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A Torino la Chiesa a fianco dei lavoratori
Venerdì 12 aprile Torino è scesa in piazza per la difesa del lavoro contro la paventata chiusura degli stabilimenti del gruppo Stellantis, che coinvolge tutto l’indotto della provincia: “Qui bisogna concentrarsi su quanto succede nell’area metropolitana di Torino. Prima di Delgrosso c’è stata la Proma, la Tne, Lear, prima ancora Embraco, ma ne potemmo citare molte altre. Tutte figlie della crisi del settore automotive, figlie della volontà della ex Fiat di disimpegnarsi da Torino, perché di una scelta si tratta”.
Anche il consiglio comunale ha affrontato il ‘futuro’ di Mirafiori ed il sindaco Stefano Lo Russo ha riportato i contenuti dell’incontro avvenuto la scorsa settimana scorsa al Mimit, preceduto da una riunione il giorno prima a Palazzo Civico con Regione Piemonte e parti sociali: “A Roma abbiamo portato congiuntamente le istanze del territorio e ci sono stati elementi positivi e criticità.
A Mirafiori verranno mantenuti, così come previsto dal piano Dare Forward 2030 di Stellantis, il Battery Technology Center (inaugurato nel 2022)., il Greeh Hub e il Centro di produzione dei cambi automatici per le auto ibride, che verrà inaugurato mercoledì e che prevede un investimento importante e sarà in grado di produrre 600 mila cambi all’anno e di impiegare 550 unità di personale proveniente da altre linee produttive entro il 2025.
E’ importante che venga mantenuta l’intera filiera nel nostro territorio, dall’ideazione alla costruzione dei veicoli e ciò è stato confermato. Sono emerse però le difficoltà di commercializzazione dei prodotti realizzati nel sito produttivo di Mirafiori, anche a causa dell’assenza degli incentivi statali annunciati a novembre, che dovrebbero arrivare entro fine aprile”.
Per questo ha proposto di riaprire il ‘tavolo’ delle trattative: “Chiediamo a Stellantis – ha ribadito – uno sforzo in più per portare a Mirafiori nuovi modelli per dare risposte alle istanze del territorio. Siamo disponibili a risederci a un Tavolo per capire quali leve possiamo attivare per inserire una nuova linea a Torino, in piena sintonia con il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.
Per uscire da una discussione che oscilla tra nostalgia e rancore e pensare all’oggi e al domani, facendo tesoro degli errori del passato. Dobbiamo guardare con onestà intellettuale al presente e immaginare soluzioni positive per il futuro, con uno spirito costruttivo e con lungimiranza”.
In tale situazione la Chiesa non è assente, come ha sottolineato il direttore della Pastorale Sociale e del Lavoro dell’arcidiocesi di Torino, Alessandro Svaluto Ferro, presente alla manifestazione in rappresentanza dell’Arcidiocesi di Torino: “La manifestazione contribuisce a riaccendere l’attenzione di tutta la città sul tema del lavoro in generale, partendo dalla vicenda Stellantis…
Viviamo una crisi che riguarda non solo i lavoratori e le lavoratrici di Stellantis, ma tutta la città e la grande partecipazione alla manifestazione di questa mattina rappresenta una presa di consapevolezza importante, perché ha mostrato il coinvolgimento di tutto il territorio, compresa naturalmente la Chiesa torinese”.
Infine ha auspicato la ripresa di un dialogo: “Dobbiamo partire da questa mattinata per ricostruire un dialogo fruttuoso con Stellantis, perché il rapporto con l’industria e il mondo dell’automotive in particolare è strategico per la nostra città. Non possiamo fare a meno di ragionare attorno al futuro di Mirafiori, al fatto che rimane uno stabilimento chiave produttivo per il settore automotive italiano ed europeo. Servono risposte certe, concrete. Non possiamo più attendere, siamo preoccupati, anche perché di attendismo si può anche morire”.
Mentre mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino, era già intervenuto nello scorso novembre, ricevendo le rappresentanze sindacali dei lavoratori della fabbrica Lear di Grugliasco, azienda fornitrice del gruppo automobilistico Stellantis: “Io come pastore della Chiesa torinese, ma anche come cittadino, sento il dovere di inviare ai responsabili delle aziende e alle istituzioni pubbliche un forte appello perché non si rassegnino alle difficoltà dei mercati e facciano tutto il possibile, tentino tutte le strade possibili, per conservare le produzioni e i posti di lavoro. La crisi industriale viene da lontano ed anche gli imprenditori ne sono vittime, ma davvero non possiamo rassegnarci. Stiamo parlando di vite umane”.
