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La storia di Sophia

Sophia è morta di tumore cerebrale all’età di 8 anni. I genitori non si aspettavano una cosa del genere. Prima pensavano si trattasse di una influenza perché, appena si svegliava e si sedeva sul letto, la bambina vomitava sempre. La sua malattia toglieva i sentimenti dal cuore, a detta della madre, Maria. Dopo aver affrontato diversi ricoveri all’ospedale Bambin Gesù di Roma, i medici avevano prospettato una possibile cefalea infantile.

Papa Francesco: il perdono è vita nuova

La ‘24 Ore per il Signore’, iniziativa quaresimale di preghiera e riconciliazione voluta da papa Francesco, è giunta alla 11^ edizione, confessando alcuni penitenti nella parrocchia di san Pio V a Roma, promossa dal Dicastero per l’Evangelizzazione, che ogni anno si celebra nelle diocesi di tutto il mondo, alla vigilia della IV Domenica di Quaresima, ‘Domenica in Laetare’ alla presenza di 600 fedeli:

“E’ la vita che nasce dal Battesimo, il quale ci immerge nella morte e nella risurrezione di Gesù e ci fa per sempre figli di Dio, figli della risurrezione destinati alla vita eterna, orientati alle cose di lassù. E’ la vita che ci porta avanti nella nostra identità più vera, quella di essere figli amati del Padre, così che ogni tristezza e ostacolo, ogni fatica e tribolazione non possano prevalere su questa meravigliosa realtà che ci fonda: siamo figli del Dio buono”.

La vita nuova è un cammino, che non conosce la ‘pensione’, ha sottolineato il papa: “Abbiamo sentito che San Paolo associa alla vita nuova un verbo: camminare. Dunque la vita nuova, iniziata nel Battesimo, è un cammino. E non c’è pensione, in questo! Nessuno in questo cammino va in pensione, si va sempre avanti.

E dopo tanti passi nel cammino, forse abbiamo perso di vista la vita santa che scorre dentro di noi: giorno dopo giorno, immersi in un ritmo ripetitivo, presi da mille cose, frastornati da tanti messaggi, cerchiamo ovunque soddisfazioni e novità, stimoli e sensazioni positive, ma dimentichiamo che c’è già una vita nuova che scorre dentro di noi e che, come brace sotto la cenere, attende di divampare e fare luce a tutto quanto”.

E’ stato un invito a pensare allo Spirito Santo: “Quando noi siamo indaffarati in tante cose, pensiamo allo Spirito Santo che è dentro di noi e ci porta? A me succede tante volte di non pensarci, ed è brutto. Essere così, presi da tanti travagli, ci fa dimenticare il vero cammino che stiamo facendo nella vita nuova”.

E’ stato un invito a vedere i nostri peccati: “C’è una brutta abitudine: quella di trasformare i nostri compagni di cammino in avversari. E tante volte lo facciamo. I difetti del prossimo ci paiono esagerati e i loro pregi nascosti; quante volte siamo inflessibili con gli altri e indulgenti con noi stessi!

Avvertiamo una forza inarrestabile a compiere il male che vorremmo evitare. Un problema di tutti, se persino San Paolo scrive, sempre alla comunità di Roma: ‘Io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio’. Anche lui era un peccatore, e anche noi tante volte facciamo il male che non vogliamo”.

E’ stato un invito a restare fermi nel proseguire il cammino: “Insomma, annebbiato il volto di Dio, offuscati quelli dei fratelli, sfocata la grandezza che ci portiamo dentro, restiamo in cammino, ma abbiamo bisogno di una segnaletica nuova, abbiamo bisogno di un cambio di passo, di una direzione che ci aiuti a ritrovare la via del Battesimo, cioè a rinnovare la nostra bellezza originaria che è lì sotto le ceneri, rinnovare il senso di andare avanti. E quante volte ci stanchiamo di camminare e perdiamo il senso di andare avanti? Restiamo tranquilli, o nemmeno tranquilli, ma fermi”.

Il cammino permette di rinnovare la vita: “Ed il perdono divino fa proprio questo: ci rimette a nuovo, come appena battezzati. Ci ripulisce dentro, facendoci tornare alla condizione della rinascita battesimale: fa scorrere di nuovo le fresche acque della grazia nel cuore, inaridito dalla tristezza e impolverato dai peccati. Il Signore toglie la cenere dalla brace dell’anima, deterge quelle macchie interiori che impediscono di confidare in Dio, di abbracciare i fratelli, di amare noi stessi”.

La certezza è che Dio perdona, ma con il nostro aiuto: “Si vede Dio solo se il cuore viene purificato: purificare il cuore per vedere Dio. Ma chi può fare questa purificazione? Il nostro impegno è necessario, ma non basta; non basta, siamo deboli, non possiamo; solo Dio conosce e guarisce il cuore. Mettetevi questo bene nella mente: solo Dio è capace di conoscere e guarire il cuore, solo Lui può liberarlo dal male. Perché ciò avvenga occorre portargli il nostro cuore aperto e contrito”.

