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Mons. Raspanti: san Francesco segno di Cristo

Nel giorno del Transito di san Francesco, ha avuto ufficialmente inizio ‘La Sicilia ad Assisi’, le iniziative legate ai festeggiamenti in onore del Santo assisate che hanno invitato in Umbria oltre 5.000 pellegrini dalla Sicilia, ai quali si aggiungono molti che hanno raggiunto Assisi in autonomia o, comunque, senza una organizzazione legata alle diocesi.

Ad Assisi, già dalla mattinata del 3 ottobre, il Custode della Porziuncola, fr. Massimo Travascio, ha accolto gli ospiti nel Refettorietto del Convento di Santa Maria degli Angeli, che ha  rivolto un messaggio di benvenuto a tutti i convenuti nella sala e alle autorità presenti; la concelebrazione eucaristica è stata officiata da mons. Antonino Raspanti, vescovo di Acireale e presidente della Conferenza Episcopale Siciliana, rievocando le parole di Thomas Merton:

“Siamo in questa basilica, pellegrini di quell’immagine di Cristo povera e umile che è Francesco, perché vogliamo seguirne le orme, che con sicurezza ci rendono veri discepoli del divino Maestro. Venuti dalla Sicilia, siamo una porzione di Italiani che cerca in questo Frate del Medioevo un sicuro orientamento per il proprio cammino lungo una strada che appare piena di insidie.

L’olio che portiamo in dono raffigura noi stessi perché esprime il nostro desiderio di rimanere vicini a lui nelle sue spoglie mortali, qui custodite, per attingere alla sua ispirazione spirituale, conservata dai Frati, e non smarrire la giusta direzione”.

Riprendendo la lettera di san Paolo ai Galati mons. Raspanti ha affermato che san Francesco ha ricevuto il ‘segno’ di Cristo: “Questo segno fu concesso anche a Francesco ottocento anni fa, nel settembre 1224, quando ‘nel crudo sasso intra Tevere e Arno da Cristo prese l’ultimo sigillo, che le sue membra due anni portarno’, secondo la descrizione di Dante nella Commedia.

Così fu noto a tutti quanto egli fosse intimamente unito al Signore, il quale lo rendeva partecipe della propria dona zione amorosa per l’umanità e sigillava la missione di Francesco di ricostruire la sua Sposa, la Chiesa”.

Per questo san Francesco è patrono d’Italia: “I Padri della Repubblica, di tradizioni culturali e fedi diverse, i governanti e il popolo italiano hanno ben colto il nocciolo di questo messaggio, accogliendo Francesco quale patrono d’Italia dichiarato tale da papa Pio XII. Noi italiani tutti desideriamo così attingere alla sorgente della pace e della concordia per berne direttamente e diffonderla.

Siamo consapevoli di non essere qui dinanzi a valori, per quanto alti e preziosi, come la concordia e la fraternità, ma siamo dinanzi alle spoglie di un uomo con un vissuto che lo rende eccellente testimone e profeta che indica la sicura via della pace”.

E’ stato un invito al rinnovamento interiore: “Forse potremmo rischiare di dire che non riusciamo nell’odierna convivenza sociale ad accogliere il migrante, a frenare la violenza, a curare i deboli e i poveri, a respingere il malaffare proprio perché non riusciamo a raggiungere la sorgente dei valori, cioè il perdono e la riconciliazione, l’umiltà e la mitezza.

Se il risanamento non accade nel profondo delle radici, non vedremo mai i frutti dell’albero. Cristo crocifisso e Francesco, piccolo e stigmatizzato, hanno raggiunto il fondo risanando e inaugurando la nuova creazione”.

Mentre nei Primi Vespri del Transito di san Francesco mons. Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e vicepresidente della Conferenza Episcopale Siciliana, aveva sottolineato la ‘spoliazione’ del Santo: “Nelle prime due spoliazioni Francesco sveste il suo corpo delle vesti, rimanendo nudo, ma nell’ultima (con il sopraggiungere di ‘sorella morte’) si spoglia anche di ‘fratello corpo’ nudo… Per essere restituiti alla terra e all’abbraccio paterno e fraterno originario. La morte segna la totale consegna del suo corpo a Dio e ai fratelli”.

Tale Transito è un ammonimento a vivere ‘bene’ la morte, che conduce alla Vita: “La memoria del transito di Francesco, ci ridesta al nostro essere creature mortali, figli e fratelli/sorelle: creature, non Creatore, mortali non eterni; figli amati, non schiavi; fratelli/sorelle, non nemici catapultati nel mondo campo di battaglia. Fratelli e sorelle dell’unico Padre che ci affida la Terra come ‘Casa comune’ fraterna fragrante d’amore e di pace, come ‘Giardino fecondo’ con al centro l’albero sempreverde della Vita… Fatti di terra, per ritornare in nuda terra, per essere plasmati dalle mani di Dio cittadini della nuova Creazione, della Casa comune trasfigurata. Anche noi, come Francesco, con Francesco”.

