esprimono in forme non sempre lineari ma che vanno accolte come segnali per ritrovare il filo di un dialogo. La loro è una presenza in continuo cambiamento che esprime domande profonde e una ricerca di autenticità e di spiritualità cui occorre offrire una risposta credibile, non vittimista ma vicina, non precaria ma stabile, sapendo andare oltre incomprensioni, pregiudizi e schemi interpretativi non più attuali”.
E non si dimentica degli anziani: “L’Italia è tra i Paesi più longevi al mondo e questo ha diverse conseguenze: l’avanzare dell’età è spesso inversamente proporzionale alla capacità di svolgere le attività quotidiane in autonomia, tanto da rendersi necessario un supporto esterno. Per gli anziani e le loro famiglie questo significa iniziare un iter faticoso e complesso per capire a quali servizi si può accedere e a chi ci si debba rivolgere per ricevere risposte a tanti interrogativi.
La pandemia ha portato alla luce la situazione di scarsa assistenza e di solitudine in cui vivono milioni di anziani. Serve un nuovo welfare, che sostenga questa grande fascia della popolazione, soprattutto quella non autosufficiente”.
Infine ha affrontato il tema del ‘fine vita’: “Ogni sofferente, che sia in condizioni di cronicità o al termine della sua esistenza terrena, deve sempre essere accompagnato da cure, farmacologiche e di prossimità umana, che possano alleviare il suo dolore fisico e interiore.
Le cure palliative, disciplinate da una buona legge ma ancora disattesa, devono essere incrementate e rese nella disponibilità di tutti senza alcuna discrezionalità di approccio su base regionale, perché rappresentano un modo concreto per assicurare dignità fino alla fine oltre che un’espressione alta di amore per il prossimo. La piena applicazione della legge sulle disposizioni anticipate di trattamento, inoltre, è ulteriore garanzia di dignità e di alleanza per proteggere la persona nella sua sofferenza e fragilità”.
(Foto: Cei)
Papa Francesco: la diversità è una ricchezza per la pace
Pur se ancora afono, papa Francesco ha ricevuto in udienza i partecipanti all’incontro promosso dalle Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali sul tema ‘Indigenous Peoples Knowledge and the Sciences. Combining knowledge and science on vulnerabilities and solutions for resilience’ con particolare attenzione alle popolazioni indigene dell’America Latina, lanciando la proposta del dialogo con le conoscenze dei popoli indigeni come una via per una risoluzione non violenta dei conflitti, ma anche come contrasto alle nuove forme di schiavitù e alla povertà:
“Ricordo che anche l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (la FAO), tre anni fa, ha organizzato giornate di studio sui sistemi alimentari indigeni. Ne è nata una Piattaforma che riunisce scienziati indigeni e non indigeni, studiosi ed esperti, per stabilire un dialogo volto a garantire la salvaguardia dei sistemi alimentari delle popolazioni originarie.
Anche in continuità con quell’esperienza, accolgo con apprezzamento la vostra iniziativa che porta avanti tale ricerca. Direi anzitutto che questa è un’opportunità per crescere nell’ascolto reciproco: ascoltare le popolazioni indigene, per imparare dalla loro sapienza e dal loro stile di vita, e nello stesso tempo ascoltare gli scienziati, per imparare dai loro studi”.
E’ un’occasione per riconoscere che le ‘diversità’ sono una ricchezza: “Inoltre, questo seminario di studio lancia un messaggio ai governi e alle organizzazioni internazionali, perché riconoscano e rispettino la ricchezza della diversità all’interno della grande famiglia umana. Nel tessuto dell’umanità ci sono culture, tradizioni, spiritualità, lingue differenti che hanno bisogno di essere protette, perché la loro perdita costituirebbe per tutti noi un impoverimento della conoscenza, dell’identità, della memoria.
Per questo è necessario che i progetti di ricerca scientifica, e dunque gli investimenti, siano orientati sempre più decisamente alla promozione della fratellanza umana, della giustizia e della pace, così che le risorse possano essere destinate in modo coordinato a rispondere alle sfide urgenti che interessano la casa comune e la famiglia dei popoli”.
