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Papa Francesco ai seminaristi: al centro dell’azione Gesù

‘… se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo; non di spavento, ma di amore’: con questa frase di san Giovanni Vianney papa Francesco ha ricevuto i seminaristi del Seminario Maggiore di Getafe, in Spagna, in pellegrinaggio sulle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, in occasione delle celebrazioni del 30° anniversario della fondazione del seminario.
Papa Francesco si è ispirato al pensiero del sacerdote santo per sottolineare che anche loro hanno ricevuto tale chiamata: “Ispirandomi a questo pensiero del santo Curato d’Ars, nel quale troviamo riassunta la sua vita di totale consacrazione a Dio e ai suoi parrocchiani, vorrei ricordarvi, cari seminaristi, che anche voi avete ricevuto questa chiamata di amore del Signore, e con l’aiuto dei vostri formatori e di molte altre persone vi state preparando a ricevere un giorno il dono del sacerdozio”.
Però il cammino sacerdotale presenta alcune difficoltà, che possono essere superate attraverso alcune azioni: “Questo cammino di configurazione a Gesù, buon pastore, non è privo di difficoltà; perciò, ogni volta che incontro voi seminaristi, vi ricordo che dovete percorrerlo curando quattro aspetti fondamentali, che sono la vita spirituale, lo studio, la vita comunitaria e l’attività apostolica.
E’ indispensabile che non perdiate di vista l’armonizzazione che dovete compiere di questa quadrupla realtà, perché il Signore, e la Chiesa, si aspettano che voi seminaristi siate, prima di tutto, uomini integri e generosi nella risposta alla vocazione ricevuta, sempre disponibili all’ascolto e al perdono, decisi a vivere fino in fondo la vostra totale dedizione a Dio e ai fratelli, con una particolare predilezione per coloro che più soffrono, per i poveri e gli esclusi”.
Infine, attraverso un riferimento geografico, ha chiesto di avere sempre al centro della loro vita Gesù: “Cari seminaristi, non è un caso che il seminario maggiore si trovi sul Cerro de los Ángeles, tradizionalmente considerato il centro geografico della penisola iberica. Lì si trovano anche il Monumento al Sacro Cuore e l’eremo di Nostra Signora degli Angeli, patrona di Getafe.
Chiedo al Signore Gesù di essere per ognuno di voi il centro della vostra vita, di modellare il vostro cuore secondo il suo, di tenervi sempre molto vicini al suo cuore. Ed a Nostra Signora degli Angeli di vegliare su di voi e di accompagnarvi nel vostro cammino”.
(Foto: Santa Sede)
Papa Francesco a Verona: la missione è audace

Oggi la visita pastorale di papa Francesco a Verona è iniziata nella Basilica di San Zeno, con l’incontro con i sacerdoti e i consacrati, soffermando la riflessione sulla chiamata e sulla missione, anche se in precedenza aveva fatto visita alle suore di clausura: “Ho voluto incominciare salutando queste donne, che sono le monache di clausura. Avete visto come erano tutte così? Perché nella clausura non si perde la gioia, c’è la gioia. E sono brave! Mai fanno chiacchiericcio, mai, sono brave. Grazie, sorelle!”
Mentre ai sacerdoti ha richiamato i temi della bellezza del cristianesimo: “E’ bello trovarci in questa Basilica romanica, una tra le più belle d’Italia, che ha ispirato anche poeti come Dante e Carducci. Ed essere qui insieme, il vescovo, preti, religiose e religiosi, e guardare questo splendido soffitto a carena ci fa sentire come dentro a una grande barca, e ci fa pensare al mistero della Chiesa, la barca del Signore che naviga nel mare della storia per portare a tutti la gioia del Vangelo.
Questa immagine evangelica ci ricorda almeno due cose sulle quali vorrei soffermarmi con voi: la prima è la chiamata, la chiamata ricevuta e sempre da accogliere; e la seconda è la missione, da compiere con audacia”.
All’inizio c’è sempre una ‘chiamata’ di Gesù: “All’inizio del suo ministero in Galilea, Gesù passa lungo la riva del lago e posa il suo sguardo su una barca e su due coppie di fratelli pescatori, i primi che gettano le reti e gli altri che le rassettano. Si avvicina e li chiama a seguirlo. Non dimentichiamo questo: all’origine della vita cristiana c’è l’esperienza dell’incontro con il Signore, che non dipende dai nostri meriti o dal nostro impegno, ma dall’amore con cui ci viene a cercare, bussando alla porta del nostro cuore e invitandoci a una relazione con Lui”.
All’inizio della vita consacrata esiste la Grazia: “Ancora di più, all’origine della vita consacrata e della vita sacerdotale, non ci siamo noi, i nostri doni o qualche merito speciale, ma c’è la chiamata sorprendente del Signore, il suo sguardo misericordioso che si è chinato su di noi e ci ha scelti per questo ministero, benché non siamo migliori degli altri, siamo peccatori come gli altri.
Questo, sorelle e fratelli, è pura grazia, pura grazia. Mi piace quello che sant’Agostino diceva: guarda da una parte e dall’altra, cerca il merito, e non troverai niente, soltanto grazia. E’ pura grazia, pura gratuità, un dono inatteso che apre il nostro cuore allo stupore davanti alla condiscendenza di Dio. La grazia provoca questo: lo stupore”.
Quindi è necessario accogliere questo dono di Dio: “Se smarriamo questa coscienza e questa memoria, rischiamo di mettere al centro noi stessi invece che il Signore; senza questa memoria rischiamo di agitarci attorno a progetti e attività che servono più alle nostre cause che a quella del Regno; rischiamo di vivere anche l’apostolato nella logica della promozione di noi stessi e della ricerca del consenso, cercando di fare carriera, e questo è bruttissimo, invece che spendere la vita per il Vangelo e per un servizio gratuito alla Chiesa”.
Tale accoglienza del dono significa educarsi alla pazienza: “Possiamo gettare la rete e attendere con fiducia. Questo ci salva, anche nei momenti più difficili; perciò ricordiamoci della chiamata, accogliamola ogni giorno, e restiamo con il Signore. Tutti noi sappiamo che ci sono momenti difficili, ci sono. Momenti di buio, momenti di desolazione… In questi momenti bui, ricordare la chiamata, la prima chiamata e da lì prendere forza”.
La pazienza è un invito alla missione: “E penso ancora al mare di Galilea, stavolta dopo la risurrezione di Gesù… Nei momenti della delusione, non fermarci, resistere. Resistere. Tante volte dimentichiamo questo: a nessuno di noi, quando abbiamo incominciato questa strada, il Signore ha detto che tutto sarebbe stato bello, confortante. No. La vita è di momenti di gioia, ma anche di momenti bui. Resistere. La capacità, il coraggio di andare avanti e il coraggio di resistere”.
Da qui nasce l’audacia: “L’audacia, l’audacia apostolica, è un dono che questa Chiesa conosce bene. Se c’è infatti una caratteristica dei preti e dei religiosi veronesi, è proprio quella di essere intraprendenti, creativi, capaci di incarnare la profezia del Vangelo. Grazie, grazie di questo. E questa intraprendenza evangelica, si tratta di un sigillo, che ha segnato la vostra storia: basti pensare all’impronta lasciata da tanti sacerdoti, religiosi e laici nell’Ottocento, che oggi possiamo venerare come Santi e Beati… Questa audacia di essere creativi per il popolo di Dio”.
Ed ha concluso, dopo aver citato i santi veronesi con un augurio: “Questo auguro a voi e alle vostre comunità: una ‘santità capace’, una fede viva che con carità audace semini il Regno di Dio in ogni situazione della vita quotidiana.
E se il genio di Shakespeare si è fatto ispirare dalla bellezza di questo luogo per raccontarci le vicende tormentate di due innamorati, ostacolati dall’odio delle rispettive famiglie, noi cristiani, ispirati dal Vangelo, impegniamoci a seminare ovunque un amore: dove c’è odio, che io metta amore, dove c’è l’odio che io sia capace di seminare amore… Sognatela così, Verona, come la città dell’amore, non solo nella letteratura, ma nella vita”.
Mentre, incontrando i bambini e le bambine, ha risposto alle loro domande ha sottolineato che anche loro possono essere ‘segni di pace’: “Gesù manda i discepoli, gli Apostoli e tutti noi a predicare nel mondo, certo… Ma la domanda è: noi adesso come possiamo essere segno di pace nel mondo? Voi sapete che in questo mondo, in questo momento il mondo è in guerra.
Sapete questo? Ci sono tante guerre, tante guerre, sia Ucraina, sia Terra Santa, nell’Africa, nel Myanmar… Tante, tante guerre… Dobbiamo essere un segno di pace, condividere, seminare il bene, ascoltare gli altri, giocare con gli altri, ma non litigare con gli altri… Diciamolo insieme: Dobbiamo essere un segno di pace! Insieme!”
(Foto: Santa Sede)
Firenze ha un nuovo vescovo