Quindi tale Transito è un momento particolare per la conversione di molti: “Su quanti oggi hanno dimenticato di essere creature mortali e seminano nella Casa comune guerre, divisione, odio, parole aggressive, distruzione e morte violenta, soprattutto dei piccoli e degli inermi, la memoria del luminoso Transito di Francesco, Fratello universale, verace testimone di Cristo e di un cammino di piena e autentica umanità, sia audace segno profetico di conversione di mentalità e di cambiamento di rotta per il bene dell’umanità, per il bene della Casa-Terra”.

In occasione della festa del Transito è stato consegnato il riconoscimento di ‘Frate Jacopa, Rosa d’argento 2024’ a suor Alfonsina Fileti: questo premio non è solo un segno di stima per il servizio svolto da suor Alfonsina a favore delle famiglie in difficoltà, dei minori a rischio e delle donne vittime di violenza domestica, ma è anche un richiamo al ruolo importante che la Chiesa e le comunità locali svolgono nel sostenere i più vulnerabili.

(Foto: Conferenza Episcopale Siciliana)

XXIV Domenica del Tempo Ordinario: Gesù, Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivo!

Il brano del Vangelo ci offre la vera dimensione spirituale e sacramentale del Cristo. Essere discepoli del Cristo faceva sognare fama e potere, regno e possibilità di diventare i veri protagonisti  dell’era nuova annunziata dai profeti e segnata dalla liberazione della Palestina. Basta pensare ai due discepoli di Emmaus che se ne andavano tristi, dopo la passione e morte di Gesù, perchè le attese sembravano a loro ormai svanite nel nulla. Gesù non vuole nè illudere nè deludere; un giorno lungo il cammino pone ai Dodici una duplice domanda: quale opinione si è formata la gente di Me?; Voi cosa pensate di me?

La prima domanda riguarda l’opinione della gente; la risposta è molteplice tutti pensano che sei un inviato da Dio, un profeta come uno dei più grandi profeti. Alla seconda domanda risponde Pietro a nome di tutti: ‘Tu sei il Cristo, il Messia atteso’ non perciò solo un profeta. Gesù impone severamente ai presenti di non parlare di Lui a nessuno perchè non era ancora il tempo; per adempiere la sua missione era necessario affrontare la violenza dei capi del popolo, morire in croce e poi risorgere.

Dal dialogo tra Gesù e i suoi discepoli emerge la vera immagine messianica di Cristo che aveva spinto gli stessi Apostoli a lasciare tutto per seguirlo. Oggi Gesù potrebbe rivolgere a ciascuno di noi la stessa domanda: Tu chi dici che io sia? o Chi sono Io per te? Ognuno di noi è chiamato a rispondere.

Siamo suoi veri discepoli se in noi c’è umiltà e amore; Gesù ci ricorda che per essere suoi veri discepoli è necessario rinnegare se stessi: ‘chi vorrà salvare la propria vita, la perderà’ la felicità vera la troveremo quando l’amore vero ci sorprende e ci cambia riscoprendo la nostra missione di fratelli tra di noi e di figli di Dio, tanto da invocare Dio dicendo: ‘Padre nostro che sei nei cieli’.

Gesù non è solamente quel Messia dolce, arrendevole, buono con tutti dinanzi al quale i ciechi vedono, i muti parlano, i morti risuscitano e con cinque pani e pochi pesci sfama una moltitudine di 5.000 persone; Egli è il Messia che dà la vita per salvare gli uomini, Egli dovrà morire in croce e risuscitare il terzo giorno per realizzare il regno di Dio: regno di giustizia e di amore.

Egli è il ‘servo sofferente’ che insegna a tutti: ‘Chi vuole essere mio discepolo prenda la croce e mi segua’. Le idee errate portano anche ad un Gesù ‘superstar’, affascinante, grandioso ma sempre uomo in mezzo agli uomini; è necessario invece pensare a Gesù alla maniera di Dio e non secondo gli uomini.

La vera fede prepara il discepolo ad essere un vero discepolo di Cristo risorto perchè vero Dio e vero uomo. Da qui il rimprovero di Gesù a Pietro, che vorrebbe distorglielo dalla sua missione: ‘Vai dietro a me, Satana, tu non pensi secondo Dio ma secondo gli uomini’. Seguire Cristo è facile se vogliamo vedere Gesù solo quando accarezza i bambini o compie prodigi; è difficile se vogliamo coglierlo in tutta la sua missione salvifica.

E’ difficile ma non impossibile: la prima radicale vittoria che Gesù impone è quella su se stessi: vincere la superbia, l’orgoglio, sconfiggere le false attese perchè trionfi l’amore. Per realizzare il progetto messianico c’è una sola strada: ascoltare Cristo ed innestarsi a Lui con il Battesimo. Questo avvenimento di grazia cancella tutte le divisioni etnico-religiose, le discriminazioni dovute alle diverse condizioni sociali, alla razza, al sesso: ‘Non c’è più giudeo nè greco, nè schiavo nè libero, nè uomo nè donna perchè tutti siamo uno in Cristo Gesù’.

