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Papa Francesco: i bambini sono segni di Dio

Nell’omelia della messa celebrata nella spianata di Taçi Tolu a Dili alla presenza di 600.000 persone, papa Francesco ha invitato a guardare alla tenerezza e semplicità dei bambini, perché attraverso di loro Dio si fa vicino, in quanto ‘un bambino è nato per noi’, come ha profetizzato Isaia: “Queste sono le parole con cui il profeta Isaia si rivolge, nella prima Lettura, agli abitanti di Gerusalemme, in un momento prospero per la città, caratterizzato però, purtroppo, anche da una grande decadenza morale”.

In effetti, è stato il monito del papa, la ricchezza conduce all’illusione: “C’è tanta ricchezza, ma il benessere acceca i potenti, li illude di bastare a sé stessi, di non aver bisogno del Signore, e la loro presunzione li porta ad essere egoisti e ingiusti. Per questo, anche se ci sono tanti beni, i poveri sono abbandonati e soffrono la fame, l’infedeltà dilaga e la pratica religiosa si riduce sempre più a pura formalità. La facciata ingannevole di un mondo a prima vista perfetto nasconde così una realtà molto più oscura, molto più dura e crudele, in cui c’è tanto bisogno di conversione, di misericordia e di guarigione”.

Ma il profeta annuncia al popolo un orizzonte nuovo: “Per questo il profeta annuncia ai suoi concittadini un orizzonte nuovo, che Dio aprirà davanti a loro: un futuro di speranza, un futuro di gioia, dove la sopraffazione e la guerra saranno bandite per sempre. Farà sorgere per loro una grande luce, che li libererà dalle tenebre del peccato da cui sono oppressi, e lo farà non con la potenza di eserciti, di armi o ricchezze, ma attraverso il dono di un figlio. Fermiamoci a riflettere su questa immagine: Dio fa splendere la sua luce che salva attraverso il dono di un figlio”.

Nella sua riflessione il papa ha sottolineato che ogni figlio è un particolare messaggio: “In ogni luogo la nascita di un figlio è un momento luminoso, un momento di gioia e di festa, e a volte suscita anche in noi desideri buoni, di rinnovarci nel bene, di ritornare alla purezza e alla semplicità. Di fronte ad un neonato, anche il cuore più duro si riscalda e si riempie di tenerezza. La fragilità di un bambino porta sempre un messaggio così forte da toccare anche gli animi più induriti, portando con sé movimenti e propositi di armonia e di serenità”.

La meraviglia della nascita di un figlio diventa ancor più grande quando è Dio che si fa bambino: “La vicinanza di Dio è attraverso un bambino. Dio si fa bambino. E non solo per stupirci e commuoverci, ma anche per aprirci all’amore del Padre e lasciarcene plasmare, perché possa guarire le nostre ferite, ricomporre i nostri dissensi, rimettere ordine nella nostra esistenza”.

Ed ha elogiato questo Stato perché ha molti figli: “A Timor Est è bello, perché ci sono tanti bambini: siete un Paese giovane in cui in ogni angolo si sente pulsare, esplodere la vita. E questo è un regalo, un dono grande: la presenza di tanta gioventù e di tanti bambini, infatti, rinnova costantemente la nostra energia e la nostra vita. Ma ancora di più è un segno, perché fare spazio ai bambini, ai piccoli, accoglierli, prendersi cura di loro, e farci anche noi piccoli davanti a Dio e gli uni di fronte agli altri, sono proprio gli atteggiamenti che ci aprono all’azione del Signore. Facendoci bambini permettiamo l’azione di Dio in noi”.

Ecco, quindi, il riferimento alla Madonna, che ha detto ‘sì’ all’opera di Dio nella sua ‘piccolezza’: “Maria questo lo ha capito, al punto che ha scelto di rimanere piccola per tutta la vita, di farsi sempre più piccola, servendo, pregando, scomparendo per far posto a Gesù, anche quando questo le è costato molto”.

E’ stato un invito a rivedere la propria vita davanti a Dio: “Perciò, cari fratelli, care sorelle, non abbiamo paura di farci piccoli davanti a Dio, e gli uni di fronte agli altri, non abbiamo paura di perdere la nostra vita, di donare il nostro tempo, di rivedere i nostri programmi e ridimensionare quando necessario anche i nostri progetti, non per sminuirli, ma per renderli ancora più belli attraverso il dono di noi stessi e l’accoglienza degli altri”. 

Infatti ha tratto un ammonimento, prendendo spunto da due monili tradizionali, quali sono il Kaibauk ed il Belak: “Il primo simboleggia le corna del bufalo e la luce del sole, e si mette in alto, a ornamento della fronte, come pure sulla sommità delle abitazioni. Esso parla di forza, di energia e di calore, e può rappresentare la potenza di Dio, che dona la vita. Ma non solo: posto a livello del capo, infatti, e in cima alle case, ci ricorda che, con la luce della Parola del Signore e con la forza della sua grazia, anche noi possiamo cooperare con le nostre scelte e azioni al grande disegno della redenzione.

Il secondo, poi, il Belak, che si mette sul petto, è complementare al primo. Ricorda il chiarore delicato della luna, che riflette umilmente, nella notte, la luce del sole, avvolgendo ogni cosa di una fluorescenza leggera. Parla di pace, di fertilità, di dolcezza, e simboleggia la tenerezza della madre, che coi riflessi delicati del suo amore rende ciò che tocca luminoso della stessa luce che riceve da Dio. Kaibauk e Belak, forza e tenerezza di Padre e di Madre: così Il Signore manifesta la sua regalità, fatta carità e misericordia”.

Al termine della celebrazione eucaristica le parole di ringraziamento del card. Virgílio do Carmo da Silva, arcivescovo di Dili e le parole conclusive del papa prima della Benedizione finale, come augurio: “Cari fratelli e sorelle, ho pensato molto: qual è la cosa migliore che ha Timor? Il sandalo? La pesca? Non è questa la cosa migliore. La cosa migliore è il suo popolo. Non posso dimenticare la gente ai lati della strada, con i bambini. Quanti bambini avete! Il popolo, che la cosa migliore che ha è il sorriso dei suoi bambini. E un popolo che insegna a sorridere ai bambini è un popolo che ha un futuro.

Ma state attenti! Perché mi hanno detto che in alcune spiagge vengono i coccodrilli; i coccodrilli vengono nuotando e hanno il morso più forte di quanto possiamo tenere a bada. State attenti! State attenti a quei coccodrilli che vogliono cambiarvi la cultura, che vogliono cambiarvi la storia. Restate fedeli. E non avvicinatevi a quei coccodrilli perché mordono, e mordono molto. Vi auguro la pace. Vi auguro di continuare ad avere molti figli: che il sorriso di questo popolo siano i suoi bambini! Prendetevi cura dei vostri bambini, ma prendetevi cura anche dei vostri anziani, che sono la memoria di questa terra”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: un cuore innamorato di Dio

“Non è facile comprendere la sofferenza umana a tal punto da volere che ad essa si offra sollievo. E’ indubbio che occorra un cuore grandioso, un cuore innamorato di Dio. E’ incoraggiante sapere che vi sono tante donne e tanti uomini, nel deserto dell’umanità, che hanno un cuore grandioso, innamorato di Dio e fra essi vi è papa Francesco, che è un uomo che appartiene alla storia umana, la cui finalità è Dio. Fermamente convinto che la parola di Dio sia la Via, la Verità e la Vita egli la trasmette con vigore e passione, fervente a tal punto da far riflettere anche gli atei”, ha scritto in un editoriale il giornalista Biagio Maimone, direttore dell’ufficio stampa dell’Associazione ‘Bambino Gesù del Cairo’, il cui presidente è mons. Yoannis Lazhi Gaid, già segretario personale di papa Francesco ed autore del libro ‘La Comunicazione Creativa per lo sviluppo socio-umanitario’, testo che ha ottenuto la benedizione apostolica del Santo Padre, il quale ha aggiunto:

“Non è piaggeria affermare che papa Francesco, uomo coraggioso del nostro tempo e non solo uomo della Chiesa, manifesta il coraggio della fede e lo fa quando si rivolge a coloro che, senza scrupoli, senza mezze misure, inseguono ed afferrano, con avidità irrefrenabile, i beni materiali, incuranti di calpestare ed annientare i propri simili pur di arricchirsi sempre più.