La diocesi di Firenze ha un nuovo arcivescovo, mons. Gherardo Gambelli, che è nato a Viareggio ed ordinato presbitero nel 1996, cappellano del carcere di Sollicciano dallo scorso anno quando è rientrato a Firenze dopo 12 anni trascorsi come missionario in Ciad, che ha ringraziato il papa per la nomina: “Sento di poter dire che la scelta di un prete di Firenze è un segno grande di stima e di fiducia da parte del Vescovo di Roma nei confronti di tutta la nostra diocesi”.
Inoltre ha aggiunto che tale nomina vescovile è una chiamata di Dio: “Nel dare la mia disponibilità al Papa, accettando la mia nomina, ho percepito una chiamata di Dio a rendermi ancora più disponibile per sdebitarmi del dono immenso del Vangelo ricevuto prima e dopo la mia ordinazione sacerdotale. Le belle testimonianze di fede rese da parte di tante persone incontrate durante il mio servizio pastorale mi hanno fatto comprendere progressivamente che, nella logica del Vangelo, il modo migliore per custodire i doni ricevuti sia quello di condividerli. Gli anni passati in Africa me lo hanno ulteriormente confermato”.
Ha sottolineato la coincidenza con la domenica in cui si legge la parabola del buon Pastore: “La Provvidenza di Dio ha voluto che l’annuncio della mia nomina cadesse nella settimana che precede la quarta domenica di Pasqua che per noi cattolici è la domenica del Buon Pastore. Ascolteremo le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni al capitolo 10: ‘Come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare’. E’ Lui il vero pastore della Chiesa, il modello della scelta evangelizzatrice che ci spinge ad andare verso le periferie geografiche ed esistenziali nel nostro impegno missionario”.
Un saluto anche per le altre confessioni religiose, ricordando il fruttuoso dialogo interreligioso intrapreso dalla diocesi: “Saluto cordialmente i fratelli e le sorelle delle altre confessioni cristiane, i membri della comunità ebraica e musulmana, e di altre religioni presenti sul territorio della nostra Diocesi di Firenze. La bella tradizione di impegno nel dialogo ecumenico e nel dialogo interreligioso della parrocchia della Madonna della Tosse, di cui sono stato parroco quest’anno, mi ha permesso di incontrare e di conoscere personalmente il Rabbino, l’Imam e diversi pastori delle Chiese di Firenze con i quali sono nate promettenti amicizie che spero di poter rafforzare nel tempo”.
Ed ha ribadito una collaborazione della diocesi con le autorità civili: “Saluto le autorità e le istituzioni della città, esprimendo la mia ferma volontà di proseguire nella collaborazione ‘gomito a gomito’ per la costruzione di una società più giusta e solidale, nell’attenzione e nel rispetto della dignità di ogni persona, soprattutto dei più poveri ed esclusi. Davanti alla minaccia dell’espansione delle guerre nel mondo, ci sentiamo più che mai interpellati alla responsabilità di lavorare con più coraggio e tenacia per la pace, che si costruisce in maniera artigianale, nell’attenzione ai gesti quotidiani di perdono e riconciliazione”.
Infine un saluto per i detenuti del carcere di Sollicciano, nel quale è stato cappellano, con il proponimento di non perdere l’abitudine di visitarli: “Vorrei concludere rivolgendo un ultimo saluto ai fratelli e alle sorelle detenuti, particolarmente quelli e quelle della casa circondariale di Sollicciano, in cui ho svolto il mio ministero come cappellano durante quest’anno pastorale. Anche se non potrò continuare a visitarvi regolarmente, non dimenticherò le parole della Scrittura che dice: ‘Ricordatevi dei carcerati, come se foste loro compagni di carcere’. Con l’aiuto del Signore, mi impegnerò come Vescovo a essere attento alle vostre necessità, come a quelle di tanti fratelli e sorelle spesso dimenticati e scartati dalla nostra società”.