Gesù ha realizzato questa unità con il sacrificio della croce, morendo in croce ‘per radunare insieme nell’unità i suoi figli dispersi’. La vergine Maria, madre di Gesù e nostra, che ha vissuto la fede seguendo il suo Figlio Gesù, aiuti anche noi a camminare sulla strada tracciata da Cristo Gesù amando Dio e i Fratelli.

I giovani sono ancora affamati di Cristo? L’anno dedicato a Giovanni Testori

L’anno testoriano si è concluso alla Fondazione ‘Ambrosianeum’ di Milano con la presentazione del volume ‘Giovani affamati di Cristo’, in cui sono pubblicate due conferenze, che esploravano il rapporto tra i giovani e la fede nel contesto dei turbolenti ‘anni di piombo’, tenute da Giovanni Testori in quel luogo a gennaio ed ottobre del 1979, proponendosi di arricchire ulteriormente l’affascinante esplorazione della fede e della cultura affrontata da Testori durante le conferenze. Gli autori dei contributi inclusi nel volume, Luca Bressan, Marina Corradi, Giuseppe Frangi, Fabio Pizzul e Alessandro Zaccuri, hanno offerto nuove dimensioni, prospettive e ricordi a questa rilevante indagine.

Papa Francesco: comunicare Cristo

Ancora qualche problema di salute per papa Francesco, come comunicato dallo stesso questa mattina ad un gruppo di comunicatori francesi, partecipanti al simposio ‘Université des Communicants en Église’: ‘Io vorrei leggere tutto il discorso ma ho un problema, un po’ di bronchite’, che, seppure con la voce affannata, comunque pronunciato i discorsi previsti nelle due precedenti udienze.

Dai vescovi un invito ai giovani a vivere la realtà con Cristo

“Infine, la via della pace passa per l’educazione, che è il principale investimento sul futuro e sulle giovani generazioni. Ho ancora vivo il ricordo della Giornata Mondiale della Gioventù svoltasi in Portogallo nell’agosto scorso. Mentre ringrazio nuovamente le Autorità portoghesi, civili e religiose, per l’impegno profuso nell’organizzazione, conservo nel cuore l’incontro con più di un milione di giovani, provenienti da ogni parte del mondo, pieni di entusiasmo e voglia di vivere… Nei tempi moderni, parte della sfida educativa riguarda un uso etico delle nuove tecnologie. Esse possono facilmente diventare strumenti di divisione o di diffusione di menzogna, le cosiddette fake news, ma sono anche mezzo di incontro, di scambi reciproci e un importante veicolo di pace”.

Mons. Repole invita ad essere Chiesa che trasmette la bellezza della fede

Mons. Roberto Repole, arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, nei giorni scorsi ha presentato una Lettera indirizzata alle comunità diocesane affidate alla sua cura pastorale in cui riprende quanto proposto nelle convocazioni a Torino ed a Susa nel mese di giugno scorso, perché i sacerdoti, i diaconi, le religiose e i religiosi, le laiche e i laici possano continuare il cammino di rinnovamento prospettato, riprendendo il passo lucano sul ‘giudizio’ del tempo:

Papa Francesco ed il patriarca Tawadros II in cammino per l’unità

All’udienza generale di stamattina ha partecipato Tawadros II, patriarca copto ortodosso di Alessandria, giunto a Roma su invito di papa Francesco per commemorare insieme il 50^ anniversario dell’incontro tra san Paolo VI e papa Shenouda III nel maggio 1973, quando i due papi firmarono una Dichiarazione cristologica comune in cui si affermava che la Chiesa cattolica e la Chiesa copta condividevano la ‘stessa fede in Gesù Cristo’.

Giornata per le Vocazioni: gioia dell’incontro con Cristo

Domenica prossima la Chiesa cattolica celebra la 60^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, istituita nel 1964 da san Paolo VI, sul tema ‘Vocazione: grazia e missione’, che fu una profetica intuizione del Papa, mentre era in pieno corso il Concilio Ecumenico Vaticano II, come ha spiegato il card. Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, presentando il messaggio papale:

Papa Francesco ricorda i martiri cristiani

“Non si deve mai uccidere in nome di Dio, perché per lui siamo tutti fratelli e sorelle. Ma insieme si può dare la vita per gli altri. Preghiamo dunque, perché non ci stanchiamo di dare testimonianza al Vangelo anche in tempo di tribolazione”: così papa Francesco ha concluso la catechesi dell’udienza generale di oggi in piazza san Pietro e dedicata alla testimonianza dei martiri.

Papa Francesco: mai stare fermi!

Prima del viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan papa Francesco ha incontrato i partecipanti al Capitolo Generale del Sovrano Militare Ordine di Malta, concluso in questi giorni e pallavolisti e pallavoliste della nazionale italiana, mettendo in evidenza alcune parole fondamentali. Soprattutto ai membri dell’Ordine di Malta ha sottolineato l’impegno dell’Ordine:

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