Però occorre una visione ‘alternativa’: “Ci rendiamo conto che, per realizzare tale obiettivo, si richiede una conversione, una visione alternativa a quella che oggi spinge il mondo sulla via di una crescente conflittualità. Incontri come il vostro vanno in questa direzione: infatti, il dialogo aperto tra i saperi originari e le scienze, tra le comunità di saggezza nativa e quelle scientifiche può contribuire ad affrontare in modo nuovo, più integrale e anche più efficace questioni cruciali come, ad esempio, quelle dell’acqua, del cambiamento climatico, della fame, della biodiversità. Questioni che, come ben sappiamo, sono tutte tra loro connesse”.
Questa visione di fraternità, proposta dal papa, è un antidoto alla guerra: “Grazie a Dio non mancano segnali positivi in tal senso, come l’inclusione da parte delle Nazioni Unite dei saperi indigeni quale componente centrale del Decennio Internazionale delle Scienze per lo Sviluppo Sostenibile. Un segno da promuovere e da sostenere, unendo insieme le forze.
Per questo, nel dialogo tra saperi indigeni e scienza, dobbiamo avere ben chiaro e tenere sempre presente che tutto questo patrimonio di conoscenze va utilizzato per imparare a superare i conflitti in modo non violento e a contrastare la povertà e le nuove forme di schiavitù. Dio, Creatore e Padre di tutti gli esseri umani e di tutto ciò che esiste, ci chiama oggi a vivere e a testimoniare la nostra vocazione alla fraternità universale, alla libertà, alla giustizia, al dialogo, all’incontro reciproco, all’amore e alla pace, evitando di alimentare l’odio, i rancori, le divisioni, la violenza e la guerra”.
In questo senso papa Francesco ha ribadito che l’umanità è custode e non padrona del creato, attraverso una conversione ecologica: “Dio ci ha fatto custodi e non padroni del pianeta: siamo chiamati tutti a una conversione ecologica, impegnati a salvare la nostra casa comune e a vivere una solidarietà intergenerazionale per salvaguardare la vita delle generazioni future, invece che dissipare le risorse e aumentare le disuguaglianze, lo sfruttamento e la distruzione… La Chiesa è con voi, alleata dei popoli indigeni e del loro sapere, e alleata della scienza per far crescere nel mondo la fraternità e l’amicizia sociale”.
Mentre ieri i vescovi italiani hanno ringraziato papa Francesco per gli 11 anni di pontificato: “Riforma è la conversione missionaria cui siamo tutti chiamati. Chiesa è la comunità dei discepoli missionari che vivono il Vangelo. Beatissimo Padre, ogni anniversario è occasione preziosa per testimoniare l’affetto verso le persone care, ma anche il momento in cui esprimere la propria gratitudine per i doni ricevuti nel tempo. Nel fare memoria di quel 13 marzo 2013 rinnoviamo dunque l’impegno ad annunciare il Vangelo in questa nostra storia. Siamo convinti che questo sia il regalo più bello che possiamo donarLe: ‘Evangelii gaudium’, la gioia del Vangelo”.
(Foto: Santa Sede)
L’Islam e la fraternità umana
La riflessione teologica deve riscoprire il valore costitutivo della condivisione di vita e della preghiera tra credenti, come luogo teologico decisivo per una teologia non solo interreligiosa ma dialogale, ripensata cioè tenendo conto dell’altro, pur nella fedeltà e rispetto della propria identità. È quanto riportano i proff. Sottana e Osto dal congresso ‘Islam and human fraternity’ (Abu Dhabi, 4-7 febbraio 2024).