Ed aveva invitato alla chiarezza da parte della casa automobilistica: “A tutti i livelli delle istituzioni e della società civile Torino sente il bisogno di parole chiare sui progetti del gruppo automobilistico: credo che sia giusto chiederle. Cosa significa la campagna di prepensionamenti, la chiusura della sede di Grugliasco (Maserati), la cassa integrazione nelle linee di Mirafiori?
Poco inciderà, in termini di occupazione, l’apertura del nuovo hub per il riciclo delle vecchie auto. Per questo mi rivolgo con fiducia ai responsabili di Stellantis, perché partecipino alla vicenda di Torino offrendo innanzi tutto un chiarimento sui loro progetti: rilancio o ridimensionamento?”
Salvatore Martinez: la preghiera sostiene l’annuncio del Vangelo
“Il ‘Dio amore’ incarnato da Gesù di Nazareth, che ha segnato nei secoli la discontinuità storica con tutte le forme di dominio e di oppressione umane, deve essere riproposto con un linguaggio capace di ridare voce all’interiorità. Una cifra spirituale più marcata, che accentui la dimensione della fraternità. Niente più della misericordia attrae, converte e salva la vita. Se evangelizzare è voce del verbo amare, il nostro servizio all’uomo e alla sua dignità integrale e trascendente deve includere tante nuove sfide. Nelle nostre comunità ecclesiali urge dar corso a un nuovo ‘idealismo evangelico’ ispirato dalla Parola di Dio e praticare un nuovo ‘realismo pastorale’ suscitato dalla vita delle nostre famiglie. Occorre una nuova ‘crociata d’amore’, per dirla con don Luigi Sturzo”.
Da questa sua riflessione abbiamo incontrato il dott. Salvatore Martinez, presidente del Rinnovamento nello Spirito fino allo scorso anno, a Tolentino, nelle Marche, per chiedere di spiegare in quale modo si può predicare il Vangelo a tutte le creature:
“Come Gesù ci ha insegnato, dando fiducia allo Spirito Santo. Senza questa relazione personale con lo Spirito Santo l’evangelizzazione non avanza, addirittura non è possibile. San Paolo VI nell’esortazione apostolica ‘Evangelii Nuntiandi’ chiaramente ha detto che evangelizzare non è questione di metodologie o di capacità umane, ma è un rimando allo Spirito di Dio, che ci rende capaci di diffondere il Vangelo. A questo punto l’evangelizzazione sarà sempre nuova, perché è resa tale dallo Spirito Santo: nuova nell’ardore, diceva san Giovanni Paolo II.
Però, prima di tutto, è necessario obbedire alla voce di Gesù; è Lui che ci chiede di evangelizzare e di portare il Vangelo ad ogni creatura. Papa Benedetto XVI affermava che in un mondo che cambia il Vangelo non cambia e non cambia, perché è immutabile lo Spirito Santo di Dio. A noi è chiesto di cambiare per prendere atto dell’urgenza di una nuova evangelizzazione in questo tempo. Che non risparmi nessuno a partire proprio dai battezzati, che hanno bisogno di essere rievangelizzati”.
‘Il movimento carismatico per sua natura dà spazio e risalto alla preghiera, in particolare alla preghiera di lode, e questo è molto importante’. Con queste parole, a gennaio, al consiglio nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo papa Francesco ha chiesto di dare risalto alla preghiera: per quale motivo?
“Tutto deve avere inizio nella preghiera, perché niente può avere destino se non inizia nella preghiera. Questo è un metodo che ci è stato insegnato da Gesù, che si ritirava per pregare, insegnando agli apostoli quanto sia fondamentale pregare; soprattutto nel cenacolo la discesa dello Spirito Santo viene ‘provocata’ dalla preghiera intensa e senza alcun limite di tempo.
Senza la forza dello Spirito Santo nulla è nell’uomo; lo Spirito Santo fa pregare e diventa fonte di preghiera. La preghiera è ispirazione e sapienza; la preghiera è visione, che ci fa comprendere cosa possiamo fare, dandoci la forza. Papa Francesco ci disse che tutto poggia sull’adorazione ed in quest’udienza ha ribadito il binomio preghiera ed evangelizzazione come due binari, lungo i quali la storia può scorrere”.
Perché è importante pregare?
“Tutto ha inizio nella preghiera, con l’invocazione dello Spirito; e perché la preghiera tutto sostiene: è la fede interiorizzata e potenziata dai doni dello Spirito, che si ricevono pregando. Siamo in ‘recessione spirituale’ perché abbiamo trascurato di alimentare la vita nuova nello Spirito.
Quante conversioni, quanti miracoli ottiene la preghiera comunitaria. Io ritengo che l’avvenire della Chiesa, a partire dai Sinodi in corso, passi in modo decisivo dalla nostra capacità di tornare ad ascoltare la voce del Signore, pregando, a fare silenzio per poi esprimere la gioia di chi sta alla presenza di Dio”.
In quale modo la preghiera diventa azione?
“La vera preghiera è azione, così come la formazione non è solo qualcosa di concettuale o di dottrinale, ma deve tradursi in vita. Una preghiera che non aggancia la vita non è la preghiera di Gesù. Non a caso nella preghiera che Gesù ha insegnato, il Padre Nostro, vediamo azioni concrete che la preghiera deve mettere in atto. La preghiera, che nel Rinnovamento nello Spirito, è la preghiera di lode, che non solo ci fa riconoscere la presenza di Dio, ma ci permette di vedere in quanti modi Dio si mette al lavoro nella storia. La preghiera di lode è uno strumento potente per mettere in azione i carismi per far avanzare il Regno di Dio”.
Undici anni fa il card. Bergoglio fu eletto papa: quali sono gli elementi significativi del suo pontificato?
“Sono già trascorsi 11 anni e non sono pochi. I tratti distintivi del suo pontificato appaiono già agli esordi del suo papato. Il pontefice guarda alla storia del mondo con uno sguardo profondo, provocando una nuova considerazione verso le grandi povertà del nostro tempo. Il papa ha una parola del Vangelo, che ispira la sua condotta e che dice che è fondamentale, riguardante le opere di misericordia corporali, che Gesù annuncia nella sinagoga di Nazaret: guardare l’uomo: ciechi, poveri, oppressi, prigionieri.
C’è da guardare in faccia l’uomo e la sua esigenza di giustizia e di carità sociale. Questo pontificato sposta l’attenzione decisamente sulle grandi emergenze che la storia pone. Papa Francesco chiede una Chiesa incarnata, capace di vivere l’autenticità del Vangelo, dando corso a misericordia come paradigma dell’impegno del cristiano. Ci sono grandi sfide che stanno a cuore a papa Francesco, ma certamente la fraternità universale ed attenzione al creato rappresentano un volto compiuto di questo pontificato”.
Quindi un pontificato chiamato a grandi sfide: “Papa Francesco non ha perduto un giorno nel mettere in atto il suo generale programma di riforme strutturali e di rinnovamento ecclesiale. La sua passione, il suo coraggio, la sua visione profetica sono di grande stimolo per tutti. Il suo impegno per la risoluzione delle grandi sfide che animano la storia, in primis il tema della pace e delle diseguaglianze sociali che attentano alla dignità umana, va sostenuto e rilanciato come spazio propizio per una nuova testimonianza del Vangelo, che rigeneri la Dottrina sociale e l’umanesimo cristiano”.
(Tratto da Aci Stampa)
La Chiesa invita alla partecipazione democratica
Quest’anno in Italia è anno di votazioni, a cui saranno chiamati localmente molti italiani, non solo alla partecipazione al voto, ma anche come possibili candidati, tantoché in alcune diocesi i vescovi si sono espressi, con diverse sensibilità, sulla possibile candidatura dei cattolici nelle elezioni amministrative.
Durante l’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università di Sassari il presidente della Cei, card. Matteo Zuppi, ha inserito nel discorso per la costruzione della società come terzo pilastro, dopo la comunicazione, la pace e l’Europa, anche la politica, partendo dai capitoli che papa Francesco ha scritto nell’enciclica ‘Fratelli tutti’:
“Il mondo, afferma, ‘non può trovare una via efficace verso la fraternità universale e la pace sociale senza una buona politica’. Anzi, non può proprio funzionare senza di essa. Papa Francesco ritiene perciò che anche la Chiesa debba interessarsi alla politica: pur rispettandone l’autonomia”.
