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Santa Teresa di Lisieux, perché la fiducia conduce all’Amore?

“E’ la fiducia e null’altro che la fiducia che deve condurci all’Amore! Queste parole così incisive di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo dicono tutto, sintetizzano il genio della sua spiritualità e sarebbero sufficienti per giustificare il fatto che sia stata dichiarata Dottore della Chiesa. Soltanto la fiducia, ‘null’altro’, non c’è un’altra via da percorrere per essere condotti all’Amore che tutto dona. Con la fiducia, la sorgente della grazia trabocca nella nostra vita, il Vangelo si fa carne in noi e ci trasforma in canali di misericordia per i fratelli”.

Partendo dall’incipit dell’esortazione apostolica ‘C’est la confiance’ in occasione del 150^ anniversario della nascita di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto santo, a suor Maria Chiara ed alle sorelle delle Carmelitane Scalze di Tolentino abbiamo chiesto di raccontarci per quale motivo la fiducia conduce all’Amore:

“Troviamo risposta a questa domanda osservando le dinamiche tra genitori e figli piccoli. Pensiamo a quando un bimbo sale sulle ginocchia del papà e si lascia abbracciare. Il piccolo si fida: non pensa che il papà possa lasciarlo cadere o fargli del male. Perciò gode di essere coccolato ed è libero di giocare con il papà, o di addormentarsi.

La grande intuizione di Teresa è stata che questo abbandonarsi fiducioso vale, a maggior ragione, nel rapporto tra noi e Dio: ‘E’ la fiducia che ci sostiene ogni giorno’, dice il papa nell’esortazione apostolica, e la fiducia ci porta ad abbandonarci senza riserve all’Amore di Dio: ‘Se siamo nelle mani di un Padre che ci ama senza limiti, questo sarà vero qualunque circostanza accada, potremo andare avanti qualunque cosa succeda’ (sono ancora parole del papa).

‘Si chiude il cerchio’, prosegue l’Esortazione, ‘C’est la confiance: è la fiducia che ci conduce all’Amore e così ci libera dal timore, è la fiducia che ci aiuta a togliere lo sguardo da noi stessi, è la fiducia che permette di porre nelle mani di Dio ciò che soltanto Lui può fare. Questo ci lascia un immenso torrente d’amore e di energie disponibili per cercare il bene dei fratelli’.

E’ un’esperienza che constatiamo anche nelle relazioni fra di noi: in un clima di reciproca fiducia, il cuore si dilata, i rapporti si approfondiscono in libertà e confidenza, lavoriamo e collaboriamo meglio, ci sentiamo sereni e interiormente forti, perché non siamo soli, sappiamo di poter contare sull’aiuto di chi ci vuole bene. Se noi ci radichiamo nella certezza che Dio ci ama, anzi che Dio può solo amarci, ci apriamo ad orizzonti inattesi di pace e di gioia.

Questo è il tesoro spirituale che Teresa ci trasmette e in questo consiste la cosiddetta ‘via dell’infanzia spirituale’, che forse, più correttamente, andrebbe chiamata ‘via dell’infanzia evangelica’. Nel confronto costante con il Vangelo, emergono dal cuore i sentimenti del Figlio, Gesù, che pienamente si è abbandonato alle mani del Padre e ha reso la sua vita un’offerta d’amore”.

Perché ella aveva un’anima missionaria?

“La giovanissima Teresa Martin si era appassionata per la ‘missio ad gentes’ e sapeva che i suoi genitori avrebbero desiderato un figlio sacerdote e missionario. Intuendo che ogni gesto di amore e ogni preghiera si diffondono come un profumo sino ai confini del mondo, già da ragazzina compie tutto quello che le è possibile per esercitare la carità, lavorando su di sé per diventare amabile e servizievole, e pregando per il bene degli altri, per la salvezza di tutti.

Entrata al Carmelo a 15 anni, ma con la maturità di una donna adulta nella fede, trova piena corrispondenza e dona luce nuova alla passione apostolica e missionaria della sua (e nostra) fondatrice, santa Teresa d’Avila. La giovane monaca di Lisieux scrive in una lettera: ‘Una carmelitana che non fosse apostola si discosterebbe dalla finalità della sua vocazione e cesserebbe di essere figlia della serafica Santa Teresa, che desiderava offrire mille vite per salvare una sola anima’.

Teresa vive in pienezza la sua vocazione contemplativa, ma sempre con uno slancio apostolico: la sua preghiera non è mai ricerca intimistica e alienante del proprio benessere. E’ incessantemente protesa nel servizio alle consorelle. Vive una solidarietà spirituale senza confini nell’offerta di ogni fatica e sofferenza, e in particolare prendendosi cura del cammino vocazionale e spirituale di due seminaristi missionari. Come scrisse Balthasar: ‘Teresa viene a trovarsi nella legge unica e unificante dell’amore, dalla quale provengono sia la passività ricettiva che la fecondità, sia Maria che Marta. Questo trascendente punto di unità è la più grande intuizione concessa a Teresa’.

Ella ha ricevuto una singolare luce sul versetto del Cantico dei Cantici: ‘attirami (attira me), noi correremo’ e su questo ha fondato la certezza che, nella sua tensione spirituale verso l’Amore misericordioso del Padre, avrebbe portato con sé tutti i fratelli e le sorelle nel mondo”.

Per quale motivo papa Francesco ha definito santa Teresa ‘Dottore della sintesi’?

“Questo titolo inedito, che Papa Francesco ha coniato per la più giovane e la storicamente vicina a noi tra i Dottori della Chiesa, inquadra bene la fisionomia caratteristica di Teresa di Lisieux. In soli 24 anni e senza alcuno strumento di cultura ‘accademica’, Teresa ha posto lo sguardo su ciò che essenziale nella vita spirituale e anche nella vita della Chiesa: l’Amore, l’Amore come quello di Gesù, spinto sino alle estreme conseguenze di un’offerta libera e gratuita per la salvezza di tutti”.

Ed infine raccontano il motivo per cui santa Teresa ‘appassiona’: “La ‘piccola’ Teresa, giovane donna appassionata, ha conquistato innumerevoli cuori, di credenti e anche di non credenti, di cristiani e di appartenenti ad altre religioni (come dimostra il santuario a lei dedicato a Il Cairo, frequentato ugualmente da cristiani e musulmani). La pioggia di rose delle grazie ottenute per sua intercessione non si è mai fermata, e il tempo non ha indebolito il fascino del suo messaggio, che può essere ugualmente vissuto da uomini e donne, consacrati e laici”.

Teresa di Gesù Bambino nasce ad Alençon, in Normandia nel 1873 e la sua breve esistenza terrena, bruciata dall’amore, si conclude nel Carmelo di Lisieux il 30 settembre 1897. Beatificata il 29 aprile 1923 da papa Pio XI, è proclamata santa dallo stesso pontefice il 17 maggio 1925. Monaca di clausura dall’età di 15 anni, è patrona delle Missioni dal 1927 insieme a san Francesco Saverio. Il 19 ottobre 1997, nel centenario della sua morte, è proclamata da Giovanni Paolo II Dottore della Chiesa: degli attuali 37 Dottori, è la più giovane e storicamente la più vicina a noi.

Inoltre l’UNESCO ha accolto ufficialmente Teresa tra le personalità significative da valorizzare nel biennio 2022-2023 presentandola come ‘Donna di cultura, di educazione e di pace’ con un importante riconoscimento del ‘messaggio universale di Teresa di Lisieux per l’Amore e la riconciliazione al servizio della pace’: “Questa celebrazione contribuirà ad apportare una più grande visibilità e giustizia alle donne che hanno promosso, con le loro azioni, i valori della pace”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco sottolinea l’importanza dell’Atto di dolore

Oggi papa Francesco, ricevendo i partecipanti al 34^ Corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, ha citato sant’Alfonso Maria de’ Liguori, autore del testo dell’atto di dolore, sottolineando che usa un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo ricco: “Nonostante il linguaggio un po’ antico, che potrebbe anche essere frainteso in alcune sue espressioni, questa preghiera conserva tutta la sua validità, sia pastorale che teologica. Del resto ne è autore il grande sant’Alfonso Maria de’ Liguori, maestro della teologia morale, pastore vicino alla gente e uomo di grande equilibrio, lontano sia dal rigorismo sia dal lassismo”.