Papa Francesco: quaresima per vivere la fraternità
Anche quest’anno, papa Francesco ha inviato un videomessaggio per la Campagna di Fraternità promossa dalla Conferenza Episcopale del Brasile sul tema ‘Fraternità e amicizia sociale’, mentre il motto è tratto dal Vangelo di Marco, ‘Siete tutti fratelli e sorelle’ nel ricordo del 60^ anniversario della campagna in un itinerario di conversione:
“Mentre iniziamo, con digiuno, penitenza e preghiera il cammino quaresimale, mi unisco ai miei fratelli della Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile in un inno di rendimento di grazie all’Altissimo per i 60 anni della Campagna di Fraternità, un itinerario di conversione che unisce fede e vita, spiritualità e impegno fraterno, amore a Dio e amore al prossimo, specialmente a chi è più fragile e bisognoso di attenzione. Questo percorso è proposto ogni anno alla Chiesa in Brasile e a tutte le persone di buona volontà di questa amata nazione”.
Il messaggio papale è un invito a vivere la fraternità: “Come fratelli e sorelle, siamo invitati a costruire una vera fraternità universale che favorisca la nostra vita in società e la nostra sopravvivenza sulla Terra, nostra Casa Comune, senza mai perdere di vista il Cielo dove il Padre ci accoglierà tutti come suoi figli e figlie”.
Di fronte a guerre e violenze il papa ha chiesto di allargare la fraternità: “Purtroppo nel mondo vediamo ancora molte ombre, segnali della chiusura in se stessi. Perciò, ricordo il bisogno di allargare la nostra cerchia per arrivare a quelli che spontaneamente non sentiamo parte del nostro mondo di interessi, di estendere il nostro amore ad ‘ogni essere vivente’, vincendo frontiere e superando ‘le barriere della geografia e dello spazio’.
Auspico che la Chiesa in Brasile ottenga buoni frutti in questo cammino quaresimale e formulo voti affinché la Campagna di Fraternità, ancora una volta, aiuti le persone e le comunità di questa amata nazione nel loro processo di conversione al Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo, superando ogni divisione, indifferenza, odio e violenza”.
Mentre nel messaggio al Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo papa Francesco ha ringraziato i partecipanti al consesso: “Desidero ringraziarvi per l’impegno, il tempo e le energie che dedicate alla lotta per un mondo migliore, in cui nessuno veda lesa la propria dignità e dove la fratellanza diventi una realtà, fonte di gioia e di speranza per tutti”.
Nel messaggio il papa ha sottolineato la dicotomia esistente nel mondo: “Oggi il nostro mondo si trova ad affrontare una dicotomia straziante. Da un lato milioni di persone soffrono la fame, dall’altro si riscontra una grande insensibilità nello spreco alimentare. Il cibo che viene sprecato ogni anno genera enormi quantità di gas serra, mentre basterebbe un corretto razionamento per sfamare tutti coloro che hanno fame”.
Sono tempi incerti verso un pericolo: ”Questi sono tempi precari. Stiamo spingendo il mondo verso limiti pericolosi: il clima sta cambiando, le risorse vengono saccheggiate; I conflitti e la crisi economica mettono a rischio la sopravvivenza di milioni di persone.
Di fronte alla crisi, le comunità rurali sono le prime a essere colpite, poiché non hanno le risorse per far fronte alla situazione causata dai cambiamenti climatici e dalle ostilità, e sono escluse dall’accesso ai finanziamenti. Anche i popoli indigeni sono vittime di disagi, privazioni e abusi. Sebbene la loro conoscenza sulla gestione delle risorse naturali e la loro connessione con l’ambiente possa aiutare a conservare la biodiversità”.
E non ha dimenticato le donne e le famiglie: “Un altro gruppo trascurato sono le donne, che rappresentano i pilastri di oltre la metà delle famiglie che soffrono di insicurezza alimentare nelle zone rurali, dove molti giovani mancano di formazione, risorse e opportunità. I giovani sono il futuro delle nostre comunità rurali e in essi risiede un importante potenziale di innovazione e cambiamento positivo”.
