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Papa Francesco: la guerra è pazzia che arricchisce

Il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, ha risposto alle domande di alcuni giornalisti a proposito dell’anticipazione dell’intervista alla Radio Televisione Svizzera (RSI), che sarà trasmessa mercoledì 20 marzo, spiegando che l’auspicio di papa Francesco per l’Ucraina, da sempre definito ‘martoriato’, è tutto racchiuso nelle parole già espresse all’Angelus dello scorso 25 febbraio, in cui ribadiva il suo ‘vivissimo affetto’:

“Il Papa usa il termine bandiera bianca, e risponde riprendendo l’immagine proposta dall’intervistatore, per indicare con essa la cessazione delle ostilità, la tregua raggiunta con il coraggio del negoziato. Altrove nell’intervista, parlando di un’altra situazione di conflitto, ma riferendosi a ogni situazione di guerra, il papa ha affermato chiaramente: il negoziato non è mai una resa”.

Nell’intervista il giornalista Lorenzo Buccella ha domandato a papa Francesco il suo pensiero sulla possibilità di una resa da parte degli ucraini: “In Ucraina c’è chi chiede il coraggio della resa, della bandiera bianca. Ma altri dicono che così si legittimerebbe il più forte. Cosa pensa?”

Il papa ha risposto che la negoziazione può essere una risposta ‘coraggiosa’:”E’ un’interpretazione. Ma credo che è più forte quello che vede la situazione, pensa al popolo e ha il coraggio della bandiera bianca e negoziare. E oggi si può negoziare con l’aiuto delle potenze internazionali. Ci sono. Quella parola negoziare è una parola coraggiosa.

Quando tu vedi che sei sconfitto, che la cosa non va, avere il coraggio di negoziare. E ti vergogni, ma se tu continui così, quanti morti (ci saranno) poi? E finirà peggio ancora. Negoziare in tempo, cercare qualche Paese che faccia da mediatore. Oggi, per esempio con la guerra in Ucraina, ci sono tanti che vogliono fare da mediatore. La Turchia, per esempio … Non avere vergogna di negoziare prima che la cosa sia peggio”.

E tutti hanno iniziato a gridare allo scandalo per il semplice fatto che il papa ha indicato una possibile via per la pace, che è il negoziato, ricordando che Stalin ha massacrato gli ucraini : “Il negoziato non è mai una resa. E’ il coraggio per non portare il Paese al suicidio. Gli ucraini, con la storia che hanno, poveretti, gli ucraini al tempo di Stalin quanto hanno sofferto…”.

Però in questa intervista il papa ha fatto appello agli ucraini, in quanto è molto chiaro che l’invasore è la Russia; e la mediazione era stata usata dal papa in una domanda riguardante il conflitto in Medio Oriente, invitando a guardare avanti, perché le guerre precedenti ‘tutte finiscono con l’accordo’: “Dobbiamo andare avanti. Tutti i giorni alle sette del pomeriggio chiamo la parrocchia di Gaza.

Seicento persone vivono lì e raccontano cosa vedono: è una guerra. E la guerra la fanno due, non uno. I responsabili sono questi due che fanno la guerra. Poi non c’è solo la guerra militare, c’è la ‘guerra-guerrigliera’, diciamo così, di Hamas per esempio, un movimento che non è un esercito. E’ una brutta cosa”.

E’ un messaggio chiaro, quello lanciato dal papa, ‘la guerra è una pazzia’, che nessuno vuole comprendere, perché con la guerra ci si arricchisce: “C’è chi dice, è vero ma dobbiamo difenderci… E poi ti accorgi che hanno la fabbrica degli aerei per bombardare gli altri. Difenderci no, distruggere. Come finisce una guerra?

Con morti, distruzioni, bambini senza genitori. Sempre c’è qualche situazione geografica o storica che provoca una guerra… Può essere una guerra che sembra giusta per motivi pratici. Ma dietro una guerra c’è l’industria delle armi, e questo significa soldi”.

Ed ha paragonato la guerra alle tenebra: “Una guerra è tenebrosa, sempre, oscura. Il potere dell’oscuro. Quando si parla di bianco si parla di innocenza, di bontà e di tante cose belle. Ma quando si parla dell’oscuro, si parla del potere delle tenebre, di cose che non capiamo, di cose ingiuste. La Bibbia parla di questo. Le tenebre hanno un potere forte di distruggere. E’ un modo letterario di dirlo, ma quando una persona uccide, pensiamo a Caino, ad esempio, è una persona tenebrosa”.

Inoltre ha chiamato ‘ipocriti’chi prima promuove la guerra eppoi mandano gli aiuti umanitari: “Interventi umanitari? Sì alle volte sono umanitari, ma sono per coprire anche un senso di colpa. E non è facile”.

Ecco tutto quello che ha detto il papa chiaramente sulla guerra e la frase ‘bandiera bianca’ è inserita nell’articolo 32 della Quarta Convenzione dell’Aja concernente le leggi e gli usi della guerra terrestre e regolamento annesso (1907):

“E’ considerato parlamentare l’individuo autorizzato da uno dei belligeranti a entrare in trattative con l’altro e che si presenti con bandiera bianca. Egli ha diritto all’inviolabilità, e così pure il trombettiere o tamburino, il portabandiera e l’interprete che l’accompagnassero”.