Parlare di umanità e di amore rappresenta sempre una sfida e lo è ancor di più quando si parla ad una società civile nella quale domina, ormai indisturbato,  il processo di globalizzazione, simile ai grandi eventi che hanno scombussolato la storia umana e la vita dell’uomo, come lo sono state le guerre.

La società civile è, senza dubbio, ormai disgregata, in quanto le regole preesistenti all’avvento della globalizzazione valgono poco o quasi nulla, ma è certo che l’amore unifica e, pertanto, non è vano alcun messaggio che incita all’amore e alla fratellanza, che sono l’anelito più profondo degli uomini di buona volontà e non solo dell’umanità errante, che è uno dei fenomeni più strazianti scaturiti dal processo di globalizzazione, proprio in quanto coinvolge l’essere umano rendendolo oggetto e non più soggetto.

I tanti morti, anzi troppi, per colpa delle guerre, riporta sulla scena della storia umana la sofferenza innocente di interi popoli, che sembrava ormai un lontano ricordo. Ed ecco il pianto di Dio: chi non lo scorge è certo che non abbia un’anima. Lo dice papa Francesco nei suoi messaggi accorati incitanti al rispetto della dignità umana. Papa Francesco sa di parlare ad una coscienza sonnecchiante, ma non desiste.  I conflitti aumentano e continuano ad aumentare, i poveri aumentano e continuano ad aumentare. Papa Francesco continua ad esortare ed esorta sempre più.

Le donne, che hanno combattuto per la loro emancipazione, vedono e subiscono ancora tanta violenza, anzi ancor più che nel passato. Uomini senza scrupoli le deridono, le mortificano, tolgono loro la vita, ne mercificano il corpo sui marciapiedi sporchi. Ed ecco che papa Francesco continua ad esortare e lo fa con la speranza di chi si affida a Dio. A favore delle donne papa Francesco ha dedicato uno dei suoi più accorati messaggi. L’eco delle sue parole travolgenti non finirà di bussare alle coscienze degli uomini violenti che le rendono schiave fino a quando essi non apriranno le porte del loro cuore inaridito.

Papa Francesco è certo che aspiri a voler ricreare la cultura della vita, la cultura della legalità, la cultura dell’accoglienza, della solidarietà in un contesto in trasformazione, che, proprio in quanto tale, ha posto ai margini tutti quei valori, senza i quali non esiste la vita , ma la morte. Si può definire l’epoca attuale come l’epoca delle grandi contraddizioni: grandiosi grattacieli e persone sporche e maleodoranti sui marciapiedi. Da un lato, tanta ricchezza e, dall’altro, tanta crudele miseria.

Non si può non riconoscere che il materialismo imperversa sempre più in tutte le nazioni del mondo creando miseria, illegalità, nonché torpore delle coscienza e della sensibilità umana. Papa Francesco ascolta lo strazio dell’anima di un uomo ormai solo sulla scena dell’esistenza, la cui coscienza sembra essere divisa a metà, proteso nel nulla dei valori umani e l’ardente desiderio di esserne espressione, perché indiscutibilmente figlio di Dio. A  quest’uomo lacerato parla papa Francesco, incitandolo a cogliere dentro di lui la presenza di Dio e a vivere come Dio gli chiede.

Papa Francesco ripete costantemente a quest’uomo infelice che, solamente se ascolterà la voce di Dio che vive in lui, sarà meno solo e triste, saprà tendere la mano al fratello più povero, rispettare ed amare veramente le donne, portatrici della vita e della pedagogia della vita, impedire le ingiustizie sociali, impegnarsi per la vera emancipazione umana, saprà sostituire Dio al vile denaro che vorrebbe dominare la coscienza di ogni uomo.

Papa Francesco, uomo della Chiesa Cattolica e uomo della storia, con il vigore del suo impegno cristiano, dimostra che solo una coscienza umana rinnovata potrà ricreare le condizioni perché la cultura della vita rinasca come la natura a primavera”.

Don Nicola Rotundo: Tommaso d’Aquino aiuta alla comprensione dell’Intelligenza Artificiale

“Infatti, vediamo che alcune cose, prive di conoscenza, cioè i corpi naturali, operano per un fine. Ciò appare dal fatto che sempre o per lo più operano nello stesso modo, per conseguire l’ottimo. Da ciò si rende evidente che pervengono al fine non per caso, ma per una tendenza. Ora, le cose prive di conoscenza tendono verso il fine, solo perché vi sono dirette da qualcuno che ha conoscenza e intelligenza, come la freccia [è diretta] dall’arciere. Dunque, c’è qualche essere intelligente, dal quale sono ordinate al fine tutte le cose naturali e quest’essere lo chiamiamo Dio”.

Partiamo da quest’affermazione di san Tommaso d’Aquino nella ‘Summa Teologica’(questio 2 articulus 3) per una riflessione sull’intelligenza artificiale con don Nicola Rotundo, sacerdote  dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e condirettore delle collane ‘Tra storia e religioni’ e ‘Harmonic Innovation’, autore di ‘Etica armonica’:

“E’ proprio qui che un nodo viene al pettine. Mentre, infatti, Dio essendo il Sommo Bene, muove ogni sua creatura verso il raggiungimento del suo fine ultimo, che è Dio stesso (secondo lo schema dell’exitus-reditus della Summa theologiae) e, quindi, lo conduce verso la sua piena e perfetta realizzazione, l’uomo, invece, non essendo il Sommo Bene, e non volendo, sovente, camminare secondo la parola di Dio, potrebbe anche indirizzare questa sua scoperta verso un falso fine, quale sarebbe ad esempio il guadagno, il potere, la distruzione di chi considera un nemico o un avversario”.

Perché l’intelligenza artificiale è uno strumento ‘complesso’?

“L’Intelligenza Aartificiale è uno strumento ‘complesso’ perché l’uomo, suo artefice, è un essere complesso, in quanto essendo dotato di ragione e volontà può aprirsi al bene aderendo alla volontà di Dio, oppure può contravvenire ad essa volgendo sé stesso e, di conseguenza, tutto ciò che ‘crea’ (compresa l’Intelligenza Aartificiale) al male. E’ necessario, quindi, l’esercizio delle virtù etiche perché venga realizzato il sommo bene”.

‘Oltre la complessità di legittime visioni che caratterizzano la famiglia umana, emerge un fattore che sembra accomunare queste diverse istanze. Si registra come uno smarrimento o quantomeno un’eclissi del senso dell’umano e un’apparente insignificanza del concetto di dignità umana’: ha affermato papa Francesco al G7. Quanto incide l’intelligenza artificiale nella definizione di dignità umana?

“Di per sé l’Intelligenza Artificiale non incide nella definizione di dignità umana, poiché la persona umana ha un’altissima dignità in quanto creata a immagine somiglianza di Dio (Genesi 1, 26); essa può aiutare l’essere umano a vivere secondo questa sua dignità, oppure può condurlo a misconoscerla, a seconda dell’uso che se ne intenda fare”.

In quale modo Tommaso d’Aquino può offrire riflessioni sul rapporto tra intelligenza artificiale e dignità umana?

“Egli è un Dottore ‘perenne’, può quindi aiutare in svariati modi. Ne evidenzierò soltanto uno a partire da queste sue parole: ‘… l’uomo, peccando, si allontana dall’ordine della ragione e, quindi, decade dalla dignità umana…’ (S.Th., II-II, q. 64, a. 2, ad tertium). Questo significa che se la persona umana utilizzerà questa scoperta per peccare, decadrà dalla sua dignità; se, invece, se ne servirà per raggiungere il suo più grande bene (Gesù Cristo, l’uomo nuovo), aiuterà ognuno/a a scoprire la sua altissima dignità e a vivere secondo questa sua altissima dignità”.

Quale è il fine dell’uomo ed il fine di Dio per san Tommaso d’Aquino?

“Più che di fine di Dio, si dovrebbe parlare di volontà di Dio. E’ volontà di Dio che l’essere umano abbia la vita eterna e in un certo senso questo è anche il fine per il quale Dio tutto opera. Infatti è proprio per questo ch’Egli ha mandato il suo Figlio nel mondo (Gv 3, 16). Il raggiungimento della vita eterna, così da poter godere di Dio per sempre, è anche il fine ultimo di ogni persona umana.

Questo suo fine, però, ci ricorda l’Angelico, ognuno/a potrà raggiungerlo soltanto riponendo la propria fede in Gesù Cristo: ‘Per questo dice: Chi crede nel Figlio ha la vita eterna. E ciò risulta chiaro dalle cose dette sopra. Se il Padre ha dato al Figlio ogni cosa, ossia quanto possiede, ed egli possiede in sé la vita eterna, allora ha dato al Figlio di essere la vita eterna… Chi crede in lui possiede ciò a cui tende, ossia il Figlio in cui crede. Ma questi è la vita eterna: dunque chi crede in lui ha la vita eterna’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 1-9), cap. 3, lez. 6, § 547)”.

In quale modo oggi san Tommaso d’Aquino può essere ‘maestro’ di dialogo?

“San Tommaso oggi può essere ‘maestro’ di dialogo, anche con i padroni dei cloud e con i fruitori dell’Intelligenza Artificiale, insegnandoci il ‘fine’ del dialogo e il ‘metodo’ di esso. Il fine del dialogo è la conoscenza della verità, che è l’oggetto proprio dell’intelletto umano (cf. S. Th., I-II, q. 2, a. 8, resp.). Il metodo consiste nell’assumere il linguaggio del tempo (egli, ad esempio, assunse soprattutto le categorie aristoteliche e le scienze all’epoca consolidate) per veicolare la verità, che è Gesù Cristo: ‘Dato poi che nessuno può conoscere la verità se non aderendo alla verità, è necessario che chiunque desidera conoscere la verità aderisca a questo Verbo’ (Commento al Vangelo secondo Giovanni (capitoli 10-21), cap. 14, lez. 2, § 1869, ESD-ESB, Bologna 2019). Se il dialogo non conduce alla Verità, non raggiunge il proprio fine”.

Cosa può dire la teologia morale di fronte all’intelligenza artificiale?

“La teologia morale, in dialogo con l’etica e la bioetica, ha per oggetto gli atti umani che sono quelli volontari (cf. S. Th., I-II, q. 6, a. 1, resp.), che procedono, cioè, da una deliberazione della volontà illuminata dalla ragione. Se un tale atto ‘… non è ordinato al fine dovuto, per questo stesso fatto esso è in contrasto con la ragione ed è per natura cattivo. Invece, se è ordinato al fine dovuto, è conforme all’ordine della ragione; perciò è per natura buono’ (S. Th., I-II, q. 18, a. 9, resp.).

Il fine dovuto verso il quale la persona tende (come espresso precedentemente) è Cristo Gesù e la vita eterna che si ha solo in Lui. Dunque un atto (anche quella della creazione e della gestione della ‘macchina pensante’) è per natura buono se porta fruitori e operatori all’accoglienza di Cristo; è per natura cattivo, invece, se porta al Suo rifiuto”.

(Tratto da Aci Stampa)

‘Sono speciale’: nuovo brano della pop rock band Kantiere Kairòs con l’etichetta discografica La Gloria

“La canzone parla del sentirsi amati da Dio. Per Dio ciascuno di noi è speciale, al punto che per Lui è valsa la pena morire per ciascuno di noi in croce. Che ci vuole bene oltre ogni misura, che ci ama personalmente di un amore particolare in una relazione specifica», spiega il gruppo cosentino di musica cristiana”.

Gabriele Di Nardo (batterista), Davide Capitano (basso), Giuseppe Di Nardo (chitarre) e Antonello Armieri (voce e chitarra acustica) hanno iniziato a lanciare i loro #SONOSPECIALE PER LUI… sui profili della band, raccontando in che modo e quando si sono sentiti amati da Dio in maniera speciale.

“Prendere consapevolezza della propria normalità rende felici e fa stare bene. Quando guardo la mia storia da un’altra prospettiva mi rendo conto che forse non è tutto sbagliato. Guardo indietro e vedo le rovine di una vita disordinata, per meglio dire ‘sfiduciata’, dalle nostre parti diremmo un ‘Kantiere sempre aperto’, scrive Gabriele.

Ma basta cambiare prospettiva: un altro punto di vista mi fa cogliere dettagli che fra quelle rovine non vedevo. Oggi Qualcuno mi ha detto che sono ‘il migliore del mondo’ ed è in quell’istante che ho capito che stavo guardando nella direzione sbagliata. La mia vita ‘banalmente normale’ per qualcuno è davvero importante. Vorrei che anche tu provassi solo per un istante a guardare con occhi diversi la tua vita per scoprire quanto importante tu sia per gli altri”.

Riflette Davide: “C’è stato un momento della mia vita in cui mi sentivo invincibile e pieno di forza, ma non mi rendevo conto della pochezza delle mie azioni. Ho preso consapevolezza della mia ‘povertà’ quando un giorno mi sono trovato davanti a Gesù Eucarestia, travolto da un abbraccio di emozioni indescrivibili. A 36 anni, dopo più di 10 passati a lodarLo, mi sento speciale, particolarmente in questi giorni, perché sono stato testimone del miracolo della vita con l’arrivo di mia figlia Chiara”.

Incalza Jo: “A quasi 50 anni, rifletto sui passaggi decisivi della mia vita, belli e dolorosi. Ogni esperienza, apparentemente scollegata dalle altre, è in realtà un tassello di un mosaico più grande. Mi rendo conto che c’è una mano amorevole che guida quest’opera, portandomi a vivere con serenità e fiducia, sicuro che tutto concorra al mio bene. Comprendo così che anche il dolore ha un senso: Dio può anche deludere le nostre aspettative, succede! Ma, per dirla con le parole di Epicoco, lo fa solo per realizzare i nostri sogni! Lui ci conosce più di noi stessi e sa di cosa abbiamo veramente bisogno! Questo mi fa sentire speciale!”

“Per gran parte della mia esistenza mi sono sentito nel posto sbagliato, inadeguato, in ritardo rispetto a ciò che avrei potuto ottenere, fuori posto. Cercavo conferme ed approvazioni in situazioni, luoghi e persone che non potevano dissetare quella sete di vita che solo Dio può dare, testimonia Antonello. Ho capito di essere speciale e che Dio mi ama a prescindere dai miei difetti e limiti, in seguito ad una profonda e sincera confessione a Medjugorje, dopo la quale mi sono sentito finalmente libero, accolto, amato e non giudicato.

Ho preso coscienza che il primo passo per tutte le guarigioni è sapermi voluto da Dio, desiderato da Lui. Certo, ho dovuto sperimentare la fiducia in Lui, perché i Suoi piani non erano i miei, e c’ho messo anni, diversi anni a mollare la presa. Ma Lui era lì, sempre, paziente e fedele. Voleva donarmi molto più di quello che Gli chiedevo. Oggi, se chiudo gli occhi, sento nel cuore la Sua voce che dice: Sei speciale, perché sono morto per te!”