Di fronte a tali drammi il papa ha invitato a ‘costruire’ una nuova agricoltura: “Signor Presidente, questa realtà ci spinge ad affrontare i problemi esistenti, in particolare la fame e la miseria, non accontentandoci di strategie astratte o impegni irraggiungibili, ma coltivando la speranza che scaturisce dall’azione collettiva. Collaboriamo alla costruzione di un sistema agricolo e alimentare più inclusivo.
I programmi di ricerca e tecnologia che promuovere un’agricoltura sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Allo stesso modo, è essenziale eliminare gli sprechi alimentari e sostenere un’equa distribuzione delle risorse. Investire semplicemente nel trasporto e nello stoccaggio può ridurre le perdite dei piccoli agricoltori, che producono un terzo del cibo consumato quotidianamente”.
Ed infine un invito per uno sviluppo integrale: “Invoco l’aiuto divino su tutti voi, affinché la saggezza, l’empatia e uno spirito di leale cooperazione e servizio guidino le vostre decisioni e le cause dell’esclusione, della povertà e della cattiva gestione delle risorse, nonché gli effetti delle crisi climatiche. Possano le loro proposte e azioni riflettere i valori universali di giustizia, solidarietà e compassione, essere orientate al bene comune e lavorare per la pace e l’amicizia sociale, generando cambiamenti a favore dello sviluppo integrale dell’umanità”.
Papa Francesco: la pace ha necessità di educazione
Nel quinto anniversario del Documento sulla Fratellanza Umana, e Giornata Internazionale proclamata dall’Onu, papa Francesco, in un messaggio durante un evento nella Casa della Famiglia Abramitica di Abu Dhabi, ha sottolineato che nel mondo l’assenza di solidarietà fraterna provoca distruzione dell’ambiente e degrado sociale, congratulandosi per il tema scelto:
Papa Francesco agli atleti vaticani: lo sport favorisca la pace
Nell’anno delle Olimpiadi papa Francesco ha incontrato gli atleti di Athletica Vaticana, accompagnati dalle famiglie, sottolineando l’importanza dello sport come espressione culturale: “Esprimo la mia gioia per la presenza di Athletica Vaticana sulle strade, nelle piste e nei campi da gioco, e per la vostra testimonianza cristiana nel grande mondo dello sport, che oggi rappresenta la più diffusa espressione culturale, a patto che si mantenga sempre quella amatorialità che custodisce lo sport. Il mio saluto riconoscente va anche alle Autorità sportive internazionali e italiane che, con la loro presenza, testimoniano la vivacità del dialogo e della collaborazione con la Santa Sede”.
Papa Francesco: l’intelligenza artificiale sia a servizio della pace
“La Sacra Scrittura attesta che Dio ha donato agli uomini il suo Spirito affinché abbiano ‘saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro’. L’intelligenza è espressione della dignità donataci dal Creatore, che ci ha fatti a sua immagine e somiglianza e ci ha messo in grado di rispondere al suo amore attraverso la libertà e la conoscenza. La scienza e la tecnologia manifestano in modo particolare tale qualità fondamentalmente relazionale dell’intelligenza umana: sono prodotti straordinari del suo potenziale creativo”.
La giornata di papa Francesco: pace e fraternità al centro degli incontri
A poco a poco papa Francesco sta riprendendo le ‘forze’ ed ogni giorno incontra associazioni con una programmazione attenta ma continua: oggi ha incontrato sei nuovi ambasciatori non residenti, provenienti dal Kuwait, Nuova Zelanda, Malawi, Guinea, Svezia e Ciad presso la Santa Sede, in occasione della presentazione delle Lettere Credenziali, ricordando loro che la missione di ambasciatori comincia in un periodo non facile:
Nei messaggi di papa Francesco un cammino per l’umanità
Anche se papa Francesco non è potuto andare a Dubai per motivi di salute, in questi giorni ha ricevuto delegazioni od inviato messaggi, come quello al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, in occasione della festa di sant’Andrea, celebratasi ieri, nel quale ha ricordato l’incontro a Gerusalemme, tra papa Paolo VI e il patriarca ecumenico Atenagora nel gennaio 1964: