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La parrocchia ‘San Gregorio VII’ riscopre il Concilio Vaticano II

“Riscopriamo il Concilio Vaticano II per ridare il primato a Dio e a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da lui amati; una Chiesa ricca di Gesù e povera di mezzi; una Chiesa libera e liberante. Il Concilio indica  questa rotta: la fa tornare, come Pietro, alle sorgenti del primo amore, per riscoprire nelle sue povertà la santità di Dio, per ritrovare nello sguardo del Signore crocifisso e risorto la gioia smarrita, per concentrarsi su Gesù”: lo aveva detto papa Francesco in occasione della celebrazione del 60^ anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II nella memoria liturgica di san Giovanni XXIII, che confidò di aver seguito ‘una voce dall’Alto’.

Ed aveva soggiunto l’esigenza di ‘studiare’ i documenti del Concilio Vaticano II per evitare rischi ‘pelagiani’: “Chiediamoci se nella Chiesa partiamo da Dio e dal suo sguardo innamorato su di noi. Sempre c’è la tentazione di partire dall’io piuttosto che da Dio, di mettere le nostre agende prima del Vangelo, di lasciarci trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo o rigettare il tempo che la Provvidenza ci dona per volgerci indietro. Il progressismo che si accoda al mondo e il tradizionalismo o ‘indietrismo’ che rimpiange un mondo passato, non sono prove d’amore, ma di infedeltà. Sono egoismi pelagiani che antepongono i propri gusti e piani all’amore che piace a Dio”.

Sollecitata da queste parole del papa la parrocchia ‘San Gregorio VII’ a Roma ha organizzato un ciclo di incontri, ‘In ascolto del Concilio Vaticano II’, le cui relazioni sono svolte dai Frati Minori dell’Umbria, sulle quattro Costituzioni della Chiesa: ‘Sacrosanctum Concilium’, sulla Sacra Liturgia, in compagnia del prof. Angelo Lameri, docente di Liturgia e Sacramentaria alla Pontificia Università Lateranense e decano della Facoltà di Teologia della medesima Università; sulla Costituzione sulla Chiesa, ‘Lumen Gentium’, in compagnia del prof. Fabio Nardelli, docente di Ecclesiologia alla Pontificia Università Antonianum, all’Istituto Teologico di Assisi ed assistente presso la Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, a cui seguono la relazione del prof. Giuseppe Pulcinelli, Rettore del Pontificio Collegio Lateranense, che oggi introduce la Costituzione sulla Divina Rivelazione ‘Dei Verbum’; mentre la chiusura sarà affidata al prof. Nicola Ciola, docente di Cristologia alla Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense, che giovedì 9 maggio esaminerà la Costituzione della Chiesa nel mondo contemporaneo ‘Gaudium et Spes’.

A conclusione dell’incontro sulla Costituzione ‘Lumen Gentium’ abbiamo chiesto al vicario parrocchiale, p. Fabio Nardelli, di spiegarci il motivo per cui la parrocchia organizza incontri sulle Costituzioni del Concilio Vaticano II: “In ascolto delle indicazioni di papa Francesco, in preparazione al Giubileo del 2025, e riprendendo le ‘Linee Guida per il cammino pastorale 2023-2024’, che sottolineano l’importanza di riprenderegli insegnamenti del Concilio Vaticano II, in particolare delle quattro Costituzioni, la Parrocchia di San Gregorio VII ha organizzato quattro incontri di formazione per tutto il ‘santo Popolo fedele di Dio’”.

Quanto sono importanti queste quattro Costituzioni per la Chiesa?

“Le Costituzioni conciliari possono essere considerati i pilastri di una casa fondata sulla roccia, che è Cristo. I testi, ricchi e densi di valore teologico-pastorale, hanno contribuito al rinnovamento della Chiesa nei suoi diversi aspetti. In maniera puntuale, le Costituzioni illuminano la missione della Chiesa e costituiscono una “bussola” per il cammino della Chiesa universale e particolare”.

Cosa significa per una parrocchia mettersi in ascolto del Concilio Vaticano II?

“Il Concilio Vaticano II rappresenta, nell’ottica magisteriale e teologica, un punto di riferimento e di ‘non ritorno’ da cui ‘ripartire’. Come è noto, utilizzando l’espressione ‘aggiornamento’, il Concilio Vaticano II ha inteso rinnovare la Chiesa, per compiere un concreto ‘balzo innanzi’. Pertanto, come ha affermato di recente papa Francesco, ‘si tratta di un lavoro di rinnovamento spirituale, pastorale, ecumenico e missionario’”.

Per quale motivo i cristiani sono chiamati alla santità?

“Il Concilio Vaticano II ha rilanciato in maniera decisa la ‘vocazione universale’ alla santità per tutta la Chiesa. Essa è un dono originario del Signore continuamente rinnovato dallo Spirito e nella Chiesa sono stati depositati i doni della fede e dei sacramenti, i doni gerarchici e carismatici che la rendono segno e strumento di salvezza per tutti gli uomini. Come ha ripetuto anche papa Francesco, ‘la santità è un dono che viene offerto a tutti, nessuno escluso, per cui costituisce il carattere distintivo di ogni cristiano’”.