Ha concluso il saluto alla diocesi con l’affidamento del suo servizio alla Madonna ed ai santi: “Nel dire il mio sì alla volontà di Dio, mi affido all’intercessione di Maria santissima madre della Chiesa, a quella dei santi Vescovi Zanobi e Antonino, del Venerabile Elia Dalla Costa, dei Santi e della Sante della Chiesa fiorentina, perché mi aiutino a fidarmi sempre più della Provvidenza del Signore, capace di far concorrere tutto al bene. Certo della preghiera e del sostegno di voi qui presenti e di tanti fratelli e sorelle, proseguiamo con fiducia il nostro cammino, tenendo fisso lo sguardo sul Signore che libera dal laccio il nostro piede, perché è capace di amarci sempre e nuovamente di un amore infinito e incrollabile”.
Nell’annuncio per il nuovo vescovo della città il card. Giuseppe Betori ha ringraziato il papa per la nomina di un vescovo ‘fiorentino’: “Sono molto contento di questa scelta del papa che nomina un vescovo fiorentino, 87esimo vescovo fiorentino sulla cattedra di san Zanobi e sant’Antonino. La scelta del papa cade su un prete fiorentino, che conosce bene la nostra diocesi: qui è diventato prete. Da figlio di questa diocesi, diventerà padre: questo cambia molto nel suo rapporto nei nostri confronti”.
Inoltre ha ricordato i suoi servizi svolti sempre per amore di Dio: “La radice della sua persona l’ho sempre individuata nell’amore per la Parola di Dio. Ha fatto molte cose, ha avuto molte funzioni ma questi sono i frutti di una radice che è nel legame con la Parola di Dio, letta e studiata, che lo ha plasmato nella sua identità sacerdotale. Questa capacità di attingere nella Parola di Dio lo abbiamo visto in due momenti della sua vita, quando è stato vicario parrocchiale a Santo Stefano in Pane a Rifredi e parroco dell’Immacolata a Montughi.
Lì avvenne una cosa in cui c’entro anch’io: mi chiese di partire missionario come sacerdote ‘fidei donum’ a servizio di una chiesa dell’Africa, la diocesi di Ndjamena. Lì ha insegnato Sacra Scrittura, è stato parroco, ha servito negli ospedali, nel carcere. Poi ha seguito un nuovo passaggio: dalla diocesi id Ndjamena è nato il vicariato apostolico di Mongo. Si è trasferito lì, servendo come parroco e continuando il suo servizio al carcere. Periferie geografiche, umane hanno dato forma al suo carattere, al suo sacerdozio.
Poi, tornato a Firenze, in obbedienza, ha accettato di fare quello che gli ho chiesto. Tre cose: la nomina mette in rilievo la sua funzione di parroco alla Madonna della Tosse, altra parrocchia significativa. Ma gli ho chiesto di fare anche il vicedirettore spirituale al seminario accanto a mons. Carolla e il cappellano del carcere di Sollicciano. Dimensione spirituale, dimensione pastorale, servizio alle persone. Tutto questo non lo deve abbandonare ma ripensare in una forma nuova che è quella del governo della diocesi. Per questo gli siamo vicini e chiedo a tutti voi di essere collaboratori nei suoi confronti. Questo è come lo conosco, e per questo ringrazio il Papa che ce lo dà come arcivescovo”.
Anche il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani ha inviato un messaggio di benvenuto al nuovo arcivescovo di Firenze, sottolineando come alla guida della Chiesa fiorentina arrivi un toscano, 40 anni dopo la figura di Silvano Piovanelli, ma ha anche definito significativo il fatto che il nuovo arcivescovo sia un missionario, la cui sua esperienza di fede è maturata in Africa, in Ciad; “Lo spirito missionario, l’attenzione agli ultimi, ai più poveri, ai più fragili, saranno un tesoro prezioso per la Chiesa, ma anche un grande dono per tutta la comunità fiorentina e toscana”.
Infine il presidente della regione toscana ha rivolto un saluto al card. Giuseppe Betori, che ha guidato la diocesi fiorentina dal 2008 con ‘sapienza e cura’.
(Foto: arcidiocesi di Firenze)
Papa Francesco: la Parola di Dio è grande

“I prossimi mesi ci condurranno all’apertura della Porta Santa, con cui daremo inizio al Giubileo. Vi chiedo di intensificare la preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia e sperimentarvi la forza della speranza di Dio. Per questo iniziamo oggi l’Anno della preghiera, cioè un anno dedicato a riscoprire il grande valore e l’assoluto bisogno della preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e del mondo. Saremo aiutati anche dai sussidi che il Dicastero per l’Evangelizzazione metterà a disposizione”: al termine della recita dell’Angelus di questa domenica dedicata alla Parola di Dio, papa Francesco ha chiesto di pregare in questo anno dedicato alla preghiera, in vista dell’Anno Santo.
Terza Domenica del Tempo Ordinario. Il segno dei tempi: la Chiamata

Nella prima omelia Gesù si presenta al popolo dicendo: ‘Il tempo è compiuto; il Regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo’. Per realizzare il suo progetto Gesù, passando lungo il mare di Galilea, si ferma, vede due pescatori che gettavano le reti in mare, due lavoratori, e li invita: ‘Seguitemi! Vi farò pescatori di uomini’. I due erano Andrea e Simone, suo fratello. Più oltre vede altri due: Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo; anch’essi invitati, lasciano tutto, anche il padre, e lo seguono. Gesù chiama personalmente e direttamente a seguirlo.
XXI domenica del Tempo Ordinario: Cosa dice la gente di me? Chi è Gesù per te?

Volendo sondare la fede dei suoi Gesù un giorno pone ai suoi discepoli una domanda assai interessante: cosa dice la gente di me? Gesù aveva predicato nelle varie regioni della Palestina: Giudea, Samaria, Galilea; aveva compiuto prodigi per confermare il suo insegnamento: davanti a Gesù i ciechi vedono, i muti parlano, gli zoppi camminano, i morti risuscitano. Gesù ha chiara la sua identità e la sua missione: è venuto per dare vita alla ‘nuova Alleanza tra il cielo e la terra, tra l’uomo e Dio’.
Papa Francesco ai giovani: chiamati perché amati da Dio

Con l’accoglienza festosa dei giovani a papa Francesco a Lisbona è iniziata la Giornata Mondiale della Gioventù, che terminerà domenica e dopo il caloroso ed animato benvenuto dei giovani al parco ‘Edoardo VII’, come avvenuto nelle precedenti giornate mondiali, il papa ha affermato di essere felice di stare con loro per il ‘chiasso’, che sanno fare, in un parco molto affollato:
XII Domenica del Tempo Ordinario: Non temere, piccolo gregge…

Il Signore è la forza del suo popolo, allora “non temere, piccolo gregge, perché siete il gregge del Signore, e Dio è il buon pastore”. Mentre il profeta Geremia tremava perché costretto ad annunciare violenza ed oppressione, Gesù interviene per ben tre volte dicendo ‘non temete, non abbiate paura’.
Papa Francesco: la vocazione è missione

Oggi, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 60^ Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, istituita nel 1964 da san Paolo VI, sul tema ‘Vocazione: grazia e missione’; per l’occasione papa Francesco ha inviato ai vescovi, ai sacerdoti, ai consacrati un messaggio, in cui ha spiegato il significato della Giornata:
Domenica XXX: Coraggio, alzati! Gesù ti chiama

Il cieco di Gerico: un fatto storicamente vero e nello stesso tempo sconvolgente. Un cieco mendicante grida, implorando da Gesù la grazia della vista. Chi ascolta, lo rimprovera perché le sue grida disturbano la gente che segue Gesù. Gesù invece si ferma, si commuove e lo chiama. Un episodio storico che l’evangelista Marco sente il bisogno di riportarlo nel vangelo perché assai significativo.