Si può inserire la propria testimonianza, raccontando in quale momento della propria vita ci si è sentiti amati da Dio in modo speciale, con un post sui propri canali usando l’hashtag #sonospeciale e il tag del profilo del Kantiere Kairòs. Il brano ‘Sono speciale’ è disponibile su tutte le piattaforme on line da ieri 10 agosto.

Da Trieste papa Francesco invita a cercare l’infinito di Dio

“Trieste è una di quelle città che hanno la vocazione di far incontrare genti diverse: anzitutto perché è un porto, è un porto importante, e poi perché si trova all’incrocio tra l’Italia, l’Europa centrale e i Balcani. In queste situazioni, la sfida per la comunità ecclesiale e per quella civile è di saper coniugare l’apertura e la stabilità, l’accoglienza e l’identità. E allora mi viene da dire: avete le ‘carte in regola’. Grazie! Avete le ‘carte in regola’ per affrontare questa sfida! Come cristiani abbiamo il Vangelo, che dà senso e speranza alla nostra vita; e come cittadini avete la Costituzione, ‘bussola’ affidabile per il cammino della democrazia”: così papa Francesco nell’Angelus ha salutato chi era presente a Trieste per la 50^ Settimana Sociale sul tema della democrazia.

Mentre nella celebrazione eucaristica in piazza dell’Unità a Trieste papa Francesco ha incentrato l’omelia sulla profezia dalla lettura del profeta Ezechiele: “Per ridestare la speranza dei cuori affranti e sostenere le fatiche del cammino, Dio sempre ha suscitato profeti in mezzo al suo popolo. Eppure, come racconta la Prima Lettura di oggi narrandoci le vicende di Ezechiele, essi hanno trovato spesso un popolo ribelle, ‘figli testardi e dal cuore indurito’, e sono stati rifiutati”.

Purtroppo i profeti non sono ascoltati, come è successo anche a Gesù: “Ascoltando i discorsi dei suoi compaesani, vediamo che si fermano solo alla sua storia terrena, alla sua provenienza familiare e, perciò, non riescono a spiegarsi come dal figlio di Giuseppe il falegname, cioè da una persona comune, possa uscire tanta sapienza e perfino la capacità di compiere prodigi. Lo scandalo, allora, è l’umanità di Gesù. L’ostacolo che impedisce a queste persone di riconoscere la presenza di Dio in Gesù è il fatto che Egli è umano, è semplicemente figlio di Giuseppe il carpentiere: come può Dio, onnipotente, rivelarsi nella fragilità della carne di un uomo?”

La fede, in tutti i tempi ha provocato sempre scandalo: “Non abbiamo bisogno di una religiosità chiusa in se stessa, che alza lo sguardo fino al cielo senza preoccuparsi di quanto succede sulla terra e celebra liturgie nel tempio dimenticandosi però della polvere che scorre sulle nostre strade. Ci serve, invece, lo scandalo della fede, (abbiamo bisogno dello scandalo della fede) una fede radicata nel Dio che si è fatto uomo e, perciò, una fede umana, una fede di carne, che entra nella storia, che accarezza la vita della gente, che risana i cuori spezzati, che diventa lievito di speranza e germe di un mondo nuovo”.

La fede tiene sveglie le coscienze: “E’ una fede che sveglia le coscienze dal torpore, che mette il dito nelle piaghe, nelle piaghe della società (ce ne sono tante), una fede che suscita domande sul futuro dell’uomo e della storia; è una fede inquieta, e noi abbiamo bisogno di vivere una vita inquieta, una fede che si muova da cuore a cuore, una fede che riceva da fuori le problematiche della società, una fede inquieta che aiuta a vincere la mediocrità e l’accidia del cuore, che diventa una spina nella carne di una società spesso anestetizzata e stordita dal consumismo”.

E’ stato un ammonimento sul consumismo: “Il consumismo è una piaga, è un cancro: ti ammala il cuore, ti fa egoista, ti fa guardare solo te stesso. Fratelli e sorelle, soprattutto, abbiamo bisogno di una fede che spiazza i calcoli dell’egoismo umano, che denuncia il male, che punta il dito contro le ingiustizie, che disturba le trame di chi, all’ombra del potere, gioca sulla pelle dei deboli. E quanti usano la fede per sfruttare la gente. Quello non è la fede”.

Citando il poeta triestino Umberto Saba il papa ha invitato a cercare l’infinito di Dio: “L’infinito di Dio si cela nella miseria umana, il Signore si agita e si rende presente, e si rende una presenza amica proprio nella carne ferita degli ultimi, dei dimenticati, degli scartati. Lì si manifesta il Signore…

Fratelli e sorelle, da questa città di Trieste, affacciata sull’Europa, crocevia di popoli e culture, terra di frontiera, alimentiamo il sogno di una nuova civiltà fondata sulla pace e sulla fraternità; per favore, non scandalizziamoci di Gesù ma, al contrario, indigniamoci per tutte quelle situazioni in cui la vita viene abbruttita, ferita, uccisa; portiamo la profezia del Vangelo nella nostra carne, con le nostre scelte prima ancora che con le parole. Quella coerenza fra le scelte e le parole”.

Però in mattinata, appena giunto a Trieste, papa Francesco aveva incontrato i delegati alla 50^ Settimana Sociale, ricordando un episodio familiare, che ricollega le stesse alla storia d’Italia: “La prima volta che ho sentito parlare di Trieste è stato da mio nonno che aveva fatto il ‛14 sul Piave. Lui ci insegnava tante canzoni e una era su Trieste: Il general Cadorna scrisse alla regina: ‘Se vuol guardare Trieste, che la guardi in cartolina’. E questa è la prima volta che ho sentito nominare la città.

Questa è stata la 50^ Settimana Sociale. La storia delle ‘Settimane’ si intreccia con la storia dell’Italia, e questo dice già molto: dice di una Chiesa sensibile alle trasformazioni della società e protesa a contribuire al bene comune”.

Ed ha ripreso l’idea originaria del beato Toniolo: “Il beato Giuseppe Toniolo, che ha dato avvio a questa iniziativa nel 1907, affermava che la democrazia si può definire ‘quell’ordinamento civile nel quale tutte le forze sociali, giuridiche ed economiche, nella pienezza del loro sviluppo gerarchico, cooperano proporzionalmente al bene comune, rifluendo nell’ultimo risultato a prevalente vantaggio delle classi inferiori’. Così diceva Toniolo. Alla luce di questa definizione, è evidente che nel mondo di oggi la democrazia, diciamo la verità, non gode di buona salute. Questo ci interessa e ci preoccupa, perché è in gioco il bene dell’uomo, e niente di ciò che è umano può esserci estraneo”.

Ma la realizzazione della democrazia in Italia si è affermata grazie anche al contributo dei cattolici: “In Italia è maturato l’ordinamento democratico dopo la seconda guerra mondiale, grazie anche al contributo determinante dei cattolici. Si può essere fieri di questa storia, sulla quale ha inciso pure l’esperienza delle Settimane Sociali; e, senza mitizzare il passato, bisogna trarne insegnamento per assumere la responsabilità di costruire qualcosa di buono nel nostro tempo”.

Quindi il centro della democrazia è il cuore: “Se la costruzione e l’intelligenza mostrano un cuore ‘infartuatoì’, devono preoccupare anche le diverse forme di esclusione sociale. Ogni volta che qualcuno è emarginato, tutto il corpo sociale soffre. La cultura dello scarto disegna una città dove non c’è posto per i poveri, i nascituri, le persone fragili, i malati, i bambini, le donne, i giovani, i vecchi. Questo è la cultura dello scarto. Il potere diventa autoreferenziale (è una malattia brutta questa), incapace di ascolto e di servizio alle persone”.