Papa Francesco: il coraggio è anima della giustizia

Nell’udienza per l’inaugurazione del 95^ anno giudiziario del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano papa Francesco ha sottolineato che di fronte a ingiustizie e prove durissime, come le guerre e le violazioni dei diritti umani, non bisogna rassegnarsi ma manifestare sdegno e avere la forza di cercare di cambiare le ‘realtà inaccettabili’, in quanto il coraggio è una virtù importante:

“In questa occasione desidero riflettere brevemente con voi su una virtù alla quale ripenso più volte seguendo le vicende che interessano l’amministrazione della giustizia, anche nello Stato della Città del Vaticano: mi riferisco al coraggio. Per i cristiani questa virtù, che nelle difficoltà, unita alla fortezza, assicura la costanza nella ricerca del bene e rende capaci di affrontare la prova, non rappresenta solo una particolare qualità d’animo caratteristica di alcune persone eroiche”.

Il coraggio è umile e per questo scoraggia i corrotti: “E’ piuttosto un tratto che viene donato e potenziato nell’incontro con Cristo, come frutto dell’azione dello Spirito Santo che chiunque può ricevere, se lo invoca.

Il coraggio contiene una forza umile, che si appoggia sulla fede e sulla vicinanza di Dio e si esprime in modo particolare nella capacità di agire con pazienza e perseveranza, respingendo i condizionamenti interni ed esterni che ostacolano il compimento del bene. Questo coraggio disorienta i corrotti e li mette, per così dire, in un angolo, con il loro cuore chiuso e indurito”.

Quindi occorre coraggio nella ricerca della verità: “Occorre coraggio per andare fino in fondo nell’accertamento rigoroso della verità, ricordando che fare giustizia è sempre un atto di carità, un’occasione di correzione fraterna che intende aiutare l’altro a riconoscere il suo errore. Ciò vale pure quando emergono e devono essere sanzionati comportamenti che sono particolarmente gravi e scandalosi, tanto più quando avvengono nell’ambito della comunità cristiana”.

E’ necessario coraggio anche nei processi: “Bisogna avere coraggio mentre si è impegnati per assicurare il giusto svolgimento dei processi e si è sottoposti a critiche. La robustezza delle istituzioni e la fermezza nell’amministrazione della giustizia sono dimostrate dalla serenità di giudizio, dall’indipendenza e dall’imparzialità di quanti sono chiamati, nelle varie tappe del processo, a giudicare.

La miglior risposta sono il silenzio operoso e la serietà dell’impegno nel lavoro, che consentono ai nostri Tribunali di amministrare la giustizia con autorevolezza e imparzialità, garantendo il giusto processo, nel rispetto delle peculiarità dell’ordinamento vaticano”.

Infine ci vuole coraggio nel chiedere discernimento attraverso la preghiera: “Occorre coraggio, infine, per implorare nella preghiera che la luce dello Spirito Santo illumini sempre il discernimento necessario per arrivare all’esito di una sentenza giusta.

Anche in questo contesto vorrei ricordare che il discernimento si fa ‘in ginocchio’, implorando il dono dello Spirito Santo, in modo da poter giungere a decisioni che vanno nella direzione del bene delle persone e dell’intera comunità ecclesiale… Tale impegno chiede di essere sostenuto dalla preghiera. Non si deve temere di perdere tempo dedicandone ad essa in abbondanza. Ed anche per questo ci vuole coraggio e fortezza d’animo”.

Mentre all’associazione ‘Talità Kum’, composta da genitori che hanno perso un figlio, accompagnati dall’ispiratore del progetto, p. Ermes Ronchi, ha affermato che chi vive tale tragedia non può accettare ‘banali parole’: “La perdita di un figlio è un’esperienza che non accetta descrizioni teoriche e rigetta la banalità di parole religiose o sentimentali, di sterili incoraggiamenti o frasi di circostanza, che mentre vorrebbero consolare finiscono per ferire ancora di più chi, come voi, ogni giorno affronta una dura battaglia interiore”.

Ed ha richiamato l’esperienza di Giobbe: “Non dobbiamo scivolare nell’atteggiamento degli amici di Giobbe, i quali offrono uno spettacolo penoso e insensato, tentando di giustificare la sofferenza, addirittura ricorrendo a teorie religiose. Piuttosto, siamo chiamati a imitare la commozione e la compassione di Gesù dinanzi al dolore, che lo porta a vivere nella sua stessa carne le sofferenze del mondo”.

Lo insegna anche il comportamento di Gesù, che mostra vicinanza a chi perde un familiare: “Questo ci dice una cosa importante: nella sofferenza, la prima risposta di Dio non è un discorso o una teoria, ma è il suo camminare con noi, il suo starci accanto. Gesù si è lasciato toccare dal nostro dolore, ha fatto la nostra stessa strada e non ci lascia soli, ma ci libera dal peso che ci opprime portandolo per noi e con noi.

E come in quell’episodio, il Signore vuole venire nella nostra casa, la casa del nostro cuore e le case delle nostre famiglie sconvolte dalla morte: Lui ci vuole stare vicino, vuole toccare la nostra afflizione, vuole donarci la mano per rialzarci come ha fatto con la figlia di Giàiro”.

La conclusione è un messaggio di speranza: “Ed è bello pensare che le vostre figlie e i vostri figli, come la figlia di Giàiro, siano stati presi per mano dal Signore; e che un giorno li rivedrete, li riabbraccerete, potrete godere della loro presenza in una luce nuova, che nessuno potrà togliervi. Allora vedrete la croce con gli occhi della risurrezione, come fu per Maria e per gli Apostoli.

Quella speranza, fiorita al mattino di Pasqua, è ciò che il Signore vuole seminare ora nel vostro cuore. Io vi auguro di accoglierla, di farla crescere, di custodirla in mezzo alle lacrime. E vorrei che sentiste non soltanto l’abbraccio di Dio, ma anche il mio affetto e la vicinanza della Chiesa, che vi vuole bene e desidera accompagnarvi”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco: comunicare Cristo

Ancora qualche problema di salute per papa Francesco, come comunicato dallo stesso questa mattina ad un gruppo di comunicatori francesi, partecipanti al simposio ‘Université des Communicants en Église’: ‘Io vorrei leggere tutto il discorso ma ho un problema, un po’ di bronchite’, che, seppure con la voce affannata, comunque pronunciato i discorsi previsti nelle due precedenti udienze.

Mons. Mario Delpini: ci vuole coraggio

“Riconosciamo che la fiducia è la virtù doverosa di coloro che interpretano la vita come una vocazione. E’ un dovere per noi tutti e in modo speciale per coloro che hanno responsabilità per il bene comune. La fiducia è un dono che chiede di essere reciprocamente offerto. Significa: volgere lo sguardo con benevolenza verso l’altro. Fidarsi, avvicinandosi all’altro, mettere nelle mani dell’altro la propria speranza. Esprimere gratitudine, credere alla promessa che l’altro è per te”. Così l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha concluso il ‘Discorso alla Città’, pronunciato nella Basilica di Sant’Ambrogio alla vigilia della festa del Santo patrono.

Maria Immacolata, una donna con un grande coraggio

“E’ tra questi due verbi, all’apparenza diversi tra loro, che si snoda il cammino di Maria. Confinata a vivere in un villaggio non identificabile nelle carte geografiche. Maria, piccola fanciulla di Nazaret, è invitata dall’arcangelo Gabriele a collaborare al progetto d’amore di Dio e subito ad intonare il canto dei poveri e degli esclusi.

Da San Marco Argentano mons. Rega invita a passare all’altra riva

Si intitola ‘Cristiani dell’oltre – Una storia di cuori in ascolto’, la prima lettera pastorale del vescovo di San Marco Argentano-Scalea, Stefano Rega, a sei mesi dal suo ingresso, proponendo l’invito di Gesù di passare ‘all’altra riva’, inn cui ha raccontato gli incontri nella visita alle realtà diocesane:

XIX Domenica del Tempo Ordinario: Coraggio, non abbiate paura!

Dopo aver sfamato una folla di oltre 5000 persone con soli cinque pani, Gesù spinge gli Apostoli a salire in barca e ad avviarsi all’altra sponda, mentre Egli si ferma per congedare la folla. Da qui prenda avvio l’episodio del Vangelo: episodio assai eclatante e rivelatore della divinità di Cristo Gesù.

Papa Francesco invita i giovani a non aver paura

Al termine della celebrazione eucaristica della Giornata Mondiale della Gioventù al parco Tejo di Lisbona il card. Kevin Farrell, prefetto del dicastero per i laici, la famiglia e la famiglia ha ringraziato il papa per le parole di testimonianza offerte ai giovani:

Da Milano a Casal di Principe: le mafie si possono sconfiggere

“Caro don Luigi Ciotti, signore e signori dell’associazione Libera contro le mafie, benvenute e benvenuti a Milano. L’occasione è particolare e importante: la XXVIII giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti della mafia. Libera da tanti anni conduce una battaglia indefessa e coraggiosa contro la mafia, contro l’organizzazione criminale, ma anche contro le connivenze politiche che talvolta si registrano e contro gli interessi economici che si nascondono e proliferano dietro l’attività criminosa”.

Il card. Zuppi invita la Chiesa a scelte coraggiose

Aprendo la sessione primaverile del Consiglio episcopale permanente dei vescovi italiani a Roma il card. Matteo Zuppi, presidente della Cei, ha rilanciato l’appello rivolto a settembre da Matera ‘ai politici, ma per certi versi a tutti e che indicava alcune preoccupazioni che chiedono di trovare risposte certe, non provvisorie, precarie, sempre parziali’, attraverso un messaggio di speranza, che lascia l’inverno per immergersi nella primavera, invocando la protezione di san Giuseppe:

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