Qual è la missione dei laici nella Chiesa?

“Il Concilio Vaticano II, oltre ad essere il ‘primo’ Concilio che si è occupato dell’identità e della missione dei laici, ha contribuito anche a chiarire la posizione del laico nella Chiesa. Ha dedicato, infatti, quantitativamente una buona riflessione al tema, valorizzando la dignità battesimale, applicando il ‘triplex munus’e individuando una linea specifica nell’indole secolare. I laici evangelizzano nella ferialità della loro vita cristiana a partire dal loro stato di vita, nel lavoro e nella famiglia, incarnando la relazione Chiesa-mondo. Come ha ribadito la Relazione di sintesi della prima sessione del Sinodo ‘il loro contributo è indispensabile per la missione della Chiesa’”.

Quest’anno verso il Giubileo è dedicato alla preghiera: perché è importante intensificarla?

“Per vivere al meglio questo evento di grazia, nello scorso gennaio si è aperto l’Anno della preghiera, ‘un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vitadella Chiesa e del mondo’. La preghiera permette a ogni uomo e donna di questo mondo di rivolgersi all’unico Dio, per esprimergli quanto è riposto nel segreto del cuore. Un intenso anno di preghiera, come via maestra verso la santità, che conduce a vivere la vita cristiana da ‘contemplattivi’, in ascolto di Dio e degli altri”.

(Tratto da Aci Stampa)

Il magistero del Beato Giovanni Paolo I, breve quanto un ciclo lunare

“Il magistero del Beato Giovanni Paolo I, breve quanto un ciclo lunare, si è centrato sulle tre virtù teologali, premettendo tuttavia, quasi come antifona di ingresso, la meditazione sull’umiltà. Questa virtù, lo sappiamo, è stata il filo conduttore della sua esistenza… La sua humilitas contrasta fortemente la moderna ossessione per i ‘followers’ e i ‘like’ dei social, sul cui altare si sacrificano, talvolta, vite, persone, ore di lavoro e di sonno, e purtroppo spesso si immola anche la verità, del dire e del pensare”.

A Tolentino il Ser.Mi.T festeggia 30 anni

Quest’anno il Ser.Mi.T (Servizio Missionario Tolentino) compie 30 anni di volontariato, nato da un’iniziativa di don Rino Ramaccioni e di Maria Antonietta Bartolozzi inizialmente per sostenere i missionari in alcuni Paesi, specialmente in Africa, in India ed in Brasile; negli anni il sostegno è  portato anche in Italia e nella città per sostenere chi ha difficoltà ad arrivare a fine mese: ora il Sermit è attivo, all’estero, con le adozioni a distanza, ed in città con i servizi erogati, quali pacchi alimentari od il ‘Centro di Ascolto’, grazie ad una cinquantina di volontari, di cui la metà attivi.

Papa Francesco agli Oblati: importante un cuore dilatato

La parola ‘oblato’ collega immediatamente all’Offerta che Cristo fece di sè al Padre attraverso il Sacrificio della Croce! La stessa etimologia della parola ‘oblato’, che deriva dal verbo latino fero (ob – fero), rinvia immediatamente alle parole della Consacrazione Eucaristica e al testo di san Paolo ai romani citato in esergo, traducendo così il participio passato oblato/offerto in un’azione che si perpetua nel tempo, soprattutto alla luce degli insegnamenti del Concilio Vaticano II.

Mons. Bettazzi è stato un testimone della Chiesa in cammino

Domenica scorsa il vescovo emerito di Ivrea, mons. Luigi Bettazzi è morto all’età di 99 anni, in quanto era nato a Treviso il 26 novembre 1923. Il vescovo di Ivrea, mons. Edoardo Cerrato, aveva invitato nelle ore precedenti alla morte alla preghiera: “Accompagniamo monsignor Bettazzi che si sta avviando lucidamente al tramonto terreno. La nostra preghiera lo sostenga”.

Dom Fornaciari è vescovo di Tempio-Ampurias

Nei giorni scorsi papa Francesco ha accettato la rinuncia di mons. Sebastiano Sanguinetti da vescovo di Tempio-Ampurias, in Sardegna, per raggiunti limiti di età ed ha chiamato a succedergli dom Roberto Fornaciari, priore del Monastero di Camaldoli, che è nato il 23 dicembre 1963 a Reggio Emilia.

Papa Francesco: i santi nascono dalla vita della Chiesa

Oltre 1000 pellegrini provenienti da Sotto il Monte e da Concesio sono stati ricevuti in udienza da papa Francesco per ricordare il 60° anniversario della morte di san Giovanni XXIII ed i 60 anni dall’elezione a papa, di san Paolo VI (21 giugno):

“E’ bello incontrare voi, che rappresentate le comunità di origine di due Papi santi, ai quali il Popolo di Dio è tanto affezionato: Giovanni XXIII e Paolo VI. Ed è significativo che questo avvenga in occasione di tre ricorrenze importanti per tutta la Chiesa: il 60° anniversario della Lettera Enciclica ‘Pacem in terris’, della nascita al cielo di papa Giovanni e dell’elezione di papa Montini”.