E si è soffermato su tre atteggiamenti espressi nell’Atto di dolore, di cui il primo è il pentimento: “Esso non è il frutto di un’autoanalisi né di un senso psichico di colpa, ma sgorga tutto dalla consapevolezza della nostra miseria di fronte all’amore infinito di Dio, alla sua misericordia senza limiti. E’ questa esperienza infatti a muovere il nostro animo a chiedergli perdono, fiduciosi nella sua paternità, come recita la preghiera.. In realtà, nella persona, il senso del peccato è proporzionale proprio alla percezione dell’infinito amore di Dio: più sentiamo la sua tenerezza, più desideriamo di essere in piena comunione con Lui e più ci si mostra evidente la bruttezza del male nella nostra vita.

Ed è proprio questa consapevolezza, descritta come ‘pentimento’ e ‘dolore’, che ci spinge a riflettere su noi stessi e sui nostri atti e a convertirci. Ricordiamoci che Dio non si stanca mai di perdonarci, e da parte nostra non stanchiamoci mai di chiedergli perdono!”

Il secondo aspetto riguarda la fiducia: “Nell’Atto di dolore Dio è descritto come ‘infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa’. E’ bello sentire, sulle labbra di un penitente, il riconoscimento dell’infinita bontà di Dio e del primato, nella propria vita, dell’amore per Lui.

Amare ‘sopra ogni cosa’, significa infatti mettere Dio al centro di tutto, come luce nel cammino e fondamento di ogni ordine di valori, affidandogli ogni cosa. Ed è un primato, questo, che anima ogni altro amore: per gli uomini e per il creato, perché chi ama Dio ama il fratello e cerca il suo bene, sempre, nella giustizia e nella pace”.

Il terzo aspetto consiste nel proposito: “Esso esprime la volontà del penitente di non ricadere più nel peccato commesso, e permette l’importante passaggio dall’attrizione alla contrizione, dal dolore imperfetto a quello perfetto. Noi manifestiamo questo atteggiamento dicendo: ‘Propongo, con il tuo santo aiuto, di non offenderti mai più’. Queste parole esprimono un proposito, non una promessa.

Infatti, nessuno di noi può promettere a Dio di non peccare più, e ciò che è richiesto per ricevere il perdono non è una garanzia di impeccabilità, ma un proposito attuale, fatto con retta intenzione nel momento della confessione”.

Ed infine la chiusura della preghiera: “Qui i termini ‘Signore’ e ‘misericordia’ appaiono come sinonimi, e questo è decisivo! Dio è misericordia, la misericordia è il suo nome, il suo volto. Ci fa bene ricordarlo, sempre: in ogni atto di misericordia, in ogni atto d’amore, traspare il volto di Dio”.

(Foto: Santa Sede)

Milano: mons. Delpini invita a rinnovare la vita nella Quaresima

“Avviandoci sul nostro cammino quaresimale, con questo antico e semplice Rito delle ceneri, vorremmo anche noi iscriverci tra gli amici di Dio che percorrono la vita rinnovandosi ogni giorno: coloro che sono pieni di fiducia, che attingono alla gioia, che fanno l’esame di coscienza quotidianamente, che sono allergici a giudicare gli altri secondo una qualche etichetta, quelli della speranza che fissano lo sguardo sulle cose invisibili”: con queste parole di mons. Mario Delpini domenica scorsa anche l’arcidiocesi di Milano ha iniziato il cammino quaresimale.

In effetti il rito ambrosiano non ha mai conosciuto il ‘mercoledì delle ceneri’ come inizio del tempo quaresimale, ma ha sempre fatto iniziare questo periodo liturgico dalla sesta domenica prima di Pasqua, o prima domenica di Quaresima, nella quale si legge la pagina di Vangelo che ci presenta il digiuno di Gesù nel deserto e le tre tentazioni da parte del demonio.

Nei Secondi Vespri solenni della prima domenica della Quaresima ambrosiana, da lui presieduti in Duomo e concelebrati dai Canonici del Capitolo metropolitano, l’Arcivescovo ha delineato il profilo delle donne e degli uomini che, nei 40 giorni del tempo penitenziale, possono rendere nuovi un mondo e una Chiesa che paiono irrimediabilmente invecchiati, come ha sottolineato la seconda lettera di san Paolo ai Corinti:

“E’ come se il mondo fosse invecchiato. Sembra di abitare in una di quelle case abbandonate al degrado. Il mondo invecchiato cade a pezzi e si aggirano bande di disperati, di vandali, di delinquenti che si accaniscono a rovinarlo, come quelli che si divertono a tagliare il ramo su cui sono appoggiati. Nel mondo invecchiato i discorsi sono deprimenti”.

Ma in questo invecchiamento, cui la Chiesa non è esente, si possono riconoscere persone capaci di rinnovamento: “Qualche volta si ha l’impressione che anche la Chiesa sia invecchiata, che sia circondata dal disinteresse, che abbia perso attrattiva per la gente del nostro tempo, che sia rattristata perché la sua parola è accolta con scetticismo e, talora, con disprezzo». Eppure, «in questo spettacolo desolante, si riconoscono uomini e donne che custodiscono il principio del rinnovarsi di giorno in giorno e che, perciò, non si scoraggiano”.

Da queste persone nasce la fiducia: “Uomini e donne che leggono le statistiche, decretanti l’inevitabile declino con il linguaggio perentorio e un po’ stupido dei numeri, che ascoltano i discorsi catastrofici, che raccolgono dalla cronaca racconti di fatti assurdi e tremendi, ma che sono pieni di fiducia, perché conoscono il principio del rinnovarsi ogni giorno”.

(Foto: Arcidiocesi di Milano)

Il presidente della Repubblica a Trento: il volontariato base della civiltà

Sabato 3 febbraio a Trento il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella, ha inaugurato le celebrazioni di ‘Trento capitale europea del volontariato’ con citazioni di Martin Luther King e don Lorenzo Milani, ma anche del giovane volontario trentino, Antonio Megalizzi, ucciso dal terrorismo integralista a Strasburgo nel 2018, alla presenza anche del sindaco di Leopoli:

Mons. Mario Delpini: ci vuole coraggio

“Riconosciamo che la fiducia è la virtù doverosa di coloro che interpretano la vita come una vocazione. E’ un dovere per noi tutti e in modo speciale per coloro che hanno responsabilità per il bene comune. La fiducia è un dono che chiede di essere reciprocamente offerto. Significa: volgere lo sguardo con benevolenza verso l’altro. Fidarsi, avvicinandosi all’altro, mettere nelle mani dell’altro la propria speranza. Esprimere gratitudine, credere alla promessa che l’altro è per te”. Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha concluso il ‘Discorso alla Città’, pronunciato nella Basilica di Sant’Ambrogio alla vigilia della festa del Santo patrono.

Da San Marco Argentano mons. Rega invita a passare all’altra riva

Si intitola ‘Cristiani dell’oltre – Una storia di cuori in ascolto’, la prima lettera pastorale del vescovo di San Marco Argentano-Scalea, Stefano Rega, a sei mesi dal suo ingresso, proponendo l’invito di Gesù di passare ‘all’altra riva’, inn cui ha raccontato gli incontri nella visita alle realtà diocesane:

XIX Domenica del Tempo Ordinario: Coraggio, non abbiate paura!

Dopo aver sfamato una folla di oltre 5000 persone con soli cinque pani, Gesù spinge gli Apostoli a salire in barca e ad avviarsi all’altra sponda, mentre Egli si ferma per congedare la folla. Da qui prenda avvio l’episodio del Vangelo: episodio assai eclatante e rivelatore della divinità di Cristo Gesù.

La pace è possibile, YouTopic Fest quattro giorni 2.000 persone a Rondine

Domenica scorsa si è conclusa la settima edizione di YouTopic Fest, il Festival internazionale del Conflitto di Rondine, che quest’anno ha fatto registrare in questi ‘quattro giorni disarmanti’ la presenza di circa 2.000 persone, tra giovani, studenti, famiglie che hanno preso parte ai 40 eventi culturali e artistici, workshop e panel, esplorando e percorrendo i passi possibili della via di riconciliazione, come ha chiosato Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine Cittadella della Pace:

YouTopic Fest: nella quattro giorni 2.000 persone alla Cittadella della Pace

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‘Dall’amore in poi’: nuovo singolo del Kantiere Kairòs feat. Reale

 Fuori su tutte le piattaforme digitali “Dall’amore in poi”, il nuovo singolo del Kantiere Kairòs, pop-rock band di musica cristiana, con la partecipazione dei Reale. Prodotto dalla band ed edito dalla casa discografica La Gloria, il brano è una rivisitazione in chiave rock dell’inno alla carità scritto dall’apostolo san Paolo e riportato al capitolo 13 della Prima lettera ai Corinzi.

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