Ma la ‘buona politica’ è minacciata da neoliberismo e populismo: “E’ la visione delle élite economiche e finanziarie, spesso con collegamenti internazionali, i cui interessi sono distaccati dagli strati sociali più deboli o anche di quelli che semplicemente sono senza le risorse e le possibilità di tali élite. Quanto ai populisti, questi (spiega l’enciclica) deformano la parola “popolo”, poiché in realtà ciò di cui parlano non è un vero popolo, ma il ‘loro’ popolo, una parte contrapposta a tutti gli altri”.
Ed ha affermato che il papa ha indicato con precisione la strada della vita democratica: “Papa Francesco mi sembra indicare la strada della democrazia, anche se questa parola, come giustizia o libertà, è stata manipolata, deformata e svuotata di un contenuto chiaro per giustificare qualsiasi azione, persino di dominio sugli altri…
La democrazia è in crisi, per una crescente separazione tra élites e classi popolari, per un progressivo allontanamento delle istituzioni e la politica dalla comunità in cui dovrebbero essere radicate, per la crisi della politica e di visioni sovranazionali e multilaterali. Ne conseguono nuove tendenze autoritarie e illiberali, derive demagogiche, crescita delle disuguaglianze economiche e sociali, rarefazione della società civile e dei corpi intermedi, impoverimento del dibattito pubblico”.
Infatti la Chiesa ha sempre indicato la democrazia come strada ‘maestra’ per la società, citando il radiomessaggio natalizio di papa Pio XII: “E’ un motivo decisivo per preferire la democrazia e per contrastarne la crisi. E per farlo bisogna avere la stessa carica ideale, la stessa capacità unitiva, quello spirito costituente che permise alle convinzioni diverse non solo di non ignorarsi e di non contrapporsi imponendosi a colpi di maggioranza, ma di arrivare a produrre quell’unico straordinario inchiostro che stese la Costituzione italiana”.
Inoltre la vita democratica sarà il centro della prossima Settimana Sociale: “La democrazia sarà l’oggetto della prossima edizione delle Settimane Sociali della Chiesa, giunta alla cinquantesima edizione. Fino ad oggi qualunque altro sistema politico attribuisce il potere ad uno solo, ad un piccolo gruppo o a una parte soltanto (magari preponderante ma sempre parte) mentre la democrazia tende all’inclusione, anche delle minoranze, e alla sintesi degli interessi ed è più facilmente in sintonia con le ragioni della pace rispetto a quelle della guerra”.
Anche il vescovo della diocesi di Faenza-Modigliana, mons. Mario Toso, in un incontro a Cesena, ha parlato di un affievolimento dei valori cattolici nella società: “Non raramente, la Dottrina sociale della Chiesa (fonte di una spiritualità incarnata dell’impegno sociale e politico), oltre che ad essere considerata troppo astratta per affrontare i problemi concreti, è rimasta negli Statuti delle organizzazioni cattoliche o di ispirazione cristiana, come affermazione di principio, senza essere tradotta nella pratica!
Di fatto, la Dottrina sociale della Chiesa è ormai pressoché ignorata da molte associazioni, aggregazioni, movimenti cattolici o di ispirazione cristiana, specie da parte delle nuove generazioni. Per non parlare, poi, della vita parrocchiale: ci sono indagini che rilevano che la catechesi è impartita da persone, che, per l’80%, ignorano che cosa sia la Dottrina o Insegnamento sociale della Chiesa e, quindi, non sono in grado di veicolarla nella loro opera educativa”.
Questo disconoscimento della Dottrina Sociale della Chiesa implica uno scarso ‘giudizio critico’ nei confronti della realtà: “L’assenza della Dottrina sociale dall’orizzonte valoriale dei cattolici li priva di uno strumento essenziale per il discernimento, per la progettualità, per una spiritualità incarnata. Viene meno quell’insieme di principi di riflessione, di criteri e di orientamenti pratici, che sono indispensabili per la formazione di un giudizio critico sulla realtà e per l’azione costruttrice della società, conformemente alla dignità delle persone, dal punto di vista sia umano che cristiano”.