Citando Aldo Moro il papa è molto preoccupato per la scarsa partecipazione alla vita democratica: “Non è il voto del popolo solamente, ma esige che si creino le condizioni perché tutti si possano esprimere e possano partecipare. E la partecipazione non si improvvisa: si impara da ragazzi, da giovani, e va ‘allenata’, anche al senso critico rispetto alle tentazioni ideologiche e populistiche”.

Per rendere vitale la democrazia il papa ha ricordato le basi essenziali, quali sono la sussidiarietà e la solidarietà: “Infatti un popolo si tiene insieme per i legami che lo costituiscono, e i legami si rafforzano quando ciascuno è valorizzato. Ogni persona ha un valore; ogni persona è importante. La democrazia richiede sempre il passaggio dal parteggiare al partecipare, dal ‘fare il tifo’ al dialogare…

Mi fermo alla parola assistenzialismo. L’ assistenzialismo, soltanto così, è nemico della democrazia, è nemico dell’amore al prossimo. E certe forme di assistenzialismo che non riconoscono la dignità delle persone sono ipocrisia sociale. Non dimentichiamo questo. E cosa c’è dietro questo prendere distanze dalla realtà sociale? C’è l’ indifferenza, e l’indifferenza è un cancro della democrazia, un non partecipare”.

L’altra riflessione ha riguardato la partecipazione con creatività: “Se ci guardiamo attorno, vediamo tanti segni dell’azione dello Spirito Santo nella vita delle famiglie e delle comunità. Persino nei campi dell’economia, della ideologia, della politica, della società. Pensiamo a chi ha fatto spazio all’interno di un’attività economica a persone con disabilità; ai lavoratori che hanno rinunciato a un loro diritto per impedire il licenziamento di altri; alle comunità energetiche rinnovabili che promuovono l’ecologia integrale, facendosi carico anche delle famiglie in povertà energetica; agli amministratori che favoriscono la natalità, il lavoro, la scuola, i servizi educativi, le case accessibili, la mobilità per tutti, l’integrazione dei migranti. Tutte queste cose non entrano in una politica senza partecipazione. Il cuore della politica è fare partecipe”.

Per questo i cattolici non possono accontentarsi di una fede ‘marginale’: “Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. No. Dobbiamo essere voce, voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce. Tanti, tanti non hanno voce. Tanti. Questo è l’amore politico, che non si accontenta di curare gli effetti ma cerca di affrontare le cause. Questo è l’amore politico. È una forma di carità che permette alla politica di essere all’altezza delle sue responsabilità e di uscire dalle polarizzazioni, queste polarizzazioni che immiseriscono e non aiutano a capire e affrontare le sfide. A questa carità politica è chiamata tutta la comunità cristiana, nella distinzione dei ministeri e dei carismi”.

E’ stato un invito a riscoprire la ‘passione sociale’:  “Formiamoci a questo amore, per metterlo in circolo in un mondo che è a corto di passione civile. Dobbiamo riprendere la passione civile, questo, dei grandi politici che noi abbiamo conosciuto. Impariamo sempre più e meglio a camminare insieme come popolo di Dio, per essere lievito di partecipazione in mezzo al popolo di cui facciamo parte. E questa è una cosa importante nel nostro agire politico, anche dei pastori nostri: conoscere il popolo, avvicinarsi al popolo. Un politico può essere come un pastore che va davanti al popolo, in mezzo al popolo e dietro al popolo. Davanti al popolo per segnalare un po’ il cammino; in mezzo al popolo, per avere il fiuto del popolo; dietro al popolo per aiutare i ritardatari. Un politico che non abbia il fiuto del popolo, è un teorico. Gli manca il principale”.

(Foto: Santa Sede)

Percorso a tappe sul libro ‘L’arte di rovinare i matrimoni’. Parte 2: servire

Ho scritto un romanzo sulle tentazioni nel matrimonio (“L’arte di rovinare i matrimoni. La missione di un giovane apprendista diavolo”, Mimep Docete, 2023) con l’idea di aiutare le coppie a comprendere la loro missione nel mondo: amarsi tra loro come Cristo ama e mettere le proprie energie a servizio del prossimo.

La prima vocazione di ogni donna e di ogni uomo è amare. Non è avere, possedere, accumulare, fare viaggi, divertirsi, accumulare, essere apprezzati. La cosa che più ci rende felici (e chi lo ha sperimentato lo sa!) è donarsi, portare frutto, cambiare in meglio la vita altrui.

Dare la vita non significa gettarla via, svenderla, ma mettere a disposizione tempo ed energie in qualcosa che edifichi l’altro e al contempo se stessi. Chi sa quanto vale ogni singola persona, ogni singola storia, ogni giornata che si ha a disposizione, sa che solo l’amore appaga davvero, riempie, resuscita.

Spesso siamo tentati di credere che, quando ci si innamora, ci si fidanza, ci si sposa sia sufficiente rivolgersi alla coppia per appagare il proprio desiderio di amore (Della serie, “Due cuori, una capanna”).

Quante relazioni chiuse in sé stesse, quante coppie incapaci di aprirsi, insieme, agi altri. Relazioni tossiche, che creano dipendenza, ma che del vero dono di sé non hanno nulla. E quante, invece, trovano la pienezza mettendo insieme risorse e capacità per trasformare in meglio un pezzetto di mondo loro affidato.

Il matrimonio cristiano è un ministero e l’amore che gli sposi sperimentano è fecondo (o è fecondo o è tossico: non esistono mezze misure!), nel senso che genera vita all’interno del matrimonio, con i figli (se arrivano o vengono adottati) ma anche all’esterno, nella comunità dove la famiglia vive.  

Se una famiglia si apre, sperimenta l’accoglienza, la fraternità, la solidarietà è molto più robusta. Se un coniuge è propenso, come persona, a donare la sua vita nel mondo è molto più probabile che sia capace di donare la vita all’interno del matrimonio.

Luca e Chiara, protagonisti del libro “L’arte di rovinare i matrimoni. La missione di un giovane apprendista diavolo” (Mimep Docete, 2023) si sono conosciuti facendo volontariato insieme e hanno vissuto un’esperienza di servizio arricchente per loro e per altri in Africa.

Questi due sposi non si sono innamorati solo di “come l’altro era con loro”, ma ancor prima di “come l’altro agiva nel mondo”. Questo amore, concreto, solido, riconosciuto nella persona di Cristo è stato il pilastro, l’anello di congiunzione, il principio e la meta anche della loro vita a due.

Come vedremo, non è sufficiente mettere alla base di un rapporto l’apertura verso il mondo, nel loro caso la missione evangelica, perché anche le coppie salde e radicate possono essere tentate e cadere, quando sopraggiunge la fatica e la crisi.

Però, alla base dell’amore sponsale, in una coppia cristiana, non può mancare la tensione al servizio. È Gesù che lo dice, risultando non particolarmente politicamente corretto: “Chi vuol essere il più grande, sia servo di tutti”.

Luca e Chiara, proprio nel momento della prova, della fatica, della tentazione più grande scopriranno che le relazioni seminate e coltivate nel tempo sono il mezzo con cui Dio ci dona la sua salvezza quando siamo noi a cadere.

Nel momento in cui rischiano di perdere sé stessi, sono gli altri, coloro a cui hanno donato tanto, ad aiutarli a ritrovarsi, come singole persone e come coppia. Ama e troverai amore. Questo è il messaggio del libro, ma continueremo a parlarne nei prossimi articoli…

Maria, Madre dei giovani: ecco cosa possiamo imparare da lei

1.Lasciatevi guardare da Dio (Lc 1,48) tali benedicenti e benevole parole costudite nel Magnificat ci invitano e supportano nel recuperare il benedicente e paterno guardo di Dio sulla nostra vita e sulla nostra esistenza. Occorre infatti, diffidare di sguardi profetici negativi che ci privano della libertà e non ci lasciano essere noi stessi e cercare invece, lo sguardo di chi incoraggia la nostra libertà, ci entusiasma, ci dilata il cuore e ci fa avere fiducia in noi stessi nutrendoci di ottimistica predilezione, sottoponendo la nostra biografia ad una narrazione profetica positiva.

Consenti dunque, a Dio e a Maria di scrutare sinceramente il tuo cuore, senza alcun timore o vergogna. Loro non ti guardano per indagare con austera, infeconda e giudicante. severità né tantomeno per colpevolizzarti, farti sentire in imbarazzo o inadeguato ma al contrario, sempre ed incondizionatamente accolto, amato e perdonato, ti guardano perché ti amano infinitamente, osservando e curando le tue ferite con autentica e concreta compassione e tenerezza: sei suo figlio! Lasciati guardare dalla misericordia di Dio e anche dalla sua santità, specchiati in lui: non ti accorgi di quanto vali? Forse no, perché tu stesso ti disistimi, ma lasciati guardare da Lui,

Egli ti ha creato, sa bene come sei e conosce il tuo intrinseco valore. Nessuno sguardo è così incoraggiante e benedicente come quello di Dio. Maria è stata guardata da Lui integralmente e perdutamente. Collocandoci dinnanzi al Signore, infatti, sappiamo che il suo sguardo ci avvolge e ci risolleva paternamente sopratutto quando ci sentiamo più demoralizzanti, persi e sbagliati, perché è proprio in quel momento che abbiamo più bisogno di Lui. 

2. Lasciatevi amare e incontrare da Dio (Lc 1,28) Nell’episodio dell’annunciazione, il suo audace e suadente ‘Eccomi’, è proprio questo lasciarsi incontrare da Dio ed incontrarlo. L’aggettivo greco κεχαριτωμένη tradotto con Piena di Grazia, significa piuttosto colma del favore di Dio, amatissima da Dio, pertanto sottoposta alla sua narrazione profetica positiva e benedicente. La giovinezza è il tempo in cui devi lasciarti amare da qualcuno. Lasciati incontrare, cerca e scruta nel profondo, senza alcuna paura ma con autentica umiltà e perseveranza. 

3. Lasciatevi coinvolgere da Dio (Lc 1,38) Dio ti coinvolge, ha bisogno di te. Maria assiste, incoraggia e supporta maternamente il meraviglioso ed arduo itinerario della crescita. È lei la Mediatrice di ogni Grazia, perché nulla passa da Dio a noi se non mediante le delicate e materne mani di Maria. Che confidenza allora possiamo esprimere ed avere in lei che, essendo autenticamente e teneramente Mamma, non si spaventa o scandalizza delle nostre umane fragilità e tantomeno le strumentalizza ma al contrario, ci comprende e ci guida con infinita tenerezza, sapienza, e delicatezza, senza farci sentire mai sbagliati, criticati, rimproverati o giudicati ma anzi ci aiuta a comprendere non solo che le cadute possono verificarsi, ma anche che esse fanno parte del percorso, poiché il fallire fa parte del tentare. 

Maria è sempre presente ed in una modalità peculiarmente dirompente nell’epoca della giovinezza, poiché costituisce la delicatissima, entusiasmante e cruciale fase di una personalità in formazione, Lei è china su di noi, con pronta sollecitudine, comprensione e materna trepidazione. 

Maria conosce, comprende ed accoglie con materna e paziente tenerezza e i nostri limiti, le nostre gioie, conquiste, innamoramenti, amicizie e quesiti ma anche i nostri dubbi, il nostro dolore, le nostre paure, reticenze e peccati. Proprio nei momenti di maggior fragilità, bisogna  infatti, peculiarmente affidare e confidare a Lei tutto ciò che portiamo nel cuore, senza alcuna paura o soggezione, mediante un costante, sapiente ed intimo dialogo, colmo di fiducia confidenza, amore e speranza mediante il quale poter svelare e confidare i nostri più intimi segreti e nel quale Lei stessa ci parla al cuore. Maria sa, cura, vede, segue, palpita. Nessuno come lei è vicina ai giovani ed è bene che essi lo sappiano affinché possano entrare in una filiale, tenera, profonda, concreta e liberante intimità con Lei.

I giovani devono quindi sapere che Maria è costantemente al loro fianco, li conduce uno per uno per mano, non importa quanto i loro errori, fragilità o peccati siano intensi ed ingenti: Maria li ama, comprende, accoglie e perdona. Sempre e comunque. Mediante la sua presenza, Dio ha dunque, compiuto e consegnato a tutti ed a ciascuno ed in una modalità privilegiata ai giovani, il più ricco, arricchente ed essenziale dono: una Madre, a cui possiamo raccontare tutto e con la quale instaurare un rapporto così intimo, filiale e profondo da denominarla e considerarla, personalmente, concretamente e dolcemente Mamma.

(Fine)

Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, un colloquio con don Cosimo Schena

“L’evoluzione dei sistemi della cosiddetta ‘intelligenza artificiale’, sulla quale ho già riflettuto nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, sta modificando in modo radicale anche l’informazione e la comunicazione e, attraverso di esse, alcune basi della convivenza civile. Si tratta di un cambiamento che coinvolge tutti, non solo i professionisti. L’accelerata diffusione di meravigliose invenzioni, il cui funzionamento e le cui potenzialità sono indecifrabili per la maggior parte di noi, suscita uno stupore che oscilla tra entusiasmo e disorientamento e ci pone inevitabilmente davanti a domande di fondo: cosa è dunque l’uomo, qual è la sua specificità e quale sarà il futuro di questa nostra specie chiamata homo sapiens nell’era delle intelligenze artificiali? Come possiamo rimanere pienamente umani e orientare verso il bene il cambiamento culturale in atto?”

Quest’anno, in occasione della 58^ Giornata mondiale delle Comunicazioni Sociali, in programma domenica 12 maggio, papa Francesco ha scritto il messaggio ‘Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana’ con l’invito a riflettere sul rapporto tra intelligenza artificiale e cuore con una citazione iniziale del filosofo cattolico Romano Guardini:

“Solo dotandoci di uno sguardo spirituale, solo recuperando una sapienza del cuore, possiamo leggere e interpretare la novità del nostro tempo e riscoprire la via per una comunicazione pienamente umana. Il cuore, inteso biblicamente come sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita, è simbolo di integrità, di unità, ma evoca anche gli affetti, i desideri, i sogni, ed è soprattutto luogo interiore dell’incontro con Dio. La sapienza del cuore è perciò quella virtù che ci permette di tessere insieme il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le altezze e le fragilità, il passato e il futuro, l’io e il noi”.

Per comprendere meglio il messaggio papale abbiamo chiesto a don Cosimo Schena, parroco nella parrocchia ‘San Francesco d’Assisi’ a Brindisi, con 180.000 follower su instagram, però anche attivo su facebook, youtube e spotify con lo scopo di raggiungere le persone, soprattutto i giovani, che si trovano lontane dalla Chiesa e dal Vangelo, e di offrire loro un messaggio di speranza e di vicinanza, condividendo le sue poesie, accompagnate da musiche e immagini, che raccontano la bellezza dell’amore di Dio e della vita.

Allora per tale occasione chiediamo di spiegarci quale rapporto ci può essere tra intelligenza artificiale e la sapienza del cuore: “L’interazione tra intelligenza artificiale e la profondità emotiva dell’essere umano è affascinante. Consideriamo l’Intelligenza Artificiale come un alleato potenziale nel nostro percorso verso il bene comune.

Se guidata dalla saggezza intrinseca del cuore umano, l’Intelligenza Artificiale può diventare uno strumento per manifestare la compassione e l’empatia. Tuttavia, va ricordato che l’Intelligenza Artificiale non può replicare la complessità delle emozioni umane, ma può aiutarci a comprendere meglio noi stessi e gli altri”.