Se c’è tale desiderio di un rinnovamento non bisogna rinviare: “Il Signore vuole questo, perché ci desidera rinnovati, liberi, leggeri dentro, felici e in cammino, non parcheggiati sulle strade della vita. Lui sa quanto è facile per noi inciampare, cadere e rimanere a terra, e vuole rialzarci. Ho visto un bel dipinto, dove c’è il Signore che si china per rialzare noi. E questo fa il Signore ogni volta che noi ci accostiamo alla Confessione.

Non rattristiamolo, non rimandiamo l’incontro con il suo perdono, perché solo se rimessi in piedi da Lui possiamo riprendere il cammino e vedere la sconfitta del nostro peccato, cancellato per sempre. Perché il peccato sempre è una sconfitta, ma Lui vince il peccato, Lui è la vittoria… E questa è la ripartenza della vita nuova: cominciata nel Battesimo, riparte dal perdono”.

E’ un invito a non rinunciare a questa speranza: “Non rinunciamo al perdono di Dio, al sacramento della Riconciliazione: non è una pratica di devozione, ma il fondamento dell’esistenza cristiana; non è questione di saper dire bene i peccati, ma di riconoscerci peccatori e di buttarci tra le braccia di Gesù crocifisso per essere liberati; non è un gesto moralistico, ma la risurrezione del cuore.

Il Signore risorto ci risuscita, tutti noi. Andiamo dunque a ricevere il perdono di Dio e noi, che lo amministriamo, sentiamoci dispensatori della gioia del Padre che ritrova il figlio smarrito; sentiamo che le nostre mani, poste sul capo dei fedeli, sono quelle forate di misericordia di Gesù, che trasforma le piaghe del peccato in canali di misericordia”.

Però è anche un invito per i sacerdoti a perdonare: “E noi che facciamo da confessori, sentiamo che ‘il perdono e la pace’ che proclamiamo sono la carezza dello Spirito Santo sul cuore dei fedeli. Cari fratelli, perdoniamo! Cari fratelli sacerdoti, perdoniamo, perdoniamo sempre come Dio che non si stanca di perdonare, e ritroveremo noi stessi.

Concediamo sempre il perdono a chi lo domanda e aiutiamo chi prova timore ad accostarsi con fiducia al sacramento della guarigione e della gioia. Rimettiamo il perdono di Dio al centro della Chiesa! E voi, cari fratelli sacerdoti, non domandate troppo: che dicano, e tu perdona tutto. Non andare a indagare, no”.

(Foto: Santa Sede)

Papa Francesco sottolinea l’importanza dell’Atto di dolore

Oggi papa Francesco, ricevendo i partecipanti al 34^ Corso sul Foro Interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, ha citato sant’Alfonso Maria de’ Liguori, autore del testo dell’atto di dolore, sottolineando che usa un linguaggio semplice, ma allo stesso tempo ricco: “Nonostante il linguaggio un po’ antico, che potrebbe anche essere frainteso in alcune sue espressioni, questa preghiera conserva tutta la sua validità, sia pastorale che teologica. Del resto ne è autore il grande sant’Alfonso Maria de’ Liguori, maestro della teologia morale, pastore vicino alla gente e uomo di grande equilibrio, lontano sia dal rigorismo sia dal lassismo”.

E si è soffermato su tre atteggiamenti espressi nell’Atto di dolore, di cui il primo è il pentimento: “Esso non è il frutto di un’autoanalisi né di un senso psichico di colpa, ma sgorga tutto dalla consapevolezza della nostra miseria di fronte all’amore infinito di Dio, alla sua misericordia senza limiti. E’ questa esperienza infatti a muovere il nostro animo a chiedergli perdono, fiduciosi nella sua paternità, come recita la preghiera.. In realtà, nella persona, il senso del peccato è proporzionale proprio alla percezione dell’infinito amore di Dio: più sentiamo la sua tenerezza, più desideriamo di essere in piena comunione con Lui e più ci si mostra evidente la bruttezza del male nella nostra vita.

Ed è proprio questa consapevolezza, descritta come ‘pentimento’ e ‘dolore’, che ci spinge a riflettere su noi stessi e sui nostri atti e a convertirci. Ricordiamoci che Dio non si stanca mai di perdonarci, e da parte nostra non stanchiamoci mai di chiedergli perdono!”

Il secondo aspetto riguarda la fiducia: “Nell’Atto di dolore Dio è descritto come ‘infinitamente buono e degno di essere amato sopra ogni cosa’. E’ bello sentire, sulle labbra di un penitente, il riconoscimento dell’infinita bontà di Dio e del primato, nella propria vita, dell’amore per Lui.

Amare ‘sopra ogni cosa’, significa infatti mettere Dio al centro di tutto, come luce nel cammino e fondamento di ogni ordine di valori, affidandogli ogni cosa. Ed è un primato, questo, che anima ogni altro amore: per gli uomini e per il creato, perché chi ama Dio ama il fratello e cerca il suo bene, sempre, nella giustizia e nella pace”.

Il terzo aspetto consiste nel proposito: “Esso esprime la volontà del penitente di non ricadere più nel peccato commesso, e permette l’importante passaggio dall’attrizione alla contrizione, dal dolore imperfetto a quello perfetto. Noi manifestiamo questo atteggiamento dicendo: ‘Propongo, con il tuo santo aiuto, di non offenderti mai più’. Queste parole esprimono un proposito, non una promessa.

Infatti, nessuno di noi può promettere a Dio di non peccare più, e ciò che è richiesto per ricevere il perdono non è una garanzia di impeccabilità, ma un proposito attuale, fatto con retta intenzione nel momento della confessione”.

Ed infine la chiusura della preghiera: “Qui i termini ‘Signore’ e ‘misericordia’ appaiono come sinonimi, e questo è decisivo! Dio è misericordia, la misericordia è il suo nome, il suo volto. Ci fa bene ricordarlo, sempre: in ogni atto di misericordia, in ogni atto d’amore, traspare il volto di Dio”.

(Foto: Santa Sede)

Dottrina della Fede: le madri single possono accedere ai sacramenti

Nelle settimane scorse è stato posto un quesito al Dicastero per la Dottrina della Fede da parte di mons. Ramón Alfredo de la Cruz Baldera, vescovo di San Francisco de Macorís, nella Repubblica Dominicana, in cui è richiesto un parere sul problema delle ragazze single che ‘si astengono dalla comunione per la paura del rigorismo del clero e dei responsabili della comunità’, in quanto in alcuni Paesi sia sacerdoti che alcuni laici ‘impediscono, di fatto, alle madri che hanno avuto un figlio fuori dal matrimonio di accedere ai sacramenti e persino di battezzare i loro figli’.

‘Noi dell’ultima ora’, una riflessione sull’Avvento e il Natale di Padre Giuseppe Scalella

“Riflettevo su ciò che sta accadendo. Vedo sempre di più una mancanza di intelligenza, ma non dell’intelligenza in quanto tale ma dell’intelligenza della realtà. È come se fossimo davanti a uno spartito musicale che non sappiamo leggere perché non conosciamo la musica. Siamo stati privati, e lo siamo sempre di più, del metodo per leggere la realtà: il cuore, la coscienza. Non ci colpisce più niente, non siamo provocati e accesi da niente. Eppure la realtà continua a provocare e oggi sempre di più”.

Don Lello Ponticelli: liberare il cuore per un esame di coscienza

“In effetti, esso è ciò a cui più profondamente anela il cuore di ogni uomo, perché, in fondo, essere perdonati significa essere amati per quello che siamo, malgrado i nostri limiti e i nostri peccati. E il perdono è un ‘diritto’ nel senso che Dio, nel mistero pasquale di Cristo, lo ha donato in modo totale e irreversibile ad ogni uomo disponibile ad accoglierlo, con cuore umile e pentito”: aveva detto papa Francesco ai partecipanti al 32^ corso sul foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica, svoltosi nello scorso anno.

Papa Francesco ai seminaristi: essere in relazione con il mondo

Lunedì scorso papa Francesco ha dialogato con i seminaristi ed i sacerdoti che studiano a Roma, rispondendo a 10 domande su 205 proposte, che hanno riguardato la fede, spaziando dalla direzione spirituale dei giovani sacerdoti al rapporto scienza e fede con una prima domanda riguardante la direzione spirituale:

Fra Vincenzo Battaglia invita ad un’esperienza cristologica

Giovedì 9 giugno alla basilica di Sant’Antonio da Padova è stato presentato il volume di fra Vincenzo Battaglia ‘E’ il Signore (Gv 21,7): invito ad un’esperienza cristologica’: il titolo “riporta le ultime parole pronunciate dal discepolo che Gesù amava: le ha rivolte a Pietro, dopo la pesca miracolosa che ha segnato l’ultima manifestazione di Gesù Risorto, avvenuta sulla sponda del mare di Tiberiade (Gv 21,1-23). Queste parole sono una confessione di fede e un invito a immergersi nelle misteriose profondità di Gesù contenute e custodite nel Nuovo Testamento, con al centro i Vangeli”.

Papa Francesco invita ad accogliere il penitente

Venerdì scorso, festa dell’Annunciazione, papa Francesco ha ricevuto in udienza in Aula Paolo VI  i partecipanti al XXXII Corso sul Foro interno promosso dalla Penitenzieria Apostolica guidati dal card. Mauro Piacenza, sottolineando la partecipazione numerosa: “Questo è un buon segno, perché oggi una mentalità diffusa stenta a comprendere la dimensione soprannaturale, o persino vorrebbe negarla. Sempre, sempre la tentazione di ridurle. La Confessione è un dialogo. E il dialogo non si può ridurre a tre o quattro consigli psicologici per andare avanti, questo è togliere al Sacramento l’essenziale del Sacramento”.

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