Quindi l’impegno politico per il cattolico si fonda sulla carità: “La politica e la democrazia si irrobustiscono quando siano potentemente animate dalla virtù teologale della carità. Una tale virtù non è un vago sentimento e neppure un amore semplicemente umano. La carità è virtù cardinale, virtù cristiana, che orienta ed unifica gli atti delle varie virtù nella costruzione della vita personale e della vita comunitaria. La carità, dunque, è un amore più che umano”.
La carità è un amore relazionale: “E’ infusa da Dio nelle persone per renderle capaci di amare come si ama nella Trinità, come ama Cristo. L’amore umano, fragile, a motivo del peccato originale, necessita di essere guarito, integrato dall’amore di Dio, donato e ricevuto.
L’amore-carità, amore dall’alto, amore trascendente, amore trinitario, ossia amore strutturalmente aperto all’altro tu, al noi delle tre Persone divine, relazioni sussistenti, rafforza il dinamismo di apertura e di comunione verso gli altri tu e gli altri noi, un dinamismo che è inscritto, sia pure in forma germinale, nell’amore umano”.
Quindi il politico dovrebbe prestare attenzione agli ‘ultimi’: “Il politico, mosso dalla carità, ha sempre un amore preferenziale per gli ultimi. È la carità che gli offre uno sguardo con cui coglie la dignità dell’altro, dei poveri, rispettandoli nel loro stile proprio e nella loro cultura. A partire da essa le vie che si aprono sono diverse da quelle di un pragmatismo senz’anima.
Impedisce di affrontare lo scandalo della povertà promovendo strategie di contenimento che unicamente tranquillizzano e trasformano i poveri in esseri addomesticati e inoffensivi. I politici sono chiamati a prendersi cura della fragilità dei popoli e delle persone con forza e tenerezza, opponendosi alla cultura dello scarto”.
Anche per il vescovo di Ascoli Piceno, mons. Gianpiero Palmieri, per il cristiano, che si impegna in politica, la Dottrina sociale della Chiesa è fondamentale: “In un passato non troppo lontano era frequente sentir dire che le affermazioni dell’insegnamento sociale della Chiesa sarebbero ingenue, sorpassate, inefficaci.
A distanza di qualche decennio, esse invece rivelano tutta la loro straordinaria attualità. Per anni si è dato credito all’idea che un mercato senza regole avrebbe arricchito tutti, che smantellare certi valori morali ci avrebbe reso più liberi e felici, che l’individualismo e il privilegio degli interessi di parte non avrebbero scalfito quell’abitudine alla solidarietà e alla coesione sociale così radicate in Italia”
Tale disimpegno ha una pesante ricaduta sui giovani: “Pensiamo alla ricaduta di tutto questo sui ragazzi: anche se all’apparenza non manca una certa effervescenza sociale e la voglia di stare insieme e divertirsi, si è diffuso in poco tempo un clima disilluso e rassegnato, un’incertezza riguardo al futuro che mina la voglia di fare sogni e progetti, una sensazione di vuoto nel cuore perché non ci sono significati profondi che possano orientare la vita. Anche l’entusiasmo politico è di pochi fortunati: il 50% dei giovani non va a votare, sull’esempio degli adulti allontanati e sempre più nauseati dal linguaggio e dai modi di una certa politica”.
Per questo il vescovo invita i cattolici ad un impegno politico: “C’è oggi bisogno di cristiani che sappiamo servire il bene comune non solo con rigore e competenza, ma soprattutto con tanta passione con tanto amore, sapendo che spesso si va controcorrente. Solo così non si fermeranno alle prime difficoltà opposte da chi, in fondo, gode e prospera quando vede spegnersi l’entusiasmo per il bene.
Ed è importante che la Chiesa non lasci mai soli e senza il sostegno di una profonda spiritualità coloro che ‘si buttano’ in politica: hanno bisogno non tanto di alleati, ma di amici fraterni con cui alimentare e condividere sogni e speranze”.
Nella lettera anche mons. Palmieri ha fatto riferimento alla prossima Settimana Sociale ed a san Paolo VI: “Non è un caso che la 50^ Settimana sociale dei cattolici in Italia, in programma a Trieste per il prossimo luglio, abbia come tema ‘Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro’…
Ormai da tempo nella Chiesa c’è consapevolezza che dall’unica fede non discende necessariamente l’impegno nello stesso partito politico, come scriveva già san Paolo VI nel 1971 (lettera ‘Octogesima Adveniens’… un testo profetico!). In fondo, mai come adesso, nessun partito rappresenta pienamente e traduce fedelmente in scelte concrete la visione cristiana della vita.