L’intelligenza artificiale permette di crescere in umanità?

“L’Intelligenza Artificiale offre promettenti opportunità per il progresso umano. Se utilizzata con discernimento e orientata verso valori etici e morali, può migliorare la nostra qualità di vita, rendendo l’apprendimento più accessibile e promuovendo una maggiore comprensione tra le persone. Tuttavia, è fondamentale che l’umanità mantenga il controllo su come l’Intelligenza Artificiale viene sviluppata e utilizzata, assicurandosi che gli aspetti umani e spirituali siano sempre al centro di ogni innovazione”.

E’ vero che la rivoluzione digitale rende più liberi?

“La rivoluzione digitale ci offre un universo di possibilità, consentendoci di accedere a un’enorme quantità di informazioni e di comunicare in modi che erano impensabili solo pochi decenni fa. Questo potenziale di liberazione è straordinario, ma richiede anche una profonda riflessione sul modo in cui utilizziamo queste tecnologie. La vera libertà non è solo l’accesso illimitato, ma anche la capacità di fare scelte consapevoli e responsabili, orientate al bene comune e al rispetto degli altri”.

‘Credo che la Chiesa abbia bisogno di esplorare nuove strade per essere più inclusiva e accogliente nei confronti di coloro che hanno bisogno di riscoprire o trovare la fede. Così questo libro è per me un nuovo tentativo di costruire un ponte di speranza, di portare Dio nella vita di tutti’: così scrive nel libro ‘Dio è il mio coach. Consigli evangelici su misura per te’ con la prefazione di mons. Lucio Adrián Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, in cui interagisce con i giovani attraverso consigli evangelici pratici per superare le difficoltà e ricominciare ad apprezzare il presente, con le sue sfide ma anche con i momenti felici che spesso diamo per scontati. Per quale motivo Dio è un coach?

“La visione di Dio come un coach spirituale è affascinante e toccante. Immaginare Dio come colui che ci guida con amore e saggezza attraverso le sfide della vita, incoraggiandoci a realizzare il nostro pieno potenziale e ad abbracciare i valori spirituali, ci offre conforto e ispirazione. Questa prospettiva ci invita a vedere ogni esperienza come un’opportunità di crescita e di avvicinamento a Dio”.

Quali strade deve esplorare la Chiesa per comunicare il Vangelo?

“La Chiesa si trova di fronte a nuove sfide e opportunità nella comunicazione del Vangelo nell’era digitale. Esplorare piattaforme come i social media, le app e le piattaforme digitali può essere un modo efficace per raggiungere un pubblico più ampio e diversificato. Tuttavia, è essenziale che la Chiesa mantenga la sua autenticità e fedeltà al messaggio evangelico, adattando le sue modalità di comunicazione senza compromettere la sua identità e la sua missione spirituale”.

Come comunicare il messaggio evangelico attraverso la rete?

“Per comunicare il messaggio evangelico in modo efficace online, dobbiamo essere presenti nei luoghi virtuali dove le persone si riuniscono. Utilizzare un linguaggio chiaro e accessibile è importante, così come condividere storie ed esperienze che risuonino con le sfide e le gioie della vita quotidiana delle persone. In questo modo, possiamo trasmettere il messaggio evangelico in modo autentico e significativo, offrendo speranza e ispirazione a coloro che incontriamo online”.

Allora, è possibile coniugare la fede con il mondo digitale?

“Coniugare religione e digitale significa poter vivere la propria fede anche online e nei modi più diversi in un connubio che fa da propulsore per una maggiore partecipazione ed in un impegno profuso all’interno della comunità, che, in tal modo, si estende ben oltre i limiti fisici. Ho compreso che i nuovi media sono strumenti efficaci per diffondere la Parola di Dio, soprattutto in un momento storico che spinge fortemente verso l’individualismo e dove emerge sempre di più la drammaticità della solitudine, il bisogno di amare ed essere amati, ascoltare ed essere ascoltati.

Non dobbiamo dimenticare che noi siamo stati creati dall’amore, di conseguenza non possiamo non amare. L’arte dell’ascolto crea ponti solidi ed invita a considerare e a rispettare ogni essere umano per la sua unicità e la preziosa testimonianza del vissuto di cui ciascuno è portatore”.

(Tratto da Aci Stampa)

Il presepe? Si può fare anche per Pasqua, l’idea in parrocchia a Tolentino

Lunedì 25 marzo, ad inizio della Settimana Santa, nella parrocchia dello ‘Spirito Santo’ di Tolentino, nella diocesi di Macerata, è stato realizzato, idea e progetto del parroco don Vitantonio Zecchino, un ‘presepe pasquale’ (visitabile fino a domenica 2 giugno), che rappresenta Gerusalemme durante i giorni della Passione di Cristo con i luoghi ricostruiti con dovizia di particolari:

“L’opera è un aiuto ed un invito a rivivere il mistero della Morte e Resurrezione di Cristo, cuore della fede cristiana, immergendosi nella Gerusalemme di Gesù dall’Ultima Cena con gli apostoli sino alla Resurrezione”. Al presepe hanno lavorato, per due mesi, alcuni volontari delle parrocchie della città provenienti da entrambe le unità pastorali di Tolentino: “E’ stata un’esperienza magnifica che apre la strada ad un cammino comune di evangelizzazione, soprattutto per i nostri  giovani”.

Perché un ‘presepe’ a Pasqua?

“La tradizione del Presepe Pasquale viene da lontano: oggi è presente in modo particolare nel Nord e nel Sud Italia, al Centro non molto”.

Allora quale è la storia del Presepe Pasquale?

“La tradizione del presepe pasquale risale a molto tempo fa. Il presepe della passione era diffuso nei secoli XVIII e XIX, prima di essere quasi completamente dimenticato, nell’Europa centrale e occidentale. Solo gradualmente gli scultori del legno iniziarono a dedicarsi di nuovo a questo difficile momento, creando presepi della passione, che sono raffigurati nelle chiese, mostrando le scene di sofferenza di Gesù”.

Come è nata l’idea?

“L’idea è stata quella di ricostruire la Gerusalemme ai tempi di Gesù portando così i visitatori nei luoghi reali teatro della Passione, ma non solo: i medesimi luoghi (soprattutto il Tempio) sono scenari descritti sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento, come anche il Cenacolo, testimone di tanti eventi inerenti la vita degli apostoli e della prima comunità cristiana”.

Quali sono state le fonti?

 “Per la realizzazione siamo andati a ricercare notizie e indicazioni storico/archeologiche disponibili in rete incrociando le varie fonti. E’ importante sapere che dal punto di vista archeologico la veridicità dei luoghi ritrovati non è la stessa per tutti i siti: il Cenacolo, per esempio,  è sicuramente quello dell’Ultima Cena e della Pentecoste, mentre non c’è certezza assoluta riguardo al litostroto (pretorio), luogo della flagellazione e della condanna di Gesù che potrebbe essere avvenuta presso la fortezza Antonia (sede della coorte romana), il palazzo di Erode (che di solito ospitava il governatore romano) o il palazzo degli Asmonei (dinastia discendente dai Maccabei).

A prescindere da questo, gli edifici ed i luoghi rappresentati nel presepe sono realizzati seguendo in modo minuzioso le ricostruzioni archeologiche ad oggi disponibili, come per il Golgota che all’epoca era una collinetta appena fuori le mura di Gerusalemme, una cava in disuso utilizzata come discarica (l’unica struttura non realizzata per motivi di tempo è la casa di Caifa)”.

Quale importanza riveste nel cristianesimo un presepe pasquale?

“Nel Cristianesimo la funzione del presepe pasquale può essere quella di ‘raccordo’ tra le Scritture ed i luoghi teatro degli avvenimenti descritti, ovviamente se realizzato rispettando le fonti disponibili. Molto spesso ascoltando la Parola di Dio, letta nella Bibbia, le persone fanno molta fatica a ‘calarsi’ fisicamente e storicamente nei luoghi descritti, aspetto questo fondamentale per comprendere che la storia della Salvezza è una storia concreta fatta di luoghi e persone concrete, realmente esistiti, perché Dio opera nella storia concreta delle persone, i fatti della storia di ciascuno di noi sono Parola di Dio per noi. Leggere, per esempio, della presentazione di Gesù al Tempio conoscendo il Tempio, com’era costruito, quali erano gli spazi e come erano utilizzati, aiuta sicuramente a non vivere quell’evento come un racconto, ma bensì come un fatto storico, reale, come l’Ultima Cena o la Pentecoste. Conoscere e vivere i luoghi reali della vita di Gesù aiuta sicuramente ad entrare molto più in profondità nelle Scritture e nel Mistero della Morte e della Resurrezione di Cristo”.

Questa realizzazione può essere un mezzo per evangelizzare?

“Il presepe pasquale può certamente essere un mezzo di evangelizzazione, anche e soprattutto per i bambini, che restano ammaliati davanti al presepe (è bellissimo ammirare il loro sguardo sbalordito), quasi increduli. E’ un grande aiuto anche per l’evangelizzazione dei giovani, che forse più di altri fanno tanta fatica a ‘calarsi’ nella Parola di Dio, la sentono distante da loro, come se ascoltassero un racconto tra le tante storie di fantasia che guardano nei film o leggono nei libri.

E’ invece fondamentale che possano toccare con mano i fatti della storia della Salvezza, conoscere Gesù per quello che è, il Figlio di Dio fatto uomo, un uomo concreto come noi, come loro, che ha dato la Sua vita per amore nostro in totale obbedienza al Padre, versando il Suo sangue perché noi fossimo liberati dal peso del peccato, perché potessimo essere davvero felici nella nostra vita”.

(Tratto da Aci Stampa)

Papa Francesco: la fede non oscura la ragione

“Oggi, primo maggio, con tutta la Chiesa facciamo memoria di san Giuseppe Lavoratore ed iniziamo il mese mariano. Pertanto, a ciascuno di voi vorrei riproporre la santa Famiglia di Nazaret come modello di comunità domestica: comunità di vita, di lavoro e di amore”: anche se piove papa Francesco ha tenuto l’udienza generale in aula Paolo VI, riproponendo la famiglia di Nazaret come modello di vita.

Ed ha esortato a pregare per la pace nel mondo: “E poi non dimentichiamo di pregare per la pace: preghiamo per i popoli che sono vittime della guerra. La guerra sempre è una sconfitta, sempre. Pensiamo alla martoriata Ucraina che soffre tanto.

Pensiamo agli abitanti della Palestina e di Israele, che sono in guerra. Pensiamo ai Rohingya, al Myanmar, e chiediamo la pace. Chiediamo la vera pace per questi popoli e per tutto il mondo. Purtroppo oggi gli investimenti che danno più reddito sono le fabbriche delle armi. Terribile, guadagnare con la morte. Chiediamo la pace, che vada avanti la pace”.

Mentre in lingua inglese ha ricordato il Kenya, travolto da un’alluvione: “Desidero inoltre trasmettere al popolo del Kenya la mia vicinanza spirituale in questo momento in cui una grave alluvione ha tragicamente tolto la vita a molti nostri fratelli e sorelle, ferendone altri e causando una diffusa distruzione. Vi invito a pregare per tutti coloro che stanno subendo gli effetti di questo disastro naturale. Anche in mezzo alle avversità, ricordiamo la gioia di Cristo risorto. Invoco su di voi e sulle vostre famiglie l’amore misericordioso di Dio nostro Padre”.

Ed in lingua polacca ha ricordato la dedicazione alla Madonna della Polonia: “Durante le preghiere del mese di maggio, confidate alla Madonna le vostre vicende personali e familiari, così come le sofferenze di quanti sono vittime delle guerre. Pregate per la Chiesa, per la Patria, per la pace in Ucraina e in Medio Oriente. Maria, che cento anni fa Pio XI istituì come Regina per tutta la Polonia, vi sostenga e vi guidi”.

Nell’udienza generale, continuando il ciclo di catechesi su ‘I vizi e le virtù’, papa Francesco ha incentrato la riflessione sul tema ‘La fede’, che insieme con la carità e la speranza, questa virtù è detta ‘teologale’: “Le virtù teologali sono tre: fede, speranza e carità. Perché sono teologali?

Perché le si può vivere solo grazie al dono di Dio. Le tre virtù teologali sono i grandi doni che Dio fa alla nostra capacità morale. Senza di esse noi potremmo essere prudenti, giusti, forti e temperanti, ma non avremmo occhi che vedono anche nel buio, non avremmo un cuore che ama anche quando non è amato, non avremmo una speranza che osa contro ogni speranza”.

Ed il Catechismo della Chiesa Cattolica spiega bene cosa è la fede: “…la fede è l’atto con cui l’essere umano si abbandona liberamente a Dio (n. 1814). In questa fede, Abramo è stato il grande padre. Quando accettò di lasciare la terra dei suoi antenati per dirigersi verso la terra che Dio gli avrebbe indicato, probabilmente sarà stato giudicato folle: perché lasciare il noto per l’ignoto, il certo per l’incerto? Ma perché fare quello? E’ pazzo? Ma Abramo parte, come se vedesse l’invisibile…

Abramo diventa padre di una lunga schiera di figli. La fede lo ha reso fecondo. Uomo di fede sarà Mosè, il quale, accogliendo la voce di Dio anche quando più di un dubbio poteva scuoterlo, continuò a restare saldo e a fidarsi del Signore, e persino a difendere il popolo che invece tante volte mancava di fede”.

Anche la Madonna fu donna di fede: “E con il cuore pieno di fede, con il cuore pieno di fiducia in Dio, Maria parte per una strada di cui non conosce né il tracciato né i pericoli. La fede è la virtù che fa il cristiano. Perché essere cristiani non è anzitutto accettare una cultura, con i valori che l’accompagnano, ma essere cristiano è accogliere e custodire un legame, un legame con Dio: io e Dio; la mia persona e il volto amabile di Gesù. Questo legame è quello che ci fa cristiani”.

Una sottolineatura importante è sul rapporto tra ragione e fede: “Ecco, dunque, la grande nemica della fede: non è l’intelligenza, non è la ragione, come, ahimè, qualcuno continua ossessivamente a ripetere, ma la grande nemica della fede è la paura. Per questo motivo la fede è il primo dono da accogliere nella vita cristiana: un dono che va accolto e chiesto quotidianamente, perché si rinnovi in noi. Apparentemente è un dono da poco, eppure è quello essenziale”.

Nel battesimo un genitore chiede per il figlio il battesimo con consapevolezza: “Per un genitore cristiano, consapevole della grazia che gli è stata regalata, quello è il dono da chiedere anche per suo figlio: la fede. Con essa un genitore sa che, pur in mezzo alle prove della vita, suo figlio non annegherà nella paura. Ecco, il nemico è la paura. Sa anche che, quando cesserà di avere un genitore su questa terra, continuerà ad avere un Dio Padre nei cieli, che non lo abbandonerà mai. Il nostro amore è così fragile, e solo l’amore di Dio vince la morte”.

Per questo il papa ha invitato tutti  a chiedere a Dio di aumentare la fede: “Però è il dono più felice, l’unica virtù che ci è concesso di invidiare. Perché chi ha fede è abitato da una forza che non è solo umana; infatti, la fede ‘innesca’ la grazia in noi e dischiude la mente al mistero di Dio… Perciò anche noi, come i discepoli, gli ripetiamo: Signore, aumenta la nostra fede!”

(Foto: Santa Sede)

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