Papa Francesco ha reso grazie a Dio per aver donato alla Chiesa questi due papi santi: “Siamo qui insieme, dunque, a rendere grazie al Signore perché dalle vostre comunità ha scelto due Santi Pastori che hanno saputo guidare la Chiesa in tempi di grandi entusiasmi e però altrettanto di grandi domande e sfide.

Hanno vissuto come protagonisti l’ondata di nuova vitalità che ha accompagnato il Concilio Vaticano II e hanno dovuto affrontare gravi pericoli come il terrorismo e la ‘guerra fredda’.

E di fronte a tutto questo la storia ci testimonia che sono stati ‘pastori secondo il cuore di Dio’, che hanno saputo cercare la pecora perduta, ricondurre la smarrita, fasciare la ferita, rafforzare quella malata, prendersi cura della grassa e della forte, pascere con giustizia e misericordia”.

E’ un rendimento di grazie per aver tracciato un cammino: “Rendiamo grazie al Signore prima di tutto per averceli donati. Per averli donati alle vostre comunità come figli e fratelli, cresciuti tra le vostre strade, dove hanno lasciato le tracce del loro cammino di santità, al punto che ancora oggi i luoghi della loro presenza sono meta di pellegrinaggio per tanti uomini e donne che vi si recano dall’Italia e dall’estero. Essi trovano da voi conforto e sostegno, e al tempo stesso rendono la vostra terra più viva e ricca nella fede”.

Ma i santi non si costruiscono in laboratorio: “Essi hanno potuto essere grandi Pastori, infatti, prima di tutto perché sulla loro strada hanno incontrato buoni compagni di cammino, testimoni del Vangelo che li hanno aiutati a crescere nella fede, fino ad accendere in loro la luce della chiamata. Prima di tutto le loro famiglie, diverse per estrazione e contesto, ma accomunate dalla stessa solida pietà cristiana, vissuta da una parte nel duro lavoro dei campi e dall’altra nel serio impegno culturale e sociale.

Fratelli e sorelle, vi dico una cosa: Dio non fa i santi in laboratorio, no, li costruisce in grandi cantieri, in cui il lavoro di tutti, sotto la guida dello Spirito Santo, contribuisce a scavare profondo, a porre solide fondamenta e a realizzare la costruzione, ponendo ogni cura perché cresca ordinata e perfetta, con Cristo come pietra angolare. Questa è l’aria che hanno respirato fin da piccoli Angelo e Giovanni Battista a Sotto il Monte e a Concesio, con tutto il bene che ne è derivato: quello che hanno donato e ricevuto!”

E’ un invito a fare tesoro delle proprie radici: “Voglio ripeterlo: fate sempre tesoro delle vostre radici, non tanto per trasformarle in un blasone o in un baluardo da difendere, quanto piuttosto come di una ricchezza da condividere.

La terra si lavora insieme, si lavora per tutti e si lavora in pace; con la guerra, l’egoismo e la divisione si riesce solo a devastarla, come purtroppo stiamo vedendo in tante parti del mondo e in modi diversi. Amare le vostre radici sia dunque per voi amare il Vangelo di Gesù e amare come Gesù ha amato nel Vangelo!

Questo vi insegna la vostra storia di terra e di Chiesa. E dalle vostre radici viene la linfa per andare avanti, per crescere, e anche per dare una storia e un senso della vita ai vostri figli e ai vostri nipoti. Amate le vostre radici, non staccate l’albero dalle radici: non darà frutto. Cercate di progredire sempre in armonia con le vostre radici, in sintonia con le vostre radici”.

Non a caso Bergamo e Brescia sono state scelte per essere ‘Capitale italiana della Cultura’ per questo anno: “E’ un segno in più che ci porta nella stessa direzione. La vera cultura si fa infatti uniti, nel dialogo e nella ricerca comune e, come ci ha insegnato san Paolo VI, mira a condurre ‘attraverso l’aiuto vicendevole, l’approfondimento del sapere, l’allargamento del cuore, a una vita più fraterna in una comunità umana veramente universale’.

La cultura è amante della verità e del bene, per l’uomo, per la società e per il creato. Possiate continuare a coltivarla, prima di tutto nelle vostre case e nelle vostre parrocchie, per portare avanti la missione che ci hanno affidato i due santi Papi a cui avete dato i natali”.

(Foto: Santa Sede)

Giuseppe Lazzati: il compito del laico è costruire la città dell’uomo

Sabato 13 marzo la Fondazione ‘Giuseppe Lazzati’, l’Azione Cattolica Ambrosiana, l’Istituto Secolare ‘Cristo Re’ e l’Associazione ‘La Città dell’uomo Aps’ hanno fatto un incontro di preghiera e di riflessione nel XXXVII anniversario della morte del venerabileien. Giuseppe Lazzati. Con una celebrazione eucaristica, presieduta dal card. Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei santi, seguita da una sua relazione sul tema ‘Testimonianza sulla figura di Giuseppe Lazzati e sul suo contributo alla teologia del laicato’:

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