E’ proprio in questo ‘spazio’ che si genera l’opportunità per i cristiani di interrogarsi, confrontarsi, agire di comune accordo, tra di loro e con tutti, perché in sede politica si facciano le scelte a vantaggio del bene comune e della protezione dei soggetti più fragili. Il sistema democratico è proprio quello che permette a tutti di esprimere il proprio punto di vista e partecipare da protagonista alla vita del proprio Paese”.
Da Verona un invito a rendere attuale la Dottrina Sociale della Chiesa
Si è conclusa domenica scorsa presso il Palazzo della Gran Guardia a Verona, la XIII edizione del Festival della Dottrina Sociale, intitolato quest’anno ‘#Soci@almenteliberi’: la povertà e l’esclusione sociale sono stati i temi del panel finale, aperto da Giovanni Mantovani, presidente della Fondazione della Comunità Veronese, durante il quale Walter Nanni, responsabile dell’Ufficio Studi di Caritas Italiana, ha spiegato come “la povertà in Italia sia un fenomeno strutturale e non più residuale come in passato. Una povertà che oggi ha sempre più i tratti dell”ereditarietà. Tra i paesi europei il nostro è quello in cui la trasmissione inter-generazionale delle condizioni di vita sfavorevoli risulta più intensa”.
Papa Francesco invita a guardare la realtà alla luce del Vangelo
“Secondo i criteri di Gesù, invece, gli amici sono altri: sono coloro che lo hanno servito nelle persone più deboli. Questo perché il Figlio dell’uomo è un Re completamente diverso, che chiama i poveri ‘fratelli’, che si identifica con gli affamati, gli assetati, gli stranieri, gli ammalati, i carcerati, e dice: ‘Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me’.
La Giornata del Ringraziamento nello stile cooperativo
“La Festa del Ringraziamento ha radici molto antiche e vuole valorizzare l’importanza del mondo agricolo attraverso un momento di riflessione e preghiera comune. La Giornata nazionale è itinerante e quest’anno è toccato a Vercelli l’onore di ospitarla. La celebrazione in cattedrale di domenica saraà preceduta da un convegno che si terrà nel salone dell’Istituto Sacro Cuore di corso Italia”:
A Tolentino il Ser.Mi.T festeggia 30 anni
Quest’anno il Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) compie 30 anni di volontariato, nato da un’iniziativa di don Rino Ramaccioni e di Maria Antonietta Bartolozzi inizialmente per sostenere i missionari in alcuni Paesi, specialmente in Africa, in India ed in Brasile; negli anni il sostegno è portato anche in Italia e nella città per sostenere chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese: ora il Sermit è attivo, all’estero, con le adozioni a distanza, ed in città con i servizi erogati, quali pacchi alimentari od il ‘Centro di Ascolto’, grazie ad una cinquantina di volontari, di cui la metà attivi.
Papa Francesco al Partito Popolare Europeo: la fraternità per rianimare l’Europa
Papa Francesco: in economia prevalga il bene comune
Il card. Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano ha aperto in Vaticano due giorni di incontro della Fondazione ‘Centesimus Annus Pro Pontifice’, che celebra il trentennale: l’amicizia sociale e la cultura dell’incontro sono valori inclusivi, che sanno promuovere realmente uno sviluppo delle società e dei singoli nel segno della coesione, evitando la tentazione di rifugiarsi ‘nella sfera del privato’. Esistono due fattori che possono indirizzare verso una coesione e una integrazione maggiori, sui quali il papa insiste molto: l’ ‘amicizia sociale’ e la ‘cultura dell’incontro’.
Da Venezia il patriarca Moraglia ha invitato a riscoprire il battesimo
Bellezza, arte, cultura ed educazione: sono i doni portati dalla fede cristiana che l’annuncio del Vangelo fa germogliare: a Venezia in una basilica di san Marco gremita di fedeli e di autorità civili e militari il Patriarca Francesco Moraglia ha ricordato che il cristianesimo si ‘incarna’ grazie alla azione della Chiesa, comunità di persone che vivono una fede missionaria, capace di cambiare la storia: